"I dodici abati di Challant" di Laura Mancinelli

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano
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Data:15.12.2009
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Testo

Scheda libro de “I dodici abati di Challant”

1. Il titolo, l’autore ed il genere:
“I dodici abati di Challant”, di Laura Mancinelli, è un giallo di ambientazione storica: viene definito giallo perché si succedono una dopo l’altra le morti degli abati , mentre il termine storico si riferisce al fatto che è ambientato nel Medioevo.
Questa ambientazione è abbastanza fedele alle usanze dell’epoca, e spiccano soprattutto le figure di filosofi e trovatori erranti che trovano ospitalità nel castello e la grande serietà e religiosità degli abati.
2. La trama (10-15 righe):
La trama inizia con l’inaspettato arrivo al castello di Venafro, accolto educatamente dalla marchesa Bianca di Challant. Successivamente si sa che il marito di quest’ultima, il marchese Alfonso di Challant, è morto, lasciando in eredità il castello al duca Franchino di Mantova; questo, però, aveva inconsapevolmente firmato un testamento su cui era scritto che per mantenere il possesso della proprietà avrebbe dovuto rimanere casto, e a controllare che non infrangesse la parola data si trasferirono alla rocca dodici abati.
Questi morirono uno dopo l’altro, ad eccezione di due che se ne vanno, mentre la marchesa ospita un filosofo, un trovatore, una pretessa, un bambino di nome Cicco, Goffredo da Salerno ed un astrologo.
Infine l’abate Ildebrando dà fuoco al castello e tutti se ne vanno.
3. I personaggi:
• Venafro è un personaggio misterioso, taciturno e solitario, che ama scrivere il suo erbario fino a sera inoltrata. L’autrice ce lo presenta come un tipo galante, gentile, affettuoso e molto buono, e queste sue caratteristiche appaiono soprattutto quando dà la sua disponibilità ad accompagnare Nevoso, la pretessa e infine Cicco e Goffredo. Altre sue qualità sono la grande intelligenza e la spiccata curiosità, che emerge in particolar modo dalla sua attenzione nei confronti del filosofo, dell’inventore e della pretessa. Infine si dimostra anche coraggioso e altruista quando il castello è in fiamme.
• La marchesa Bianca di Challant ci viene presentata subito come la cognata del duca Franchino di Mantova, da poco vedova del defunto marito Alfonso di Challant. I suoi comportamenti lasciano immediatamente trasparire la sua nobiltà, e si dimostra il personaggio più importante all’interno del castello: infatti è decisa, altruista, saggia, spregiudicata, miscredente riguardo le superstizioni e, soprattutto, è molto ospitale. Altre sue caratteristiche sono sicuramente la gentilezza, l’affetto che dimostra a chi ha intorno, la premura, l’ottimismo e, più di ogni altra cosa, la propensione per le relazioni amorose, come nel caso del filosofo e del trovatore.
• Il duca Franchino di Mantova è, come la marchesa, un vedovo, ma di questa sua condizione egli si compiace e si dispiace: pertanto dalla sua presentazione si capisce che è un personaggio inetto, insicuro, interessato solo al cibo, poco propenso alle novità, come era tipico nel Medioevo, e soprattutto perpetuamente innamorato. Il suo “oggetto del desiderio” è la marchesa Bianca di Challant, che non contraddice mai e della quale è molto geloso.
• L’abate Leonzio ci viene presentato come un tipo rosso di capelli e di pelle, corpulento, con un paio di occhiali per lo strabismo. È l’unico ad avere una certa propensione per le donne, ed, infatti, muore inseguendo la desiderata Pilar nel roseto.
• L’abate Ipocondrio è un tipo molto chiuso, forse perché soffre di bile; è un insinuatore, pensa che la musica fuori della chiesa appartenga al demonio e si arrabbia con due ragazzi che si baciano. Muore cadendo dalla cinta muraria mentre cerca di prendere Cicco.
• L’abate Mistral ama i cavalli e la danza. Altre attività che lo divertono sono vestirsi da cavaliere, bere, suonare e giocare a scacchi. Nella narrazione s’interessa all’amore facendo un discorso su di esso, ed infine decide di partire, anche se triste.
• L’abate Umidio è il primo a morire, e ciò accade a causa di un succo velenoso. Ci viene presentato come un frate pio ma pieno di acciacchi.
• L’abate Nevoso è giovane, violento, incosciente ma molto pigro. Infatti ama gli ozi, anche se odia andare a cavallo. Proprio per questo userà una slitta a molla regalatagli da Venafro, ma morirà cadendo in quanto non aveva ascoltato i consigli del cavaliere.
• L’abate Torchiato è presentato come un frate assai verboso, in quanto rimprovera la marchesa, ma è anche coscienzioso poiché capisce di aver sbagliato. Intenditore di vini, troverà il Lambrusco, ma morirà dopo la cena.
• L’abate Celorio è un tipo chiuso e poco socievole, un anziano frate che soffre di freddo. Muore perché una padella, cadendo a causa dei “diavoli”, gli spacca la testa.
• L’abate Foscolo è un personaggio alquanto austero, severo, autoritario e saccente. Egli non approvava che il piccolo Cicco vivesse lì al castello. Muore a causa di madonna Maravì, la quale non volendo gli scaglia addosso una torre della scacchiera gigante.
• L’abate Prudenzio ci viene presentato come una frate bello, gentile, seducente, raffinato, elegante e in grado di danzare e cavalcare. Il suo bell’aspetto causa l’innamoramento di Ildegonda verso di lui, ma questo non voleva rapporti. La ragazza, cercando di sedurlo, ne provoca la morte.
• L’abate Malbruno è poco menzionato nel libro. Di lui si sa solo che era costretto a letto per il forte dolore ai lombi e che morì per questo, anche se delle persone si erano recate al castello per curarlo.
• L’abate Santoro è un omino silenzioso e modesto, che mangia, beve e parla poco. È un frate timido, anche se cerca di convertire la marchesa, sognatore ed ansioso; scompare cercando di scorgere la stella della santità.
• L’abate Ildebrando, dagli occhi sanguigni, è un fanatico che accusa il castello di impurità e che critica tutti. Muore appiccando l’incendio al castello pensando così di fare giustizia.
4. Il tempo:
Il periodo storico in cui è ambientato il romanzo è sicuramente il Medioevo, ed in particolare il Basso Medioevo, verso la fine del XIII secolo. Ci sono scarse notizie riguardo l’aspetto temporale, ma si può affermare con certezza che la vicenda ha la durata di circa un anno, da un autunno fino all’ottobre dell’anno successivo.
Anche se il romanzo è storico, gli avvenimenti storici avvenuti in quell’epoca non hanno un ruolo dominante; viene fatta invece grande attenzione alla vita quotidiana, alla cultura e alla mentalità corrente.
5. Lo spazio:
Le vicende si svolgono tra le montagne del nord Italia, e più precisamente tra quelle val d’ostane, nel castello di Challant. Questo, costruito circa intorno al IX-X secolo per esigenze di difesa dalle invasioni, offriva rifugio a tutti, in quanto aveva alte mura, un fossato ed un ponte levatoio.
Intorno ad esso si trovano molte colline, sulle quali si sviluppa un fitta foresta; non molto distante, invece, si erge il villaggio.
6. Il narratore e la focalizzazione:
Il narratore è esterno e onnisciente, in quanto conosce tutte le vicende che accadono.
Per quanto riguarda la focalizzazione, essa è esterna, anche se in alcuni casi viene sostituita da quella interna. Un esempio è il ritorno al castello del trovatore, momento in cui si alternano il punto di vista della marchesa e quello del cantastorie.
7. La lingua e lo stile:
L’autrice ha voluto scrivere un romanzo in modo molto semplice e chiaro, così che poteva essere compreso da tutti. Il lessico usato è, infatti, elementare, anche se talvolta viene fatto uso di termini antichi e medievali. Altri aspetti del linguaggio che rendono la narrazione ancora più fluida e scorrevole sono senza dubbio la sintassi piana e regolare e, soprattutto, l’ampio uso del discorso diretto, molto utilizzato anche per caratterizzare meglio i personaggi.
8. Il confronto con la visione medievale di Dante:
Per quanto riguarda la visione medievale che emerge da questo libro, essa, a mio parere, può essere suddivisa in due prospettive molto diverse.
La prima è sicuramente quella austera e dogmatica della maggior parte dei dodici abati, e in particolare di Ildebrando, Ipocondrio e Foscolo. Essi, infatti, sono assolutamente contrari alle novità che interessano l’ambiente del castello e cercano addirittura di impedirle.
La seconda visione, invece, è quella dei personaggi più giovani, intelligenti ed “aperti” della vicenda, ossia Venafro e la marchesa Bianca di Challant.
Dai loro comportamenti si può facilmente intuire che la mentalità dell’epoca sta lentamente cambiando, come negli episodi del filosofo e della pretessa, o più semplicemente dalle liti che avvengono con i frati.
Confrontando tali mentalità con quella del sommo poeta, Dante, appare abbastanza difficile operare una comparazione, anche se non impossibile.
Per esempio riguardo la conoscenza, sappiamo che Dante si oppone al suo ampliamento, in quanto crede, come tutti i suoi contemporanei, che ciò che si sa già sia sufficiente e non si deve cercare nuove risposte.
Come ho già detto, lo stesso modo di pensare emerge dai discorsi degli abati, mentre trova una completa opposizione nei comportamenti, per esempio, di Venafro.
Altro argomento che emerge sia nelle poesie stilnoviste dantesche che in questo libro è senza dubbio l’amore. Seguendo appunto la corrente che si sviluppa in Toscana durante il Basso Medioevo, il poeta dà una visione di un amore estremamente divinizzato, in quanto la donna viene elevata al livello di angelo sceso in terra e di dispensatrice di salvezza.
Laura Mancinelli, invece, ci conferisce una visione più materialistica e moderna della figura femminile, poiché la dipinge sì come un oggetto del desiderio quasi irraggiungibile, come nel caso della marchesa per il duca Franchino, ma anche come una semplice donna che ama e spesso il suo sentimento non viene ricambiato.
Concludendo, posso affermare che la visione medievale riportata in questo libro non si distacca del tutto da quella di Dante, anzi le assomiglia per alcuni punti, anche se possono essere individuate alcune differenze che, a mio parere, sono dovute solo ad un “ammodernamento” causato distacco temporale.

Domizi Daniele III G

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