Le rocce

Materie:Riassunto
Categoria:Geografia

Voto:

2.5 (2)
Download:522
Data:25.05.2007
Numero di pagine:29
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
rocce_16.zip (Dimensione: 27.08 Kb)
trucheck.it_le-rocce.doc     100.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LA CROSTA TERRESTRE: minerali e rocce
La crosta terrestre è la parte più esterna del nostro pianeta, del quale costituisce un involucro solido di modesto spessore), che ricopre in modo continuo il resto dell'interno della Terra.
Insieme di atomi: elementi, composti, miscele
La sostanza è un campione di materia con composizione chimica definita. Le sostanze si dividono in elementi e composti.
Un elemento è una sostanza formata di atomi tutti uguali, cioè tutti con lo stesso numero atomico*.
*(È il numero dei protoni contenuti nel nucleo di un atomo. Il numero atomico è uguale al numero degli elettroni.)
Un composto si forma quando due o più atomi diversi reagiscono, cioè si legano insieme: per esempio, l'acqua è un composto, in cui un atomo di ossigeno è «chimicamente legato» a due atomi di idrogeno.
Ogni composto ha una composizione definita e invariabile.
La più piccola particella di una sostanza (elemento o composto) che ne conserva tutte le caratteristiche è la molecola e che una molecola può essere formata d un solo atomo o da più atomi.
In natura difficilmente si trovano sostanze pure, cioè con una composizione definita in ogni loro parte; più spesso si trovano miscele, cioè materia di composizione variabile, formata da due o più sostanze che conservano ognuna le proprie caratteristiche. Esse si possono distinguere in miscugli e soluzioni.
Il miscuglio è una miscela eterogenea, in cui le singole sostanze componenti rimangono separate, anche se vengono mescolate.
Le soluzioni sono miscele omogenee, in cui le singole sostanze componenti non si distinguono più e che presentano le stesse caratteristiche in ogni loro parte.
Stati di aggregazione della materia
La materia che ci circonda si presenta secondo tre diversi stati di aggregazione: solido (come le rocce), liquido (come l'acqua) e gassoso (come l'aria).
I materiali allo stato solido hanno forma e volume proprio; i materiali allo stato liquido hanno anch'essi volume proprio, ma assumono la forma del recipiente che li contiene; e i materiali allo stato gassoso non hanno volume proprio tendono ad espandersi occupando tutto lo spazio disponibile.
Lo stato di aggregazione non è una caratteristica fissa di una sostanza: l'acqua può assumere lo stato solido, liquido o gassoso; ogni sostanza, infatti, può cambiare di stato assorbendo o liberando energia sotto forma di calore.
I minerali
Un minerale è una sostanza naturale solida, con due caratteristiche fondamentali:
- una composizione chimica ben definita;
- una disposizione ordinata e regolare degli atomi che la costituiscono.
I minerali sono in genere di origine inorganica.
Elementi chimici e minerali
I minerali sono formati dalla combinazione degli stessi elementi chimici.
Alcuni minerali, come l'oro e l'argento, sono formati da un solo tipo di elemento, ma la maggior parte sono il risultato della combinazione di due o più elementi, legati tra loro in un composto chimico (ossidi o sali).
Oltre il 98% in peso della crosta è formato da soli 8 elementi, con netta prevalenza dell'ossigeno e del silicio.
Questi dati sono riferiti alla composizione della crosta di tipo continentale, cioè della parte di crosta terrestre che corrisponde alle terre emerse e alla loro prosecuzione sotto il mare. Il resto della crosta terrestre, che si estende sotto gli oceani e che viene definita per questo oceanica, è composta dagli stessi elementi, ma in proporzioni diverse.

La struttura cristallina dei minerali
Quasi tutti i minerali hanno una struttura cristallina, cioè interna, regolare e ordinata. Un cristallo è un solido geometrico con facce, spigoli e vertici.
La struttura interna di un cristallo di un qualunque minerale è caratterizzata da una disposizione degli atomi nello spazio tale che una stessa configurazione di atomi si ripete a intervalli regolari lungo più direzioni; la struttura tridimensionale che così si realizza viene genericamente chiamata reticolo e si presenta come allineamenti regolari di atomi (filari), lungo i quali atomi della stessa natura o di natura diversa si susseguono a distanze fisse.
L’esistenza di atomi diversi per dimensioni e struttura elettronica dà origine a reticoli cristallini diversi e 32 classi differenti caratterizzate da una o più forme cristalline semplici.
Proprietà fisiche dei minerali:
- La durezza è la proprietà di resistere all'abrasione o alla scalfittura e dipende dalla forza dei legami reticolari. Viene misurata in base alla scala di Mohs, una successione di 10 minerali.
- La sfaldatura è la tendenza di un minerale a rompersi per urto; essa dipende dalla diversa forza dei legami tra,gli atomi nelle diverse direzioni.

- La lucentezza misura il grado in cui la luce viene riflessa dalle facce di un cristallo e si distingue in metallica, tipica di sostanze che assorbono totalmente la luce e che risultano opache, e non metallica, tipica dei corpi più o meno trasparenti.
- Il colore è una proprietà molto evidente; alcuni minerali presentano sempre lo stesso colore (idiocropiatici), altri presentano colori diversi a seconda di impurità chimiche rimaste incluse nel reticolo durante la sua formazione o per particolari «difetti» in alcuni punti del reticolo (allocromatici)
- Un'altra caratteristica importante dei minerali è la densità o massa volumica che dipende dall'addensamento di atomi nel reticolo, per cui il suo valore è significativo anche per l'identificazione dei minerali.
I minerali delle rocce
Per classificare i minerali si deve tener conto delle caratteristiche fondamentali dei minerali.
Le specie minerali, comprendono tutti gli individui minerali che hanno lo stesso tipo di reticolo strutturale e composizione chimica uguale.
I due elementi chimici più abbondanti nella crosta sono il silicio e l’ossigeno che formano le basi dei silicati, il gruppo più diffuso e numeroso di minerali. I minerali non silicatici sono molto meno abbondanti.
I minerali silicatici. Il silicio attrae a sé (coordina) l'ossigeno: ogni ione silicio coordina 4 ioni ossigeno e il gruppo silicatico [SiO] che ne risulta ha la forma di un tetraedro.
Ma i tetraedri possono anche legarsi direttamente tra loro, originando catene di tetraedri secondo un processo detto
di polimerizzazione.
I cationi che più frequentemente si legano alle strutture silicatiche sono il sodio, il potassio, il calcio, il rnagnesio, il ferro ferroso e ferrino. In base al diverso modo di legarsi tra loro dei tetraedri, i silicati si suddividono in quattro gruppi.
I minerali non silicatici. Nella costituzione di rocce, i soli di una certa importanza sono i minerali carbonatici. I minerali più comuni sono la calcite, e la dolomite. Abbastanza frequenti sono anche il salgemma e il gesso.
Dove si formano i minerali
I minerali sono il risultato di una serie di reazioni chimico-fisiche. I principali processi che danno origine a un minerale sono:

- Cristallizzazione da materiale fuso che si raffredda: gli atomi o i gruppi di atomi si aggregano per formare i reticoli cristallini.
- Precipitazione da soluzioni acquose calde in via di raffreddamento: al diminuire della temperatura si formano via via cristalli di specie mineralogiche diverse, a seconda della composizione chimica della soluzione.
- Sublimazione di vapori caldi, come le esalazioni vulcaniche; le superfici relativamente fredde vicine alla zona di fuoriuscita dei vapori si rivestono di cristalli.
- Evaporazione di soluzioni acquose, soprattutto acque marine.
- Attività biologica, che porta alla costruzione di gusci o apparati scheletrici.
Infine, trasformazioni allo stato solido di minerali già esistenti.
Le rocce
Mentre un minerale è un composto chimico uniforme, vale a dire esprimibile con una formula, una roccia il più delle volte è un aggregato naturale di diversi minerali.
In genere, quindi, le rocce sono eterogenee, costituite, cioè, da più specie di minerali, ma non di rado ci imbattiamo in masse rocciose omogenee, formate da un solo minerale.
Le fucine delle rocce: i processi litogeni
I tre processi che danno origine alle rocce prendono i nomi di magmatico (o igneo), sedimentario e metamorfico (PROCESSI LITOGENI).
Il processo magmatico è caratterizzato dalla presenza iniziale di un materiale fuso, chiamato genericamente magma che risale dall’interno della Terra ad alta temperatura. La progressiva cristallizzazione del fuso per diminuzione della temperatura porta alla formazione di aggregati di minerali che costituiscono le rocce magmatiche (o ignee).

Il processo sedimentario ha caratteristiche opposte: esso comprende l'alterazione e l'erosione dei materiali rocciosi che affiorano in superficie (dove sono attivi i cosiddetti agenti esogeni, quali l'acqua, il vento e il ghiaccio), e il successivo loro trasporto e accumulo, che portano alla formazione di nuovi prodotti, le rocce sedimentarie.
Il processo metamorfico ha come caratteristica fondamentale la trasformazione che avviene all'interno della Terra allo stato solido, di rocce preesistenti (magmatiche, sedimentarie) che vengono a trovarsi in condizioni ambientali diverse da quelle di origine: i minerali preesistenti, non più stabili, vengono distrutti e si originano così le rocce metamorfiche. Le temperature sono comprese tra 300 e 800° C.
La superficie delle terre emerse risulterebbe formata per il 55-60% da rocce metamorfiche, che sono quindi le più abbondanti, per il 35-40% da rocce ignee e fino al 5% da rocce sedimentarie.
Rocce magmatiche o ignee
Buona parte delle rocce della crosta terrestre si sono formate per solidificazione in profondità, in tempi geologici, cioè molto lunghi, di masse di materiale fuso in risalita. rimasto «intrappolato»; in altri casi invece la solidificazione è avvenuta in superficie, dove il materiale fuso può giungere sotto forma di lava per fenomeni vulcanici.
Si parla, complessivamente, di rocce magmatiche, note anche col nome di ignee o eruttive, che derivano da un magma.
Dal magma alle rocce magmatiche
Un magma è un materiale fuso che si forma entro la crosta o la parte alta del mantello.
Tali masse fuse, sono miscele complesse di silicati ad alta temperatura, ricche di gas.
Se, dopo la sua formazione, il magma subisce un raffreddamento, inizia un processo di cristallizzazione: dal fuso si separano vari tipi di minerali, da cui si formerà una nuova roccia.
Le rocce magmatiche si dividono in due gruppi:
- rocce intrusive quando diventano solide e cristalline in profondità. Si formano poiché il magma si trova fermo entro la crosta, circondato da atre rocce che fanno da isolante termico e il raffreddamento avviene in tempi lunghi. In tali condizioni, tutto il fuso arriva a cristallizzare. La struttura che ne deriva può essere spinta verso l'alto da movimenti della crosta terrestre.
- rocce effusive, quando la massa magmatica trova una via di risalita e trabocca sulla superficie come lava. In tal caso la temperatura passa rapidamente da circa 1000° C a quella ambiente. In queste condizioni, solo una piccola parte della massa magmatica, finché è ancora in profondità o mentre sta risalendo, si trasforma in cristalli di dimensioni apprezzabili detti fenocristalli. Invece quando arriva in superficie lo fa così rapidamente che i cristalli non hanno tempo di accrescersi. Si forma cosi un ammasso di cristalli minuscoli, o, addirittura, una sostanza almeno in parte vetrosa poiché gli atomi non hanno avuto tempo di organizzarsi in reticoli cristallini. Si realizza così la struttura porfirica.
Classificazione delle magmatiche
Vi è una distinzione fra i vari tipi di magmi in base al loro contenuto in silice (Si O2)
Magmi acidi. Sono magmi ricchi in Si (silicio) e Al (alluminio), i quali danno origine a rocce di colore chiaro, formate da pochi silicati, da molti alluminosilicati e da una certa quantità di silice libera, che solidifica in granuli di quarzo. In totale, la silice arriva a oltre il 65% in peso. Le rocce che ne derivano sono dette acide o siliache (dalle iniziali di silicio e alluminio).
Magmi neutri. Hanno una composizione intermedia (dal 52 al 65% in peso di silice) e danno origine a rocce neutre, con un rapporto equilibrato fra alluminosilicati e silicati.
Magmi basici. Hanno una quantità bassa di silice (inferiore al 52%) ma sono relativamente più ricchi in ferro magnesio e calcio; essi danno origine a rocce in genere scure, formate da molti silicati e prive di silice libera: tali rocce sono dette basiche o, genericamente, femiche (dalle iniziali di ferro e magnesio).
Magmi ultrabasici. In questi magmi la percentuale di silice è inferiore al 45 % in peso. Le rocce cui danno origine sono dette ultrabasiche o ultrafemiche: sono di colore molto scuro, hanno densità elevata e sono formate essenzialmente da silicati di fe e mg.
Le famiglie di rocce magmatiche
Le principali famiglie di rocce magmatiche sono:
famiglia dei graniti (rocce acide); famiglia delle dioriti (rocce neutre); famiglia dei gabbri (rocce basiche); famiglia delle peridotiti (rocce ultrabasiche); famiglia delle rocce alcaline (rocce particolarmente ricche in sodio e potassio).
Famiglia dei graniti. Le rocce intrusive acide di questa famiglia sono il tipo più diffuso tra tutte le rocce ignee intrusive: esse contengono molti granuli di quarzo, molti cristalli di feldspati. Le rocce ricche di quarzo sono tipicamente i graniti, quelle più
povere di quarzo vengono distinte come granodioriti (sono il tipo più abbondante nella parte superiore della crosta.
Le masse fuse di tipo granitico vengono generate a grande profondità e danno origine ad ammassi di rocce durissime. Questi corpi prendono il nome di batoliti («rocce profonde»). Le rocce effusive di questa famiglia hanno la stessa composizione chimica di quelle intrusive, ma diverse modalità di cristallizzazione. Ricorderemo le rioliti o lipariti.
Origine dei magmi
La composizione delle rocce magmatiche può variare un po’ all’interno di ogni famiglia. La maggior parte dei magmi deriva dalla fusione di materiale solido che avviene di volta in volta in settori ristretti più o meno profondi.
Un solo magma o tanti magmi?
Le rocce acide e basiche sono molto più abbondanti di quelle neutre: le rocce ignee della crosta continentale sono acide e quelle della crosta oceanica sono basiche. Tra le rocce intrusive predominano i termini acidi, mentre tra quelle effusive il primato spetta alle rocce basiche: graniti e granodioriti costituiscono il 95% delle rocce intrusive, mentre basalti e andesiti il 98% di quelle effusive.
I magmi provengono dalla fusione di porzione della crosta a varie profondità o della parte superiore del mantello.
• Se la fusione avviene nel mantello (di natura ultrabasica), porta alla formazione di un magma primario di composizione prossima a quella del basalto, ad alta temperatura e molto fluido, tanto da poter risalire fino in superficie prima di cristallizzarsi. Esso dà origine, così, a gran parte delle rocce effusive.
• Se il processo avviene all'interno della crosta continentale (di natura acida), dove la temperatura è abbastanza elevata, provoca la fusione di minerali siliaci, ampiamente presenti in tale tipo di crosta: attraverso questo processo, chiamato anatessi, si formano fusi acidi detti magmi anatettici. Tali magmi sono molto viscosi, poiché sono costituiti da una porzione fusa che avvolge molti residui ancora solidi: essi si muovono perciò con notevole difficoltà e non risalgono molto entro la crosta, per cui tendono a cristallizzarsi in profondità, dove, pian piano, con il procedere dell'anatessi, si formano i batoliti granitici. Qualunque tipo di roccia, sedimentaria o ignea, trasportato abbastanza in profondità da movimenti entro la crosta, finisce per subire in qualche grado tale processo di fusione e i suoi elementi vengono «riciclati» come magma anatettico.
La viscosità è una caratteristica importante dei magmi.
La viscosità è una misura della resistenza interna di un liquido a scorrere e dipende da vari fattori: natura chimica del liquido, temperatura, pressione. Nel caso dei magmi, quelli di tipo acido sono molto più viscosi di quelli basici.
Perché si formano i magmi?
All'interno della Terra la temperatura cresce con la profondità, fino a oltre 4000 °C abbastanza da far fondere tutte le rocce che
conosciamo, se non fosse per la pressione, che, crescendo con la profondità, fa innalzare il punto di fusione dei materiali e ne
impedisce il passaggio allo stato liquido. In condizioni opportune, volumi più o meno grandi delle rocce presenti in profondità, di
norma molto calde ma solide, possono fondere, almeno in parte. Le «condizioni opportune» potrebbero essere o un locale aumento
della temperatura del mantello o l'arrivo di fluidi in grado di «idratare» (in pratica, di «inumidire») la roccia presente, infiltrandosi
nelle fessure più minute. Anche la semplice risalita di materiali da zone profonde della Terra, dove si trovano ad alte temperature ma rimangono allo stato solido per le elevate pressioni, verso zone più superficiali, dove la pressione è molto minore, può essere seguita da fusioni più o meno estese, con formazione di magmi, che possono eventualmente arrivare in superficie.
Rocce sedimentarie
Le rocce magmatiche sono la traccia concreta di un’incessante attività interna del pianeta; le rocce sedimentarie sono invece la traccia delle continue trasformazioni in atto da tempi lunghissimi sulla superficie della Terra.
Sono estremamente eterogenee e questo riflette i numerosi modi in cui tali rocce possono formarsi.
Dai sedimenti sciolti alle rocce compatte
Il termine sedimentazione indica la deposizione e l'accumulo, su terre emerse o sul fondo di bacini acquei, di materiali di varia origine, inorganica o anche organica, dopo che questi sono stati in genere trasportati più o meno a lungo dai cosiddetti «agenti esogeni» (acque, venti, ghiacci). La parte più notevole di materiali sedimentari nel passato, e in corso di deposizione oggi, è dovuta alla disgregazione di rocce, già esistenti, che vengono poi trasportati dai ghiacciai e dai fiumi.
Il lento passaggio da sedimenti «freschi» (cioè appena accumulatisi) a rocce sedimentarie vere e proprie avviene per un insieme di fenomeni che prende il nome di diagenesi. Tra questi, il più comune è la lítifìcazione che avviene essenzialmente per compattazione e cementazione.
La compattazione è dovuta al peso dei materiali che via via si sovrappongono e che, comprimendo i sedimenti sottostanti, riducono gli spazi vuoti (pori) tra i singoli frammenti. Questo fenomeno è particolarmente sensibile in rocce come le argille.
La cementazione è prodotta invece da acque che circolano nei sedimenti sfruttando la presenza dei pori e che portano in soluzione alcune sostanze; col tempo tali sostanze possono precipitare chimicamente e riempire i pori. Tra i cernenti più comuni ricordiamo la calcite e la silice.
Le rocce sedimentarie sono suddivise in tre grandi gruppi: rocce elastiche o detritiche; rocce organogene o biogene; rocce chimiche.
Granulo su granulo: le rocce elastiche o detritiche
Sono rocce formate da frammenti (clasti) di altre rocce di ogni tipo, che si accumulano in genere in zone ribassate, quando il mezzo che li trasporta (acqua, vento, ghiaccio) perde la sua energia. Per distinguerle tra loro si tiene conto della dimensione dei clasti, che riflette l'energia dell'ambiente in cui si sono deposti: quanto più sono piccoli, tanto più «tranquillo» doveva essere ilmezzo (in genere l'acqua) da cui si sono sedimentati. Un’ altra caratteristica importante è il grado di arrotondamento dei granuli, che esprime l'usura subita dal casto e da un'idea dell'intensità del processo di trasporto in cui è stato coinvolto.
In base alle dimensioni dei clasti, le rocce detritiche si distinguono in: conglomerati, arenarie, argille.
- Le rocce con clasti maggiori di 2 mm sono i conglomerati, che derivano dalla lenta cementazione delle ghiaie. Si dividono in brecce, con ciottoli spigolosi, per cui rivelano di aver subito solo un modesto trasporto, e puddinghe, con ciottoli arrotondati, che sono stati sottoposti a un lungo trasporto.
- Clasti più piccoli caratterizzano le arenarie, sabbie cementate.
- Clasti finissimi danno origine alle argille. Quando tali sedimenti, a causa della diagenesi, perdono la loro tipica plasticità e diventano più compatti, vengono distinti con il nome di argilliti.
Tra le rocce clastiche si collocano anche le marne, la materia prima per la preparazione del cemento.
Sono ritenute rocce clastiche anche le piroclastiti, depositi, anche estesi e potenti, di materiali di varie dimensioni emessi da esplosioni vulcaniche.
Dall’attività di organismi viventi: le rocce organogene
Le rocce organogene (o biogene) sono rocce formate quasi solamente dall'accumulo di sostanze legate a un'attività biologica.
Si possono distinguere in semplici accumuli di gusci e apparati scheletrici, come gli ammassi di conchiglie; o ammassi di organismi «costruttori», i cui apparati scheletrici esterni possono saldarsi l'uno all'altro, come fanno molti coralli e spugne che danno origine a scogliere e atolli; o ancora accumuli di sostanza organica vera e propria, vegetale o animale, dalla cui trasformazione nel tempo prendono origine depositi particolari.
In base alla loro natura, le rocce organogene si distinguono in:
- rocce carbonatiche (calcàri e dolòmie);
- rocce silicee (selce, diatomiti);
- carboni fossili;
- idrocarburi.
Rocce carbonatiche. Sono i calcàri organogeni, che derivano dall'accumulo di gusci calcarei (cioè formati di carbonato di calcio, CaCO3, noto come calcite. Associate ai calcàri, anche se meno abbondanti, si trovano spesso le dolòmie, formate da carbonato doppio di calcio e magnesio, cioè da dolomite. Tali rocce si sono formate per un processo di diagenesi in rocce calcàree che
vengono interessate da circolazione di soluzioni acquose ricche di magnesio (dolomitizzazione).
Rocce silicee. L'accumulo di gusci di organismi che utilizzano la silice invece della calcite, porta alle rocce organogene silicee. Tra queste la più diffusa è la selce, una roccia dura.
Altre rocce a base di silice libera sono le diatomiti, formate da miliardi di gusci di diatomee.
Carboni fossili e idrocarburi. I carboni fossili sono rocce organogene dovute all'accumulo di sostanza organica.
I carboni fossili derivano dalla fossilizzazione di grandi masse di vegetali (alberi, piante acquatiche, alghe) per progressivo arricchimento di carbonio e perdita degli altri elementi chimici dei vegetali.
Gli idrocarburi sono invece miscele di composti del carbonio e dell'idrogeno cui si aggiungono piccole quantità di composti ossigenati, azotati e fosforati. In natura si trovano idrocarburi solidi (asfalti, bitumi), liquidi (petrolio e frazioni più leggere) e gassosi: fra questi ultimi predomina il metano. Derivano dalla decomposizione, ad opera di batteri anaerobi, di sostanze organiche (microrganismi vegetali e animali), che si sono accumulate su fondali marini poco ossigenati, mescolandosi a fanghi finissimi.
Precipitazione e dissoluzione: le rocce di origine chimica
Questo gruppo di rocce sedimentarie comprende tutte quelle che si sono deposte, e si depongono tuttora, per fenomeni chimici. Il più evidente tra questi è la semplice precipitazione, sul fondo di bacini acquei, di composti chimici che si trovano sciolti nell'acqua del mare o dei laghi; quando la loro quantità raggiunge la saturazione una parte di essi precipita e si formano così le rocce evaporitiche o evaporiti. Altri sedimenti derivano, invece, da alterazione per dissoluzione, all'aria libera, di rocce preesistenti e danno origine alle rocce residuali.
Evaporiti. Quando un bacino marino rimasto isolato evapora completamente, o quasi, sul suo fondo si depositano i sali contenuti nell'acqua del mare, in ordine inverso alla loro solubilità: prima la calcite e la dolomite, poi il e l'anidride, infine il salgemma, la salvite e la carnallite. Si sono formati in tal modo estesi giacimenti di sali, con spessori anche di decine di metri, sfruttati industrialmente.
Ritroviamo, in questo gruppo, anche i carbonati, calcari e dolomie, che già abbiamo incontrato tra le rocce organogene: a volte, infatti, questi materiali derivano da precipitazioni di calcite o di dolomite nell'acqua del mare, senza l’intervento di organismi viventi. Anche in ambiente continentale possono formarsi calcàri, per il deposito da acque sorgive o fluviali ricche di calcite, che raggiunge la saturazione per un aumento di temperatura o per una diminuzione di pressione nell'acqua: lo stesso effetto si osserva dove le acque ricche di calcite subiscono una forte agitazione meccanica; ne derivano travertini e alabastri. Origine analoga hanno, nel mondo carsico sotterraneo, le stalattiti e stalagmiti.
Anche alcune rocce silicee possono derivare diretta mente da precipitazione chimica, con la deposizione di si lice all'aria libera in corrispondenza di sorgenti termali di origine vulcanica. Altre rocce di questo gruppo derivano invece da deposizione di silice all’aria libera in corrispondenza di sorgenti termali di origine vulcanica. Infine, la silice che circola nel sottosuolo in soluzioni acquose può sostituire molecola per molecola, conservandone la struttura, il legno di alberi sepolti; hanno così origine le foreste pietrificate e i legni silicizzati.
Rocce residuali. Si definiscono così le rocce che derivano dall’accumulo senza trasporto dei materiali che restano dopo l’alterazione meteorica di una roccia affiorante e il dilavamento, ad opera delle acque piovane, delle sostanze solubili che si formano nel caso di tale alterazione. In senso generale rientrano in questa categoria tutti i suoli, come prodotto dall’interazione tra atmosfera e rocce della superficie terrestre.
Dalla roccia madre alle rocce sedimentarie
I processi esogeni tendono a livellare le terre emerse. Ma tale tendenza è contrastata sai processi esogeni (interni alla Terra), che portano in superficie nuove rocce.
Rocce metamorfiche
Le rocce metamorfiche si sono formate e si formano in seguito alla trasformazione di altre rocce. Tali trasformazioni sono provocate da aumenti di pressione e di temperatura e ciò avviene in profondità, all’interno della crosta terrestre.
Il metamorfismo è una trasformazione, anche profonda, di un qualunque tipo di roccia, ma senza che si arrivi alla fine del materiale coinvolto (se ciò avviene, si origina un magma e si passa allora alla formazione di rocce magmatiche).
Le trasformazioni riguardano sia i minerali, sia la struttura della roccia, cioè il modo in cui i minerali sono disposti.
Rocce che si rinnovano
Nel metamorfismo si verificano nella roccia una serie di reazioni chimiche e di trasformazioni fisiche (cristallizzazione metamorfica) che portano alla comparsa di nuove associazioni mineralogiche, per cui si può parlare di una roccia nuova che sostituisce quella preesistente. Al termine di tali reazioni la roccia avrà raggiunto nuove condizioni di equilibrio con l'ambiente e, quindi, una nuova stabilità.
Trasformazioni a piccola scala: il metamorfismo di contatto
Quando un magma risale attraverso la crosta, o si ferma all'interno di questa, provoca un forte aumento di temperatura nelle rocce con cui viene a contatto. Intorno alla massa di magma incandescente le rocce subiscono modificazioni nella composizione dei minerali. Si forma, così, un'aureola di contatto, il cui spessore varia da qualche cm (come i filoni) al km (in prossimità dei grandi ammassi batolitici); le trasformazioni si attenuano con la distanza, fino a che si passa a rocce non metamorfosate. Si parla in tal caso di metamorfismo di contatto, dovuto essenzialmente all'alta temperatura: i calcari, per esempio, vengono trasformati in marmi.
Trasformazioni a grande scala: il metamorfismo regionale
Il processo metamorfico più imponente per volume di rocce coinvolte è il metamorfismo regionale, che avviene quando movimenti della crosta terrestre fanno sprofondare nel suo interno masse di rocce sedimentarie o magmatiche, che vengono sottoposte non solo ad alte temperature ma anche a forti pressioni.
Quando prevale l'azione di forti pressioni a profondità relativamente basse, si formano di preferenza minerali appiattiti o lamellari come le miche) orientati tutti nello stesso modo (perpendicolarmente alla direzione della pressione). Le rocce che ne derivano presentano una tipica scistosità, la proprietà di suddividersi facilmente in lastre secondo piani paralleli (piani di scistosità).
Tipico esempio di scistosità è quello dell’ardesia. Con l’aumentare della temperatura e della profondità, la formazione di minerali lamellari diventa più difficile e prevalgono minerali di aspetto granulare: si perde così la scistosità e si formano rocce più massicce, anche se divisibili ancora in grossi banchi. Come la beola.
I minerali di una roccia che sprofondi all’interno della crosta sono sottoposti, quindi, a una continua trasformazione e il tipo di roccia metamorfica finale dipenderà dal punto in cui il processo si è arrestato.
Le trasformazioni metamorfiche risultano, quindi, più o meno forti a seconda dei valori della temperatura e della pressione che si
sono raggiunti: in pratica si parla di metamorfismo di grado basso, medio o alto passando da trasformazioni modeste a trasformazioni
sempre più intense. Il metamorfismo non può proseguire in modo indefinito oltre certi valori di temperatura e di pressione si può
arrivare alla fusione di una parte del materiale della roccia che si sta trasformando; si forma così un fuso simile a un magma
granitico. Se in seguito la parte fusa si cristallizza, si forma una roccia mista, detta migmatite.
Se invece il processo avanza ancora, la parte fusa aumenta sempre più e si passa ai magmi anatettici, dalla cui cristallizzazione
derivano grandi batoliti granitici. Questi processi di ultrametamorfismo segnano perciò un collegamento tra rocce metamorfiche e
rocce ignee.
Le famiglie di rocce metamorfiche
Le filladi, i micascisti, gli gneiss, i marmi, i calcescisti, le serpentiniti, uranoliti a granati.
Il ciclo litogenetico
I processi magmatico, sedimentario e metamorfico fanno parte di un unico ciclo, di cui rappresentano diversi stadi successivi: il ciclo litogenetico. Un primo stadio comprende l’intero processo magmatico, con l'intrusione e l’effusione di materiali fusi in risalita nella crosta.
Uno stadio successivo si individua nel processo sedimentario, che porta all'accumulo di sedimenti. Il trasferimento di rocce dalla superficie in profondità e il loro coinvolgimento nei movimenti della crosta porta a un terzo stadio, quello del processo metamorfico, che, attraverso i fenomeni di fusione (anatessi), ci riporta al processo magmatico.
Uno svolgimento così lineare del ciclo è, però, piuttosto teorico, in quanto nella realtà intervengono numerosi elementi di complicazione, come alcune possibili scorciatoie, attraverso le quali una roccia può saltare qualunque stadio.
L’azione solvente delle acque e il carsismo
Le acque meteoriche esercitano anche un'azione chimica; esse sono capaci di provocare, in determinate condizioni climatiche, la dissoluzione di alcune rocce. Pur verificandosi su diversi tipi di materiali, quali il gesso, il salgemma, le dolòmie (e il ghiaccio), l'effetto morfologico più caratteristico di tale azione solvente si osserva sui calcàri delle zone temperate: è il fenomeno del carsismo.
In realtà le rocce calcàree possono essere disciolte dalle acque solo se queste ultime sono, sia pure leggermente, acidule: in questo caso il carbonato di calcio (CaCO3), che è il principale componente di tali rocce, di per sé quasi insolubile, viene trasformato in bicarbonato [Ca(HCO3)2] che viene asportato in soluzione. E poiché le acque piovane riescono a caricarsi quasi sempre di una sia pur piccola quantità di anidride carbonica (CO2), che prendono dall’atmosfera, e diventano così acidule, quasi sempre i calcari vengono corrosi da queste acque. In sostanza, il fenomeno si svolge secondo la seguente reazione: carbonato di calcio + acqua + anidride carbonica.
La reazione inversa, ossia la precipitazione del carbonato di calcio dalla soluzione, è generalmente più lenta e avviene in condizioni ambientali particolari.
L’erosione carsica prende avvio da questo processo chimico, ma per la sua evoluzione è necessario che la roccia sia interessata da fessure che giungono in profondità e consentano all’acqua di penetrare all’interno delle masse calcaree.
Rilievi calcarei come palazzi in rovina: aggrediti dalle acque in superficie e all’interno
L’azione solvente delle acque di precipitazione si esercita in primo luogo sulle rocce esposte in superficie e qui produce una grande varietà di forme, grandi e piccole, che si differenziano molto da quelle sotterranee, anche se fra i due gruppi di forme esistono strette relazioni funzionali.
• Le forme carsiche superficiali (o epigee) più caratteristiche del paesaggio carsico sono le doline, depressioni ad imbuto, a scodella o a piatto, con pianta circolare o allungata, talvolta provviste di un inghiottitoio che raccoglie le acque meteoriche e le convoglia nelle cavità sotterranee. Le doline possono avere dimensioni variabilissime: il loro diametro può essere di appena qualche metro, ma in certi casi raggiunge anche i 500-600m. Nell'evoluzione di una dolina si osserva un progressivo allargamento. Può accadere poi che col progressivo allargarsi di due o più doline si abbia la distruzione della parete di separazione e la formazione di conche composte, note col nome di uvala. Il progressivo ampliarsi e congiungersi di molte cavità carsiche superficiali limitrofe porta alla formazione di un polje, ampio bacino carsico dal fondo pianeggiante, che può ospitare un lago temporaneo o permanente.
• Le forme carsiche sotterranee (o ipogee) più comuni sono quelle che usualmente chiamiamo grotte: possono essere più o meno ampie ed allungate e sono costituite da pozzi o da gallerie, oppure sono composte da entrambe queste cavità semplici, sviluppate rispettivamente in senso verticale e orizzontale. Esse hanno forme, dimensioni ed aspetti diversi, in buona parte dipendenti dalle modalità di circolazione dell'acqua. Il primo risultato della penetrazione delle acque meteoriche in profondità è rappresentato dalla creazione di piccole cavità fusiformi in corrispondenza di zone di incrocio di frattura: “fusi”. Quando poi il progressivo aumento della cavità fusoidi fa sì che queste per crolli successivi della volta, non più sostenuta dalle rocce sottostanti, sbocchino in superficie, si generano i ben noti pozzi carsici, oppure, i sistemi di grotte più complessi. Dato che l’evoluzione delle grotte carsiche si compie prevalentemente nell’interno, questo particolare processo di modellamento viene indicato come erosione inversa.
Elementi di tettonica
Un ammasso roccioso sottoposto a sforzo può subire un trasporto, cioè una traslazione in blocco su una certa distanza, o una deformazione interna, con cambiamenti di forma.
Come si deformano le rocce
Il tipo di deformazione e le strutture che ne derivano sono legati al modo in cui si comportano i corpi solidi sottoposto a sforzo: si definisce un corpo perfettamente elastico quando, applicando ad esso una forza crescente, questo si deforma, ma se si diminuisce gradualmente la forza fino ad annullarla, il corpo riacquista la sua configurazione originaria.
Molte rocce si comportano in modo elastico, ma fragile: oltre un certo valore dello sforzo, si rompono, come fanno le argille. Altre
ancora hanno un comportamento intermedio: fino a un certo valore dello sforzo reagiscono in modo elastico, oltre tale valore si comportano invece plasticamente. Di conseguenza, in una successione di rocce diverse, si possano avere risposte diverse a seconda della natura dei materiali. Ma la realtà è ben più complessa, poiché le deformazioni, oltre che dalla natura delle rocce, sono controllate da vari altri fattori, come la pressione di carico, la temperatura, la presenza o meno di fluidi e la velocità stessa con cui avviene la deformazione. Generalmente, un comportamento elastico delle rocce, con più facili deformazioni per rottura, si manifesta con temperature e pressioni di carico basse, il che significa a modeste profondità nella crosta; invece un comportamento plastico, con deformazioni continue, è caratteristico di temperature e pressioni di carico alte, cioè a profondità maggiori nella crosta.
Quando le rocce si rompono: le faglie
Gli sforzi in atto nel pianeta possono sollecitare in modo diverso due parti contigue di un settore di crosta, oppure è il settore nel suo insieme a presentare resistenza diversa nelle sue parti: in entrambi i casi, se lo sforzo applicato è abbastanza intenso, tra le due parti diversamente sollecitate si forma una lacerazione (deformazione discontinua) ed esse scivolano per un certo tratto l’una rispetto all’altra. Se, esauritosi il fenomeno, le due parti risultano reciprocamente spostate, la frattura viene detta faglia: la superficie lungo cui si è verificato il taglio si chiama superficie di faglia oppure piano di faglia.
Le faglie sono raramente isolate: di regola sono associate. Quando sono molto numerose, le faglie possono essere tutte parallele tra loro, oppure possono essere disposte in più fasi (sistemi) che formano tra loro determinati angoli.
Una tipica associazione di faglie dirette, presente in varie parti del globo, è quella che determina una fossa tettonica (o Graben): due sistemi paralleli di faglie disposte a gradinata provocano l'abbassamento della striscia di crosta tra essi interposta (fossa) rispetto alle due parti laterali. Se due o più fosse tettoniche si fiancheggiano, i settori che le separano, rimasti relativamente sollevati, prendono il nome di pilastri (o Horst). Alle fosse tettoniche corrispondono vere depressioni morfologiche tanto che sono state chiamate, dagli autori inglesi, RIFT VALLEYS (rift: spaccatura). La più celebre struttura di questo tipo è la Great Rift Valley dell'Africa Orientale.
Quando le rocce si flettono: le pieghe
Molte rocce, come le argille o il gesso, presentano, per la loro stessa natura, un comportamento plastico notevole già alle condizioni di temperatura e pressione presenti in prossimità della superficie, in quanto sono caratterizzate da limiti di elasticità molto bassi e ampi intervalli di plasticità; possono essere considerati tali non solo le rocce tenere, come le argille, il gesso ecc., ma anche rocce propriamente più rigide (come i calcari) purché siano ben stratificate. Infatti, la presenza di numerosi piani di stratificazione, in particolare se fra strato e strato vi è un velo di argilla, facilita il ripiegamento.
Molte altre rocce acquistano invece un comportamento plastico se si trovano in profondità entro la crosta sotto un notevole carico e a temperature elevate. In ogni caso, se le sollecitazioni rimangono entro l’intervallo di plasticità di una roccia, il risultato sarà una deformazione continua, che si manifesta sotto forma di diversi tipi di pieghe.
I FENOMENI VULANICI
Il vulcanismo
Vulcanismo: risalita, dall’interno della Terra, di materiali rocciosi allo stato fuso, mescolati a gas e vapori, tutti ad alte temperature, che, una volta giunti in superficie, si raffreddano rapidamente e si solidificano oppure si disperdono nell’atmosfera.
Edifici vulcanici, eruzioni e prodotti dell’attività vulcanica
Gli edifici vulcanici si accrescono, o all’estremità aperta in superficie (cratere) di un condotto di forma, in genere, quasi cilindrica (vulcani centrali o areali), oppure lungo spaccature che penetrano profondamente nell’interno della terra (vulcani lineari) e che permettono la risalita di materiale fuso.
Il condotto (o camino) vulcanico mette in comunicazione l’edificio esterno con l’area di alimentazione, che può trovarsi da qualche decina fino a oltre 100 km di profondità.
In genere, nella sua risalita, il magma può ristagnare in un bacino magmatico a debole profondità, da dove periodicamente, per il ripetersi di particolari condizioni ambientali, arriva all’esterno e alimenta un’eruzione.
I risultati di questo trasferimento di materiale fuso in superficie sono:
- gli edifici vulcanici (forme del paesaggio);
- come si sviluppano gli edifici (tipi di eruzione);
- i prodotti (in che cosa si trasforma il magma).
La forma di un vulcano: vulcani a cono e a scudo
Viene usato il termine magma quando ci si riferisce al materiale fuso presente all’interno della crosta (silicati+gas), mentre quando tale materiale fuoriesce in superficie e perde gran parte dei gas e dei vapori che conteneva si parla di lava.
Quando la lava trabocca all’esterno di tali condotti, gas e vapori vanno ad arricchire l’atmosfera, mentre i prodotti solidi si accumulano fino a costruire l’edificio vulcanico, quello che comunemente viene identificato con il vulcano.
Vulcano-strato. Quando in un vulcano fasi di effusioni laviche si alternano con periodi di emissioni esplosive di frammenti sminuzzati di lava, che si depositano poi intorno al cratere, dando origine alle piroclastiti.
L’edificio che ne risulta assume generalmente la forma di cono, costituito da una alternanza di strati di lava e piroclastiti, e viene chiamato vulcano-strato (o composto).
Vulcano a scudo. La forma appiattita di molti grandi edifici vulcanici, come quelli delle Hawaii e dell'Islanda, è dovuta invece alla notevole fluidità delle lave eruttate (lave basiche, molto calde, che solidificano come basalti), in grado di scorrere per molti kilometri in larghe colate, anche di modesto spessore, prima di consolidarsi; gli episodi esplosivi sono praticamente assenti. Si parla in tal caso di vulcani a scudo, che comprendono i vulcani più grandi della Terra. Il maggiore tra essi è il Mauna Loa nelle Hawaii.
I tipi di eruzione: dalle fontane di lava alle violente esplosioni pliniane
I fattori che più direttamente influenzano il tipo di eruzione sono la viscosità del magma in risalita e il contenuto in aeriformi, soprattutto acqua. Anche se in un medesimo vulcano possono alternarsi o succedersi nel tempo tipi e attività diversi si possono comunque classificare grazie al tipo di attività predominante.
Le eruzioni possono essere divise secondo il seguente schema:
Attività effusiva dominante (magma fluido e contenuto in acqua variabile): eruzioni di tipo hawaiano; eruzioni di tipo islandese.
Attività effusiva prevalente (magma meno fluido): eruzioni di tipo stromboliano.
Attività mista (effusiva-esplosiva) (magma viscoso e contenuto in aeriforrni elevato): eruzioni di tipo vulcaniano; pliniano; peleeano.
Le eruzioni di tipo hawaiano sono caratterizzate da abbondanti effusioni di lave molto fluide, che danno origine ai tipici vulcani a scudo. In tali edifici la sommità è spesso occupata da un'ampia depressione, chiamata caldera(«pentolone»), delimitata da ripide pareti e formatasi per collasso del tetto della camera magmatica. Sul fondo della caldera, fenomeni di collasso molto minori possono originare un cratere di fora nettamente cilindrica, chiamato cratere a pozzo, sul cui fondo può ristagnare uno strato di lava. Dalla superficie di un lago di lava possono innalzarsi spettacolari fontane di lava, alte più di 100m.
Caratteristiche simili presentano le eruzioni di tipo irlandese, nelle quali, però, la lava, sempre molto fluida, fuoriesce da lunghe fessure invece che da un edificio centrale.
Nelle eruzioni di tipo stromboliano predomina un'attività esplosiva più o meno regolare.
Nelle eruzioni di tipo vulcanico la lava è molto più viscosa (lava acida), per cui i gas si liberano con molta più difficoltà, mentre la lava solidifica nella parte alta del condotto, dove forma un «tappo» di grosso spessore. Quando i gas raggiungono pressioni sufficienti per vincere l’ostruzione l’esplosione è violentissima.
A volte viene indicato come vesuviano un tipo di attività vulcanica caratterizzato dall’estrema violenza dell’esplosione iniziale: il magma, molto ricco in gas, risale con estrema violenza dalla camera magmatica e viene letteralmente sparato, verso l'esterno attraverso il condotto, dissolvendosi in una gigantesca nube di mitissime goccioline. Quando tali esplosioni raggiungono il loro aspetto più violento vengono definite eruzioni di tipo pliniano. La colonna di vapori e gas fuoriesce dal condotto con tale forza da salire dritta verso l’alto, prima di perdere energia ed espandersi in un grande nuvola. Dalla nuvola ricadono frammenti di lava vetrificata.
Le eruzioni di tipo peleeano sono caratterizzate dall’emissione di lava ad altissima velocità e a temperature bassa che viene spinta fuori dal condotto già quasi solida.
Quello che esce da un vulcano: gas, lave e piroclastici
Materiali aeriformi (gas e vapori) e materiali solidi (rocce effusive e piroclastiti) sono i tipici prodotti dell’attività vulcanica.
La natura dei materiali aeriformi non è ancora molto nota, sappiamo, tuttavia, che i prodotti più abbondanti sono il vapore d’acqua e l’anidride carbonica, seguiti dai composti dello zolfo, dell’azoto, del cloruro.
L’importanza degli aeriformi nei processi vulcanici è duplice: da un alto essi hanno contribuito a formare gran parte dell’atmosfera e continuano ad alimentarla, dall’altro è la loro presenza a favorire la risalita e l’innesco dell’eruzioni del magma, entro cui si trovano disciolti.
I materiali solidi meglio conosciuti sono: le colate di lava e le piroclastiti, che si formano per accumulo di frammenti solidi di varie dimensioni e natura, espulsi da un vulcano nelle fasi esplosive della sua attività.
Le piroclastiti possono assumere aspetti molto diversi. In vicinanza del cratere possono accumularsi brandelli di lava, che ricadono ancora incandescenti e, raffreddandosi, formano le scorie vulcaniche: se i brandelli sono di grandi dimensioni e si induriscono in superficie, si arriva alle bombe vulcaniche, dalla tipica forma affusolata. Nelle fasi esplosive i gas trascinano via grandi quantità di rocce sbriciolate, strappate dalle pareti del camino, di minerali in frammenti e di lava in minute goccioline, che si trasformano in vetro vulcanico. L'espulsione e la ricaduta di questi materiali dà origine a vere e proprie coltri di piroclastiti.
I frammenti solidi hanno dimensioni variabili quindi si parla di polvere vulcanica (molto fine), di cenere vulcanica (simile a una sabbia), di lapilli (piccoli ciotti) e di blocchi.
Vulcanismo esplosivo e effusivo
Le notevoli differenze tra i vari tipi di eruzioni sono conseguenze della diversità di comportamento tra magmi fluidi e magmi viscosi.
Il vulcanismo effusivo: basalti dalle dorsali oceaniche e dai punti caldi
Quando un magma fluido risale verso la superficie, gli aeriformi in esso disciolti, si liberano gradualmente e con molta facilità.
All’estremità superore del condotto, dopo aver fatto saltare con la loro pressione l'eventuale ostruzione, i gas si liberano con forza, mentre inizia a traboccare la lava che fluisce rapida mente e si espande anche su grandi distanze.
La manifestazione più imponente di vulcanismo effusivo sul nostro pianeta avviene sott'acqua ed è associata a una serie di profonde fessure che tagliano l’intera crosta e che segnano l’asse delle dorsali oceani, cioè di quel sistema di fasce rilevate di fondali marini che percorre tutti gli oceani. Se i materiali eruttati (basalti) si trovano a notevole profondità, la lava fluisce tranquillamente dalle fessure e si consolida con le tipiche strutture «a cuscini». Se, però, l'eruzione sottomarina avviene a profondità moderata, quindi sotto modeste pressioni, l'emissione della lava è accompagnata da esplosioni che liberano alla superficie del mare nubi bianche di vapore acqueo. L'edificio, inizialmente sottomarino, può arrivare ad emergere dal mare. Uno degli esempi meglio studiati di vulcanismo effusivo è quello delle isole Hawaii. L’origine di tali edifici è associata all'attività di un «punto caldo». I punti caldi sono zone ristrette della superficie terrestre con vulcanismo attivo persistente da milioni di anni.
Il vulcanismo esplosivo: esplosioni e nubi ardenti
Quando il magma che risale è viscoso, i gas iniziano a liberarsi in singole bollicine, ma, a causa dell'alta viscosità del magma, non riescono ad espandersi liberamente e la pressione da essi esercitata sale continuamente. Quando si arriva all'esplosione, i gas roventi fuggono dal condotto con 'estrema violenza, trascinando frammenti di rocce sbriciolate e lava polverizzata. Si forma così una nube ardente, una densa esplosione ad alta temperatura di gas, vapori e frammenti solidi che sale verticalmente e a gran velocità.
Quando la nube perde energia e i gas si disperdono, la colonna di materiale solido (polveri, ceneri e lapilli) ricade sul vulcano (nube ardente ricadente) e scorre velocemente lungo le sue pendici, formando estese colate piroclastiche, prima di arrestarsi e di originare un accumulo di piroclastiti. Se l'esplosione avviene lateralmente, a causa di una parziale ostruzione del cratere, la nuvola rotola lungo il pendio con grande velocità (nube ardente discendente).
La forma più devastante di queste esplosioni è però quella delle nubi ardenti traboccanti che fuoriescono da fessure lunghe vari kilometri, invece che da condotti centrali. L'accumulo piroclastico cui danno origine viene detto «pioggia di fuoco», ed è formato da frammenti di vetro, rocce e cristalli.
Il vulcanismo esplosivo porta in definitiva all'accumulo di enormi quantità di prodotti piroclastici, mentre le lave sono meno abbondanti e in genere ristagnano in prossimità del centro eruttivo.

Esempio