Alessandro Manzoni

Materie:Tesina
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Testo

• LA VITA
Alessandro Manzoni è uno scrittore dell’ottocento appartenente alla corrente letteraria del romanticismo.
È nato a Milano nel 1785 dal conte Pietro Manzoni e da Giulia Beccarla, figlia di Cesare Beccaria (che era un giurista del settecento e che fu autore del famoso saggio “Dei delitti e delle pene”.
Nel 1792 la madre si divise dal marito e nel 1795 seguì il conte Carlo Imbonati a Parigi.
Il poeta passò i suoi studi prima nel collegio dei padri Somaschi a Merate e poi a Lugano, e nel 1798 andò dai padri Barnabiti a Milano.
Morto il conte Imbonati nel 1805, Manzoni raggiunse la madre a Parigi, dove frequentò i salotti di Sophia Condorcet e di Claude Fauriel, conoscendo molti intellettuali e iniziando a orientarsi in particolare allo studio della storia.
Nel 1808 a Ginevra si sposò con Enrichetta Blondel, che era di fede calvinista, da cui ebbe nove figli.
Negli anni ’30 ci furono diversi lutti: il 25 dicembre del 1833 morì la moglie Enrichetta e tre suoi figli, mentre nel 1835 mori la figlia Giulia che era sposa di Massimo D’Azeglio.
Il 2 gennaio 1837 si risposò con Teresa Borri, vedova Stampa, che amava con ardore, forse anche perchè aveva un carattere molto simile alla figlia Giulia.
Nel 1848 fu arrestato il figlio Filippo e nel 1861 morì anche la sua seconda moglie Teresa.
Nel 1860 fu nominato senatore del Regno e nel 1862 fu presidente della Commissione parlamentare e morì il 22 maggio 1873; Giuseppe Verdi diresse la Messa da Requiem dedicata alla sua memoria.
• IL PENSIERO
Manzoni viene considerato uno dei massimi esponenti del romanticismo italiano. Questo romanticismo è caratterizzato dall’equilibrio, dalla schiettezza e dalla sincerità. In esso è presente il concetto della popolarità dell’arte e della letteratura, è avvertita l’ansia religiosa, particolarmente cattolica e manca il tono lugubre e orrido.
Con la meditazione sulla storia comprendeva meglio l’uomo nella sua vita sociale. In essa, egli trovava lo stesso dramma di peccato e di redenzione che si svolge nell’anima di ogni uomo e vedeva sempre la presenza amorosa di Dio-provvidenza.
La giustizia divina si rivela nel mondo per opera della Provvidenza, la quale, è un mirabile, delicato strumento di Dio, per alimentare negli uomini la fiducia del trionfo finale del bene e dove si attua attraverso un suo piano di redenzione.
La storiografia manzoniana è importante per l’acutezza dell’indagine psicologica, che risale dallo studio dei fatti a quello dell’animo umano e si configura come un giudizio morale.
Per il Manzoni importante è la poesia che scaturisce da una riflessione morale. La poesia ha come scopo la ricerca della verità e solo la storia può essere l’oggetto di tale riflessione poetica.
La ricerca della verità ed i modi per raggiungerla sono al centro di tutto il suo pensiero, egli distingue il vero storico dal vero poetico, infatti lo storico deve dare la conoscenza precisa dei fatti e la loro successione cronologica,lo scrittore deve, tramite la profonda conoscenza dell’anima umana, risalire alla coscienza che ha generato questi fatti.
Secondo Manzoni la poesia deve proporsi l’utile per scopo, il vero per soggetto e l’interesse per mezzo.
La poesia dunque deve contribuire ad allargare l’orizzonte del nostro spirito e a migliorarlo, deve rappresentare la passioni, mediante un processo psicologico e trarne un insegnamento morale (l’utile per scopo).
L’unica fonte di diletto è la verità. Il Manzoni perciò per verità intende la rappresentazione dell’uomo nel suo interiore più vero (il vero per soggetto).
Il soggetto, che deve essere scelto per un’opera letteraria, deve trattare argomenti, fatti e vicende che interessino tutte le classi sociali e non solo i ceti colti, di modo che la letteratura possa avere la funzione educativa e formativa (l’interesse per mezzo).
Infine il suo ideale storico-politico è strettamente connesso con la visione etica della vita. Esso si può riassumere con questi termini: “Ogni popolo ha diritto alla propria indipendenza entro i confini assegnateli dalla natura come propri, sia da un punto di vista geografico sia soprattutto, sotto un profilo etnico e storico”.
• LE OPERE
Le prime opere che scrisse il Manzoni furono: nel 1801 il poemetto “Del trionfo della libertà”, nel 1802 l’ode “Alle muse” e nel 1803 l’idillio “Adda”.
Successivamente a Parigi, scrisse la sua opera giovanile più importante “In morte di Carlo Imbonati” nel 1806, dove il poeta immagina che l’Imbonati gli appaia in sogno e gli ispiri precetti per la vita morale ed artistica e l’Urania nel 1809, poemetto di stile neoclassico, che segna il congedo del Manzoni dal gusto classico.
Dopo la sua conversione scrisse gli “Inni Sacri”, una serie di poesie dedicate alle festività fondamentali della liturgia cattolica. Tra il 1812 e il 1815 i primi quattro: “La Risurrezione”, “Il nome di Maria”, “Il Natale” e “La Passione” e nel 1822 si aggiunse “La Pentecoste”. Gli inni dovevano essere 12, ma ne pubblicò solo cinque.
In essi Manzoni non si occupa soltanto degli aspetti teologici del cristianesimo, ma anche morali e sociali vissuti più direttamente dalla conoscenza religiosa popolare. Questi scritti hanno un duplice aspetto:la grandiosità dell’evento religioso descritto e l’importanza di esso, che non si perde tempo.
Manzoni tra il 1820 e il 1822 scrisse le due tragedie, “Il Conte di Carmagnola”, dove si denota il conflitto tra libertà e potere, risolto però in chiave profondamente cristiana, attraverso la redenzione delle vittime, e “l’Adelchi” che narra il crollo dei longobardi ed il ripudio dell’imperatore Carlo Magno verso Emengarda, figlia di Desiderio ultimo re longobardo.
Nelle tragedie il poeta pone una base storica realmente accaduta, dove si denota e prende rilievo la rappresentazione drammatica dei suoi personaggi e si pone una riflessione storica – politica.
Manzoni rifiuta le tre unità drammatiche aristoteliche: azione, tempo e luogo, che ponevano dei vincoli alla rappresentazione del dramma, questi rimaneva senza “movimento”.
Scrisse poi due odi civili: “Marzo 1821”, la quale fu composta durante i moti liberatori piemontesi, quando sembrava che essi dovevano portare alla liberazione della Lombardia, e “Il cinque Maggio”, dove il destino di Napoleone, voluto da un disegno divino, è rivissuto un una folgorante successione di episodi, dall’ascesa alla gloria fino all’esilio e la morte.
• I PROMESSI SPOSI
Nel 1821 iniziò la stesura del grande romanzo, la cui prima redazione, intitolata “Fermo e Lucia”, fu compiuta il 17 settembre del 1823. Successivamente rielaborò la storia e venne stampata una seconda volta nel 1827(la ventisettana) ed una terza fra il 1840 – 1842(la quarantana), che è quella che è pervenuta a noi, con il titolo definitivo “Promessi Sposi”.
Questo romanzo storico è ambientato nella campagna lombarda, tra l’Adda, il lago di Como, Milano e Monza,tra il 1628 e il 1630 e narra la vicenda e il dramma di due giovani innamorati, Renzo e Lucia.
Due personaggi immaginari che agiscono in un contesto storico fedelmente ricostruito, la loro vicenda è inventata, ma non contrasta la vera storia dell’epoca,anzi costituisce una duplice indagine scrupolosa di quel periodo,dove la Lombardia era sotto il governo spagnolo, ma anche dell’importanza della psicologia,della morale e dei sentimenti che scaturiscono dai personaggi.
La caratteristica del Romanzo è la presenza dell’ironia manzoniana che si riflette sulla condotta e sul comportamento dei personaggi: quella benevola che investe i piccoli difetti dei protagonisti e quella che diventa sarcasmo ed è legata ai potenti, che vengono meno ai loro doveri morali e politici.
Nell’introduzione del Romanzo il Manzoni immagina di avere trovato in un manoscritto anonimo del XVII secolo dove vi era scritta la storia di due operai innamorati, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, il cui matrimonio era impedito dalla prepotenza di un signorotto chiamato Don Rodrigo.
Trascritto il primo passo dell’immaginario manoscritto, il Manzoni rinuncia alla fatica di interpretare l’illeggibile calligrafia e preferisce riscriverlo interamente a modo suo.
Il romanzo inizia col racconto della sera del 7 novembre 1628 quando, in una stradicciola del lago di Como, il curato di quel paesino, don Abbondio, incontra due bravi di don Rodrigo, che obbligano il sacerdote a non celebrare il matrimonio che si sarebbe dovuto tenere il giorno seguente tra i due giovani.
Il parroco, spaventato, promette obbedienza. Tornato alla sua dimora racconta di ciò che era accaduto alla serva, Perpetua.
Al mattino successivo, quando Renzo si reca alla chiesa scopre che per alcune formalità il matrimonio deve rinviarsi; mentre stava per andarsene, incontra Perpetua, che non può fare a meno di fargli capire che le vere ragioni sono ben altre.
Renzo si reca da don Abbondio, costretto a rivelare che il vero impedimento è il volere di un signorotto,successivamente presentato come Don Rodrigo.
A questo punto il giovane corre dalla sua amata Lucia, la quale le confessa di essere stata fermata per strada da don Rodrigo e che, per questo motivo di essere corsa da Frate Cristoforo (il suo confessore) e di essere stata consigliata di tacere e affrettare le nozze.
Renzo respinto dalla madre di Lucia, Agnese, si reca a Lecco dall’avvocato Azzeccagarbugli, il quale però appena apprende che si tratta di don Rodrigo, lo caccia.
Padre Cristoforo, si reca da don Rodrigo, per cercare di convincerlo di desistere al suo proposito. Il padre accusa il signore di perseguitare Lucia e gli minaccia la vendetta di Dio. Don Rodrigo caccia il frate, ma mentre se ne andava un servitore del signorotto, gli promise che se don Rodrigo avesse progettato qualcosa contro i due giovani lo sarebbe andato a svelare al parroco.
Durante la notte degli imbrogli, tentano di celebrare la promessa di matrimonio presentando a don Abbondio due testimoni e dichiarando l’intenzione di sposarsi. Anche questo tentativo fallisce. Padre Cristoforo organizza la fuga dei due giovani, per evitare il rapimento. Le due donne andranno a Monza nel convento di Gertrude, la monaca di Monza, dove si evidenzia la figura significativa di questa donna.
Renzo, invece, gli fu consigliato di andare a Milano e di rimanere tranquillo, al di fuori di qualsiasi pericolo ed agitazioni popolari.
Al paese intanto gli uomini di don Rodrigo (i bravi), riferiscono al signorotto la fuga dei due giovani, a suo cugino, il conte Attilio, capisce che l’organizzazione di questa fuga è padre Cristoforo. Don Rodrigo promette di vendicarsi tramite i suoi superiori.
Uscito da Milano Renzo, s’incammina verso Bergamo, dove trovò aiuto dal cugino Bortolo, che gli offrì lavoro.
Don Rodrigo scopre nel frattempo che Lucia è a Monza e cosi incarica un uomo molto potente, l’Innominato, di rapire la giovane.
Mediante un complotto con Egidio, che convince la monaca a fare uscire Lucia dal convento, avvenne il rapimento.
Le lacrime di Lucia turbano l’innominato che decide di “convertirsi” e di incontrare il Cardinale Federico Borromeo, a cui racconta la vicenda. Il cardinale fa chiamare don Abbondio, che si reca con l’innominato al castello per liberare Lucia. Una volta liber viene portata in paese dove la raggiunge Agnese e l’innominato le regala una dote di cento scudi d’oro ma a questo punto lei non si poteva più sposare avendo fatto un voto alla Madonna.
Intanto a Milano e nel contado comincia la peste del 1629 (lasciata da truppe tedesche saccheggiatrici), che colpisce anche don Rodrigo.
Renzo, ora che nessuno si interessa più di lui, va alla ricerca di Lucia e la trova all’ospedale degli appestati, dove c’è anche padre Cristoforo che libera Lucia dal voto.
Lucia dopo la quarantena ritorna al paesello cosi don Abbondio si decide finalmente a sposarli.
L’erede di don Rodrigo decide di acquistare ad alto prezzo le case di Renzo e Lucia, cosi si trasferiscono con Agnese a Bergamo, dove la famiglia e gli affari prosperavano.

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