Giacomo Leopardi: vita e poetica

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Testo

LE CONVERSIONI
L’ambiente famigliare ha sicuramente influenzato la vita del giovane Leopardi, così come Recanati, piccolo paese chiuso e conservatore dello stato pontificio.
Ecco perchè dal 1808 al 1815 Leopardi si gettò in un’intensissima attività di studio, sia delle lingue (latino, greco, ebraico, inglese, francese, spagnolo) sia delle filologia. Sono questi gli ambiti che lui definì di studio matto e disperatissimo.
Nel 1816 si verifica il passaggio “dall’erudizione al bello”, ossia il passaggio degli studi filologici e linguistici alla POESIA. Si dedica infatti alla grande poesia classica di Omero, Virgilio, Dante, Petrarca, Alfieri, Parini ecc.. Questa intensa attività di studio poetico lo affascina perchè egli vede nella poesia del passato una cosa straordinaria e cioè L’IMMAGINAZIONE. La poesia degli antichi è grande perchè è stata una poesia di immaginazione.
Questi studi misero Leopardi in contatto con l’ambiente dei classicisti e con la polemica classico – romantico. Leopardi intreccio un’intensissima amicizia con Pietro Giordani, appunto un poeta classicista e in risposta all’articolo di Madame de Stail scrisse alla biblioteca italiana una lettera, mai pubblicata in difesa dell’orientamento classicista.
Dal 1818 1819 in Leopardi si verifica un’altra conversione “dal bello al vero”, ossia dalla poesia di immaginazione degli antichi alla poesia basata sul vero dei moderni. Tale poesia viene definita anche “sentimentale”, perchè essendo nutrita di pensiero e di filosofia, suscita profondi sentimenti (spesso il sentimento dominante è l’angoscia).
In questi stessi anni Leopardi matura definitivamente anche una conversione religiosa che da un fedele giovanile lo porta ad una concezione materialistica della realtà e a un profondo pessimismo.

LE ESPERINZE PIÙ SIGNIFICATIVE
Leopardi fin da giovane avvertì la ristrettezza dei confini recanatesi, da cui tentò più fughe, ma al di là di questi momenti di allentamenti fisico dalla sua casa possiamo segnalare altri esempi di apertura verso l’esterno. Essi sono:
1. LA PARTECIPAZIONE CLASSICO – ROMANTICO
2. L’AMICIZIA CON PIETRO GIORDANIE L’INTENSO SCAMBIO EPISTOLARE CON COSTUI
Ricordiamo che nel 1822 finalmente Leopardi andò a Roma dove rimase per più di un anno, ma provò una profonda delusine trovando in questa città un ambiente culturale chiuso e “antiquario”.
Dal 1825 al 1827 risiede in varie città italiane: Bologna, Milano Firenze. Nel 1828 è a Pisa dove riprende la produzione in prosa che aveva interrotto qualche anno prima, incominciando i “Canti” che proseguirà a Recanati una volta rientrato nella casa paterna. I Canti prendono anche il nome, infatti di Canti Pisano – Recanatesi o Grandi Idilli.
Dal 1831 al 1837 Leopardi vive a Napoli accolto nella casa dell’amico Ranieri, dove muore nel 1837.

IL PENSIERO
Al centro della meditazione di Leopardi si pone un motivo pessimistico: l’infelicità dell’uomo.
Data la complessità e l’evoluzione del pensiero di leopardi, la critica ha individuato alcune forme di pessimismo:
1. PESSIMISMO STORICO (1819 - 1820)
2. PESSIMISMO PSICOLOGICO - SENSISTICO (1820 - 1824)
3. PESSIMISMO COSMICO – MATERIALISTICO (1824 in poi)

* PESSIMISMO STORICO (1819 - 1820)
Il male è del presente ed è frutto di un processo storico. Ciò significa che solo i moderni sono infelici, mentre gli antichi erano felici.
Questo si spiega grazie al concetto di “Natura Benigna”. Infatti nel 1819 – 20 Leopardi è convinto che la Natura è buona, mentre la Ragione è cattiva: la Ragione è nemica della Natura perchè impedisce di abbandonarsi alle ILLUSIONI che la Madre Natura benefica distribuisce.
Gli antichi cioè i Greci e i Romani erano più felici dei moderni perchè il loro mondo era più ingenuo e più capace di credere nelle illusioni che la Natura forniva loro.
Dunque la Natura nascondeva agli antichi la realtà crudele e lo faceva dando appunto loro il confronto delle illusioni. Ma ora la Ragione, facendo aprire gli occhi sull’arido vero ha distrutto ogni possibilità agli uomini di illudersi. Il poeta trova la contemporaneità mediocre e dolorosa e alla maniera di Foscolo, assume un atteggiamento titanico, cioè di ribellione contro la sua epoca.
Come gli antichi erano felici, mentre i moderni non lo sono più, così, secondo l’autore i fanciulli sono felici, mentre gli adulti non lo possono più essere

* PESSIMISMO PSICOLOGICO - SENSISTICO (1820 - 1824)
A partire dal 1820 Leopardi cambia parere e questo perchè riflette sulla cosiddetta “TEORIA DEL PIACERE”. In base a questa teoria l’uomo è per sua Natura alla continua ricerca del piacere la cui mancata soddisfazione lo porta alla continua sofferenza.
L’uomo è materialisticamente destinato a desiderare di più di quanto può ottenere e, anche raggiunto ciò che desiderava, immediatamente avverte un nuovo desiderio, in una continua ricerca senza fine.
Perciò, dato che la felicità è il piacere, mancandone sempre la soddisfazione, ne deriva che l’uomo è sempre infelice.
La novità della riflessione di questi anni, tuttavia, non consiste nella teoria del piacere, che era stata tipica del 1700 ma nella comprensione del fatto che non solo i moderni sono infelici, ma tutti gli uomini di tutte le epoche, compresi gli antichi.
Ecco perchè i critici non usano più per questi anni la definizione di pessimismo storico, ma preferiscono usare quella di pessimismo psicologico - sensistico (l’infelicità deriva dalla sua psicologia)

* PESSIMISMO COSMICO – MATERIALISTICO (1824 in poi)
A questo punto la Natura non è più considerata benigna, ma ostile, indifferente al dolore umano, cattiva. Leopardi la chiama “Natura Maligna”.
Questo nuovo concetto emerge perfettamente da un’opera in prosa: Dialogo della Natura e di Islandese del 1824. Questa è una delle operette morali, composizioni in prosa ad argomento filosofico scritte dal 1824 al 1827.
In questa operetta l’universo è dominato da leggi immutabili, per cui tutto, uomo compreso, è incessantemente coinvolto in un ciclo di trasformazione della materia.
Leopardi capisce che la Natura non si preoccupa minimamente della felicità umana, ma solo della perpetuazione dell’esistenza.
Dal 1824 quindi Leopardi sposta la sua attenzione dal tema della felicità a quello della sofferenza: dolore, malattia, vecchiaia noia (disagio esistenziale), morte sono presenti nella vita umana e questo conferma il disinteresse della Natura.
Poiché la sofferenza non riguarda solo l’uomo, ma ogni essere vivente, si parla di pessimismo cosmico – materialistico.

La terza è l’ultima forma di pessimismo non verrà più abbandonata, ma, a partire dagli anni 30, sarà arricchita da un nuovo concetto. quello della necessità per gli uomini di amarsi reciprocamente per poter, insieme, affrontare le sofferenze della vita. Questo è appunto il tema della fratellanza che è presente nel componimento poetico del 1836 “LA GINESTRA”.

LA POETICA
Le scelte poetiche ed il concetto di poesia di Leopardi sono in stretta relazione con l’evoluzione del suo pensiero.
Così, dobbiamo differenziare due diversi momenti anche per quanto riguarda il sue pensiero sulla poesia.

1° MOMENTO: LA SCELTA CLASSICISTA
Siamo di fronte a un leopardi giovane, quello degli anni 1816 – 1817 in cui è appena passato “dall’erudizione al bello”, in cui cioè ha appena scoperto la grande poesia classica. La poesia classica o antica gli appare meravigliosa perchè è ricca di immagini ed esprime la straordinaria capacità degli antichi di illudersi.
Abbiamo qui un Leopardi classicista, che, rispondendo alla teoria romantica della De Staël, afferma che si debba imitare la poesia degli antichi, per mettersi nel loro stato d’animo, nel loro rapporto diretto con la Natura benevola.

2° MOMENTO
Ben presto, però, Leopardi deve abbandonare questa posizione. Approfondendo la sua riflessione, comprende che il poeta moderno, troppo dominato dalla RAGIONE che toglie credibilità alle illusioni, non può riprodurre la poesia antica. la poesia antica non è riproducibile perché la ragione apre gli occhi i moderni e gi fa vedere l’ARIDO VERO e solo ai fanciulli rimane la possibilità di illudersi e di essere felici.
Se la poesia degli antichi era una poesia di immaginazione,quella dei moderni è una poesia sentimentale.
Leopardi la definisce sentimentale perchè è una poesia nutrita di sentimenti e di riflessioni oltre che di filosofia e di pensiero (potrebbe anche chiamarsi poesia filosofica).

LE OPERE
Dalla vasta produzione dell’autore consideriamo solo le seguenti opere:

I PICCOLI IDILLI (1819 - 1821)
Con il termini Idillo, che in greco significa quadretto, si intende una breve poesia in endecasillabi sciolti.
I Piccoli Idilli di Leopardi sono quindi brevi rappresentazioni paesaggistiche cariche di riflessioni: rappresentando la Natura, il poeta la carica di riflessioni, impressioni, malinconie e dolcezze. L’interesse del poeta non è dunque per il paesaggio in sé, ma per i sentimenti che nascono per la sua contemplazione.
Sono gli anni, 1819 – 1821, in cui Leopardi avverte la distinzione tra la poesia d’immaginazione (antica) e la poesia sentimentale (moderna).
Gli elementi essenziali di questi Idilli sono il senso dell’infinito, la rimembranza (il ricordo), il vago, l’indistinto, il remoto nel tempo e nello spazio, perchè solo questi elementi possono salvare la poesia del predominio della ragione.
Leopardi ha ora mai accettato la poesia sentimentale dei moderni, ma è come se per salvarsi dalla sofferenza che la ragione ci costringe a provare, con questi argomenti indefiniti volesse richiamare la poesia di immaginazione.
Le poesie contenute nei Piccoli Idilli sono:
➢ Infinito
➢ La sera del dì in festa
➢ Alla luna
➢ La vita solitaria
➢ Il sogno

LE OPERETTE MORALI
Si tratta di opere in prosa, composte dopo il deludente viaggio a Roma, che raccolgono le conclusione della filosofia di Leopardi sull’esistenza umana.
Qui l’autore approda al pessimismo cosmico. Ricordiamo il Dialogo della Natura e di Islandese.

I CANTI PISANO – RECANATESI / GRANDI IDILLI (1828 – 1830)
Leopardi riprende la poesia a Pisa e poi a Recanati, dove ritorna per l’ultima volta prima di abbandonare definitivamente il luogo nativo.
Nei Grandi Idilli diventa centrale il tema del ricordo di un’infanzia e di una giovinezza ormai lontana, che si contrappongono alla conoscenza del vero raggiunta in quei anni di riflessione.
Temi ricorrenti sono la rievocazione della giovinezza, il dramma del vero, la riflessione sulla vanità della vita.
Il tono generala di queste poesia è la tenerezza: Leopardi ricorda gli anni della giovinezza facendoli apparire nella loro purezza e caricandoli di nostalgia, a parlare, infatti, è sempre il cuore che rimpiange, ricorda, si esalta.
Il paesaggio è rappresentato in modo particolare: dai testi emerge un quadro fotografico di Recanati, ma anche se vi sono molti dettagli il paesaggio appare vago, come se Leopardi lo vedesse in sogno. Per questo il microcosmo (piccolo modo) di Recanati diventa immagine del mondo più vasto, cioè non vale solo per sé, ma universalmente.
Le poesie contenute nei Grandi Idilli sono:
➢ A Silvia
➢ Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
➢ La quiete dopo la tempesta
➢ Il sabato del villaggio
➢ Il passero solitario

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