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AFRICA
Al secondo posto per dimensione fra i sette continenti della Terra, l'Africa ha una superficie, comprese le isole contigue, di 30.227.467 km2, corrispondente a circa il 22% delle terre emerse del pianeta. All'inizio degli anni Novanta circa il 12% della popolazione mondiale (627 milioni) viveva nel continente. A cavallo dell'equatore, l'Africa ha un'estensione di 8050 km dall'estrema punta settentrionale di capo Bianco (ar-Ras al-Abyad) in Tunisia a quella meridionale di capo Agulhas nella Repubblica Sudafricana. La larghezza massima del continente si misura da Capo Verde in Senegal, a ovest, a capo Hafun in Somalia, a est: circa 7560 km. La cima più elevata è il monte Kilimangiaro (5895 m) in Tanzania, la cui cima è perennemente innevata; la massima depressione è il lago Assal (153 m sotto il livello del mare) nel Gibuti. La costa africana è regolare e caratterizzata da poche insenature; si estende per circa 30.490 km e, rispetto alla superficie del territorio, è inferiore a quella di tutti gli altri continenti.
Le principali isole appartenenti all'Africa, che hanno una superficie complessiva di 621.600 km2, sono Madagascar, Zanzibar, Pemba, Maurizio, Réunion, le Seychelles e le Comore nell'oceano Indiano; São Tomé e Prìncipe e Bioko nel golfo di Guinea; Sant'Elena, Ascensión e le Bijagós nell'oceano Atlantico; Capo Verde, le isole Canarie e Madeira nell'Atlantico settentrionale. Pur considerate geograficamente parte dell'Africa, Sant'Elena, Ascensión, le isole Bijagós, le Canarie e Madeira hanno legami economici, politici o culturali con l'Europa occidentale: Sant'Elena e Ascensión sono colonie della Gran Bretagna; le isole Canarie e Madeira fanno parte rispettivamente della Spagna e del Portogallo.
L'ambiente naturale
Solamente il 10% del territorio africano si trova a un'altitudine inferiore ai 500 m sopra il livello del mare, contro il 54% dell'Europa e il 25% dell'America settentrionale. Soltanto nelle estreme parti meridionali e settentrionali si sono formati dei rilievi montuosi per effetto di piegamenti tettonici. Dovunque nel continente le differenze di altitudine sono state causate da spinte di faglia, da cui ebbe origine la Rift Valley, o dalla formazione di estesi bacini fluviali – in particolare quelli del Congo, del Niger, del Nilo, del Volta e dello Zambesi – che costituiscono una caratteristica preminente della geografia dell'Africa. Ai suoi margini l'altopiano lascia il posto a una stretta piana costiera che cinge il continente. Tutti i grandi fiumi dell'Africa, eccetto i sistemi del Niger-Benue e dello Zambesi-Shire, presentano cascate o rapide che rendono praticamente impossibile la navigazione interna.
Storia geologica
La vasta piattaforma continentale africana, di roccia antica e dura, risale al Precambriano, la stessa epoca geologica in cui si formò l'altopiano del Brasile, nell'America meridionale. Si estende verso sud dai monti dell'Atlante al capo di Buona Speranza. A est abbraccia la penisola Arabica e il Madagascar, che si staccarono dall'Africa durante il Terziario (Vedi Tettonica a zolle). All'interno di queste antiche rocce sono state riportate alla luce le primissime tracce della vita sulla Terra: microrganismi fossili risalenti a 3,2 miliardi di anni or sono. Sotto il profilo geologico le pieghe dell'Atlante nell'Africa nordoccidentale fanno parte dell'Europa, essendo state create dalla stessa forza che produsse le catene alpine dell'Europa meridionale e centrale.
Le forze tettoniche che separarono l'Africa dall'America meridionale nel corso dello smembramento del supercontinente Gondwana, circa 150 milioni di anni fa (Vedi Giurassico), hanno continuato ad agire in tempi più recenti, creando la Rift Valley durante il Terziario e provocando le eruzioni dei coni vulcanici dei monti Kenya e Kilimangiaro nell'Africa orientale.
Territorio
Il territorio dell'Africa può essere diviso in tre regioni principali: l'Altopiano settentrionale, l'Altopiano centrale e meridionale e gli Altipiani orientali. In generale, le altitudini aumentano attraversando il continente da nord-ovest a sud-est e sono mediamente di circa 560 m. La pianura costiera, fatta eccezione per i litorali del Mediterraneo e della Guinea, è solitamente stretta.
La caratteristica principale dell'Altopiano settentrionale è costituita dal Sahara, grande deserto la cui superficie occupa più di un quarto dell'Africa. Ai margini dell'Altopiano settentrionale si trovano alcune regioni montuose: a nord-ovest la catena dell'Atlante, formata da aspre vette e alti tavolati, che si estende dal Marocco alla Tunisia; a sud-ovest la catena del Fouta Djalon; a sud il massiccio dell'Adamaoua e la catena montuosa del Camerun. Il bacino del lago Ciad si trova quasi al centro dell'Altopiano.
L'Altopiano centrale e meridionale, più elevato, ha un'altitudine media di oltre 900 m e comprende numerose depressioni, in particolare il bacino del fiume Congo e il deserto del Kalahari. A sud si innalza la catena dei monti dei Draghi che si estende per circa 1100 km lungo la costa sudorientale del continente, dal Transvaal alla Provincia del Capo. All'estremo sud si trova il Karroo, un arido altopiano la cui superficie è di circa 259.000 km2.
Gli Altipiani orientali, la parte più elevata del continente, sono situati vicino alla costa e dal mar Rosso si estendono verso sud, fino allo Zambesi, lungo la linea di faglia della Rift Valley. La regione ha un'altitudine media di oltre 1500 m e nell'acrocoro etiopico raggiunge i 3000 m; il punto più elevato è il Ras Dascian (4620 m), nell'Etiopia settentrionale. A sud dell'acrocoro etiopico si innalzano numerosi picchi vulcanici, fra i quali i monti Kilimangiaro, Kenya e Elgon.
Il tratto più caratteristico degli Altipiani orientali è costituito dalla Rift Valley, la vasta depressione che si estende dall'Anatolia, nella Turchia orientale, attraverso la valle del Giordano e il mar Morto, per poi proseguire lungo il mar Rosso fino al lago Turkana (ex lago Rodolfo). In corrispondenza dell'estremità meridionale del lago Turkana, il Rift si biforca intorno al lago Vittoria per poi ricongiungersi a un capo del lago Nyasa, da dove scende lungo i fiumi Shire e Zambesi, giungendo infine al mare. A ovest della Rift Valley s'innalza il massiccio del Ruwenzori che raggiunge un'altezza di 5119 m. L'isola di Madagascar presenta un aspro altopiano centrale che si estende in direzione nord-sud in prossimità della costa orientale.
Fatta eccezione per poche inondazioni marine, il territorio africano è emerso fin dal Precambriano. Il suolo si è quindi modificato localmente per l'azione disgregatrice degli agenti atmosferici. Sono pochi i terreni alluvionali depositati da fiumi e correnti oceaniche. Per la maggior parte le regioni africane presentano una rete idrografica e bacini di raccolta irregolari. Essendo tipicamente tropicali, i suoli sono relativamente sterili, privi di humus e soggetti al dilavamento per effetto delle forti piogge e delle elevate temperature. I suoli desertici, poveri di contenuto organico, coprono vaste superfici. Fra i suoli più fertili si annoverano i cosiddetti cernosem o terre nere dell'Africa orientale e i podsoli delle regioni dell'Africa occidentale e meridionale.
Idrografia e risorse idriche
In Africa scorrono alcuni fra i più grandi fiumi del mondo. Le principali reti idrografiche che bagnano il continente sono sei e, fatta eccezione per quelle che formano il bacino del lago Ciad e quelle situate intorno al deserto del Kalahari, hanno tutte sbocco al mare. Il fiume Nilo solca l'Africa nordorientale e con i suoi 6671 km è il corso d'acqua più lungo della Terra. Nasce dal lago Vittoria e scorre in direzione nord; nel tratto chiamato Nilo Bianco confluisce il Nilo Azzurro, che nasce dal lago Tana, in Etiopia. Dal punto di confluenza dei due fiumi, nei pressi di Khartoum, in Sudan, il Nilo scorre verso ovest e nord prima di sfociare nel mar Mediterraneo. Il fiume Congo, lungo circa 4670 km, bagna gran parte dell'Africa centrale; nasce dai monti Mitumba, al confine tra Repubblica democratica del Congo e Zambia, scorre verso nord, ovest e sud per sfociare infine nell'oceano Atlantico, nei pressi di Matadi. Il terzo fiume africano in ordine di lunghezza è il Niger (4160 km), in Africa occidentale, i cui tratti superiori sono navigabili soltanto durante la stagione delle piogge. Nasce negli altipiani del Fouta Djalon e scorre verso nord ed est prima di piegare a sud per poi gettarsi nel golfo di Guinea.
Il fiume Zambesi, lungo circa 2660 km, si forma dagli affluenti che nascono in Zambia e Angola e confluiscono in Zambia; procede verso sud-est per poi sfociare nell'oceano Indiano, in Mozambico. Lo Zambesi è interrotto da numerose rapide e cascate, delle quali le più spettacolari sono le cascate Vittoria. L'Africa meridionale è percorsa dai fiumi Limpopo e Orange. L'Orange, in cui confluisce il Vaal, è lungo circa 1200 km, nasce nei monti dei Draghi e scorre verso ovest fino all'Atlantico. Il Limpopo, che nasce nel Witwatersrand, è lungo circa 1600 km e sfocia nell'oceano Indiano, nel Mozambico meridionale. Il lago Ciad, la cui profondità media è di soli 1,2 m, con i suoi emissari e immissari costituisce il più grande sistema idrografico del continente.
La Rift Valley comprende numerosi ed estesi laghi; tra questi i laghi Turkana, Alberto, Tanganica e Nyasa. Il lago Vittoria, il più grande dell'Africa e il terzo del mondo, non fa parte di questo sistema; esso si estende su una depressione poco profonda degli Altipiani orientali.
Il maggior problema dell'Africa è quello di raggiungere un controllo effettivo delle risorse idriche. Vaste aree sono eccessivamente aride, zone ancora più estese ricevono soltanto piogge irregolari e devono immagazzinare l'acqua per affrontare i lunghi periodi di siccità. Nelle regioni della fascia equatoriale la piovosità è molto elevata; nel Sudan meridionale si estendono ampie paludi e vaste zone subiscono inondazioni periodiche. A partire dagli anni Cinquanta, sono stati costruiti molti bacini e dighe per raccogliere l'acqua necessaria all'irrigazione e alla produzione di energia idroelettrica.
Clima
Il clima dell'Africa è influenzato dalla posizione del continente nella fascia tropicale, dalla presenza di correnti fredde oceaniche e dall'assenza di catene montuose che fungano da barriere climatiche.
Si possono distinguere sette zone climatiche. La parte centrale del continente e la costa orientale del Madagascar presentano il clima tipico delle foreste pluviali tropicali; la media annua della temperatura è di 26,7 °C e quella della piovosità di 1780 mm. Il clima della costa guineana è simile a quello equatoriale, anche se si verifica una sola stagione delle piogge; non ci sono, comunque, mesi senza pioggia.
A nord e a sud il clima della foresta pluviale è sostituito dalla zona tropicale della savana che interessa quasi un quinto dell'Africa. Qui il clima è caratterizzato da una stagione umida durante i mesi estivi e da una stagione secca durante i mesi invernali. La piovosità annua varia da 550 mm a oltre 1550 mm. Distanziandosi dall'equatore, a nord e a sud, la zona climatica della savana lascia il posto a quella più secca della steppa. La piovosità media annua varia da 250 a 500 mm e la pioggia si concentra in una stagione.
In Africa si trovano vaste zone interessate da un clima arido o desertico: il Sahara a nord, il Corno d'Africa a est e i deserti del Kalahari e della Namibia a sud-ovest. In queste zone la piovosità media annua è inferiore ai 250 mm. Nel Sahara l'escursione termica quotidiana e stagionale è molto elevata; la temperatura media di luglio è di oltre 32,2 °C; durante la stagione fredda la temperatura notturna scende spesso sotto lo zero.
Le zone climatiche mediterranee si trovano alle estremità nordoccidentale e sudoccidentale del continente. Queste regioni sono caratterizzate da inverni miti e umidi e da estati calde e secche. Negli altipiani dell'Africa orientale, in particolare in Kenya e in Uganda, la piovosità è distribuita durante l'intero arco dell'anno e la temperatura è costante. Nell'alto tavolato dell'Africa meridionale il clima è temperato.
Flora
La vegetazione africana può essere classificata in base alle zone climatiche. La zona climatica tropicale della foresta pluviale, dove la media annua della piovosità è di oltre 1270 mm, presenta un fitto manto superficiale di arbusti, felci e muschi, piante sempreverdi, palme da olio e numerose specie di alberi dal legno duro. Sui rilievi del Camerun, dell'Angola, dell'Africa orientale e di alcune regioni etiopiche crescono foreste di palme da olio, alberi dal legno duro e conifere. Una zona di savana arborata, con una piovosità annua da 890 a 1400 mm, si estende su vaste aree, dove crescono piante erbacee e arbusti, alberi decidui e leguminose. Nella zona della savana formata da praterie, con una piovosità annua variabile da 500 a 890 mm, crescono piante erbacee, arbusti e bassi alberi decidui. La zona di macchia spinosa, una vegetazione tipica della steppa, con una piovosità annua variabile da 300 a 510 mm, presenta una vegetazione più rada di arbusti, piante grasse e semigrasse. La zona della macchia subdesertica, con una piovosità annua variabile da 130 a 300 mm, presenta un manto erbaceo e bassi arbusti sparsi. La zona desertica, situata in aree in cui la piovosità annua è inferiore a 130 mm, è caratterizzata da una vegetazione sparsa e, a tratti, del tutto assente.
Fauna
In Africa si possono distinguere due zone faunistiche: la zona settentrionale e nordoccidentale, comprendente il Sahara, e la zona etiopica, comprendente tutta l'Africa subsahariana. La prima è caratterizzata da una fauna simile a quella del continente euroasiatico: pecore, capre, cavalli e dromedari sono fra le specie più comuni. Le pecore berbere, il cervo africano e due specie di stambecchi sono originari della costa africana settentrionale. Nel Sahara vivono volpi del deserto (fennec) oltre a gazzelle e topi delle piramidi. La zona etiopica è famosa per la sua grande varietà di animali e uccelli, molti dei quali sono oggi in via di estinzione. Le aree boscose e le praterie costituiscono l'habitat tradizionale di numerose specie di antilopi e cervi, zebre, giraffe, bufali, elefanti, rinoceronti e scimmie. Fra i carnivori si segnalano leoni, leopardi, ghepardi, iene, sciacalli e manguste. Gli ippopotami vivono nei fiumi. Il gorilla vive nelle foreste pluviali dell'Africa equatoriale, come pure altre specie di scimmie, scoiattoli volanti, pipistrelli e lemuri. Molti di questi animali, in particolare elefanti, rinoceronti, leopardi, leoni e gorilla, oggi si trovano solamente in speciali riserve faunistiche.
Gran parte dell'avifauna è quella tipica del Vecchio Mondo. Fra la selvaggina da penna la specie più diffusa è la faraona. Gli uccelli acquatici, in particolare pellicani, aironi giganti, fenicotteri, cicogne ed egrette, formano colonie molto numerose. L'ibis è comune nella regione del Nilo, mentre lo struzzo vive nell'Africa orientale e meridionale. Anche i rettili sono perlopiù originari del Vecchio Mondo, soprattutto lucertole, coccodrilli e tartarughe. Serpenti velenosi, fra i quali il mamba, si trovano in tutta la zona etiopica. I pitoni vivono perlopiù in Africa occidentale, i boa constrictor si trovano soltanto in Madagascar dove sono presenti moltissime specie uniche al mondo. In Africa abbondano i pesci d'acqua dolce, con oltre 2000 specie conosciute. Il continente è la dimora di numerosi insetti nocivi, in particolare zanzare, formiche, termiti, locuste e mosche tsè-tsè che trasmettono la malattia del sonno a uomini e animali.
Risorse minerarie
L'Africa è il continente più ricco di minerali del pianeta; ne possiede in quantità e varietà considerevoli, benché la loro distribuzione geografica sia ineguale. Numerosissimi sono anche i giacimenti di combustibili fossili, di carbone, petrolio e gas naturale. In Africa si trovano inoltre alcune fra le maggiori riserve di oro, diamanti, rame, bauxite, manganese, nichel, platino, cobalto, radio, germanio, litio, titanio e fosfati. Fra le altre importanti risorse minerarie si segnalano minerali ferrosi, cromo, stagno, zinco, piombo, torio, zirconio, vanadio, antimonio e berillio.
Popolazione
Il Sahara costituisce una linea di demarcazione fra le aree abitate dai popoli dell'Africa settentrionale e quelli dell'Africa subsahariana; tuttavia il deserto non ha mai rappresentato un ostacolo agli scambi o alla diffusione delle idee fra le regioni settentrionali e occidentali del continente. In passato, ai popoli continentali sono stati applicati numerosi sistemi di classificazione, molti dei quali di dubbia natura poiché basati fondamentalmente su presupposti razzisti. Oggi la ripartizione geografica appare la più utile ai fini tassonomici.
Etnografia
La parte settentrionale dell'Africa, comprendente il Sahara, è abitata da popoli caucasoidi, perlopiù berberi e arabi, che costituiscono circa il 25% degli abitanti del continente. A sud del Sahara vivono popolazioni bantù che rappresentano circa il 70% della popolazione africana mentre alcune tribù di khoisan, san (un tempo chiamati boscimani) e koi-koi (gli ottentotti di un tempo) si trovano nell'Africa orientale. I pigmei sono concentrati nel bacino del Congo. Originariamente insediati nelle regioni meridionali, oggi vivono in Africa 5 milioni di discendenti degli europei. La popolazione indiana, che tocca il milione di unità, è stanziata prevalentemente lungo le coste orientali e nella Repubblica Sudafricana.
In Africa sono stati classificati oltre 3000 gruppi etnici presso i quali prevale l'istituzione della famiglia estesa. In gran parte del continente la famiglia è collegata a una società allargata tramite gruppi parentali, quali i clan, che tendono a escludere i matrimoni endogeni: i loro membri si sposano fuori dal gruppo. Spesso il villaggio è costituito da un singolo gruppo parentale di discendenza maschile o femminile.
Demografia
Nonostante l'estesa superficie, l'Africa è abitata da appena il 12% della popolazione mondiale. All'inizio degli anni Novanta la popolazione del continente era stimata in circa 680 milioni di abitanti, con una densità media di circa 22 abitanti per km2. Questa stima considera vaste aree praticamente disabitate, quali i deserti del Sahara e del Kalahari, e aree più limitate, quali la valle del Nilo, in cui la densità demografica è molto elevata. Se si calcola la popolazione che vive in aree coltivabili o produttive, la densità media aumenta a circa 139 abitanti per km2. La popolazione del continente è stanziata prevalentemente lungo le coste settentrionali e occidentali, nelle aree comprese nei bacini fluviali del Nilo, del Niger, del Congo e del Senegal, e nell'altopiano dell'Africa orientale. Il paese più popoloso dell'Africa è la Nigeria (93.470.000 abitanti nel 1994).
In Africa il tasso di crescita demografica si aggira intorno al 3% annuo, a fronte di un tasso di circa lo 0,4% in Europa e del 2% in America. Alla diffusione dei servizi sanitari, a partire dalla seconda guerra mondiale si deve il netto decremento del tasso di mortalità, che è di circa il 15%, ma varia considerevolmente da paese a paese. In gran parte dei paesi africani, circa la metà della popolazione ha un'età inferiore ai 15 anni.
La popolazione africana è prevalentemente rurale: solo un quinto degli abitanti vive infatti in città di oltre 20.000 abitanti. L'Africa settentrionale è la regione più urbanizzata, ma esistono singoli paesi con elevati livelli di urbanizzazione, come lo Zambia (50%), mentre grandi metropoli sono situate in ogni parte del continente. Le città africane che hanno una popolazione superiore al milione di abitanti sono Il Cairo, Alessandria e Giza in Egitto; Algeri in Algeria; Casablanca in Marocco; Lagos in Nigeria; Addis Abeba in Etiopia; Abidjan, in Costa d'Avorio; Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo; Johannesburg, Città del Capo e Soweto nella Repubblica Sudafricana.
La crescita urbana è stata particolarmente rapida a partire dagli anni Cinquanta. Si è altresì verificato un consistente flusso migratorio, in particolare di africani provenienti dall'Africa centrale, verso i distretti minerari e industriali di paesi quali lo Zambia, lo Zimbabwe e la Repubblica Sudafricana, e di africani delle regioni settentrionali e occidentali verso l'Europa, in particolare la Francia e l'Italia. In anni recenti, lo scoppio di guerre civili in numerosi paesi africani – in particolare in Angola, Mozambico, Etiopia, Sudan, Liberia e Ruanda – ha causato spostamenti di massa delle popolazioni, simili agli esodi determinati da siccità e carestie. In Africa esiste la maggiore concentrazione mondiale di profughi, comprese le popolazioni che si spostano all'interno dei propri paesi e quelle che ne attraversano la frontiera cercando protezione.
Lingue
In Africa si parlano oltre 1000 lingue. Benché più di 50 idiomi contino almeno 500.000 parlanti, la maggior parte delle lingue africane appartiene a esigue minoranze. A parte l'arabo, le lingue più diffuse sono lo swahili (soprattutto nell'Africa orientale e meridionale) e lo hausa (Africa orientale). Le principali famiglie linguistiche sono la nigero-cordofaniana e la nilo-sahariana, parlate da oltre 160 milioni di persone; la camito-semitica, o afroasiatica, che predomina nell'Africa settentrionale e nordorientale; e la khoisan, parlata dai san e dai koi-koi dell'Africa meridionale. Molti africani, in particolare quelli dell'Africa subsahariana, sono bilingui, in quanto parlano sia la propria lingua sia quella degli europei che colonizzarono il loro paese. Vedi Lingue africane.
Religione
Oggi il cristianesimo è probabilmente la religione più diffusa dell'Africa. Introdotto nelle regioni settentrionali del continente nel I secolo, nel IV secolo si diffuse in Sudan e in Etiopia, fu soppiantato nel VII secolo dall'Islam e si riaffermò soltanto nel XIX secolo grazie alle conquiste europee e all'opera dei missionari. In Etiopia e in Egitto permane l'antichissima Chiesa copta.
L'Islam, professato da circa il 40% della popolazione, fu introdotto dai conquistatori arabi: si diffuse inizialmente nell'Africa settentrionale e, nei secoli successivi, lungo il corso del Nilo, la costa orientale e nell'Africa occidentale. La prima scuola di diritto islamica, quella malikita, predomina in gran parte dell'Africa musulmana, eccetto che in Egitto, nel Corno d'Africa e sulla costa orientale africana.
Circa il 15% delle popolazioni africane praticano esclusivamente religioni locali o indigene, tendenzialmente animistiche, e sia il cristianesimo sia l'Islam hanno assimilato pratiche autoctone. Sono sorti alcuni movimenti religiosi indigeni, nati dalla fusione di credenze e riti ortodossi cristiani con elementi religiosi indigeni. Guidati da singoli profeti, questi gruppi separatisti si sono diffusi in tutta l'Africa, ma la loro presenza appare più estesa e influente nell'Africa meridionale e centrale.
Nell'Africa settentrionale e meridionale vivono inoltre piccole comunità ebraiche; tra queste i falascià, che fino agli anni Ottanta erano insediati in Etopia. Popolazioni di fede induista, buddhista e taoista sono disseminate nell'Africa orientale e meridionale.
Cultura
La cultura tradizionale africana è essenzialmente subordinata al concetto di famiglia e di gruppo etnico. Le arti tradizionali, la musica e la letteratura orale servono a rafforzare i modelli religiosi e sociali esistenti. In passato, l'élite fortemente occidentalizzata, influenzata dalla cultura europea e dal cristianesimo, oppose un rifiuto alla cultura locale; dopo la conquista dell'indipendenza africana negli anni Sessanta, e il verificarsi di una sorta di rinascita culturale, questo atteggiamento è in parte mutato. I governi tendono oggi a sostenere gruppi nazionali di danza e musica, musei e, in minor misura, artisti e scrittori, nonostante le idee, le usanze, la musica e le mode occidentali – attraverso i film, la radio, la televisione e i viaggi – abbiano influenzato la musica locale, i modi di vestire, gli usi alimentari e così via, soprattutto fra i giovani. È tuttavia importante ricordare l'influenza esercitata in Occidente dall'arte e dalla musica africane nel XX secolo: artisti come Pablo Picasso trovarono ispirazione in opere d'arte quali i bronzi del Benin. Oggi l'interesse occidentale nei confronti della musica africana ha portato allo sviluppo della cosiddetta World music.
Modelli di sviluppo economico
La popolazione africana era tradizionalmente dedita all'allevamento, all'agricoltura di sussistenza e, in misura minore, all'artigianato. Gran parte dei mercati erano locali, sebbene numerosi stati avessero per secoli sviluppato sistemi di scambio a lunga distanza, specializzazioni industriali, reti di comunicazione e commercio e complessi organismi governativi che regolavano il flusso mercantile. Fra questi stati si annoveravano i regni africani occidentali e gli imperi del Ghana, di Songhai, di Kanem-Bornu e del grande Zimbabwe nell'Africa meridionale; i traffici mercantili trans-sahariani, che erano iniziati prima dell'epoca romana, continuarono fino al XIX secolo.
In Africa oro, noci di cola, rame, piume di struzzo e sale furono le principali merci d'esportazione per centinaia d'anni prima della colonizzazione europea. L'arrivo degli europei determinò subito un incremento della domanda di schiavi, richiesti in quantità di gran lunga superiori rispetto alle epoche precedenti: ne derivarono distorsioni e scompiglio per la politica e la società africane, oltre che l'esodo di milioni di persone dalle regioni centrali e occidentali del continente. La colonizzazione determinò la domanda estera di nuovi prodotti agricoli e minerari e la migrazione interna di forza lavoro; furono costruiti nuovi e più veloci sistemi di comunicazione, furono introdotte tecnologia e colture europee, non sempre del tutto vantaggiose. Si sviluppò così un'economia di scambio. Le industrie e l'artigianato locale – manufatti tessili e in ferro, ad esempio – spesso non reggevano la concorrenza con le merci europee più economiche e prestigiose. Si svilupparono nuove industrie di trasformazione oltre a porti e a centri amministrativi. Sorsero varie industrie di beni di consumo per soddisfare le più recenti esigenze del mercato. Un tratto distintivo dell'economia africana è la coesistenza di economie di sussistenza e di economie di scambio moderne. La crescita futura dipende dalla disponibilità di capitali d'investimento, dalla domanda mondiale di materie prime locali e dall'equità dei loro prezzi, dalla disponibilità di fonti di energia, dalla dimensione dei mercati locali, da una possibile copertura del debito estero che paralizza tante economie africane e dalla volontà dei paesi industrializzati di abbattere le barriere commerciali per i beni prodotti e lavorati in Africa.
Agricoltura
Nonostante l'espansione del commercio e dell'industria, gli africani rimangono prevalentemente dediti all'agricoltura e alla pastorizia. Nell'Africa settentrionale e nordoccidentale avena, orzo e mais sono le più importanti colture cerealicole. Datteri, olive e agrumi sono frutto delle principali colture arboree; si coltivano anche numerose specie di ortaggi. Capre, asini, pecore, cammelli e cavalli sono i più importanti animali da allevamento. Nella regione del Sahara i pastori nomadi allevano cammelli e capre e i pochi agricoltori stanziati nelle oasi coltivano datteri e cereali. A sud del Sahara, nella regione del Sahel e nelle più fertili aree a nord delle foreste costiere, l'agricoltura itinerante – una pratica secondo la quale piccoli appezzamenti vengono bruciati, ripuliti e coltivati per essere poi abbandonati alla macchia – ha lasciato il posto a un'agricoltura stabile. Mais, sorgo, miglio e riso sono i principali cereali coltivati nei pressi delle foreste pluviali. È importante anche la produzione di igname, manioca, gombo e banane, soprattutto negli altipiani costieri e nelle aree boscose dell'Africa centrale. L'allevamento non può essere praticato nelle zone infestate dalla mosca tsè-tsè che coprono circa un terzo del territorio; per tradizione, il possesso di animali da allevare rimane tuttora indice di un relativo benessere economico e sociale.
L'agricoltura orientata al mercato è diffusa in tutto il continente. Si producono derrate alimentari per i mercati urbani locali mentre chiodi di garofano, caffè, ananas, cotone, cacao, zucchero, tè, mais, caucciù, agave, arachidi, olio di palma e tabacco sono fra i prodotti agricoli da sempre destinati all'esportazione. Negli ultimi 15 anni si è assistito a un significativo sviluppo della coltivazione di nuovi prodotti per i lucrosi mercati occidentali, soprattutto europei: fagiolini, rose e altri fiori, kiwi. Nell'Africa orientale e meridionale estese piantagioni e tenute agricole, spesso di proprietà di società straniere o europee, sono sfruttate per la coltivazione di agrumi, tabacco, tè e altri prodotti destinati all'esportazione.
Silvicoltura e pesca
Benché circa un quarto dell'Africa sia ricoperto da foreste, il legname è sfruttato solo localmente come materia combustibile. Il Gabon è il principale produttore di okumè, un legno usato per la fabbricazione del compensato; la Costa d'Avorio, la Liberia (prima della guerra civile), il Ghana e la Nigeria sono i principali esportatori di legno duro. La pesca è praticata soprattutto nei laghi della Rift Valley; la pesca di mare è diffusa principalmente per il consumo locale e ha notevole rilievo commerciale in Marocco, Mauritania, Namibia, Mozambico e nella Repubblica Sudafricana.
Attività mineraria
L'attività estrattiva rappresenta la voce più importante per il commercio estero africano e le industrie del settore sono fra le più sviluppate del continente. Quasi la metà delle entrate provenienti dal commercio dei minerali è fornita dalla Repubblica Sudafricana, dove si trova la maggior concentrazione di miniere d'oro e diamanti, oltre che di cromo, amianto, carbone e rame. Altri paesi importanti nel settore dell'attività estrattiva sono: Libia (petrolio), Nigeria (petrolio, gas naturale, carbone e stagno), Namibia (diamanti, uranio), Algeria (petrolio, gas naturale, minerali di ferro), Zambia e Repubblica democratica del Congo (rame, cobalto, piombo e zinco), Zimbabwe (oro, amianto, carbone, cromo, minerali di ferro e nickel) e Ghana (oro, bauxite e diamanti). Si estrae petrolio anche lungo le coste africane occidentali, nel bacino del Gabon, nella Repubblica popolare del Congo, nella Repubblica democratica del Congo e in Angola. Ricchi giacimenti di uranio si trovano soprattutto nella Repubblica Sudafricana, nel Niger, nella Repubblica democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e nel Gabon. Nella Repubblica democratica del Congo si trova inoltre la più grande riserva mondiale di radio. Circa il 20% delle riserve mondiali di rame sono concentrate in Zambia, Repubblica democratica del Congo, Sud Africa e Zimbabwe. Repubblica democratica del Congo e Zambia possiedono anche il 90% dei presunti giacimenti di cobalto del pianeta, mentre la Sierra Leone è dotata delle maggiori riserve di titanio. I tre quarti dell'oro mondiale provengono dall'Africa; i principali produttori sono Repubblica Sudafricana, Zimbabwe, Repubblica democratica del Congo e Ghana. In tutte le regioni del continente si trovano minerali ferrosi. Gran parte della ricchezza mineraria dell'Africa è stata ed è tuttora gestita da grandi gruppi multinazionali. Negli anni recenti, i governi africani hanno acquisito quote sempre maggiori di compartecipazione nelle operazioni economiche all'interno dei propri paesi.
Industria
Dalle industrie estrattive (minerali e petrolio) derivano quelle di trasformazione, quali raffinerie e fonderie, dislocate in quasi tutti i paesi ricchi di minerali e dotati di adeguate disponibilità di energia. La Repubblica Sudafricana è il più industrializzato dei paesi africani, anche se tutti sono ormai dotati di infrastrutture industriali più o meno sviluppate; Zimbabwe e Nigeria, e in generale i paesi nordafricani, possono vantare distretti industriali di notevoli dimensioni. L'industria pesante (metallurgica, meccanica e dei materiali per il trasporto) è concentrata nell'Africa meridionale e in Nigeria. Centri industriali significativi si sono sviluppati anche in Kenya, Egitto, Marocco e Algeria. Le industrie minerarie hanno avuto una crescita notevole nella Repubblica democratica del Congo e nello Zambia; Kenya e Costa d'Avorio hanno promosso soprattutto le industrie tessile, leggera e dei materiali da costruzione.
In altri paesi l'attività industriale si limita alla produzione o montaggio di beni di consumo, quali scarpe, biciclette, prodotti tessili, alimentari e bevande. Simili industrie hanno spesso un'attività ridotta a causa della richiesta relativamente modesta del mercato. I tentativi dei paesi africani di sviluppare ulteriormente il settore industriale, basati sulla trasformazione dei prodotti agricoli d'esportazione al fine di incrementarne il valore aggiunto, sono stati considerevolmente ostacolati dal protezionismo dei paesi industrializzati, che impongono pesanti tariffe su tali beni. Un altro problema per gli scambi commerciali è inoltre rappresentato dall'esiguo sviluppo delle vie di comunicazione fra i paesi del continente.
Energia
Nigeria, Libia, Algeria e Angola sono i principali produttori mondiali di petrolio, mentre altri paesi africani, compreso il Gabon, ne sono anche esportatori. Le esportazioni di gas naturale dall'Africa fanno capo all'Algeria. La produzione di carbone è concentrata soprattutto in Zimbabwe e nella Repubblica Sudafricana, benché numerosi altri paesi posseggano cospicue riserve (ad esempio, il Botswana), non ancora sfruttate a causa della mancanza di mercati. Quasi tutto il carbone estratto in Africa è destinato al consumo interno. Il paese importa perlopiù combustibili, petrolio e derivati. Gli aumenti del prezzo del petrolio negli anni Settanta ebbero ripercussioni negative per molti paesi africani, poiché acuirono gravi problemi relativi alla bilancia dei pagamenti e al debito estero. L'elevato potenziale di produzione di energia idroelettrica del continente è sfruttato solo in parte a causa degli alti costi di costruzione, dell'inaccessibilità dei siti e della loro distanza dai mercati. Dopo gli anni Cinquanta sono state tuttavia costruite la grande diga di Aswân sul fiume Nilo, la diga sul fiume Volta e le dighe di Kariba e Cabora Bassa sullo Zambesi; anche il grandioso Piano delle Acque in via di realizzazione in Lesotho prevede lo sfruttamento di energia idroelettrica.
Trasporti
Lo sviluppo economico di quasi tutte le nazioni africane è stato ostacolato dagli inadeguati sistemi di trasporto. Gran parte dei paesi si affida a reti stradali spesso costituite da percorsi accidentati che diventano intransitabili durante la stagione delle piogge. Le reti stradali e ferroviarie costruite durante il periodo coloniale tendevano a collegare le zone interne ai centri lungo la costa. Dopo la decolonizzazione sono stati realizzati nuovi collegamenti stradali, ferroviari e aerei. I sistemi di trasporto ferroviario e marittimo sono maggiormente sviluppati nell'Africa meridionale.
Commercio
Le economie di gran parte dei paesi africani sono affidate all'esportazione di uno o di alcuni prodotti. Il flusso commerciale riguarda perlopiù i paesi industrializzati interessati all'acquisto di materie prime e alla vendita di beni industriali e di consumo. Il commercio fra gli stati africani è limitato dalla natura concorrenziale più che complementare dei loro prodotti e in misura decrescente dalle barriere commerciali (tariffe doganali e di cambio). Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalle valute, che hanno corso legale solamente all'interno di ciascun paese: ciò costringe a regolare gran parte degli scambi in dollari USA o in sterline UK.
Quasi tutte le ex colonie britanniche in Africa continuano a godere di relazioni di libero scambio con la Gran Bretagna e a conservare le proprie riserve monetarie a Londra. Le ex colonie francesi hanno perlopiù mantenuto stretti legami con la Francia e appartengono per la maggior parte all'area del franco. Inoltre, quasi tutti gli stati africani intrattengono rapporti economici con l'Unione Europea in virtù della Convenzione di Lomé, e beneficiano di riduzioni delle tariffe doganali. Pochi organismi economici interafricani si sono formati e hanno avuto successo. I più duraturi sono la Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale e la Comunità economica degli stati centroafricani; quelli di maggior successo sono la Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale e l'Area di scambio preferenziale degli stati dell'Africa orientale e meridionale. L'Organizzazione per l'unità africana (OUA) promuove inoltre il commercio e lo sviluppo economico fra i paesi del continente.
Storia
Si ritiene comunemente che l'Africa sia stata la culla della razza umana come testimoniano le scoperte archeologiche e, in anni più recenti, alcune indagini genetiche. Circa 5 milioni di anni or sono nell'Africa meridionale e orientale viveva un tipo di ominide, parente stretto, sotto il profilo evolutivo, degli uomini odierni. Oltre 1,5 milioni di anni fa questo ominide, che era in grado di fabbricare utensili, si sviluppò nelle forme più avanzate di Homo habilis e Homo erectus. Il primo essere umano autentico, l'Homo sapiens, apparve in Africa oltre 200.000 anni or sono.
Cacciatore-raccoglitore, capace di fabbricare utensili grezzi in pietra, si associò ai suoi simili in gruppi nomadi; in seguito questi popoli nomadi, che parlavano la lingua khoisan, si disseminarono in tutto il continente africano. La differenziazione razziale risale all'incirca al 10.000 a.C. A poco a poco una popolazione sempre più numerosa di lingua bantù, che padroneggiava tecniche agricole e di domesticazione, sospinse i gruppi di lingua khoisan in aree meno ospitali. Oggi essi vivono soprattutto nel deserto del Kalahari. Nel I secolo d.C. i bantù cominciarono un ampio progresso immigratorio e popolarono gran parte dell'Africa centrale e meridionale. Le società negroidi dipendevano per la propria sussistenza dall'agricoltura o, nelle savane, dalla pastorizia. L'organizzazione politica era di solito locale, anche se in seguito si sarebbero sviluppati grandi regni in quasi tutto il continente, soprattutto nell'Africa occidentale, centrale e meridionale.
La prima grande civiltà in Africa ebbe inizio nella valle del Nilo intorno al 5000 a.C. Essendo basati sull'agricoltura, questi insediamenti trassero beneficio dalle inondazioni del Nilo per l'irrigazione e la formazione di nuovi suoli. La necessità di controllare le piene del Nilo portò gradualmente alla costituzione di un complesso organismo statale, sorretto da elaborati sistemi politici e religiosi (Vedi Egitto: storia). Il regno d'Egitto influenzò l'area mediterranea e, in minore misura, le società africane per migliaia di anni. In base ad alcune teorie la metallurgia sarebbe sorta a sud dell'Egitto intorno all'800 a.C. per poi diffondersi nell'Africa tropicale; altre teorie ipotizzano uno sviluppo indipendente della cultura dell'età del Ferro. Si diffusero inoltre i concetti di autorità regale e di organizzazione dello stato, in particolare nelle regioni limitrofe dei cusciti. Lo stato cuscitico orientale di Meroë fu soppiantato nel IV secolo d.C. dal regno di Aksum, la futura Etiopia.
Nel periodo compreso tra la fine del III secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C., Roma aveva conquistato l'Egitto, Cartagine e altre regioni dell'Africa settentrionale; queste aree divennero i granai dell'Impero romano. Nel IV secolo l'impero si divise in due parti: i territori a ovest della Libia restarono inclusi nell'impero d'Occidente, retto da Roma, mentre quelli a est, compreso l'Egitto, andarono a far parte dell'impero bizantino, retto da Bisanzio. All'epoca la maggioranza della popolazione si era convertita al cristianesimo. Nel V secolo la tribù germanica dei vandali conquistò quasi tutta l'Africa settentrionale. Dominò questi territori fino al VI secolo, allorché fu sconfitta dalle forze bizantine e l'intera regione fu annessa da Bisanzio.
L'epoca degli imperi e delle città-stato
Gli eserciti islamici invasero l'Africa nel primo decennio successivo alla morte di Maometto, avvenuta nel 632, e rapidamente schiacciarono la resistenza bizantina in Egitto.
Africa settentrionale
Dalle loro basi egiziane gli arabi invasero gli stati berberi a occidente e nell'VIII secolo conquistarono il Marocco. Mentre i berberi della costa cominciarono a convertirsi all'Islam, molti altri si ritirarono nelle montagne dell'Atlante o, più oltre, nel Sahara. Le minoranze arabe istituirono ordinamenti autocratici in Algeria e in Marocco. Gli stati cristiani di Alwa e Makuria, nel territorio della moderna Repubblica del Sudan, caddero in mano araba, mentre solo il regno cristiano di Nobatia fu abbastanza forte da resistere agli invasori e impose la conclusione di un trattato che gli assicurò l'indipendenza per 600 anni. Lungo la costa i conquistatori arabi restarono una piccola minoranza dominante per diversi secoli.
Gli scambi commerciali attraverso il Sahara, fiorenti ormai da millenni, ricevettero nuovo impulso nel corso dell'VIII secolo. I capi delle carovane e i maestri di religione diffusero nuovi valori politici, religiosi e sociali presso i popoli che incontravano lungo la via. Ancor prima, invasori musulmani provenienti dallo Yemen spinsero i popoli della costa di Aksum verso le regioni interne e fondarono una serie di città-stato quali Adal e Haràr: il mar Rosso divenne così dominio dei mercanti musulmani.
Sulla costa dell'Africa settentrionale emersero numerose dinastie rivali. Nell'VIII secolo i musulmani nordafricani conquistarono gran parte della penisola iberica e intrapresero le loro scorrerie e spedizioni di conquista contro l'Europa cristiana per molti secoli. All'epoca delle crociate pochi stati islamici molto progrediti dominavano il Mediterraneo meridionale e orientale. Nel secolo XIV il Sudan cristiano fu sconfitto dagli eserciti dei Mamelucchi di Egitto. Gli Ottomani conquistarono l'Egitto nel 1517 e in mezzo secolo riuscirono a dominare formalmente la costa nordafricana. Il potere reale rimase tuttavia nelle mani dei Mamelucchi che governarono il paese fino al 1798, anno in cui furono sconfitti da Napoleone I. Gli etiopi furono sopraffatti dalle forze del sultanato di Adal, ma sconfissero (1542) i musulmani con l'aiuto del Portogallo.
Regni dell'Africa occidentale
Numerosi regni sorsero nell'Africa occidentale e, precisamente, nella regione del Sahel; la loro economia si basava sul controllo delle vie commerciali trans-sahariane. Oro e schiavi, provenienti dalle regioni più a sud, venivano ceduti in cambio di conchiglie (usate come valuta), sale e armi che giungevano da settentrione; le regioni a nord erano inoltre interessate a beni di lusso quali noci di cola, prodotti tessili e in cuoio venduti in cambio di stoffe colorate e collane.
Ghana
Il primo di questi stati, il regno del Ghana, era sorto intorno al V secolo d.C. nel territorio dell'attuale Mauritania. (La sua capitale, Kumbi Saleh, è stata riportata alla luce in epoca moderna). Nell'XI secolo il Ghana, che disponeva di un esercito dotato di armi in ferro, s'impadronì delle vie commerciali che si estendevano dall'attuale Marocco, a nord, fino alle foreste litoranee e alle zone aurifere dell'Africa occidentale, a sud. I nomadi berberi della Confederazione Sanhaja (la parte centrale della Mauritania odierna) rappresentavano il legame principale fra il Ghana e le regioni a nord. Dopo la conquista delle coste nordoccidentali africane, gli arabi iniziarono a sfruttare queste vie commerciali. All'inizio dell'XI secolo presso la corte del Ghana si trovavano consiglieri musulmani e numerosi mercanti di fede islamica che vivevano in vasti quartieri per stranieri da cui conducevano fiorenti commerci. Alla fine dell'XI secolo il Ghana fu distrutto dagli almoravidi, un movimento di seguaci di Maometto sorto presso i berberi sanhaja, che proclamò una jihad (guerra santa) e assunse il controllo delle vie carovaniere del Sahara. Il movimento poi si divise: un gruppo si spinse a nord alla conquista del Marocco e della Spagna, un altro si diresse a sud per razziare (intorno al 1076) la capitale del Ghana. Durante il secolo successivo il popolo soso del Fouta Djalon, già vassallo del Ghana, prese il sopravvento nell'area ma cadde a sua volta sotto il dominio del popolo del Mali intorno al 1240.
Mali e Songhai
Situato intorno ai tratti superiori dei fiumi Senegal e Niger, l'Impero del Mali si sviluppò all'inizio dell'XI secolo da un gruppo di tribù mande. Alla metà del secolo XIII, lo stato conobbe un periodo di espansione sotto la guida del sovrano Sundjata Keita e sembra che, nel periodo immediatamente successivo, i monarchi del Mali si siano convertiti all'Islam. L'Impero del Mali raggiunse l'apogeo sotto Mansa (re) Musa, che compì un pellegrinaggio alla Mecca nel 1324-25, strinse relazioni diplomatiche con Tunisi e con l'Egitto e fece arrivare nell'impero numerosi studiosi e artigiani; dall'epoca di Mansa Musa in avanti, il Mali comparve nelle carte dell'Europa. Dopo il 1400 l'impero cadde in declino e, nel ruolo di stato guida, emerse il Songhai, nel Sudan occidentale (zona del Sahel). Il periodo di maggiore espansione di questo stato coincise con il regno di Sunni Ali e Askia Muhammad; durante il regno di quest'ultimo l'Islam conobbe una grande fioritura a corte e Timbuctu divenne uno dei principali centri della cultura islamica, famoso per la sua università e il commercio di libri. Attratti dalla ricchezza del regno, gli eserciti di al-Mansur del Marocco annientarono Gao, la capitale del Songhai, nel 1591. In seguito al crollo del Songhai, numerosi piccoli regni – Macina, Gonja, Ségou, Kaarta – si adoperarono per dominare sul Sudan occidentale, ma ne conseguirono solamente conflitti permanenti e declino economico.
Gli stati hausa e Kanem-Bornu
A est del Songhai, tra il fiume Niger e il lago Ciad, sorsero e si svilupparono le città-stato degli hausa e il regno di Kanem-Bornu. Gli stati hausa (Biram, Daura, Katsina, Zaria, Kano, Rano e Gobir) ebbero origine prima del X secolo; dopo la caduta del Songhai, il commercio trans-sahariano si indirizzò verso oriente, dove finì sotto il controllo di Katsina e Kano. Queste città divennero centri di floridi commerci e prospera vita urbana. Sembra che l'Islam sia penetrato negli stati hausa dal regno di Kanem-Bornu nel secolo XIV.
Il regno di Kanem-Bornu esisteva già nell'VIII secolo quale stato dalla struttura incerta, a nord e a est del lago Ciad. Inizialmente fu dominio di una popolazione nomade, gli Zaghawa, sopraffatta in seguito dalla dinastia dei Saifawa, che regnò dall'800 circa al 1846. I nuovi sovrani si convertirono all'Islam nel secolo XI. Alla fine del XIV secolo essi si trasferirono nella regione di Bornu, e il vecchio territorio del Kanem cadde sotto i bulala provenienti da sud. Il più noto sovrano del Bornu fu Mai Idris Alooma (1580-1617), che introdusse le armi da fuoco acquistate dagli Ottomani. Nel suo apogeo, il Kanem-Bornu dominava un'area compresa tra le vie commerciali sahariane d'Oriente e l'Egitto; alla metà del secolo XVII ebbe tuttavia inizio il suo lento declino.
Diffusione dell'Islam
Durante l'epoca dei grandi imperi sudanesi, la vita di contadini, pastori e pescatori rimase virtualmente immutata. I beni importati o di lusso erano privilegio delle classi dominanti; i contadini vivevano in economie di sussistenza, soggetti a periodiche tassazioni e a occasionali incursioni per il reclutamento di schiavi. L'Islam era diffuso nei grandi centri urbani ed era la religione di alcuni dominatori e dei residenti stranieri. Ma dalla fine del XV secolo ebbe inizio la predicazione dei nomadi arabi kunta e, alla metà del secolo XVI, la confraternita della Qadiriyya, cui essi appartenevano, cominciò a diffondere l'Islam in tutto il Sudan occidentale. All'incirca nello stesso periodo i fulani, un popolo di pastori nomadi, migravano lentamente verso oriente dalla regione senegalese del Futa Toro, conquistando numerosi fedeli all'Islam, che in questo periodo divenne una religione personale più che una religione di stato. Sembra che l'Islam avesse subito un certo declino presso le classi dominanti tanto che dinastie non islamiche regnarono in alcune vecchie roccaforti musulmane fino al secolo XVIII. Allora presero avvio movimenti di riforma e revivalisti fra i fulani, i mandingo, i soso e i tukolor.
Rovesciate le antiche dinastie, sorsero stati teocratici che diffusero l'Islam in nuove regioni. Negli stati hausa, Shehu Usuman dan Fodio, un maestro musulmano, guidò una rivolta contro i fulani i quali, fra il 1804 e il 1810, scacciarono i sovrani hausa e diedero origine a nuove dinastie. Ma un tentativo di incursione nel Bornu incontrò la resistenza, coronata da successo, del capo religioso al-Kanemi. Il nuovo Impero fulani fu inizialmente diviso tra il fratello dello shehu, Abdullahi, e il figlio, Muhammad Bello, ma dopo il 1817 Muhammad e i suoi successori furono gli unici dominatori.
Un altro stato teocratico si formò in Macina nel 1818 a opera di Seku Ahmadu, un musulmano fulani. Durante il suo regno fu creato un impero che abbracciava l'intera regione del fiume Niger, da Jenne a Timbuctu. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1844, gli successe il figlio, ma nel 1862 lo stato cadde nelle mani di un altro riformatore islamico, al-Hajj Umar, che creò il vasto Impero tukolor nella regione del Senegambia prima di morire nel 1864.
Regni dell'Africa orientale
Le prime testimonianze storiche dell'Africa orientale compaiono nel Periplo del Mare Eritreo (ca. 100 d.C.), che descrive la vita economica della regione e i suoi legami con il mondo al di là dell'Africa. Durante il primo millennio d.C. immigranti indonesiani raggiunsero il Madagascar recando nuovi alimenti, in particolare le banane, che presto si diffusero in tutto il continente. I popoli di lingua bantù si insediarono nelle prime zone dell'interno organizzandosi in clan e assimilando i popoli khoisan, mentre i nilotici occupavano le cosiddette aree interlacuali più interne. I mercanti arabi controllavano la costa e fondavano città-mercato; i principali prodotti d'esportazione erano l'oro, l'avorio e gli schiavi. Intorno al secolo XIII erano state fondate alcune importanti città-stato. Fra questi stati zenj si annoveravano Mogadiscio, Malindi, Lamu, Mombasa, Kilwa, Pate e Sofala. Attraverso la mutua assimilazione dei gruppi di lingua araba e bantù si sviluppò una cultura urbana swahili. Le classi dominanti erano di lignaggio arabo-africano; il popolo comune era di etnia bantù, perlopiù ridotto in schiavitù. Queste città-stato mercantili erano orientate verso il mare e il loro influsso politico sui popoli dell'interno fu praticamente inesistente fino al XIX secolo.
Gli stati complessi e progrediti della regione dei laghi conobbero i primi sviluppi nel secolo XIV, ma ben poco si conosce della loro storia più antica. Secondo alcuni, i popoli cusciti scesero dagli altipiani etiopici per dominare gli indigeni bantù. Si ritiene che cusciti siano gli antenati dei popoli tutsi degli odierni stati di Tanzania, Ruanda e Burundi. Situati fra i laghi Vittoria e Edoardo, i primi regni, governati dai bachwezi, fiorirono prima del 1500, allorché furono sopraffatti da una prima ondata di popoli luo provenienti dal territorio dell'attuale Repubblica del Sudan. I nuovi venuti adottarono le locali lingue bantù nel paese dei bunyoro, ma nelle terre degli acholi, degli alur e dei lango (tutte nell'attuale Uganda) conservarono i propri idiomi. In seguito vennero fondati nuovi stati, fra i quali Bunyoro, Ankole, Buganda e Karagwe. Di questi stati il Bunyoro fu il più potente fino alla seconda metà del secolo XVIII. Il Buganda cominciò in seguito a espandersi e i suoi eserciti attaccarono vaste regioni. Fu allora istituita una complessa burocrazia centralizzata, in base alla quale gran parte dei capi dei distretti e delle organizzazioni territoriali erano nominati dal re o kabaka.
Più a sud, nel Ruanda e nel Burundi, un'aristocrazia di allevatori di bestiame fondata dai bachwezi (chiamati anche tutsi bututsi, o bahima) dominò sugli insediamenti di popoli bantù dal XVI secolo in poi.
Regni dell'Africa centrale
A partire dal IX secolo nella savana congolese, a sud delle foreste pluviali tropicali, popoli di lingua bantù fondarono comunità di agricoltori. In alcune località si svilupparono scambi commerciali a lunga distanza, soprattutto di rame e avorio, con le coste orientali. Nel corso del XIV secolo fu fondato il regno del Kongo, che dominava una regione dell'attuale Angola compresa tra i fiumi Congo e Loge e tra il fiume Cuango (Kwango) e l'Atlantico. Qui si sviluppò un complesso sistema politico che faceva capo a numerosi governatori provinciali e, in ultima istanza, a un sovrano scelto fra i discendenti del re fondatore Wene.
Nella zona fra il corso superiore del Kasai e il lago Tanganica furono organizzati, intorno al 1500, piccoli territori sovrani che formarono l'impero Luba guidato inizialmente da Kongolo. Il sovrano diede vita al suo impero sottomettendo dapprima piccoli villaggi che utilizzò poi come basi per più ampie conquiste. La mancanza di adeguati meccanismi di centralizzazione causò tuttavia ripetute lotte dinastiche e scissioni fra gli stati. Intorno al 1600 un giovane erede della dinastia abbandonò il regno e fondò l'impero Lunda che ebbe brevissima vita. I membri della casa reale partirono così alla conquitsa di nuovi territori e fondarono i regni di Bemba, Kasanje e Kazembe. Quest'ultimo, il più esteso e potente degli stati Luba-Lunda, fra il 1750 e il 1850 dominò il Katanga meridionale e parti dell'altopiano dello Zimbabwe.
Gli immigranti bantù, i cosiddetti karanga, furono gli antenati dell'attuale popolo shona. Gli shona costituirono vari regni a partire dall'XI secolo, in particolare quello dello Zimbabwe, che aveva per capitale la città e il quartiere reale del Grande Zimbabwe, di cui ancora restano le massicce mura di pietra. Essi fondarono inoltre l'impero Mutapa, che si arricchì con l'estrazione dell'oro. Al suo apogeo, nel secolo XVI, l'influenza del regno si estendeva dal fiume Zambesi al Kalahari, all'oceano Indiano e al fiume Limpopo.
Regni dell'Africa meridionale
Prima del secolo XIX alcuni popoli di lingua bantù avevano allontanato o assimilato i loro predecessori di lingua khoisan e costituito numerosi stati sedentari nell'Africa meridionale. All'inizio del XIX secolo le pressioni della popolazione e la fame di terra portarono a una serie di guerre (le mfecane) e a migrazioni su larga scala in tutta l'Africa meridionale e centrale. Le mfecane ebbero inizio intorno al 1816, quando il re zulu Chaka sviluppò nuove tecniche militari e si impegnò in guerre di conquista contro i popoli vicini. Le tribù sconfitte migrarono dalle regioni sudorientali dell'Africa meridionale e, avendo appreso nuove tecniche di battaglia dagli zulu, annientarono popoli che vivevano in regioni più remote e che, a loro volta, furono costretti a cercare nuove terre. Gli ndwandwe, guidati da Sobhuza, si spinsero a nord dove, intorno al 1820, fondarono il regno Swazi. Anche gli ngoni si spinsero a nord, attraversando il Mozambico e oltrepassando il lago Malawi; nel 1848 costituirono cinque regni che compirono ripetute incursioni fra il lago Vittoria e lo Zambesi. Un altro gruppo, guidato da Soshangane, migrò nel Mozambico meridionale dove fondò lo stato di Gaza nel 1830 circa. I kololo migrarono verso nord nel Barotseland e iniziarono a lottare per il predominio contro il popolo locale dei lozi. Gli ndebele si spinsero a occidente (1824-1834) e a nord (1837) nella regione dell'odierno Zimbabwe, fondando un regno nel Matabeleland.
Gli albori dell'imperialismo europeo
I primi interessi permanenti dell'Europa in Africa si concretizzarono nell'azione di Enrico il Navigatore, principe del Portogallo. Furono numerose le spedizioni organizzate dopo il 1434, e ciascuna ampliò la conoscenza, da parte degli europei, della costa africana in direzione sud fino a quando, nel 1497-98, Vasco da Gama doppiò il capo di Buona Speranza e raggiunse l'India.
Le esplorazioni dei portoghesi obbedivano a diversi impulsi: sete di conoscenza, desiderio di conquista, evangelizzazione, ricerca di potenziali alleati contro la minaccia islamica e speranza di scoprire nuove e lucrose rotte commerciali verso oriente. Dove sbarcarono i portoghesi e, dopo di loro, gli inglesi, i francesi e gli olandesi, là furono distrutti i modelli correnti di scambio e di vita politica e vennero sconvolti i sistemi economici e religiosi.
Rotte commerciali
I portoghesi fondarono numerosi insediamenti commerciali lungo la costa africana occidentale: il principale fu El Mina, sorto sulla Costa d'Oro nel 1482. Di fatto gli europei ritenevano che soltanto questa zona e le regioni di Kongo e di Luanda fossero favorevoli ai commerci. Oro, avorio, derrate alimentari e schiavi africani venivano scambiati con ferro, armi da fuoco, tessuti e derrate alimentari. I portoghesi attirarono i mercanti di altri paesi europei, i quali, nel XVI secolo, crearono nuove postazioni commerciali o cercarono di monopolizzare i traffici esistenti.
Nell'Africa occidentale i nuovi sviluppi del commercio ebbero considerevoli ripercussioni. In un primo tempo, le rotte commerciali erano dirette a nord, attraverso il Sahara, soprattutto verso il mondo musulmano; poi il flusso mercantile cominciò a dirigersi verso la costa e, quando gli stati della savana decaddero sotto il profilo economico, gli stati situati sul mare accrebbero le loro ricchezze e il loro potere. In breve tempo entrarono tra loro in conflitto per il controllo delle rotte commerciali e per l'acquisizione delle nuove armi da fuoco introdotte dagli europei.
La tratta degli schiavi
Con l'inizio del commercio degli schiavi verso le Americhe i conflitti per il controllo dei traffici mercantili con l'Africa si acuirono. Durante i quattro secoli in cui si praticò la tratta degli schiavi, milioni e milioni di africani furono vittime di questo traffico di vite umane. Timorosi di essere contagiati dalle numerose malattie dell'Africa, gli europei sfruttarono gli africani come intermediari nel commercio degli schiavi che venivano scambiati contro vari beni di consumo offerti dagli schiavisti insediati sulle coste. Il primo regno importante che trasse profitto dalla tratta degli schiavi fu il Benin, situato nella moderna Nigeria occidentale e fondato nel XV secolo. Dalla fine del secolo XVII esso fu soppiantato dai regni del Dahomey e dell'Oyo.
Alla metà del XVIII secolo gli ashanti assursero a principale potenza africana. Durante il regno di Asantehene (re) Osei Kojo (1764-1777), gli eserciti ashanti si spinsero verso le stazioni commerciali europee situate lungo la Costa d'Oro. Essi non riuscirono a sgominare gli intermediari, ma si assicurarono regolari rifornimenti di armi da fuoco che utilizzarono per espandersi a nord e combattere contro il Dahomey per il dominio delle frontiere orientali. Più a est il regno yoruba di Oyo tramontò alla fine del XVIII secolo, con lo scoppio della guerra civile e l'intervento delle forze fulani dal nord che incrementarono il numero di schiavi disponibili sul mercato. Intorno al 1835 la capitale imperiale, la Vecchia Oyo, venne abbandonata e nella battaglia di Oshogbo (1840 ca.) i fulani furono respinti. Le guerre civili durarono fino al 1893, quando il regno yoruba si disgregò in numerosi stati rivali.
Al volgere del secolo XVIII la Gran Bretagna iniziò ad assumere un atteggiamento contrario alla tratta degli schiavi. Dopo la risoluzione di Mansfield del 1772, la Gran Bretagna decise di fondare in Africa occidentale una colonia destinata agli ex-schiavi. Il primo tentativo (1787-1790) a St George's Bay (l'attuale Sierra Leone) fallì; un secondo tentativo fu compiuto dagli abolizionisti che, nel 1792, fondarono Freetown. Dopo aver proibito la tratta degli schiavi nel 1807, i britannici fecero di Freetown un'utile base per condurre operazioni navali contro tale commercio; nel 1808 la Sierra Leone divenne una colonia della Corona. L'esempio della Sierra Leone attrasse gli americani interessati all'emancipazione dei neri e all'inizio del 1822 l'American Colonization Society fondò una colonia, la Liberia, nel vicino Capo Mesurado.
Espansione britannica
Il desiderio britannico di sopprimere il commercio degli schiavi (per ragioni sia umanitarie sia economiche: gli schiavi fornivano alla concorrenza manodopera a basso costo) trovò espressione nei tentativi di riorientare il commercio africano verso altre esportazioni, per esempio l'olio di palma, nel rafforzamento dell'attività missionaria e nell'imposizione della legge della Gran Bretagna su territori precedentemente posseduti da mercanti britannici. Tali sviluppi coinvolsero spesso il Regno Unito in conflitti con gli stati africani e lo indussero a dichiarare la propria sovranità su crescenti porzioni di territorio africano. Nel 1821 il governo britannico assunse il controllo di una serie di fortificazioni lungo la Costa d'Oro. Due anni dopo, scoppiò la prima di una serie di guerre fra britannici e ashanti, che durò fino al 1826; questi conflitti si sarebbero protratti a lungo: i britannici riuscirono a sottomettere stabilmente gli ashanti solo nel 1900. Nel delta del Niger, in Nigeria, l'abolizione della schiavitù determinò lo sviluppo del commercio dell'olio di palma e la necessità di fondare un porto; i britannici erano inoltre ansiosi di allontanare i mercanti di schiavi dagli stati del delta (Calabar, Bonny e Brass). Nel 1852, di conseguenza, essi costrinsero il sovrano di Lagos ad accettare la protezione britannica e nel 1861 Lagos fu annessa dal Regno Unito quale colonia della Corona.
Africa centrale e orientale
Nell'Africa centrale e orientale l'influenza europea ebbe conseguenze diverse. Giunti sulla costa congolese e angolana verso la fine del XV secolo, i portoghesi si allearono subito con i sovrani del Congo che si convertirono al cristianesimo e cercarono di creare uno stato occidentalizzato. Il loro proposito fallì a causa delle guerre fratricide e dell'introduzione, da parte dei portoghesi, della tratta degli schiavi. Ben presto la regione fu teatro di aspri conflitti e, nel corso del secolo XVI, il regno crollò. Più a sud i portoghesi fondarono Luanda, nel 1575, e la utilizzarono come base per penetrare nell'interno dell'Angola: da qui proveniva circa la metà degli schiavi inviati nelle Americhe. Approdati sulla costa africana orientale, i portoghesi cercarono di ostacolare il flusso commerciale verso il mondo musulmano, con il risultato che molte città-stato vennero distrutte, altre furono occupate e l'intera regione si trovò ad affrontare una profonda crisi economica.
Dopo l'allontanamento dei portoghesi da Mombasa nel 1698, la costa tornò al governo locale, ma durante il XVIII secolo i sovrani dell'Oman instaurarono un dominio, quanto meno sul piano formale. All'inizio del XIX secolo il sultano Sayyid Said, sovrano dell'Oman, trasferì la capitale a Zanzibar, sfruttata in seguito per rafforzare il controllo sulla costa, penetrare all'interno e commerciare con gli stati della regione dei laghi. I tentativi britannici di controllare il commercio degli schiavi in Africa orientale, di minor rilievo rispetto alla tratta gestita dagli europei in Africa occidentale, culminarono in un trattato, siglato nel 1822, che proibiva la vendita di schiavi a sudditi di paesi cristiani. Il trattato non pose tuttavia fine al turpe commercio: moltissimi africani furono catturati e destinati alle piantagioni di chiodi di garofano a Zanzibar e ai mercati degli schiavi per il Medio Oriente.
In Etiopia l'arrivo dei portoghesi aveva ostacolato la conquista musulmana. Nel 1542 una truppa etiope-portoghese annientò un esercito islamico, e gli etiopi riconquistarono gran parte del proprio territorio perduto. Ma nel 1632, dopo una disputa dottrinale fra sacerdoti copti e gesuiti lusitani, i portoghesi furono allontanati. L'Etiopia entrò in un periodo di isolamento e, nel secolo XVIII, la sua monarchia rischiò la rovina. Dal 1769 al 1855 l'Etiopia visse la cosiddetta "epoca dei principi", durante la quale gli imperatori divennero sovrani fantoccio controllati da potenti nobili di provincia. Il periodo volse al termine con l'incoronazione dell'imperatore Teodoro II, che ascese al trono sconfiggendo i suoi rivali.
Africa meridionale
I portoghesi ignorarono in larga misura l'Africa meridionale ma i loro rivali, gli olandesi, a partire dal 1652 valorizzarono la zona quale scalo sulla via delle Indie. Per un breve periodo i coloni furono incoraggiati a insediarsi intorno a Città del Capo; si svilupparono così una nuova cultura e un nuovo popolo, i boeri o afrikaner. Nonostante l'opposizione del governo di Londra, i boeri iniziarono a penetrare nell'interno per cercare terre migliori e, dopo il 1815, per sfuggire al controllo britannico. Durante queste incursioni si imbatterono negli zulu e in altri popoli bantù con i quali entrarono in conflitto per il possesso dei territori. Nel corso delle loro migrazioni i boeri furono tra i primi bianchi a esplorare le regioni interne dell'Africa.
Alla fine del XVIII secolo l'interesse per la scienza e la ricerca di nuovi mercati diedero impulso a un'epoca di esplorazioni. L'esploratore britannico James Bruce giunse alla sorgente del Nilo nel 1770, mentre il suo conterraneo Mungo Park esplorava (1795 e 1805) il corso del fiume Niger. L'esploratore tedesco Heinrich Barth si avventurava nella parte occidentale del Sahel sudanese, mentre il missionario scozzese David Livingstone esplorava il fiume Zambesi e nel 1855 attribuiva il nome di Vittoria alle cascate che la popolazione locale chiamava Musi-Ua-Tonya ("il fumo che tuona"). Seguivano gli esploratori (e talvolta li precedevano) i missionari cristiani e, al loro seguito, i mercanti europei.
La politica europea
All'ampliamento degli interessi privati europei in Africa corrispose il maggiore coinvolgimento dei loro governi. I francesi cominciarono la conquista dell'Algeria e del Senegal nei primi decenni del secolo XIX, ma l'occupazione sistematica dell'Africa tropicale avvenne soltanto nella seconda metà del secolo. Dal 1880 al 1905, in seguito al Congresso di Berlino, gran parte dell'Africa fu suddivisa fra Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Portogallo. Nel 1876 il re Leopoldo II del Belgio istituì l'Associazione Internazionale del Congo, una società privata per l'esplorazione e la colonizzazione della regione diretta da Henry Morton Stanley. Dal 1884 la forte rivalità fra le potenze europee in cerca di ulteriori acquisizioni territoriali e i limiti mal definiti delle loro diverse società costituivano una minaccia per le relazioni internazionali. Per risolvere questi problemi fu convocato il Congresso di Berlino al quale parteciparono delegati delle nazioni europee e degli Stati Uniti.
Durante il congresso (1884-85) le potenze europee definirono la loro sfera di influenza e stabilirono le norme per la futura occupazione delle coste africane e per la navigazione dei fiumi Congo e Niger. Fu stabilita inoltre la norma in base alla quale, quando una potenza acquisiva nuovi territori in Africa o assumeva il protettorato di una regione del continente, avrebbe dovuto darne notizia alle altre potenze firmatarie. Durante i successivi 15 anni le nazioni europee sottoscrissero numerosi trattati con i quali si dava attuazione e si modificavano le disposizioni della conferenza. Due furono sottoscritti dalla Gran Bretagna nel 1890: il primo, con la Germania, delimitava le sfere di influenza delle due potenze in Africa; il secondo, con la Francia, riconosceva gli interessi britannici nella regione fra il lago Ciad e il fiume Niger e legittimava l'influenza francese nel Sahara. Altri accordi, in particolare quelli fra Gran Bretagna e Italia del 1891, tra Francia e Germania del 1894 e fra Gran Bretagna e Francia del 1899, definirono ulteriormente i limiti delle varie società europee operanti in Africa.
La resistenza africana
Nessuno stato africano era stato invitato al Congresso di Berlino, e nessuno di essi fu tra i firmatari degli accordi che ne scaturirono. Quando era possibile, le decisioni prese in Europa venivano contrastate al momento della loro applicazione sul suolo africano. I francesi affrontarono una rivolta in Algeria (1870) e incontrarono forti resistenze (1881-1905) ai loro tentativi di controllare il Sahara. Nel Sudan occidentale il sovrano mandinka Samory Touré e Ahmadu, il figlio e successore di al-Hajj Umar dello stato di Tukolor, cercarono di conservare l'indipendenza, ma entrambi furono sconfitti dai francesi: Ahmadu nel 1893 e Samory cinque anni dopo. Il Dahomey venne occupato dalle forze francesi nel 1892; la regione wadai fu l'ultima a cadere nelle mani della Francia nel 1900.
Gli amministratori britannici incontrarono un'analoga resistenza da parte di boeri e zulu in Africa meridionale, negli anni 1880-81 e 1899-1902. I coloni britannici e boeri conquistarono il Matabeleland nel 1893 e, tre anni dopo, sia i matabele (ndebele) sia i loro subordinati, gli shona, si ribellarono. A più riprese, nel 1893-94, nel 1895-96 e nel 1900, scoppiarono rivolte nella regione degli ashanti e in Sierra Leone, (1897). Anche la conquista britannica degli stati fulani-hausa incontrò una certa resistenza (1901-1903). Il Sokoto insorse nel 1906. I tedeschi affrontarono l'insurrezione degli herero nell'Africa sudoccidentale (1904-1908) e la rivolta dei maji maji in Tanganica (1905-1907). Soltanto gli etiopi guidati dall'imperatore Menelik II (regnante nel periodo 1889-1909) resistettero con successo alla conquista europea, annientando le truppe italiane nella battaglia di Adua (Aduwa) nel 1896.
Crescita e sviluppo
Una volta conquistati e pacificati i territori, le amministrazioni europee diedero avvio allo sviluppo dei sistemi di trasporto per facilitare l'imbarco delle materie prime provenienti dalle regioni dell'interno e destinate all'esportazione, e istituirono sistemi fiscali nell'intento di costringere i contadini ad abbandonare l'economia di sussistenza. Entrambe queste politiche erano bene avviate quando scoppiò la prima guerra mondiale. Nel corso del conflitto i territori tedeschi nell'Africa occidentale e sudoccidentale furono conquistati e in seguito affidati in mandato dalla Società delle Nazioni alle varie potenze alleate. Migliaia di africani furono arruolati o impiegati come portatori dagli eserciti alleati. L'opposizione alla guerra si limitò alla ribellione di breve durata di John Chilembwe (1915), un prete africano, nel Nyasaland (oggi Malawi).
Dopo la prima guerra mondiale, lo sfruttamento delle colonie fu mitigato dagli sforzi volti a fornire alle popolazioni un'istruzione di base, servizi sanitari, assistenza e a salvaguardare i diritti delle terre africane. Nelle colonie portoghesi, tuttavia, il periodo successivo al 1918 vide esigui miglioramenti nell'atteggiamento verso le popolazioni indigene. Le colonie con insediamenti di bianchi, quali l'Algeria, la Rhodesia meridionale (oggi Zimbabwe) e il Kenya, furono tuttavia dotate di importanti organi di autogoverno. La Rhodesia meridionale divenne una colonia britannica con un proprio governo autonomo nel 1923, ma gli africani non ebbero diritto di voto.
Negli anni fra le due guerre cominciarono a emergere numerosi movimenti africani di protesta e nazionalisti per iniziativa di gruppi di africani acculturati in Occidente. Soltanto in Algeria e in Egitto, dove un gran numero di persone aveva abbandonato il tradizionale modo di vita, nacquero partiti di massa. L'Etiopia, che aveva resistito con successo alla colonizzazione europea, perse la sua libertà a causa dell'invasione italiana del 1936 e non riconquistò l'indipendenza fino alla seconda guerra mondiale. Con lo scoppio della guerra gli africani combatterono negli eserciti degli Alleati, di cui le colonie sostennero la causa. I combattimenti nel continente, limitati alle regioni settentrionali e nordorientali, ebbero termine nel maggio del 1943.
La nuova Africa
Nel dopoguerra le potenze coloniali europee si ritrovarono materialmente e psicologicamente indebolite, mentre gli equilibri delle forze internazionali pendevano a favore degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica che, su posizioni anticolonialiste, utilizzava sempre più l'Africa quale campo di battaglia di conflitti ideologici nell'ambito della cosiddetta Guerra Fredda. Nell'Africa settentrionale, dal 1947 in poi, il dominio della Francia venne contrastato da sporadici attacchi terroristici e sommosse. La rivoluzione algerina ebbe inizio nel 1954 e proseguì fino al 1962, anno in cui il paese ottenne l'indipendenza già raggiunta dal Marocco e dalla Tunisia nel 1956. Nell'Africa subsahariana francese il presidente Charles De Gaulle aveva cercato di prevenire i movimenti nazionalistici garantendo agli abitanti dei territori d'oltremare lo status di cittadini a pieno titolo e consentendo a deputati e senatori di ciascun territorio di sedere nel parlamento francese. Ma i limiti al diritto di voto e alla rappresentanza comunale di ciascun territorio si rivelarono inaccettabili. Nelle zone britanniche il ritmo del cambiamento accelerò dopo la guerra. Cominciarono ad apparire partiti di massa che accoglievano la schiera più ampia possibile di gruppi sociali, etnici ed economici. Nella Repubblica del Sudan, i disaccordi fra l'Egitto e la Gran Bretagna circa l'orientamento dell'autogoverno sudanese indussero i britannici ad accelerare il processo e nel 1954 il Sudan ottenne l'indipendenza. Durante gli anni Cinquanta gli esempi delle nazioni di recente indipendenza, la rivolta dei Mau Mau in Kenya e l'abilità di alcuni leader popolari africani come Kwame Nkrumah produssero nuovi impulsi. Il Ghana ottenne l'indipendenza nel 1957, la Guinea nel 1958. Soltanto nel 1960 nacquero ben diciassette nazioni africane sovrane.
Alla fine degli anni Settanta quasi tutta l'Africa era indipendente. I possedimenti portoghesi – Angola, Cabo Verde, Guinea-Bissau e Mozambico – raggiunsero finalmente l'indipendenza nel 1974-75, dopo anni di violenti conflitti. La Francia rinunciò alle isole Comore nel 1975, e Gibuti ottenne l'indipendenza nel 1977. Nel 1976 la Spagna abbandonò il Sahara spagnolo, che fu poi suddiviso fra Mauritania e Marocco; qui però si continuò a combattere una dura guerra per l'indipendenza (Vedi Sahara occidentale). La Mauritania cedette la sua parte nel 1979, ma il Marocco, prendendo il sopravvento sull'intero territorio, continuò a combattere il locale Fronte Polisario. Lo Zimbabwe conquistò l'indipendenza nel 1980 (Vedi Zimbabwe: storia). L'ultimo grande possedimento coloniale nel continente, la Namibia, conseguì l'indipendenza nel 1990. Ma si dovette attendere il 1994 perché la maggioranza nera nella Repubblica Sudafricana ottenesse la propria "indipendenza" grazie a un governo di maggioranza democraticamente eletto.
I giovani stati africani si trovarono ad affrontare problemi importanti, il più significativo dei quali era la questione della creazione dello stato-nazione. Gran parte dei paesi africani conservava le frontiere tracciate arbitrariamente sul finire del secolo XIX dai diplomatici e dagli amministratori europei. In molti casi i gruppi etnici erano stati disgregati dai confini nazionali e spesso la lealtà nei confronti dei gruppi era molto più forte di quella verso lo stato: la ripercussione immediata fu lo scoppio di violente ribellioni in molti paesi. Quando gli stati africani conseguirono l'indipendenza, i movimenti nazionalisti dominanti e i loro capi mostrarono la propensione a insediarsi al potere in modo permanente. Con il richiamo all'unità nazionale sollecitarono l'abbandono del sistema parlamentare multipartitico a vantaggio di un regime a partito unico. Quando questi governi si dimostrarono inadeguati o non disposti a soddisfare le aspettative popolari, spesso si fece ricorso all'intervento militare. All'inizio degli anni Novanta, tuttavia, si è prodotto in molti stati africani un rinnovato interesse nei confronti della democrazia parlamentare multipartitica.
Anche lo sviluppo economico si presentava come uno dei problemi principali. Benché gli stati africani disponessero di cospicue risorse naturali, pochi avevano i mezzi finanziari necessari a sviluppare le loro economie. Spesso le imprese private straniere consideravano troppo rischiosi gli investimenti in queste aree sottosviluppate, giustificando questo atteggiamento in diversi modi. Le principali fonti alternative di finanziamento erano le banche straniere e gli istituti di credito nazionali e multinazionali. Negli anni Settanta le banche straniere (incoraggiate dai governi occidentali e in particolare dagli Stati Uniti nel quadro della guerra fredda) furono ben liete di prestare somme enormi ai paesi africani; ma spesso i finanziamenti finirono per favorire progetti sospetti e regimi ancor più equivoci. Negli anni Ottanta la restituzione di questi prestiti, nonché di quelli ottenuti dagli organismi di credito multinazionali, portò pressoché alla rovina molte economie africane.
Nel frattempo le aspettative delle nazioni africane per un migliore tenore di vita sono aumentate. Mentre il prezzo delle merci e di altri prodotti d'importazione è cresciuto costantemente, altrettanto non è accaduto per il prezzo sui mercati mondiali di gran parte dei principali prodotti africani. Una recessione mondiale nei primi anni Ottanta ha moltiplicato le difficoltà che avevano avuto inizio con l'aumento dei prezzi del petrolio degli anni Settanta. I gravi problemi negli scambi internazionali e il fardello del debito estero hanno aggravato il malcontento delle popolazioni. Negli anni Ottanta la carestia e la siccità hanno colpito le regioni centrali e settentrionali del continente e milioni di profughi sono stati costretti ad abbandonare la propria patria in cerca di cibo, accrescendo i problemi dei paesi in cui si sono rifugiati. Le strutture sanitarie, già inadeguate, sono state sopraffatte dalle epidemie dovute a sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), colera e altre malattie. Alla fine degli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta il protrarsi di conflitti locali in Ciad, Somalia, Sudan, nella regione sahariana, nell'Africa meridionale e un po' ovunque nel continente ha causato la destabilizzazione dei governi, l'arresto del progresso economico e la perdita di migliaia di vite umane. Al termine della guerra civile in Etiopia nel 1991, in Eritrea si è formato un governo autonomo che nel 1993 ha dichiarato l'indipendenza del paese. Nell'aprile del 1994, dopo la morte in un incidente aereo dei presidenti del Ruanda e del Burundi, sono scoppiati aspri conflitti fra i due principali gruppi etnici del Ruanda, gli hutu e i tutsi.
Un altro problema fondamentale è rappresentato dall'incapacità dell'Africa di imporsi sulla scena internazionale. Gli stati africani si considerano parte del mondo sottosviluppato e delle nazioni non allineate, ma a causa della loro precarietà sul piano militare e finanziario le opinioni delle nazioni africane raramente vengono prese in considerazione. Nei primi anni Novanta la fine del regime di segregazione razziale nella Repubblica Sudafricana ha portato alle prime elezioni multirazziali nel paese tenutesi nell'aprile del 1994 e vinte dall'African National Congress di Nelson Mandela, che il 9 maggio è stato eletto presidente della Repubblica.