Materie: | Appunti |
Categoria: | Geografia |
Download: | 464 |
Data: | 22.10.2001 |
Numero di pagine: | 21 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Download
Anteprima
africa_11.zip (Dimensione: 17.43 Kb)
trucheck.it_l-africa.doc 55.5 Kb
readme.txt 59 Bytes
Testo
AFRICA
Geografia fisica
L'Africa è, tra le masse continentali, la più massiccia e la più piatta, quasi del tutto priva di alte catene montuose, tranne all'estremità nordoccidentale e nella cuspide meridionale. Attraversata dall'equatore, che la divide in due parti di estensione pressappoco uguale, è la parte del mondo più calda e più regolarmente distribuita in latitudine. È inoltre poco popolata e ancora assai arretrata; esplorata tardi, è rimasta a lungo soggetta a regimi coloniali.
Struttura geologica e rilievo
L'Africa , eccetto che nella parte settentrionale, è uno scudo continentale. Considerata un frammento del continente gondwaniano, è essenzialmente costituita da uno zoccolo di rocce precambriane, la cui presenza si nota anche quando sono rivestite da depositi più recenti. Il rivestimento che ricopre lo zoccolo è formato da diverse serie sedimentarie. Una serie risalente al primario, più o meno completa, ha ricoperto l'intera Africa, ma è facilmente identificabile solo a nord delle regioni equatoriali. A mano a mano che si procede verso sud e verso est, la serie si fa via via più arenacea e di tipo continentale. A sud delle regioni equatoriali è composta da dolomie del sistema del Kundelungu e da sistemi scistoso-calcarei e scistoso-arenacei. All'estremo sud il corrugamento ercinico ha dato origine alle catene del Capo (monti dei Draghi), orientate da ovest a est. Le serie superiori, discordanti rispetto alla precedente, sono per lo più continentali. Nell'Africa centrale e meridionale e nel Madagascar le formazioni arenacee e scistose del Karroo risalenti al permiano e al triassico possono raggiungere anche 7.000 m di spessore. Nell'Africa settentrionale altre formazioni arenacee corrispondono al Karroo (arenarie nubiane). Poi, mentre a nord una parte del continente fu soggetta a trasgressioni marine che lo ricoprirono dal cretaceo superiore all'eocene e, nell'estrema parte settentrionale (Libia), fino al miocene, il centro e il sud dell'Africa furono caratterizzati soltanto da depositi continentali raggruppati sotto il nome di Kalahari (dal cretaceo al pliocene). In conseguenza di ciò, ove si eccettui l'Africa settentrionale, si trovano serie importanti di depositi marini soltanto sulle coste. Mentre la copertura primaria è stata corrugata, la copertura secondaria e terziaria è rimasta subtabulare. Lo scudo africano, rigido, ha tuttavia risentito di ondulazioni ad ampio raggio, che hanno formato bacini interni e conche circondate da rilievi, riscontrabili soprattutto alla periferia (flessura continentale) e di movimenti verticali che hanno causato anche fratture. Tali deformazioni e fratture, e la ripresa dell'erosione da esse provocata, hanno determinato l'aspetto attuale del rilievo dell'Africa: altipiani e tavolati rocciosi situati a varie altezze e separati da scarpate, le più elevate delle quali sussistono allo stato di rilievi residui e spesso di colline isolate (Inselberg) dai ripidi versanti. Gli altipiani cristallini, o quelli che hanno conservato il proprio rivestimento sedimentario, possono arrivare ad altitudini abbastanza elevate, soprattutto nell'Africa orientale, al di sopra delle fosse tettoniche (più di 5.000 m nel Ruvenzori).
Le grandi fratture hanno formato fosse tettoniche e apparati vulcanici. La più importante di queste fosse, che è anche la più ampia del mondo, è quella che, nell'Africa orientale, parte dal Mozambico, si prolunga nel lago Niassa, si divide in due rami nel Tanganica e nel Kenya (Grandi Laghi), attraversa l'Etiopia e si divide nuovamente verso il golfo di Aden e il Mar Rosso per proseguire nel Vicino Oriente asiatico (Mar Morto). Altre fratture sono state accompagnate da eruzioni vulcaniche di epoca e tipo diversi: grandi colate nel cretaceo (specialmente sull'altopiano abissino), vulcani terziari e quaternari che costituiscono le più alte cime dell'Africa orientale (Kilimangiaro, 5.895 m), del Camerun e dei massicci del Sahara (Tibesti, Hoggar). Allo scudo che costituisce tutta questa parte dell'Africa si oppone l'estremità nordoccidentale, che comprende Marocco, Algeria e Tunisia, la cui evoluzione geologica e morfologica si riallaccia a quella della catena alpina. Sulle serie primarie di strati piegati e peneplanati, che formano uno zoccolo rigido, si sono deposte serie sedimentarie divise in due zone longitudinali. La prima comprende le catene del Rif e del Tell, sulle coste del Mediterraneo, e rappresenta una geosinclinale in cui corrugamenti molto complessi si sono succeduti fino al quaternario; la seconda è la zona dell'Atlante, che comprende regioni tabulari e catene formate da pieghe regolari che vennero a urtare, a sud, lungo la grande frattura che accompagna la catena dell'Atlante meridionale, contro lo scudo africano.
Clima e sue conseguenze regionali
Attraversata al centro dall'equatore, l'Africa ha climi determinati essenzialmente dal movimento apparente del sole fra i tropici e succedentisi con regolare simmetria sia a nord sia a sud dell'equatore, con fasce climatiche parallele. Il clima equatoriale è caratterizzato da un calore costante, superiore a 20 °C (la temperatura oscilla fra i 26° e i 28° in tutti i mesi dell'anno) e da una elevata piovosità (più di 1.500 mm), ben distribuita fra le varie stagioni, ma con punte più abbondanti agli equinozi. Sia a nord sia a sud dell'equatore i climi tropicali sono egualmente caldi, ma le temperature presentano maggiori contrasti, soprattutto all'interno del continente, in rapporto all'altitudine, e il regime pluviometrico è caratterizzato da una stagione estiva piovosa (boreale o australe) e una stagione invernale secca, che si fa più lunga a mano a mano che ci si avvicina ai tropici. Il clima delle regioni dell'estremo nord e dell'estremo sud dell'Africa è di tipo temperato: si tratta, in particolare, di un clima mediterraneo secco, con piogge invernali. Questo schema presenta diverse varianti: la maggiore estensione del continente nell'emisfero settentrionale spiega lo spostamento dell'equatore termico fino al golfo di Guinea e la maggiore estensione dei deserti a nord (Sahara) che a sud (Namib, Kalahari). L'Africa è asimmetrica; nell'emisfero meridionale le coste occidentali, non soggette all'azione degli alisei e fiancheggiate da correnti fredde, limitano un retroterra in cui il clima arido giunge fino a nord dell'Angola; al contrario le coste orientali subiscono l'influenza dell'aria umida degli alisei e di correnti marine calde come la corrente del Mozambico. Nell'emisfero settentrionale la costa del golfo di Guinea è investita dagli alisei umidi provenienti dall'emisfero meridionale, che si oppongono agli alisei continentali predominanti durante l'inverno (harmattan); tuttavia questo fenomeno monsonico non esercita alcuna influenza sulle coste della Mauritania, fresche e secche a causa della vicinanza di una corrente fredda (corrente delle Canarie); le coste del Mar Rosso sono più calde e secche, e così quelle dell'Oceano Indiano, fino al Kenya settentrionale. Tali differenze climatiche, infine, sono accentuate dal rilievo, più elevato nell'Africa orientale, e complicate dall'orientamento di tale rilievo in rapporto ai venti umidi.
In un continente così piatto, il clima è responsabile delle maggiori differenze regionali, che si manifestano nell'idrografia, come pure nell'aspetto e nella ripartizione della fauna e della flora.
Idrografia
Nelle immense pianure dell'Africa, i fiumi trasportano soltanto detriti fini, provenienti dalla disgregazione delle rocce cristalline o dalla loro trasformazione in argilla. Le piene della stagione piovosa provocano la formazione di paludi. Regioni vastissime sono mal drenate e diventano paludose nella stagione umida, mentre sono prive di acqua nella stagione secca. Una caratteristica dell'idrografia africana è inoltre la mancanza di rilievi displuviali ben definiti. Nonostante l'imponenza dei fiumi africani, le loro acque scorrono così lentamente e sono così poco cariche di alluvioni e di torbide che non riescono a intaccare le rocce dure del letto; per questa ragione tutti i corsi d'acqua africani si dividono in tronchi navigabili separati da rapide o cascate (Nilo, Zaire, Niger, Zambesi, Orange, Senegal, ecc.). A questi fiumi mandano le loro acque i maggiori laghi africani: il Vittoria e l'Alberto al Nilo; il Tanganica allo Zaire, il Niassa allo Zambesi. I laghi Ciad e Turkana sono invece collettori di bacini chiusi.
Flora e fauna
Dalle regioni aride a quelle costantemente umide, le zone di vegetazione si susseguono differenziandosi a seconda della latitudine e delle precipitazioni e sono l'elemento più caratteristico del paesaggio naturale. Dapprima si trova la vegetazione mediterranea, in cui predominano alberi a foglie persistenti; a essa succede una vegetazione semidesertica, detta «steppica», costituita da cespugli spinosi o erbe dure (alfa dell'Africa settentrionale). Nei deserti la vegetazione è essenzialmente localizzata nei letti degli uadi(cespugli spinosi, specialmente del tipo dell'acacia). Le savane delle zone tropicali, erbose e rinverdite nella stagione delle piogge, aride e bruciate nella stagione secca, hanno una vegetazione sempre più fitta man mano che si procede verso le regioni umide e sono sempre dominate da alberi (acacie spinose nel Sahel, poi alberi a foglie caduche, dai tronchi talvolta enormi, come i famosi baobab). Gli alberi, rari nelle zone basse, diventano via via più fitti dove la stagione umida si fa più lunga; nella savana arborata i fondi umidi delle valli sono caratterizzati da foreste a galleria; vi si trovano boschi con alberi a foglie persistenti misti ad alberi a foglie caduche (foreste a parco). Gradualmente e talvolta improvvisamente la savana lascia il posto alla foresta umida equatoriale, i cui alberi altissimi hanno tronchi lisci, ramificati solo nella parte alta; liane ed epifite la rendono impenetrabile e oscura. Questo tipo di foresta non è più vergine o primitiva, ma secondaria; è stata distrutta e si è poi riformata estendendosi in modo discontinuo lungo il golfo di Guinea e soprattutto dal basso Niger fino alla conca congolese, nella sua parte settentrionale. Nell'Africa orientale invece la foresta è discontinua, mentre la savana si estende uniformemente da nord a sud dell'equatore, il che ha permesso lo spostamento verso sud delle popolazioni dedite alla pastorizia. La foresta africana è meno ricca delle altre foreste tropicali umide; in compenso la vegetazione erbacea delle savane è molto varia. Si spiegano in tal modo l'abbondanza e la varietà della fauna delle savane: mammiferi erbivori (gazzelle, antilopi, giraffe, zebre, bufali, elefanti, rinoceronti), mammiferi carnivori (leoni, leopardi, pantere, iene) o arboricoli (scimmie) o roditori (i muridi del Madagascar), uccelli (pappagalli), insetti (mosche tse-tse e termiti). La fauna si fa più povera verso i deserti e verso le foreste, dove scarseggiano i pascoli; lungo i laghi e i fiumi si trovano inoltre ippopotami, coccodrilli e innumerevoli specie di pesci.
Geografia economica e umana
Risorse dell'Africa
Caratterizzata ora da eccessi di umidità, ora da eccessi di aridità, ora dall'uno e dall'altro fenomeno nelle regioni tropicali a due stagioni, l'Africa è considerata un continente povero: nelle zone aride in cui l'acqua scarseggia, le colture sono possibili soltanto mediante l'irrigazione; nelle zone umide colture e allevamento non sono possibili senza la distruzione della foresta. Questa però causa un impoverimento del suolo che non si arricchisce più di humus, perciò i terreni argillosi divengono soggetti all'erosione. Il problema principale, alla cui soluzione si interessano vari enti internazionali (Fondo europeo di sviluppo, FAO, Organizzazione mondiale della sanità, ecc.), rimane quello dell'acqua. Alle difficoltà create dalle iniziative dei singoli Stati, tese a soluzioni parziali e locali, non coordinate con i più vasti interessi continentali, si aggiungono quelle naturali (nel Sahara i due terzi circa delle riserve idriche sotterranee sono costituiti da acque fossili). La recrudescenza della siccità, fenomeno che si inquadra nel progressivo estendersi del deserto sahariano verso la fascia saheliana, ha aggravato ulteriormente la situazione, che ha raggiunto punte drammatiche, con una forte morìa del bestiame, la perdita dei raccolti, la quasi totale scomparsa del pesce dai corsi d'acqua dei bacini del Senegal e dell'alto e medio Niger e, di conseguenza, un'estesa carestia. Del resto, il grado di sfruttamento del potenziale idrico del continente è quanto mai vario e si passa facilmente da un estremo all'altro: dallo sfruttamento intenso delle acque del Nilo alla quasi totale inutilizzazione di quelle della Repubblica democratica del Congo, che ha una portata di oltre dieci volte superiore, ma scorre in zone di difficile accesso. Inoltre i problemi strettamente politici e tecnici non sono i soli, e così gli ambiziosi programmi intrapresi in Africa per la regolazione delle risorse idriche non solo hanno dato risultati deludenti ma hanno provocato un aumento della schistosomiasi, un'infestazione cronica e debilitante da parte di parassiti del sangue (schistosomi) che si propagano per via d'acqua. Ciononostante le risorse vegetali e animali dell'Africa sono assai varie. Molto schematicamente, alle diverse zone bioclimatiche corrispondono altrettante zone di coltura: cereali mediterranei (grano, orzo) e tropicali (miglio, mais, riso); tuberi (manioca, igname, taro, patate); alberi da frutto (banani, palme, manghi, papaia). In queste stesse zone troviamo vari tipi di allevamento nomade e transumante: ovini e caprini soprattutto nei paesi mediterranei, cammelli nel Sahara, bovini (zebù e buoi) nelle savane. Negli ultimi anni si è avuta però una diffusione dello sfruttamento agricolo nelle aree tradizionali dell'allevamento, con una conseguente diminuzione dei capi di bestiame, e, parallelamente, si è verificato un forte regresso dell'allevamento nomade a favore di una zootecnia stanziale. D'altro canto, i progressi della selezione consentono ora l'allevamento anche nelle zone umide. Pertanto, a seconda delle regioni, delle popolazioni e delle abitudini sociali ed economiche, si riscontrano regimi alimentari assai diversi. Alcuni prodotti alimentari sono oggetto di esportazione, come i prodotti oleaginosi, forniti dall'arachide, dalla palma da olio, dal cocco, dai semi di cotone e anche dall'olivo mediterraneo; alcune derrate sono ugualmente commercializzate: zucchero di canna, cacao, caffè, tè, frutti come gli agrumi e l'uva mediterranea, la banana tropicale, le fibre tessili (cotone e fibre dure), il tabacco. L'uno o l'altro di questi prodotti domina sovente il commercio estero di ciascun paese. Infatti il tentativo di diversificare le colture per sottrarsi alla dipendenza dalla monocoltura non ha, in genere, dato risultati apprezzabili. Solo in pochi paesi la produzione agricola è costituita da un ampio ventaglio di prodotti e lo sfruttamento dei suoli avviene in modo razionale. Nel resto dell'Africa il settore agricolo presenta le caratteristiche tipiche dei paesi ancora in via di sviluppo, ossia la coesistenza e la netta separazione di un'agricoltura industriale, attuata in grandi piantagioni con moderne attrezzature e volta a produrre solo per l'esportazione, e un'agricoltura di sussistenza basata su tecniche tradizionali (zappa) e confinata nei terreni «residui» meno fertili. Quest'agricoltura riesce sempre meno a sopperire ai fabbisogni alimentari, mentre i prodotti esportati garantiscono entrate molto modeste a causa della fluttuazione dei prezzi sul mercato mondiale controllato dai paesi industrializzati. Ciò causa una dipendenza alimentare che sottrae capitali al possibile sviluppo di un qualsiasi settore economico per destinarli all'acquisto di derrate alimentari, e inoltre accentua lo stato di sottonutrizione della popolazione, con le connesse malattie, che è la causa prima delle migliaia di morti «per fame» che ogni giorno si contano in Africa. Negli ultimi anni ha acquistato una crescente importanza come prodotto alimentare il riso, che si affianca al miglio e ai tuberi nell'alimentazione della maggioranza degli Africani. Nel suo complesso l'Africa fornisce una modesta percentuale della produzione mondiale di cotone, di oleaginose, di tabacco e di zucchero; una notevolmente più rilevante di quella di caffè, di olio di palma e di arachidi; e oltre la metà di quella di cacao. Ma le risorse dell'Africa non sono soltanto agricole; accanto alla pesca nelle acque interne e costiere, il cui prodotto rappresenta uno degli alimenti locali tradizionali, va acquistando sempre maggiore importanza anche la pesca oceanica, i cui prodotti (aragoste, gamberi, acciughe, sardine, ecc.) sono invece destinati all'esportazione. Anche le foreste forniscono vari prodotti e la loro distruzione sembra inarrestabile a causa dell'estendersi delle colture agricole e dell'incrementato taglio del legname pregiato (Costa d'Avorio, Ghana, Camerun, Gabon, Angola). I popoli della savana e del deserto da parte loro distruggono le essenze legnose per trarne carbone da esportare (Senegal, Somalia) o combustibile per uso interno (Ciad, Mauritania, Niger, Sudan). Ma un simile sfruttamento incontrollato delle risorse forestali altera l'equilibrio ecologico favorendo l'erosione e impedendo il rinnovarsi delle specie, in quanto la crescita delle nuove piante non trova più lo stesso ambiente favorevole del passato, come ad esempio è stato constatato per il Cedrus atlantica del Rif marocchino e per la foresta primaria (Africa equatoriale e tropicale). D'altronde i vastissimi rimboschimenti di eucalipti e di pini nella Repubblica Sudafricana e nell'Angola, avendo variato il preesistente manto vegetativo, non si sono rivelati sufficienti per la formazione delle piogge.
Le ricchezze del sottosuolo africano sono enormi. Il ferro è presente quasi ovunque, dall'Africa settentrionale a quella meridionale, nei diversi tipi di terreni di copertura e perfino nella corazza lateritica, più o meno ricca di ferro e di alluminio (bauxite della Guinea e del Ghana). La Repubblica democratica del Congo e la Zambia (già Rhodesia del Nord) forniscono circa un ottavo del rame mondiale, ma se ne trovano ricchi giacimenti anche altrove (Mauritania). L'Africa settentrionale, la Repubblica democratica del Congo, la Zambia e la Namibia danno piombo e zinco; la Repubblica democratica del Congo e la Nigeria stagno. L'Africa è ricca anche di metalli per leghe: manganese in Marocco, nel Ghana, nel Gabon, nell'Angola e nella Repubblica Sudafricana (circa il 40% della produzione mondiale); cromo nello Zimbabwe e nella Repubblica Sudafricana (oltre il 40%); cobalto nella Repubblica democratica del Congo, nella Zambia e in Marocco (87%); vanadio e nichel nell'Africa meridionale; antimonio, titanio, ecc. A questi bisogna aggiungere la mica dell'Africa meridionale e del Madagascar, la grafite del Madagascar, i fosfati (il Marocco è ai primi posti nella produzione mondiale). Inoltre l'Africa produce circa il 25% dell'uranio e oltre il 70% dell'oro mondiali (Repubblica Sudafricana, Zimbabwe, Ghana, Repubblica democratica del Congo), circa il 20% del platino mondiale (Repubblica Sudafricana), la maggior parte dei diamanti, pietre per gioielli e per uso industriale (Repubblica Sudafricana, Repubblica democratica del Congo, Botswana, Ghana, Namibia, Sierra Leone, Angola). D'altra parte il continente non mancherebbe di fonti di energia per trasformare queste materie prime: i suoi fiumi, interrotti da numerose cascate, potrebbero fornire energia idroelettrica la cui capacità potenziale sarebbe tra il 35 e il 40% della capacità mondiale. Per lo sfruttamento di tale potenziale sono state realizzate negli ultimi decenni imponenti opere di sbarramento (dighe di Kariba e di Cabora Bassa sullo Zambesi, di Assuan sul Nilo, di Ruacana sul Cunene, di Akosombo sul Volta, ecc.). La continuità di questo sviluppo dipende però dalla creazione di grandi industrie consumatrici, che ancora mancano nella maggior parte dei paesi africani. Non indifferente è poi, date le enormi distanze, il problema del trasporto della corrente. L'Africa è relativamente povera di carbone, che tuttavia si trova in Marocco, in Algeria, in Nigeria e soprattutto nel Karroo della Tanzania, dello Zimbabwe, della Repubblica Sudafricana e del Madagascar; il petrolio e il gas naturale si trovano invece in abbondanza nel Sahara (Algeria, Libia, Egitto) e inoltre in Nigeria e nell'Angola (exclave di Cabinda).
Colonizzazione e trasformazioni recenti
I metodi coloniali non sono stati ovunque gli stessi. La più semplice forma di economia era quella derivata dal sistema di tratta: gli Africani erano produttori delle derrate agricole esportate (arachidi, olio di palma, caffè o cacao, cotone); gli Europei si limitavano ad assicurare il commercio dei prodotti che veniva praticato da compagnie.
Nelle regioni caratterizzate da questa economia, era lo Stato che si assumeva le spese delle attrezzature necessarie allo sviluppo economico del paese, che avveniva sempre con una certa lentezza. La popolazione europea, destinata a fornire semplicemente i quadri amministrativi e tecnici, rimaneva scarsa. Tuttavia in parecchie colonie si erano installate imprese europee, investendovi capitali considerevoli, dapprima per lo sfruttamento delle miniere, poi delle risorse agricole. L'insieme delle infrastrutture si era rapidamente accresciuto in seguito alla necessità di trasporto delle miniere, ai bisogni delle popolazioni urbane e a quelli di un'industria di trasformazione in sviluppo. In alcune regioni dell'Africa il maggiore afflusso di Europei si spiegava col fatto che essi erano produttori; era il caso dei paesi particolarmente ricchi di miniere (Orange, Transvaal, Rhodesia), ma soprattutto di quelli in cui le condizioni naturali erano favorevoli all'insediamento di agricoltori europei (paesi mediterranei dell'Africa settentrionale, in particolare il Marocco e la Libia; la provincia del Capo nella Repubblica Sudafricana e i paesi in cui prevalevano altipiani elevati, come nell'Africa orientale). Qui i coloni, che avevano acquistato terre con l'aiuto dello Stato, si dedicavano a particolari colture o all'allevamento, con prodotti destinati soprattutto all'esportazione, a meno che non si sviluppasse, proprio grazie all'opera dei colonizzatori bianchi, il mercato interno, come nella Repubblica Sudafricana e in Rhodesia. Nel resto dell'Africa, cioè dove i bianchi non erano produttori, gli Europei rimasero una minoranza numericamente poco rilevante.
L'esistenza di materie prime e di fonti di energia, quella di un mercato regionale, di particolari circostanze politiche determinarono in alcuni paesi africani la nascita di industrie di trasformazione: industrie alimentari, edili, tessili e di costruzioni meccaniche prima di tutto; da ultima si sviluppò la metallurgia pesante, limitatamente però alla Rhodesia e alla Repubblica Sudafricana. La colonizzazione prima e la decolonizzazione poi hanno provocato profonde trasformazioni economiche, sociali e politiche che hanno sconvolto il quadro socio-economico-politico-culturale tradizionale. Tranne che nella Repubblica Sudafricana, dove la separazione razziale (apartheid) si è protratta sino alla fine degli anni Ottanta, in tutta l'Africa le minoranze europee hanno ceduto il posto alle nuove classi dirigenti negre, pur conservando talora, come nello Zimbabwe, l'egemonia economica. In ogni caso il processo di assestamento politico-sociale è ben lungi dall'essersi compiuto, anche ora che tutti i paesi africani, salvo poche minuscole dipendenze, sono pervenuti all'indipendenza. Conflitti politici, rivendicazioni sociali, rivalità tra le diverse etnie di un medesimo Stato, velleità autonomistiche di questa o quella regione contribuiscono quanto meno a creare un clima di incertezza e di tensione deleterio per l'economia. Inoltre mentre ovunque si cerca di rendere sedentari i nomadi, perché raggruppandoli in centri è più facile offrire loro migliori condizioni di vita, tentando contemporaneamente di inserirli nel processo produttivo della nazione, i sedentari della savana e della foresta abbandonano i loro villaggi attratti dalla capitale e dai centri portuali o minerari dove maggiore è lo sviluppo industriale e quindi la speranza di un'esistenza meno dura. Ma la produzione industriale, pur essendo aumentata discretamente negli ultimi decenni, non basta a dare un lavoro a tutti. Un siffatto inurbamento ha creato perciò forti squilibri economico-sociali, a scapito della campagna, e ha finito con il far sorgere attorno ai moderni centri urbani delle capitali barriere di aberranti bidonvilles, nelle quali si ammassano un proletariato e sottoproletariato negro che vivono miseramente. La persistente disoccupazione turba l'economia di molti Stati e alimenta l'emigrazione. Vari milioni di persone cercano lavoro non solo in Europa e nella Repubblica Sudafricana, ma anche nei confinanti paesi in via di sviluppo. Si assiste quindi al curioso fenomeno di un flusso alternato da un paese all'altro di mano d'opera, che trova un'occupazione in quanto clandestina e, come tale, non protetta dalle leggi; la qual cosa implica salari da fame e la mancata copertura assicurativa. L'Africa rimane quindi nell'insieme un'area ancora in via di sviluppo; il processo evolutivo ovviamente non è ovunque allo stesso stadio né si svolge allo stesso ritmo, ma vi sono rilevanti disuguaglianze. In linea generale si possono dividere i paesi africani in tre gruppi secondo il rispettivo grado di sviluppo: al sommo della scala si collocano così i paesi del Nord Africa mediterraneo e la Nigeria, seguiti da Costa d'Avorio, Gabon, Kenya, Repubblica democratica del Congo, Camerun, Ghana, Zimbabwe, Namibia e Maurizio, dopo i quali vengono tutti gli altri paesi, più arretrati; fa eccezione la Repubblica Sudafricana, che è il solo paese che possa vantare un'economia quasi completamente sviluppata. La Repubblica Sudafricana è anche il solo paese africano, insieme forse con lo Zimbabwe, nella cui economia l'industria (rappresentata in tutti i suoi principali settori) occupi un posto di primaria importanza e contribuisca in misura preponderante alla formazione del prodotto nazionale lordo. Il prodotto nazionale lordo del continente africano deriva infatti per tre quarti dall'agricoltura, che impiega i due terzi delle forze di lavoro, e solo per un ottavo circa dall'industria manifatturiera, metà del quale proviene dai paesi in parte industrializzati come Repubblica Sudafricana, Zimbabwe, Swaziland, Marocco e Senegal. La sola industria che interessi la quasi totalità delle nazioni africane è quella estrattiva. Anche il turismo è per parecchi paesi africani un'importante fonte di reddito e fra le nazioni con una buona attrezzatura turistica figurano Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Costa d'Avorio, Botswana, Kenya, Zimbabwe, Maurizio, Seychelles, Repubblica Sudafricana.
Un settore tuttora arretrato, nonostante il massiccio intervento di capitali e tecnici stranieri, rimane pure quello delle comunicazioni; anche in questo caso la situazione varia notevolmente da paese a paese ed è più grave, per ovvie ragioni naturali, in quelli dell'interno del continente privi anche di uno sbocco sul mare. Numerosi paesi dispongono di ferrovie, ma le differenze di scartamento, oltre ai contrasti politici, intralciano i collegamenti. Le strade sono difficili da costruire e molto costose da mantenere: solo meno del 30% è pavimentato. I fiumi principali, navigabili per lunghi tratti, hanno perciò una grande importanza per i trasporti. Sono stati costruiti, ampliati o rimodernati porti marittimi e aeroporti e i vari paesi si sono costituiti le proprie compagnie aeree di bandiera, che tuttavia, create molto spesso più per esigenze di prestigio locali che per reale necessità, hanno costi d'esercizio sproporzionati rispetto al servizio reso e sono quasi sempre costrette a dipendere per quanto concerne piloti, manutenzione e assistenza dalle grandi compagnie di linea.
Le principali voci dell'esportazione, diretta soprattutto verso l'Unione Europea, gli Stati Uniti, la Russia e l'Europa Orientale, sono petrolio e gas naturale, alimentari, tabacco e materie prime; le principali voci dell'importazione, effettuata specialmente dalla UE, dai paesi dell'OPEC, dagli Stati Uniti e dal Giappone, sono macchinari, materiale per i trasporti, manufatti vari, alimentari, tabacco, petrolio e gas naturale.
Le popolazioni africane
L'Africa , pur non essendo priva di risorse naturali, è poco popolata: oltre 517 milioni di ab., pari a circa l'11% della popolazione del globo, dispersi su di un continente di oltre 30 milioni di km² (23% delle terre emerse). La densità è perciò di 17 ab. per km²; la popolazione, inoltre, è distribuita in modo assai disuguale: mentre alcune regioni hanno una densità eccessiva rispetto alle risorse locali, vasti settori del continente sono praticamente disabitati. Non va trascurato tuttavia il fatto che estese zone sono inabitabili sia perché desertiche (Sahara, Kalahari), sia perché coperte dalla foresta pluviale spesso paludosa. Gli abitanti dell'Africa possono dividersi in due grandi gruppi: leucoderma(a pelle chiara) e melanoderma (a pelle scura), separati da una linea che corrisponde pressappoco al limite meridionale del Sahara. A nord vivono popolazioni in prevalenza bianche, a sud popolazioni in prevalenza negre: oltre a queste si trovano anche gruppi etnici diversi, ma tutti di scarsa entità numerica. Poco consistente, in proporzione, è anche la popolazione bianca di origine europea (circa 5 milioni), per lo più stanziata nell'Africa australe e settentrionale. Vi sono poi consistenti minoranze di Asiatici e di meticci (coloureds). Nell'Africa settentrionale la popolazione si riallaccia, nel suo complesso, alla razza mediterranea, che occupa le regioni circostanti il bacino del Mediterraneo. La distinzione tra Arabi e Berberi è soprattutto di carattere linguistico e non corrisponde a una realtà antropologica; infatti la maggioranza delle popolazioni dell'Africa settentrionale appartiene al tipo berbero: leucoderma, di statura media, dolicocefalo, con tratti fisionomici piuttosto rozzi e con capelli generalmente scuri; tuttavia esistono numerosi individui biondi, soprattutto tra i Riffani del Marocco e i Cabili delle montagne algerine. Mauri e Tuaregh sono Berberi nomadi variamente incrociati con negri; i Tebu, localizzati nella zona orientale del Sahara, si possono ascrivere a una sottorazza melanoderma particolare: la sahariana. In Egitto, la componente generale è anch'essa mediterranea ma presenta vari elementi dovuti a incroci con negri.
L'Africa nera è popolata quasi esclusivamente da popoli del gruppo razziale melanoderma, sia di stirpe negra (o melanoafricana) in senso proprio, sia di stirpe camito-semitica fortemente fusa con l'elemento negro (colore della pelle, statura alta, ecc.). In tale gruppo si possono distinguere alcune razze (in senso tradizionale) a localizzazione abbastanza ben definita:
Razza sudanese, di alta statura, slanciata, dolicocefala, molto prognata e assai scura di pelle: la sua area di predominio giunge fino alla costa atlantica lungo una fascia compresa tra il Sahara meridionale e la foresta equatoriale.
Razza nilotica, estremamente alta e microschelica con lineamenti abbastanza fini e colorito della pelle scurissimo: è localizzata nell'alto corso del Nilo fino al lago Vittoria.
Razza congolese (o silvestre), di statura media o anche inferiore alla media, mesocefalica con tendenza alla brachischelia e con pelle abbastanza scura: occupa tutto il bacino del Congo.
Razza sudafricana(o cafra), di statura superiore alla media, dolicocefala, con lineamenti abbastanza fini e pelle bruno-scura: occupa tutta l'Africa meridionale e quella orientale, fino all'Etiopia.
Un gruppo particolare è costituito dalla razza etiopica, originata dalla fusione di ceppi leucodermi (provenienti dall'Arabia meridionale) con popolazioni melanoderme (cusciti, negri); di essa fanno parte Abissini, Fulbe, Danachili, Galla e Somali, oltre ad alcuni piccoli gruppi dislocati nell'Africa nordorientale.
Gruppi etnici a sé stanti si trovano nel Madagascar (Malgasci), nella Namibia (Khoisanidi o Steatopigei) e nelle foreste paludose del bacino del Congo (Pigmei o Negrilli); i Khoisanidi sono costituiti da due gruppi: gli Ottentotti e i Boscimani; i Pigmei vengono distinti in Pigmidi e Pigmoidi (il nome di Negrilli è usato per indicare propriamente i Pigmei dell'Africa, contrapposto a quello di Negritos usato per indicare i Pigmei asiatici).
Contrariamente a un uso impreciso del significato dei termini, le popolazioni africane non possono essere considerate primitive, non solo perché sono razzialmente evolute, ma anche per il fatto che discendono da antiche civiltà assai complesse e spesso assai progredite; più esattamente si debbono definire come popolazioni viventi allo stato di natura (Naturvölker), tenendo anche conto che ormai gran parte degli Africani abitanti nei maggiori centri si è portata a un livello abbastanza prossimo a quello europeo.
Per notizie più circostanziate circa i costumi sociali e l'economia si rimanda ai singoli popoli; in linea generale si può osservare che mentre nei centri urbani il tessuto socio-economico tradizionale appare profondamente alterato e in via di trasformazione, esso sopravvive invece nelle campagne; quivi infatti gli Africani sono organizzati tuttora in gruppi tribali a struttura patriarcale, spesso di tipo monarchico-feudale, propria dei popoli allevatori rappresentanti, in ordine di tempo, l'ultima espansione nel continente delle stirpi negre. Sono tuttavia conservate, nelle popolazioni sedentarie, tracce spesso dominanti delle più antiche strutture matrilineari (posizione elevata della donna, importanza sociale dello zio materno, riti iniziatori delle fanciulle, servitù dell'uomo presso la famiglia della futura moglie, classi matrimoniali esogamiche, ecc.). Le civiltà negre sono ancora fortemente legate ai culti animisti; stregoni e sciamani sono ancora tenuti in gran conto: questi, oltre a esercitare la magia, si dedicano alla medicina che ha carattere generalmente magico (esorcismi); non sono rare le sette dovute a una mescolanza di riti magici e d'interessi politici: sono queste che talvolta praticano il cannibalismo rituale che in Africa ormai non esiste più da molto tempo. L'abbigliamento sia maschile sia femminile è assai vario: dalla totale nudità al vestimento completo; e in genere la tradizione risponde alle esigenze climatiche. Le abitazioni sono per lo più raggruppate in villaggi, e vengono in prevalenza costruite con il materiale a disposizione (giunchi, canne, legno; raramente in pietra): la forma varia da regione a regione e da popolo a popolo.
Le tecniche di produzione e di allevamento sono rimaste spesso arcaiche, anche se abbastanza specializzate: nell'Africa settentrionale prevale in genere la pastorizia nomade, a volte integrata da un'agricoltura assai rudimentale, mentre nelle regioni aride si pratica quasi esclusivamente l'allevamento delle pecore e dei cammelli. Fanno eccezione l'Algeria, la Tunisia, l'Egitto e il Marocco, la cui produzione è ormai di tipo europeo. Verso sud, l'allevamento dei bovini prevale nei popoli nomadi: i Fulbe arrivano fino al Futa Gialòn (Guinea) e all'Adamaua (Camerun), le tribù cuscitiche fino alla Tanzania e gli allevatori bantu fino all'Africa meridionale e alla Namibia. Essi si mescolano ai contadini negri, spesso loro tributari, i quali si dedicano prevalentemente all'agricoltura: la tecnica seguita consiste nel radere e bruciare savana o foresta sotto la guida del «capo della terra» (posseduta da tutti in comune), il quale è spesso capo tribù e viene considerato intermediario tra le divinità e l'uomo. Il terreno, concimato naturalmente dalle ceneri, viene dissodato con la zappa, talvolta con un semplice aratro a chiodo di ferro o di legno: nelle regioni aride l'agricoltura viene praticata nella stagione delle piogge; altrove è possibile ottenere più di un raccolto. Le colture associate, raramente avvicendate, vengono praticate per un massimo di tre anni nella foresta, per un periodo piú lungo nella savana; quando la terra non rende più, per l'eccessivo sfruttamento, viene cambiata zona. In tal modo, i campi ruotano ciclicamente intorno ai villaggi dei sedentari che spostano la propria sede solo quando è assolutamente necessario.
La cultura e l'arte negra sono assai ricche e vive; al contrario il livello di vita è per la maggioranza degli Africani ancora assai precario malgrado lo sviluppo economico seguito alla liberazione dal regime coloniale. La scarsità della produzione agricola, dovuta alle tecniche troppo elementari, e l'allevamento troppo limitato, come pure la difficoltà di un diretto e autonomo sfruttamento delle risorse naturali (legno, minerali, petrolio, cotone, ecc.) impediscono radicali mutamenti nel genere di vita. Le condizioni sanitarie, assai migliorate dopo la fine della seconda guerra mondiale, non sono tuttavia sufficienti a eliminare il pericolo delle malattie tropicali; la mortalità infantile è assai elevata e l'indice della durata della vita media è tra i più bassi del mondo.