Deriva dei continenti

Materie:Riassunto
Categoria:Geologia

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Testo

Precedenti storici
Wegener, metereologo e geofisico tedesco,inquadrò la teoria della deriva dei continenti. Ebbe inizialmente solo un’intuizione che poi però sviluppò con tenacia; non fu il primo ad ipotizzare che i continenti erano inizialmente uniti tra loro(nel1620 Bacone aveva notato uniformità tra Africa e America, poi il naturalista tedesco von Humboldt disse che in passato queste due erano unite e cercò le cause della separazione: secondo lui l’oceano Atlantico sarebbe stato una grande valle scavata da una corrente marina. Infine l’abate Snider-Pellegrini citò espressamente la possibilità di unione e separazione). L’americano Taylor rimane tuttavia il più accreditato, nel 1910 pubblicò la prima formulazione della deriva continentale: la sua teoria non è basata sul supposto incastro dei continenti, ma sulla distribuzione delle catene montuose del globo, che sarebbero gli “arricciamenti” della superficie terrestre provocati dallo scontro di vari blocchi continentali. Egli suppose che la Luna si fosse staccata dalla terra intorno ai 70/100 milioni di anni fa,e che la sua vicinanza avesse prodotto maree terrestri così forti da trascinare i continenti alla deriva.
La teoria dei continenti di Wegener
Le teorie mobiliste,rispetto a quelle fissiste,ammettono considerevoli spostamenti laterali delle masse continentali. Quando Wegener iniziò a formulare la teoria mobilista le idee sulla struttura e sull’evoluzione della terra erano dominate dal modello fissista della terra in contrazione. Si supponeva che la terra fosse ancora in progressiva solidificazione e contrazione da un’originaria massa fusa; i materiali più leggeri erano migrati verso la superficie, originando rocce magmatiche e metamorfiche di tipo granitico definite sial(silicati di alluminio);esse sormontavano rocce più dense di tipo basaltico,gabbrico o peridotitico definite sima(silicati di magnesio). Le catene montuose erano dovute a contrazioni; si ammetteva che vasti settori della superficie terrestre potessero essere sprofondati originando gli oceani mentre i continenti erano rimasti affioranti come blocchi stabili. Fenomeni di lento sprofondamento (subsidenza)erano possibili sui continenti, per cui certe parti potevano essere invase dal mare mentre parti dei fondi oceanici potevano riemergere e formare terre emerse. Però i geologi calcolarono che in base al grado di compressione subito dagli strati delle catene montuose, la terra avrebbe dovuto raffreddarsi di migliaia di gradi per produrre una contrazione sufficiente a formare una sola catena montuosa alta migliaia di metri. Un raffreddamento così elevato sembrava improbabile anche a causa della diffusa radioattività delle rocce: i fenomeni radioattivi producono una considerevole quantità di calore che avrebbe dovuto bilanciare la perdita di calore verso lo spazio; inoltre la disposizione delle catene montuose, formatesi in tempi diversi, erano localizzate in fasce strette e allungate e non uniformemente sulla superficie terrestre. Era anche difficile spiegare come stato possibile lo sprofondamento di vaste aree continentali(sial) se al di sotto di esse si trovavano rocce più dense(sima). Notando la marcata congruenza delle linee di costa in entrambi i lati dell’Oceano Atlantico, Wegener intuì che i continenti avrebbero potuto muoversi lateralmente: dal 1910 al 1923 elaborò una serie di scritti in cui postulò che circa 300milioni di anni fa un grande supercontinente detto Pangea si fosse spaccato e suddiviso in blocchi; questi avrebbero iniziato a migrare sulla superficie terrestre separandosi sempre più. Inizialmente la Pangea era distinta in due blocchi: boreale, detto Laurasia (nord America, Europa e Asia)e uno australe detto Gondwana(sud America, Madagascar, India e Australia); durante la deriva verso occidente delle due Americhe si sarebbero formate per compressione,sui fronti avanzati dei continenti, le catene montuose occidentali(Ande e Montagne rocciose), mentre le Antille e l’uncino patagonico, in ritardo sul movimento di deriva, sarebbero rimasti nell’Atlantico. Secondo Wegener una vasta zona a nord dell’India si arricciò durante il movimento di tale blocco verso settentrione e si formarono così le catene himalayane; l’ipotesi di Wegener era sostenuta da una serie di dati geofisici, geologici, paleontologici e paleoclimatici.
Argomenti geofisici
Il principio dell’isostasia stabilisce che il substrato della crosta terrestre agisca come un fluido molto viscoso. Wegener fece osservare che se i blocchi continentali possono muoversi verticalmente attraverso questo substrato, allora possono farlo anche orizzontalmente. L’unica condizione è che ci siano forze sufficienti a spostare lateralmente i continenti: che esse esistano sarebbe provato dalla compressione orizzontale necessaria a spiegare l’origine delle catene montuose come le Alpi, l’Himalaya e le Ande. Wegener cercò di mostrare gli spostamenti laterali dei continenti mediante le rispettive osservazioni geodetiche: veniva registrata ogni piccola variazione di posizione mediante continui controlli astronomici e trasmissioni radio(nel 1929: deriva della Groenlandia rispetto all’Europa).
Argomenti geologici
Wegener studiò le somiglianze geologiche dei blocchi continentali:notò che i lineamenti strutturali della crosta combaciano quasi esattamente; la catena della Provincia del Capo(Sud Africa) coincide con le catene di Buenos Aires e quelle dell’Antartide. La serie del Karoo(Sud Africa) è uguale a quella dei Santa Caterina in Brasile. Così anche le catene montuose della Norvegia, Groenlandia, Scozia, delle province canadesi e degli Stati Uniti assumano uno sviluppo continuo e unitario una volta che i continenti circumatlantici vengano riuniti. Wegener non considerò a fondo l’Oceano Indiano, ma notò varie somiglianze tra Madagascar, India e Australia, dell’originaria terra di Gondwana, e mise in rilievo quanto più facile sarebbe stato spiegare la complicata geologia dell’arco indonesiano con l’ipotesi della deriva continentale.
Argomenti paleontologici
All’inizio del secolo i paleontologi per spiegare identità o similarità floristiche e faunistiche tra diversi continenti ammettevano che tra essi potessero essere sempre esistiti(era mesozoica)collegamenti sotto forma di grandi lingue di terra o istmi, i cosiddetti ponti continentali, che sarebbero poi sprofondati negli oceani. In particolar modo era accreditata l’ipotesi di collegamenti tra Brasile e Africa, tra Argentina e Antartide, tra Nord America e Europa e tra India e Madagascar. Wegener rigettò sulla base di evidenze geofisiche e del principio dell’isostasia, la possibilità che questi ponti fossero sprofondati e spariti negli oceani. L’unica ragionevole conclusione è che i continenti oggi separati si siano staccati e allontanati, spostandosi lateralmente, a partire dalla Pangea.
Argomenti paleoclimatici
Dati significativi sulle condizioni climatiche del passato sono forniti dalle rocce sedimentarie.
- depositi di carbone indicano spesso zone umide, ma se molto sviluppati e spessi possono significare anche vegetazione lussureggiante di tipo tropicale
- tilliti, indizio di glaciazioni, sono depositi di detriti di roccia trasportati dai ghiacciai
- gesso, salgemma o arenarie rosse di ambiente desertico testimoniano la presenza di climi aridi
- rocce carbonatiche (calcare, dolomia, scogliere coralline) indicano climi caldi tropicali
gli indizi paleo climatici sono forniti dalla presenza di vari tipi di fossili, sia vegetali che animali; con questo criterio si può intuire quanto forti siano state le variazioni climatiche che hanno subito le varie regioni del globo (es. il Carbonifero è il periodo in cui si formarono i depositi di carbone). Il clima della terra da tropicale che era, è divenuto temperato, ad eccezione di quello delle isole del Mare Artico, divenuto da subtropicale a polare. La distribuzione delle tilliti nel Carbonifero e nel periodo successivo, il Permiano, in Sud Africa, India, Sud America e Australia, assume molta importanza per la teoria della deriva continentale perche dimostra chiaramente che quelle terre furono sottoposte ad un periodo di clima polare (glaciazione). Per ottenere la distribuzione geografica delle tilliti nell’ipotesi di continenti fissi nella loro attuale posizione, occorre supporre che i poli abbiano avuto nel passato una posizione diversa da quella attuale: il polo sud nella posizione più favorevole possibile si troverebbe al centro della zona coperta dalle tilliti, a 50°S e 45°E. Bisognerebbe inoltre supporre che i ghiacci si siano estesi fino al parallelo 10°S in India, in Brasile e in Australia orientale: ciò significa che tra 350 e 250 milioni di anni fa, l’emisfero australe sarebbe stato soggetto ad un clima polare fino all’equatore. Gli attuali depositi carboniferi dimostrano che l’emisfero boreale godeva nello stesso periodo di un clima tropicale o subtropicale: la situazione sarebbe assurda.
La spiegazione sarebbe più facile invece se si potessero raggruppare i continenti australi più a sud rispetto alla loro attuale posizione, disposti a formare la Gondwana, la grossa massa continentale: così le aree glaciali formerebbero una calotta circolare nella regione polare di Gondwana.
Detrattori e sostenitori
La teoria di Wegener non fu accreditata da molti scienziati dell’epoca: in dubbio vi era l’incastro dei vari continenti, l’esattezza e il significato delle somiglianze geologiche sui lati opposti dell’Atlantico e la spiegazione delle analogie faunistiche e floristiche tra i diversi continenti. Il maggior ostacolo riguardava però le cause e il meccanismo che stanno alla base della teoria, Wegener non affrontò a fondo tale problema: parlò di forze gravitazionali differenziali derivanti dalla forma della terra (sferoide schiacciato ai poli) di maree terestri, di rigonfiamenti della superficie terrestre che avevano indotto la crosta a spostarsi lateralmente per ristabilire l’equilibrio. Nel periodo tra le due guerre mondiali l’opinione generale era molto critica nei suoi confronti, ma Wegener ebbe alcuni importanti sostenitori: Holmes, Daly, Argand e Du Toit; fra questi Holmes, geologo inglese insoddisfatto del meccanismo di deriva, suggerì nel 1929 un modello basato sulle correnti subcrostali. L’ipotesi di Holmes può essere considerata il geniale e vero embrione delle attuali teorie sulla dinamica della litosfera.
Le dorsali medio-oceaniche
Gli oceani possono essere suddivisi in tre province principali: al centro vi è la dorsale medio-oceanica che si erge sui bacini oceanici, i quali a loro volta sono adiacenti ai margini continentali; vi sono inoltre zone allungate e profonde chiamate fosse oceaniche in corrispondenza delle quali il fondale sprofonda per molte migliaia di metri. Le dorsali si estendono senza soluzione di continuità attraverso gli oceani Atlantico, Pacifico, Indiano e Antartico, attraverso il mar di Norvegia e il mare Artico per una lunghezza di 80000km (circa due circonferenze terrestri). Il sistema delle dorsali è formato da estesi rilievi più o meno fratturati che si elevano sul fondo oceanico da 1 a 3 km e la cui larghezza supera i 1500km; le creste dorsali si trovano in media a 2600/2700 metri sotto il livello del mare. La zona di cresta delle dorsali è quella topograficamente più accidentata, costituita da una valle di sprofondamento o fossa tettonica, nota col termine di rift valley, circondata da rilievi e plateau basaltici molto fratturati. Nella dorsale medio-atlantica la rift valley è situata nel mezzo ed è una profonda incisione di circa 2km, larga dai 20 ai 40. Lateralmente alla rift valley la dorsale degrada verso il fondo oceanico con una serie di gradini limitati da faglie. (nell’oceano Indiano la dorsale si dirama nei pressi dell’isola di Rodriguez-est Madagascar-un ramo si dirige verso S-E per collegarsi con la dorsale del Pacifico, l’altro ramo entra nel golfo di Aden dove si congiunge con il sistema di fosse tettoniche. Anche nel Pacifico la dorsale oceanica raggiunge il continente, a sud della California verso la faglia di San Andreas, che divide in due la California e passa per San Francisco). In particolari circostanze le dorsali possono affiorare e divenire isole vulcaniche al centro degli oceani:Islanda,Azzorre,Atlantico meridionale La rift valley delle dorsali è una zona di terremoti con ipocentro poco profondo, con elevato flusso di calore e attività vulcanica effusiva: nelle dorsali gran parte dell’attività geologica recente è localizzata lungo la fessura assiale; i fianchi appaiono più vecchi e meno attivi. Le dorsali medio-oceaniche sono costituite da basalti tholeitici e dalle corrispondenti rocce intrusive(gabbri):questi conservano la composizione femica ma sono caratterizzati da povertà di potassio e da abbondanza di calcio. I sedimenti si trovano nelle valli e nelle depressioni a cui giungono tramite profonde correnti o frane sottomarine:sono sedimenti pelagici, cioè melme bianche costituite da piccoli gusci di organismi planctonici(coccoliti,foraminiferi)viventi nella parte superficiale dell’oceano; quando questi organismi muoiono, i loro gusci calcarei e silicei si depositano sul fondo oceanico. Sui fianchi delle dorsali, sotto i 4500/5000m ad un livello detto profondità di compensazione dei carbonati, la frazione carbonatica si riduce a zero a causa dell’aumento di solubilità del carbonato di calcio. Sotto il sedimento pelagico predominante è l’argilla rossa.
Le grandi zone di frattura
Le dorsali sono divise in segmenti distinti: spesso, nel passaggio da un segmento all’altro, la dorsale è rigettata (tagliata e spostata) per centinaia di km. La dorsale atlantica nella sua zona equatoriale è rigettata da una serie di faglie, così come accade tra Irlanda e Groenlandia. La morfologia di queste zone di frattura è complessa: spesso vi è un’importante scarpata per cui la zona di frattura è assimilabile a un gradino; comune è anche una depressione delimitata da due scarpate laterali. A queste forme sono associati rilievi vulcanici di vario tipo e monti sottomarini.
Le zone di frattura sono sismicamente attive nel tratto che raccorda i due tronconi della dorsale: i tratti della zona di frattura all’esterno sono asismici; la parte attiva della dorsale è quindi solo quella compresa tra i due tronconi. I rilievi sottomarini che corrispondono alle zone di frattura possono essere modificate e attenuate da processi erosivi, sedimentari e tettonici. All’esterno dei tronconi delle dorsali(frattura sismicamente inattiva)il rilievo iniziale si addolcisce rapidamente, affogato dalla sedimentazione di materiale che proviene dai continenti. La morfologia dei rilievi sottomarini rimane inalterata nelle regioni oceaniche in cui la sedimentazione detritica è assente(zone di frattura del Pacifico, coperte solo da argilla rossa).
Il flusso di calore
In corrispondenza dell’asse delle dorsali oceaniche il flusso di calore è più elevato rispetto alle altre parti dell’oceano,nella regione assiale soprattutto; i valori maggiori si raggruppano da entrambi i lati della cresta entro 150/200km. Nella dorsale atlantica i valori elevati sono concentrati nella zona della rift valley(entro 50/70km), mentre nella dorsale pacifica la caduta del flusso di calore con la distanza è più graduale. L’alto flusso di calore riscontrato sulle dorsali non va imputato a concentrazioni di elementi radioattivi nella crosta perché nei fondali oceanici non vi sono graniti;l’apporto di calore in superficie è dovuto al risalire di correnti convettive nel mantello.
L’espansione dei fondali oceanici
Nell’ipotesi di espansione dei fondali oceanici il geologo americano Hess postulava che nel mantello esistessero lenti moti convettivi e che le dorsali oceaniche fossero l’espressione superficiale dei rami ascendenti di tali correnti convettive. Proponeva che il materiale del mantello salisse in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche e poi muovesse lateralmente allontanandosi dagli assi dorsali; lo spazio creatosi nella fessura centrale era riempito da nuova crosta prodotta dalla lava in risalita dal mantello. Inoltre, la crosta oceanica era riassorbita nel mantello in corrispondenza delle fosse oceaniche, le zone più profonde degli oceani. Se il volume della terra non aumenta in modo apprezzabile, l’espansione dei fondi oceanici che si attua in corrispondenza delle dorsali deve essere necessariamente compensata; la crosta oceanica si genera da una parte e si distrugge dall’altra, i continenti galleggiano sul mantello in lento moto convettivo(trascinati passivamente). L’ipotesi di Hess trova prova nelle anomalie magnetiche, nello studio di zone di frattura(faglie trasformi) e l’età e lo spessore dei sedimenti oceanici.
Paleomagnetismo
Il fenomeno delle anomalie magnetiche è direttamente collegato al magnetismo terrestre: gli atomi dei minerali possiedono elettroni in movimento e poiché le cariche elettriche sono sensibili ai campi magnetici, gli atomi, se liberi di muoversi, si orientano secondo il campo magnetico. Sopra il punto di Curie gli atomi dei minerali sono dotati di suscettibilità magnetica, si orientano in modo casuale; al di sotto di questo punto assumono orientazioni comuni e parallele alla direzione del campo magnetico terrestre. Le rocce magnetiche contengono diversi minerali dotati di suscettività magnetica, questi generalmente contengono ferro e, in un magma fuso che sta passando allo stato solido, si comportano come tanti aghi orientati secondo la direzione nord-sud. Quando il magma solidifica i minerali si bloccano e registrano le caratteristiche che quel campo magnetico presenta in quel momento e in quel punto. La magnetizzazione si perde solo se la roccia è riscaldata nuovamente al di sopra del punto di Curie dei minerali che la compongono; una roccia che contiene minerali magnetici può quindi dare informazioni sui propri spostamenti e sul campo magnetico esistente all’atto della sua formazione, cioè sul paleomagnetismo.
Inversioni di polarità
Le inversioni sono un particolare aspetto del paleomagnetismo; ogni mezzo milione di anni il campo magnetico della terra cambia polarità(polo nord diventa sud e viceversa). Usando vari metodi di datazione si è scoperto che queste inversioni si ripetono secondo un ordine cronologico anche in zone molto distanti tra loro: si sono raccolti dati sufficienti a ricostruire le inversioni degli ultimi 5/7 milioni di anni con una scala di cronostratigrafia magnetica. Si è scoperto che circa la metà di tutte le rocce studiate hanno magnetizzazione opposta a quella dell’attuale campo magnetico: ciò implica che il campo sia saltato da normale a inverso piuttosto spesso nel passato e che campi magnetici normali o inversi sono ugualmente probabili. I periodi più lunghi(1/2 milione di anni)sono detti epoche magnetiche(ognuna col nome di un famoso scienziato esperto di paleomagnetismo). Durante le epoche si registrano anche brevi inversioni dette eventi magnetici: le cause di queste inversioni non sono ancora note, non si sa neanche se affievolisca lentamente per poi aumentare o succeda di scatto. Tutto dipende dalla dinamo in funzione nel nucleo terrestre che può appunto variare la propria polarità casualmente e facilmente.
Le anomalie magnetiche
Sono piccole variazioni locali dell’intensità del campo magnetico terrestre causate dalla presenza in prossimità della superficie di rocce contenenti minerali magnetici. In un’area con anomalia magnetica positiva il campo magnetico prodotto dalla roccia si somma al campo terrestre e il campo complessivo ha intensità maggiore del normale; in un’area con anomalia negativa il campo magnetico della roccia si sottrae a quello terrestre e l’intensità totale è inferiore al normale. Le anomalie magnetiche registrate nei fondali oceanici hanno caratteristiche diverse da quelle dei continenti: la massima parte del magnetismo misurata negli oceani deriva dai basalti ricchi di magnetite (i primi studi sono stati fatti al largo della California nel Pacifico). Le anomalie hanno un andamento a bande lineari generalmente parallele che continuano per km e presentano una distinta simmetria bilaterale rispetto alla dorsale medio-ocenica (l’immagine è speculare ai lati della dorsale). Le anomalie dei continenti sono distribuite in modo casuale: le irregolarità sono dovute alla disordinata distribuzione e concentrazione dei minerali magnetici nelle rocce sottostanti. Nel 1963 Vine e Mathews(geofisici) prospettarono un’ipotesi che spiegava le anomalie magnetiche nel contesto dell’espansione dei fondali oceanici: nelle aree oceaniche le regolari distribuzioni appaiono collegate all’opposta direzione di magnetizzazione. Il fenomeno delle inversioni dei poli magnetici sta alla base della loro ipotesi: supposero che la lava basaltica, uscendo dalla fenditura centrale delle dorsali oceaniche, si magnetizzasse durante il raffreddamento; mentre il nuovo materiale viene aggiunto lungo l’asse della dorsale, le lave solidificate e già magnetizzate sono allontanate e trascinate in direzioni opposte rispetto alla rift valley. Ogni volta che il campo magnetico terrestre si inverte, l’evento viene registrato e fossilizzato nelle lave stesse; dopo un certo periodo di tempo il fondo oceanico risulta costituito da bande a magnetizzazione alternativamente normale e inversa, simmetriche rispetto alla rift valley. L’analisi dei profili dell’Atlantico, del Pacifico e dell’Antartico ha dimostrato che le anomalie sono correlate da un oceano all’altro: è ragionevole che la causa sia unica; le periodiche inversioni della polarità magnetica investono contemporaneamente tutti gli oceani. Con lo studio paleontologico dei gusci degli organismo planctonici presenti nei sedimenti oceanici è possibile datare le anomalie: si può risalire alla velocità media di espansione dei fondi oceanici; le distanze delle anomalie dagli assi delle dorsali e le loro diverse larghezze dipendono dalla velocità con cui il fondo si allontana dalle dorsali stesse.
Le faglie trasformi
La fenditura assiale dove avviene l’espansione delle dorsali oceaniche è interrotta e dislocata dalle zone di frattura che in alcuni luoghi determinano alte e scoscese pareti sottomarine. Inizialmente si pensava che fossero normali faglie lungo le quali l’asse della dorsale era stato spostato lateralmente a partire da una struttura inizialmente continua: in tal caso le faglie avrebbero dovuto prolungarsi entro i continenti e i terremoti insorgere lungo la loro lunghezza. Wilson, geofisico canadese, propose che se davvero si stava generando nuova crosta negli oceani, avrebbe potuto esistere una nuova classe di faglie dette trasformi: esse non si prolungano entro i continenti e i terremoti sono limitati alla parte compresa tra due segmenti della dorsale. Queste faglie non sono la causa della dislocazione dei vari tronconi di dorsale, ma sono la conseguenza dell’espansione dei fondali oceanici avvenuta in corrispondenza di ciascun troncone. Se la faglia si comportasse in modo omogeneo per tutta la sua lunghezza, i due tronconi di dorsale dovrebbero avvicinarsi fino ad allinearsi. La presenza di faglie trasformi dimostra che l’espansione dei fondali oceanici avviene per fasce separate ogni troncone è sede di formazione di un tratto di fondale oceanico ed è separato da quelli adiacenti da due faglie trasformi. Il senso del movimento della faglia è opposto sono nel tratto situato tra i due tronconi: è qui che si generano i terremoti per attrito; ne tratti esterni ai due tronconi il senso del movimento ai due lati della faglia è concorde. In queste zone laterali, essendo la velocità la stessa, non esiste scorrimento relativo; la faglia è inattiva e il fondo oceanico si muove concordemente. Queste relazioni rivelano che le faglie trasformi sono in relazione a zone di deformazione attiva del mantello: indicano fratturazione non omogenea della crosta e vecchi lineamenti strutturali del mantello che controllerebbero la distribuzione originaria dei moti convettivi, o forse viceversa.
I sedimenti oceanici
Gli oceanografi campionavano i sedimenti negli oceani con carotaggi a pistone, con cui raccoglievano fanghi oceanici più superficiali; questi sedimenti si trovano a 5/10m quindi sono molto giovani e non ci permettono di ricostruire la storia di un oceano. Negli anni sessanta la nave oceanica Glomar Challenger fu attrezzata per perforazioni in alto mare e dotata di un sistema di posizionamento dinamico controllato da un calcolatore e capace di mantenere la posizione anche in acque molto profonde per consentire l’ancoraggio (si arrivò fino a 1700m). quando la nuova crosta oceanica esce dalla fossa della dorsale su di essa cominciano a piovere i gusci degli organismi planctonici; poiché questi si sono evoluti lo studio micro paleontologico dei sedimenti prelevati con le carote permette di datare i fondali oceanici(l’età del sedimento più vecchio, quello che giace direttamente sul basamento basaltico fornisce l’età della crosta in quel punto). L’età dei sedimenti che poggiano direttamente sopra la crosta oceanica aumenta allontanandosi dalla dorsale medio-oceanica; i sedimenti più antichi appoggiano sul basamento basaltico e risalgono a circa 190 milioni di anni fa. Alcuni di questi sedimenti provengono dal Pacifico nord occidentale e dai due bordi dell’Atlantico(Capo Verde e Bahamas): ciò significa che prima di 190 milioni di anni fa non esisteva l’Atlantico e che le masse continentali erano unite. In ogni località studiata dalla Glomar Challenger lo spessore complessivo dei sedimenti e l’età di quelli più antichi aumentano con la distanza delle dorsali(più del 50% dell’attuale fondo oceanico si è originato negli ultimi 80 milioni di anni). Nell’oceano Atlantico i sedimenti più vecchi sono stati ritrovati a 1200km dalla dorsale, mentre lungo l’asse della dorsale la crosta giovane, appena raffreddata, è ancora priva di sedimenti. Nel raggio di 100 km dalla rift valley i fanghi raggiungono raramente uno spessore misurabile. Il continuo rigenerarsi della crosta oceanica spiega il fatto che gli oceani ci siano sempre stati ma che quelli attuali non contengono sedimenti di età superiore ai 160/190 milioni di anni. Ciò si spiega con il fatto che i sedimenti antichi furono trasportati sul dorso del basamento oceanico, impilati al margine di un continente, o risucchiati nel mantello. Gran parte dell’espansione oceanica attualmente in atto ebbe inizio 160 milioni di anni fa, ma era già operante prima probabilmente: i fondali oceanici si sono allargati e gli antichi continenti hanno continuato ad allontanarsi o scontrarsi.
La tettonica delle placche
Teoria formulata nel 1967/68 riprende e organizza una serie di informazioni scientifiche riguardanti branche della geologia molto diverse. Qui trova conferma la teoria della deriva dei continenti di Wagner.
I margini delle placche
L’idea base della tettonica delle placche è che la superficie terrestre consista di un guscio litosferico suddiviso in un certo numero di porzioni rigide dette placche litosferiche:queste sono in movimento reciproco e slittano su uno strato relativamente più plastico coincidente con l’astenosfera. La sismicità è l’espressione dei movimenti relativi tra placche litosferiche. Le zone ad alta sismicità corrispondono ad aree strutturali caratteristiche(dorsali oceaniche, fosse oceaniche, catene montuose recente, zone ad elevata attività vulcanica). Le fasce sismiche segnano i confini delle placche; si possono distinguere quattro tipi di zone sismiche: il primo tipo riguarda l’asse delle dorsali medio-oceaniche dove i terremoti sono poco profondi(-di70km)e accompagnati da attività vulcanica e alto flusso di calore. Lungo gli assi delle dorsali inizia l’espansione dei fondali oceanici e le placche si allontanano l’una dall’altra. Il secondo tipo è caratterizzato da terremoti poco profondi, ma l’attività vulcanica è assente: ne sono esempi la faglia di San Andreas in California e la faglia dell’Anatolia nella Turchia settentrionale; lungo entrambe queste fratture sono stati documentati considerevoli spostamenti orizzontali. Il terzo tipo è strettamente connesso con le fosse oceaniche e i sistemi di archi insulari, come quelli che bordano il Pacifico occidentale; qui possono verificarsi terremoti superficiali(fino a70km), intermedi(da70a300km) o profondi(da300a700km). La profondità dei sismi aumenta con la distanza dalla fossa seguendo un ipotetico piano inclinato detto piano di Benioff(molto attivo sismicamente). Il piano di Benioff è interpretato come l’evidenza di un fenomeno di subduzione: questa consiste nello scorrimento di una placca litosferica sotto un’altra e nel suo conseguente riassorbimento nell’astenosfera. Il quarto tipo di zona è rappresentato dalla fascia che, attraverso l’Asia, si estende dalla Birmania fino al Mediterraneo: è una zona continentale con sismicità diffusa in cui i terremoti sono superficiali ed associati a elevate catene montuose originate da fenomeni di compressione. I terremoti a ipocentro profondo sono rari, alcuni sono stati registrati sotto le isole Eolie. Le zone sismiche definiscono un mosaico di placche in movimento relativo tra loro, delimitate da tre tipi di margini: lungo l’asse delle dorsali le placche si separano, mentre tra l’una e l’altra si genera continuamente nuova crosta oceanica, le dorsali costituiscono margini in accrescimento; lungo le grandi fratture oceaniche e le grandi faglie continentali a scorrimento orizzontale, le placche scivolano l’una accanto all’altra mentre le superfici rimangono immutate; le grandi faglie a scorrimento orizzontale corrispondono a margini conservativi trasformi. Nelle zone di subduzione le placche convergono e una di esse sprofonda nell’astenosfera, si consuma e perde la propria identità; quando le placche litosferiche vanno in subduzione si determinano margini di consunzione.
Le placche litosferiche
Le Pichon, geofisico francese, propose nel 1968 un modello di tettonica globale basato su sei placche(America, Eurasia, Africa, India, Antartide e del Pacifico); da allora sono state individuate altre sei placche(Nazca, Somala, Araba, Filippine, Cocos e Caraibica); altre ancora sono Cina, Persia, Turchia, Tonga, Egeo, Adriatico, Nuove Ebrid, Rivera e Scotia. La dimensione delle placche litosferiche è assai variabile; dalle grandi principali (una comprende quasi tutto il Pacifico) si va alle placche piccolissime(come quelle della Turchia o dell’Adriatico); la distribuzione è varia e può comprendere contemporaneamente aree continentali e oceaniche, oppure una sola delle due. Ciò permette di superare una delle obiezioni alla teoria della deriva continentale e cioè la difficoltà che una massa continentale geologicamente debole e leggera, possa farsi strada attraverso la crosta più densa.
Il moto delle placche
Le placche sono in moto relativo tra loro: non esiste un sistema di riferimento assoluto per capirne il movimento; un’analisi generica della loro distribuzione porta a stabilire che dorsali oceaniche e zone di subduzione sono esse stesse in moto: ciò accade ad esempio quando tra due margini in accrescimento non c’è zona di subduzione, come in Africa, compresa tra la dorsale atlantica e il sistema di dorsali dell’oceano Indiano-mar Rosso. Il fenomeno può essere spiegato supponendo anche che la terra si espanda in misura uguale alla somma dei tassi di espansione delle due dorsali; ciò non pare però compatibile con gli studi sui terremoti che indicano subduzione crostale nelle fosse oceaniche. Stime delle variazioni della crosta gravitazionale indicano l’espansione della crosta terrestre di 0,1 mm all’anno: questo valore è due ordini di grandezza inferiore ai tassi di espansione oceanica deducibili dalle anomalie magnetiche. Le dorsali oceaniche, prive di zone di subduzione intermedie, si allontanano l’una dall’altra a velocità tali da compensare l’aggiunta di nuova crosta tra loro. Equivalente consunzione crostale deve verificarsi lungo zone di subduzione situate al di fuori dell’area racchiusa da queste dorsali. I margini in accrescimento(assi delle dorsali oceaiche)sono linee di moti relativi lungo le quali è prodotta simmetricamente nuova superficie: la direzione del moto relativo non è sempre perpendicolare a questa linea; i margini in consunzione(fosse oceaniche o catene montuose recenti) sono linee di moto relativo lungo le quali una placca è inghiottita dalla superficie terrestre: si ha riassorbimento della litosfera solo sulla linea; la direzione del moto non è sempre perpendicolare alla linea. I margini trasformi sono linee di moto relativo lungo le quali la superficie è conservata: poiché il movimento lungo la faglia è parallelo alla direzione di questa, le faglie trasformi sono le uniche a dare direzione del moto relativo tra le placche.
I margini continentali
Possono trovarsi distanti dai margini di placca oppure coincidere con essi: nel primo caso si possono avere margini continentali trasformi, nel secondo margini continentali attivi. Quelli passivi e trasformi sono caratterizzati da assenza di fenomeni sismici e vulcanici; quelli attivi, al contrario, sono interessati dai fenomeni endogeni. I margini continentali passivi sono tipici dei continenti ai bordi dei bacini oceanici in espansione(Atlantico): segnano il confine tra continente e oceano della medesima placca; rispetto alla direzione del moto della placca si trovano sull’orlo posteriore del continente e perciò sono tettonicamente inattivi. Il principale fenomeno è la sedimentazione di materiali di origine continentale. I margini continentali trasformi corrispondono a bruschi rigetti o deviazioni della spaccatura iniziale in corrispondenza di dove poi si attuerà la separazione: anche questi margini sono tipici degli oceani in espansione e caratterizzano l’orlo del continente in posizione posteriore rispetto alla direzione dello spostamento. I margini continentali attivi sono soggetti a sforzi compressivi: questi margini sono posti sul bordo dei continenti in posizione anteriore rispetto alla direzione dello spostamento e coincidono con il confine della placca. Sono margini tettonicamente attivi, che caratterizzano oceani in contrazione(Pacifico). Secondo la tettonica delle placche, i continenti sono blocchi che reagiscono passivamente alla convezione astenosferica: tutti gli attuali margini continentali sono orli delle fratture in corrispondenza delle quali si separò la Pangea.
Margini continentali passivi
I margini continentali passivi si formano a coppie quando un continente si spacca in due in corrispondenza di una dorsale oceanica; i margini passivi si sviluppano gradualmente secondo stadi che riflettono una particolare e distinta situazione geotettonica e comprendono varie fasi. La prima riguarda un inarcamento, seguito dalla formazione di fosse tettoniche(ritf valley), la rottura definitiva dell'inarcamento con formazione di un golfo protoceanico e la separazione completa dei due blocchi con formazione di un oceano. Se sotto un blocco continentale si forma una cella convettiva, nel mantello si ha una zona più calda del normale e quindi una diminuzione della densità; l'aggiustamento isostatico che ne segue produce un vasto inarcamento del continente sovrastante: quando questo ha interessato una sufficiente estensione crostale iniziano a formarsi le fosse tettoniche. Durante l'inarcamento termico si manifesta anche una sensibile attività vulcanica: da una parte all'altra della spaccatura vaste regioni sono interessate da faglie distensive(mar Rosso ha iniziato a formarsi20milioni di anni fa e le faglie sono arrivate a250km dall'asse della dorsale). La continua distensione, prodotta dalle correnti convettive, sottopone la base del soprastante blocco continentale a sforzi distensivi sempre maggiori; i blocchi fagliati sprofondano ruotando nel piano di faglia e così il continente si assottiglia e si distende: si arriva al distacco completo dall'originario continente. L'allontanamento dei due blocchi continua e la regione centrale, sprofondata, è invasa dalle acque marine; in seguito si formerà il mare(mar Rosso). Proseguendo la separazione dei due tronconi continentali si raggiungeranno condizioni oceaniche(Atlantico).
Margini continentali trasformi
I margini continentali trasformi sono caratterizzati da ripide scarpate tra continente e oceano(in ciò differiscono dai normali margini passivi che hanno blocchi rocciosi separati da faglie): queste scarpate si sono originate al momento della separazione dei continenti a opera della dorsale oceanica che andava formandosi. Se le faglie trasformi si estendono fino ai continenti in separazione, il passaggio dal bordo dei continenti al fondale oceanico avviene con un salto brusco e ripido. Questa genesi spiega perché i margini continentali trasformi interessino limitate estensioni, separate tra loro, all’interno dei margini passivi(es. Liberia e Camerun)
Sistema arco-fossa
I margini continentali attivi sono associati ai margini di placca conservativi e a quelli in consunzione;questi ultimi sono sede della subduzione. Quando due placche convergono si forma una fossa e la placca più densa sprofonda nell'astenosfera: questa, raggiunta una certa profondità, inizia a fondere; il materiale fuso e meno denso tende a salire. La fusione parziale della placca che sprofonda porta ad un'attività plutonico-vulcanica che interessa la zona sovrastante il piano di Benioff: si crea così un allineamento di vulcani chiamato arco magmatico. L'associazione di fossa di subduzione e arco magmatico è detta sistema arco-fossa. I sistemi arco-fossa comprendono cinque elementi morfotettonici principali: la fossa, profonda più di 6km e pavimentata di crosta oceanica; la zona di subduzione, situata sotto la parete interna della fossa; l’intervallo arco-fossa, raccordo tra zona di subduzione e arco magmatico; l’arco magmatico o arco vulcanico; l’area retroarco, occupata da un bacino marginale. Le fosse oceaniche sono larghe 50/100km e profonde più di 6km;alcune fosse circondano l’oceano Pacifico per 30000km, ma sono presenti anche in Indonesia,Antille ed Egeo. Una conseguenza dell’espansione dei fondali oceanici e del movimento delle placche è l’impilamento dei depositi oceanici nelle fosse: qui i sedimenti dei fondali raschiati dalla placca si mescolano con i sedimenti terrigeni e piroclastici provenienti dal margine continentale o dall’arco insulare vulcanico adiacenti. La zona di subduzione si trova sotto il ripido fianco interno della fossa, dove esistono depositi oceanici deformati e innalzati. La massa del complesso di subduzione si accresce per aggiunte successive di materiale crostale oceanico, impilato all’interno della fossa; tali materiali comprendono per la maggior parte sedimenti depositati inizialmente su aree estese del fondo oceanico, molto distanti, in zone estranee al sistema arco fossa in cui sono incorporati.

Struttura dei sistemi arco-fossa
Nei tipici sistemi arco-fossa la distanza tra la fossa e l'arco vulcanico varia da 100a300km:questa misura dipende dalla diversa inclinazione della placca in subduzione. La rottura del pendio in cima segna il limite esterno dell'intervallo arco-fossa:questo può trovarsi a 2/3km o può essere un'isola;il limite interno è l'arco magmatico. L'intervallo ha un'ampiezza di 50/250km ed è caratterizzato da morfologia e batimetria variabili:possono esservi elementi geografici diversi subacquei e subaerei(rilievi montuosi,pianure,valli e piattaforme costiere,bacini longitudinali,scarpate sottomarine o terrazzi). In molti intervalli arco-fossa sono presenti forti spessori di sedimenti; il termine arco magmatico si riferisce a fasce vulcaniche parallele alle fosse o alle zone di subduzione. il vulcanismo dell'arco è caratterizzato da eruzioni esplosive di magmi a chimismo intermedio che formano sequenze di lave o di rocce piroclastiche; le rocce ignee degli archi magmatici sono costituite dalle rocce effusive eruttive in superficie e da rocce intrusive iniettate nella roccia sottostante la zona vulcanica;questi corpi plutonici comprendono grossi batoliti granitici con associazioni dioritiche e gabbriche e piccoli ammassi e filoni.Dietro i sistemi di archi magmatici insulari esistono mari di medie profondità:questi bacini sono detti marginali (Pacifico, Aleutine,Giappone,Cina, Filippine,mar Egeo)e si sono formati per estensione crostale conseguente ai processi tettonici che avvengono nei sistemi arco-fossa.
Margini continentali attivi
Gli archi magmatici possono trovarsi in un oceano o coincidere con un margine continentale: nel primo caso si forma per collisione tra due placche che hanno crosta oceanica; nel secondo è coinvolto un margine continentale che è un margine attivo. Gli archi posti ai margini continentali crescono o sul bordo di un antico basamento continentale o su terreni oceanici impilati contro il margine continentale. I margini continentali attivi a differenza dei passivi sono soggetti a compressione: nella parte interna dell'arco esistono ampie zone caratterizzate da accavallamenti di varie rocce. Questi fenomeni evidenziano la tendenza dell'arco a essere compresso contro il blocco continentale situato nell'area retroarco. I margini continentali attivi comprendono due varianti geografiche principali: una in cui la catena vulcanica dell'arco forma isole e una in cui i vulcani si trovano sul continente vero e proprio e formano le cordigliere (Ande).Nel primo caso l'area retroarco è occupata da bacini marginali(mar di Giava,Sonda), nel secondo caso l'area è occupata da depressioni terrestri(Bacino del Rio delle Amazzoni, dietro le Ande). Lo spessore crostale di 50/75km presente sotto le Ande è molto maggiore di quello normale delle regioni continentali; questo eccesso di volume dà un'idea dei materiali magmatici apportati all'arco tramite processi vulcanici e plutonici.
Punti caldi
Quasi tutta l'attività vulcanica e sismica è limitata ai margini delle placche;i centri vulcanici sono chiamati punti caldi(hot spots),quasi tutti questi sono zone di sollevamento della crosta e le lave a loro associate sono diverse da quelle che si trovano nelle dorsali e nelle zone di subduzione,sono basaltiche come quelle delle dorsali ma contengono percentuali più alte di metalli alcalini.L'origine dei punti caldi è nel mantello:essi sono le manifestazioni superficiali di pennacchi, cioè correnti cilindriche ascensionali di materiale incandescente.I pennacchi possono avere origine in zone stagnanti,al centro di correnti convettive circolari,oppure venire dalle parti più profonde del mantello;forse la risalita ha origine addirittura nel nucleo(rimangono comunque tutte ipotesi).Negli ultimi10milioni di anni risultano attivi 122 punti caldi, includendo zone che si trovano sulle dorsali medio-oceaniche(Islanda, Azzorre, Atlantico). il passaggio di una placca litosferica sopra un punto caldo lascia come traccia una fila di vulcani che possono essere in parte emersi e in parte sottomarini perchè sprofondano sempre più man mano che si allontanano dal punto caldo.Ciò accade perchè in corrispondenza del punto la litosfera è + calda,meno densa e, per compensazione isostatica, sollevata. in una placca in corrispondenza del punto si hanno grandi vulcani subaerei attivi che formano isole:quelle vulcaniche si spostano insieme alla placca litosferica di cui fanno parte e si allontanano dal punto caldo che rimane fisso; sono dapprima meno elevate e hanno vulcani spenti, poi, demoliti dalle onde,i vulcani spenti sono sommersi dall'acqua e diventano guyot(montagne sottomarine dalla cima piatta).I guyot si trovano prevalentemente in zone dove la crosta ha più di30milioni di anni. Il punto più caldo e più vistoso è quello delle Hawaii:tutte le isole dell'arcipelago sono state formate da un'unica sorgente di lava sulla quale la placca pacifica è transitata negli ultimi70milioni di anni verso nord ovest;al termine occidentale delle Hawaii, oltre Midway, inizia una catena di monti marini e guyot(Catena dell'Imperatore)che punta verso nord(cambiamento di direz dipeso dal moto della placca pacifica). Il più antico vulcano di questa Catena è stato sommerso70milioni di anni fa;Midway ha solo20milioni di anni e l'ultimo vulcano è ancora attivo. la ricostruzione del movimento delle placche in base alle tracce dei vulcani dei punti caldi è basata sul fatto che i punti caldi siano immobili;c'è chi sostiene che debbano essere in moto relativo.
Il meccanismo che muove le placche
sul meccanismo che fa muovere le placche vi sono varie teorie:il peso del materiale che esce lungo le dorsali oceaniche agisce spingendo le placche che intanto sono tirate giù dalla fredda e pesante zona in subduzione,sono trascinate per attrito dalle correnti convettive dell'astenosfera o sono spinti lateralmente dai pennacchi ascendenti. Dall'analisi dei terremoti risulta che le placche scendono fino a700km prima di essere completamente riassorbite, quindi una parte del mantello è coinvolta nelle correnti convettive:il mantello che sale nelle zone di espansione viene da profondità elevate ed è caldo.Questo materiale,allontanatosi dalla zona di espansione si raffredda in superficie e diventa la dura litosfera che,raffreddandosi e appesantendosi sprofonda di nuovo nel mantello.Questa ipotesi considera le placche e la litosfera come parte integrante del meccanismo convettivo:non sarebbero altro che la parte superficiale del mantello in lento moto convettivo.
Gli oceani perduti
Le ofioliti(si trovano in molte catene montuose)sono rocce ricche del minerale serpentino:sono rocce prevalentemente magmatiche,formate da gabbri e basalti a cuscini mescolati a sedimenti marini; la tipica sequenza ofiolitica è costituita da una successione dal basso verso l'alto da peridotite,gabbro,basalto a cuscini e sedimenti oceanici profondi. questa struttura,anche se non in questa sequenza,è simile a quella della litosfera;la comparazione petrologica e geofisica delle sequenze crostali oceaniche con le strutture ofiolitiche delle montagne conferma la somiglianza. Le ofioliti perciò considerate come brandelli sradicati di crosta oceanica, con l'unica differenza che la successione ofiolitica ha spessore minore. Alcuni considerano le ofioliti come i resti di litosfera di oceani non molto estesi che anticamente separavano i continenti:questi si sono scontrati e qualche lembo della litosfera è rimasto intrapolato tra essi. Le ofioliti affiorano lungo le fasce montuose:si trovano in corrispondenza delle maggiori catene montuose, proprio nelle zone dove si verificò un'interazione tra crosta continentale e crosta oceaniche.le più antiche sono rappresentate dagli Appalachi, ma la più grande concentrazione è quella degli Urali che continua fino alla Mongolia. I più recenti sono più abbondanti e si estendono dalla Gibilterra, Appenini, Ande, Grecia, Turchia, Iran arriva a Pakistan, Himalaya, dove si collega con la fascia circumpacifica. spesso le serie ofiolitiche sono state smembrate dai sollevamenti successivi, che ne hanno confuso la strada originaria producendo associazioni caotiche dette mèlanges tettonici. Le ofioliti sono rocce formatesi su un fondo oceanico in espansione:i mèlanges invece testimoniano il fenomeno inverso(subduzione);sono caotici assembramenti di rocce molto deformate, prodotti da un'intensa deformazione lungo i margini di placca in consunzione(affiorano in Himalaya,Turchia,Persia). Essi sono tra i più importanti corpi rocciosi delle catene montuose e sono spesso associati alle ofioliti insieme a cui delimitano zone crostali. insieme a mèlanges e ofioliti si trovano spesso gli scisti blu,rocce,metamorfiche che si formano da rocce mafiche e ultramafiche in condizioni di alta pressione e bassa temperatura, tipiche dell'area di subduzione(segnano le zone in cui si ebbe consunzione del fondo oceanico).Questi tre tipi di rocce si trovano solo nelle montagne e testimoniano l'avvenuta collisione e la linea di sutura in corrispondenza delle quali si accostarono gli antichi blocchi continentali dopo la scomparsa degli oceani tra loro.
Tettonica delle placche e orogenesi
Il termine orogenesi significa genesi delle montagne:il fenomeno si attua mediante piegamenti e accavallamenti degli strati rocciosi;si verifica lungo i margini convergenti delle placche, se almeno uno dei due margini è costituito da litosfera continentale.L’orogenesi può seguire la collisione tra una placca con crosta oceanica e una continentale, oppure tra due continentali.Con lo scontro scompare la subduzione che insorge poi in una zona oceanica adiacente; la leggera crosta continentale tende a galleggiare sul sottostante mantello perciò è difficile che sia trascinata in basso lungo la fossa di subduzione;il galleggiamento della crosta interrompe e blocca il processo di subduzione.
Orogenesi da collisione oceano-continente
Se un margine continentale collide con un margine oceanico, il margine continentale si deforma e si rialza(es.costa pacifica del Sudamerica,dove la placca di Nazca, oceanica, si immerge sotto la placca. Le Ande, con i loro grandi vulcani a chimismo andesitico rappresentano l’arco magmatico, mentre la subduzione si sta attuando in corrispondenza della fossa oceanica del Perù e del Cile. Il termine andesiti trae la sua origine dal nome della cordigliera delle Ande e qualifica un tipo di rocce magmatiche effusive; la genesi di tali rocce dipende dalla fusione della placca oceanica in subduzione. L’evoluzione della catena montuosa cominciò all’incirca 200milioni di anni fa, quando piroclasti e Pacifico facevano parte della stessa placca litosferica; l’attuale margine continentale piroclasti era un margine passivo e il piroclasti era una parte del supercontinente Pangea(sul fondale oceanico si depositano grandi quantità di sedimenti).200milioni di anni fa le spinte tettoniche iniziarono a comprimere la litosfera oceanica verso il continente;dopo le forti spinte la litosfera si spezza ed inizia il movimento di subduzione sotto la continentale formando la fossa oceanica.la fusione parziale della placca in subduzione provoca la risalti di magmi e la formazione di un arco vulcanico:quest’ultimo è situato in mare al largo delle attuali coste del Perù e del Cile. I vulcani a magmatismo andesitico separano un bacino di retroarco dall’oceano aperto; sul margine continentale vero e proprio le spinte complessive determinano piegamenti delle rocce e la formazione di una prima catena di rilievi.100milioni di anni fa in seguito allo spostamento verso est della litosfera in subduzione si formarono intrusioni magmatiche e un secondo arco tra il primo arco e il continente. Questi rilievi costituirono la cordigliera occidentale, una delle due catene che formano le Ande;la massa delle intrusioni di magma sotto l’arco vulcanico è superiore alle lave eruttate.il sollevamento della crosta causato dalle intrusioni ha spostato le rocce sedimentarie, depositate sul margine continentale verso oriente e ha provocato la formazione di faglie e pieghe:ha così avuto origine la cordigliera orientale.50milioni di anni fa l’arco magmatico occidentale ha raggiunto la massima attività eruttando grandi quantità di lave mentre al di sotto di esso si sono formati numerosi batoliti. Le intrusioni hanno determinato altri piegamenti e sollevamenti della crosta continentale; i vulcani sono stati successivamente erosi e i batoliti attualmente affiorano sul margine ovest della catena occidentale.
L’ultima fase della formazione della catena andina riguarda gli edifici vulcanici attuali che hanno iniziato la loro attività15milioni di anni fa;il magnetismo è stato prima di tipo esplosivo con emissione di piroclastici, le eruzioni si sono susseguite con una certa regolarità fino a4milioni di anni fa quando le lave sono diventate di tipo andesitico(si sono formati strato-vulcani alcuni dei quali ancora attivi).Dopo questa fase la crosta e i sedimenti tra le due cordigliere sono spinti di lato:tra le due cordigliere si è completata la formazione di un altopiano fatto da sedimenti provenienti dall’erosione delle montagne circolari.
Orogenesi da collisione continente-continente
La collisione tra due placche con crosta continentale è preceduta dalla convergenza tra crosta continentale e crosta oceanica:in questa fase si forma un arco magmatico sul bordo del continente antistante la fossa oceanica;qui si accumulano potenti successioni sedimentarie che vengono contorte, smembrate e metamorfosate. Successivamente i due continenti si avvicinano(il bacino oceanico si chiude sempre di più):la crosta oceanica si rompe in cunei che tendono ad accavallarsi verso la placca in subduzione; il fenomeno si traduce nell’insorgere di rilievi e catene montuose sottomarine(che a volte emergono come isole).i sedimenti marini intanto sono deformati e dislocati;alla fine i due continenti si scontrano, la compressione e la deformazione raggiungono la massima intensità ed entrambi i margini continentali, con gli ultimi resti della crosta oceanica non ancora subdotta, sono ridotti in cunei e scaglie che si accavallano verso la placca in subduzione. Nella zona in cui avviene la collisione si ha un forte ispessimento della crosta;dopo la collisione il galleggiamento del continente convergente impedisce la sua consunzione nel mantello, così il processo di convergenza si blocca. Non essendovi più in gioco forze compressive l’edificio di scaglie e falde accavallate l’una sull’altra si innalza inarcandosi per compensazione isostatica.la zona di sutura tra i due continenti è segnata da una catena montuosa in cui le rocce sono piegate e reciprocamente accavallate. Mèlagens,ofioliti,sedimenti oceanici e scisti blu sono tipici di queste catene da collisione tra continenti:marcano la cicatrice dove si attuò la saldatura tra le placche e testimoniano la chiusura di un bacino oceanico. Le rocce delle catene montuose presentano segni delle forti spinte compressive che si esercitano in seguito alla subduzione e di più in seguito allo scontro. L’entità delle spinte compressive è tanto intensa che le rocce sono fortemente piegate e fratturate:in certi casi la fratturazione può essere così spinta da formare accumuli di blocchi rocciosi di età e composizione diverse.tra Arabia, India e Asia si estendeva nel senso della longitudine un antico oceano denominato Tetide:resti di quest’oceano sono considerati il mar Nero, Caspio e il lago di Aral. Altre catene antiche si trovano all’interno degli attuali continenti:queste confermano l’esistenza di oceani ormai chiusi e il fatto che questi si sarebbero uniti e separati più volte prima che la Pangea si frammentasse.
La formazione dell’Himalaya
La collisione del continente indiano con l'Eurasia e l'insorgere della catena himalayana sono un tipico esempio di collisione tra continenti. i dati paleomagntici hanno mostrato che90milioni di anni fa l'India si staccò dalla Gondwana iniziando la sua deriva verso nord e chiudendo la Tetide. La litosfera oceanica si sarebbe immersa in subduzione sotto il margine attivo eurasiatico dove le forti compressioni hanno dato origine ai piegamenti e all'innalzamento della crosta continentale. la collisione sarebbe iniziata45milioni di anni fa e sarebbe tutt'oggi in corso(l'India penetra sotto l'Asia 5cm all'anno);il movimento verso nord del blocco continentale indiano è legato all'espansione dell'attuale oceano Indiano. La fase principale di scontro con l'Eurasia avrebbe determinato la chiusura dell'oceano e la trasformazione dei sedimenti in catena montuosa;il risultato finale è la chiusura dei due blocchi continentali lungo una linea di sutura che segue la valle dell'Indo. Quest'ultima è segnata da numerosi complessi ofiolitici resti dello scomparso fondale oceanico. L'originario oceano Tetide fu inghiottito sotto il Tibet per60milioni di anni ed in seguito anche il margine continentale indiano si è incastrato sotto l'altopiano tibetano che probabilmente è così elevato per il raddoppio dello spessore continentale(es.Urali, Appalachi).
Orogenesi per accrescimento crostale
Dallo studio della geologia delle Montagne Rocciose del Nordamerica è stato prospettato un modello detto di orogenesi per accrescimento crostale;la maggior parte delle regioni pacifiche del Nordamerica, dalla California all’Alaska, è costituita da un insieme di blocchi crostali detti microcontinenti, che si sono accumulati uno dopo l’altro contro il nucleo continentale negli ultimi200milioni di anni.tra un blocco e l’altro si trovano anche lembi di crosta oceanica;dopo l’espansione e l’apertura dell’oceano Atlantico il continente nordamericano sarebbe sovra scorso sulla litosfera del Pacifico verso ovest. Nel passaggio il continente avrebbe raccolto blocchi di crosta continentale e monti sottomarini presenti sulla placca pacifica, strappandoli dalla sottostante litosfera oceanica. Il movimento sarebbe stato possibile a causa della presenza di una fossa oceanica sul suo bordo pacifico;la crosta continentale microcontinenti sulla litosfera oceanica che andava in subduzione sotto il blocco continentale. Alcuni microcontinenti della costa pacifica provengono da regioni situate a sud dell’equatore:trasportati dalle placche si sono ammucchiati e scontrati lungo i margini del continente nordamericano. La presenza delle catene montuose consente di individuare le passate collisioni tra continenti e quindi di ricostruire gli eventi che hanno caratterizzato l’evoluzione della crosta terrestre.
La struttura dei continenti
Vari stili di deformazione(montagne,faglie,fosse)lasciano una traccia sulla superficie terrestre;spesso l’espressione morfologica può essere correlata a particolari strutture minori(cresta di una montagna,andamento di un fiume). Col passare del tempo l’erosione tende a livellare ogni rilievo o asperità del terreno:le catene montuose più elevate sono le più recenti.l’Himalaya e le Alpi sono da collegare all’orogenesi alpina:conseguenza della collisione tra le placche africana ed eurasiatica avvenuta negli ultimi60milioni di anni;le catene montuose più antiche(235milioni di anni, Urali)raggiungono ora a stento i 2000m, quelle formatesi ancora prima(500milioni di anni fa)non esistono più.
I cratoni
Le parti interne dei continenti, piatte e stabili che non hanno subito deformazioni di recente, sono dette cratoni:questi comprendono un nucleo molto antico, lo scudo, in cui affiorano rocce metamorfiche antiche e intrusive spianate dall’erosione:sono i nuclei delle catene montuose. Alcuni scudi sono quello baltico, siberiano,brasiliano e australiano:questi blocchi primitivi contengono le prove degli eventi più antichi della terra e sono spesso giacimenti di oro,rame,nichel e ferro. Sulle parti periferiche dello scudo vi sono rocce sedimentarie di età successiva disposte su strati orizzontali e rimaste indeformate dal tempo della loro deposizione;questa parte del cratone che borda lo scudo è detta piattaforma(es. russa-baltico,americana-canadese).
Orogeni
Attorno ai cratoni vi sono gli orogeni, fasce corrugate in cui le rocce hanno subito intense trasformazioni e sono interessate da metamorfismo e plutonismo.secondo la tettonica delle placche l'orogenesi avviene fondamentalmente per collisione continentale,gli orogeni o catene corrugate si trovano tipicamente sul margine dei cratoni: questi ultimi possono così accrescere lateralmente(es.Nordamerica). Le catene montuose sembrano essere il prodotto di un'onda orogenica che si propaga dall'oceano al cratone. La crosta è compressa da forze laterali e tutti i sedimenti depositati originariamente sul margine continentale e sul fondo oceanico adiacente sono piegati e accavallati verso il margine del cratone:il margine è detto avampaese dell'orogene; nel contempo vari magmi penetrano in questa crosta contorta e compressa. Vi è una graduale transizione delle pieghe dolci e regolari che caratterizzano la zona pedemontana, vicina al cratone, con aumento del metamorfismo e magmatismo, dell'interno delle catene montuose. i batoliti sono il nucleo di molte catene montuose; i grandi batoliti che affiorano negli scudi rappresentano le radici di antiche catene montuose ormai erose.

Esempio