La grande sete

Materie:Appunti
Categoria:Geografia

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La crisi idrica
L’acqua ricopre i tre quarti della superficie del pianeta, ma per circa il 97,5% è salata. Il restante 2,5% è composto di acqua dolce, ma per la maggior parte non è utilizzabile in quanto si trova nelle calotte glaciali e nei ghiacciai o nel sottosuolo. Solo una frazione esigua del totale, appena lo 0,01%, è a diretta disposizione dell’uomo. Fortunatamente, questa limitata quantità di acqua dolce viene continuamente ricostituita dal ciclo idrologico. Si tratta di una quantità più che abbondante, sufficiente sulla carta ad una popolazione di 20 miliardi di persone. Occorre però considerare che, mentre la quantità di acqua utilizzabile resta globalmente sempre la stessa, il consumo idrico mondiale é in continuo aumento: nel corso di questo secolo si è quasi decuplicato per effetto dell’incremento demografico e dello sviluppo economico. Occorre inoltre considerare che, data l’ineguale distribuzione geografica sia dell’acqua utilizzabile sia della popolazione, la disponibilità idrica pro capite varia fortemente da regione a regione, da paese a paese e da zona a zona. A causa di questi ed altri fattori (siccità, depauperamento delle falde acquifere, inefficiente uso delle risorse idriche), la disponibilità idrica pro capite sta calando in tutte le regioni, e decine di paesi sono ormai vicini alla soglia della scarsità cronica di acqua o l’hanno già oltrepassata.

La carenza idrica
L’uso delle risorse idriche: in alcuni paesi si utilizza l’acqua di mare dissalata. Gli stati che basano gran parte del loro approvvigionamento idrico su impianti di dissalazione, sono Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, altri paesi del Golfo Persico, Kuwait e Bahrein.
La destinazione dell’acqua: nelle regioni con un’economia meno sviluppata l’agricoltura utilizza una percentuale d’acqua superiore alla media mondiale (l’86%), nei paesi economicamente sviluppati la maggior parte dell’acqua è destinata al settore industriale (il 46%) e l’agricoltura si trova al secondo posto (con il 39%). L’Italia fa eccezione perché utilizza la maggior parte delle sue risorse idriche (il 60%) per l’agricoltura.
I consumi: i consumi idrici sono, nella maggior parte dei casi, proporzionali al reddito medio pro capite, in altre parole consuma in media più acqua l’abitante di un paese economicamente sviluppato rispetto a quello di un paese con un’economia meno sviluppata.
Il calo della disponibilità pro capite: la soglia oltre la quale si verifica la scarsità cronica di acqua è in genere di 1000 metri cubi pro capite, ma varia da paese a paese a seconda di vari fattori. Molte nazioni africane e mediorientali sono vicine alla soglia della scarsità cronica di acqua o l’hanno già oltrepassata, ad esempio Iran, Arabia Saudita, Egitto, Algeria e molte altre. Si pensa che entro il 2025 altri 25 paesi, tra cui Belgio, Polonia, Nigeria e India, avranno serie difficoltà di approvvigionamento o scarsità cronica di acqua.

La grande sete
La possibilità di accedere ad una sicura, pulita e sufficiente fonte di acqua dolce è un requisito fondamentale per la sopravvivenza, il benessere e lo sviluppo socio-economico di tutta l’umanità. Eppure, continuiamo a comportarci come se l’acqua dolce fosse una risorsa eternamente disponibile, ma non è così. L’acqua è un bene prezioso ed insostituibile: non possiamo vivere senza e non esiste nulla che sia in grado di sostituirla. Si tratta di una questione delicata poiché il comportamento umano ha un profondo impatto sulla quantità e qualità di acqua dolce disponibile. Dipende da noi sia la quantità di acqua utilizzata in una particolare regione, che la modalità di utilizzo. È l’acqua a rendere unico il nostro pianeta. Eppure entro un decennio metà della popolazione mondiale soffrirà di carenza d’acqua. L’acqua diventerà l’oro blu del 2000. Negli ultimi anni la domanda d’acqua è aumentata del doppio rispetto alla crescita della popolazione e non è stata distribuita equamente. Nell’Europa settentrionale la disponibilità pro capite è circa 12 volte superiore che nell’Europa meridionale. Una famiglia europea consuma in un giorno l’acqua utilizzata in una settimana da una famiglia africana. In Italia il 34% della popolazione non ha abbastanza acqua. Entro 25 anni l’intero Sud del mondo sarà assetato e serviranno altri 2000 Km cubi d’acqua, pari a 24 volte la portata del Nilo. Si deve contrastare il processo di desertificazione, riprendersi terre inaridite, ridistribuire le risorse d’acqua.

La grande sete in Italia
Siamo ricchi di acqua, eppure l’Italia è un paese che ha sete. Questo perché non sappiamo gestire le nostre risorse idriche, la nostra ricchezza d’acqua. L’Italia ne avrebbe quanta ne vuole. Secondo i dati forniti da Lega Ambiente, ogni anno il nostro paese ha a disposizione 40 miliardi di metri cubi di acqua, effettivamente sfruttabili, contro i 32 miliardi di metri cubi di cui ha bisogno. L’acqua la preleviamo in massima parte dai fiumi: il 66%; laghi e invasi ci forniscono il 6% del totale; il rimanente 28% è acqua che preleviamo dalle falde sotterranee. Ma anche con queste risorse idriche a disposizione, non tutti gli italiani possono aprire il rubinetto sicuri di avere acqua a volontà. I cittadini che vivono questo disagio sono l’8,5% a nord, il 18% al centro, il 78% al sud e il 55% nelle isole. Nel Meridione c’è chi, anche per tre mesi all’anno, ha l’acqua razionata. Una città come Vibo Valentia in Calabria ha dovuto fare i conti nel 1998 con 120 giorni (4 mesi) di carenza idrica. Le tre regioni a maggiore rischio acqua sono Calabria, Sicilia e Sardegna, ma l’emergenza idrica colpisce anche il nord. Alcune grandi città, soprattutto d’estate, restano a secco. È il caso dei capoluoghi pugliesi, delle città sarde e della Sicilia. Una carenza idrica che mal si sposa con una rete piena di rattoppi: prima di arrivare al rubinetto si perde infatti il 30% di acqua. Nella classifica delle città a rischio (ma i dati di Sicilia e Sardegna sono incompleti) è prima Vibo Valentia, con 120 giorni di carenza idrica, seguita da Reggio Calabria con 70 e Catanzaro con 60. Ma come si risolve questa emergenza? A livello locale bisogna intervenire su tre fonti: impedendo che agricoltura e industria prosciughino falde e corsi d’acqua, riducendo al minimo le perdite a rete e incentivando il risparmio. Ma perché l’acqua non basta? La prima ragione è che ne consumiamo troppa: rispetto alla media europea di 600 metri cubi all’anno pro capite, il nostro consumo è di 980 metri cubi all’anno. La maggior parte di questa quantità serve per l’irrigazione dei campi, ben il 60%, e spesso si tratta di acqua potabile che risulterebbe preziosa in periodi di emergenza. Il problema non è solo l’eccessivo consumo: una quantità enorme di acqua viene dispersa durante il viaggio lungo gli acquedotti, circa otto miliardi di metri cubi, che ogni anno vengono letteralmente persi per strada. L’acqua è un bene che spesso disprezziamo inquinando i fiumi fino alle loro sorgenti. Infatti, a causa della cattiva qualità dell’acqua potabile, il 44% delle famiglie italiane consuma acqua minerale imbottigliata. Anche a casa nostra consumiamo troppo e sprechiamo tanto: 249 l al giorno per persona per usi domestici e l’acqua buttata via non torna tanto facilmente.

SOS acqua
Il nostro pianeta è sempre più assetato. La mancanza di acqua pulita per tutti è un vero dramma, anzi il vero dramma dell’umanità nel secolo in cui stiamo entrando. Oggi un miliardo e 200 milioni di persone sulla Terra non hanno accesso ad acqua potabile. Le previsioni affermano che nel 2025 saranno due miliardi 300 milioni. Ogni anno almeno 3-4 milioni di persone muoiono per le acque o cibi contaminati, o per malattie legate all’acqua. Purtroppo 2/3 della popolazione vive in aree della Terra che ricevono solo 1/4 delle piogge che cadono abitualmente. Circa il 20% delle piogge del pianeta, infatti, cadono sulle foreste brasiliane, una vastissima regione dove vivono non più di 10 milioni di persone. Allo stesso modo lungo il fiume Congo e i suoi affluenti cade circa il 30% delle acque che interessano l’Africa, ma in quelle zone risiede solo il 10% della popolazione africana. E proprio i fiumi, che dovrebbero essere la fonte di alimentazione d’acqua più importante per l’uomo, stanno oggi vivendo una grave crisi. Più della metà dei principali corsi d’acqua sono seriamente minacciati o inquinati, influenzando negativamente l’ambiente circostante. Questo elemento ha contribuito profondamente a creare inoltre 25 milioni di rifugiati ambientali, che si sono avuti l’anno scorso, che, per la prima volta, hanno superato i rifugiati per causa di guerra. Entro il 2025, se le cose non cambieranno, potrebbero addirittura quadruplicare.

Silvia Arata

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