India

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Testo

India (Nome ufficiale, Unione indiana; hindi, Bharat Juktarasha), repubblica democratica federale dell'Asia meridionale, membro del Commonwealth, forma, con Pakistan e Bangladesh, il subcontinente indiano. Comprendente l'intera penisola indiana e parti del continente asiatico, confina a nord con l'Afghanistan, il Tibet, il Nepal e il Bhutan; a sud con lo stretto di Palk e il golfo di Mannar, che la separano dallo Sri Lanka, e con l'oceano Indiano; a ovest con il mar Arabico e il Pakistan; a est con la Birmania (Myanmar), il golfo del Bengala e il Bangladesh, il quale isola quasi del tutto l'India nordorientale dal resto del paese. Compreso lo stato di Jammu e Kashmir (la cui situazione non è ancora stata definita), l'India ha una superficie di 3.287.263 km2; la capitale è New Delhi.
Territorio
L'India può essere suddivisa in quattro principali regioni fisiche: l'Himalaya, le pianure fluviali settentrionali, l'altopiano del Deccan e i Ghati Orientali e Occidentali.
Il sistema montuoso dell'Himalaya si estende per circa 2400 km lungo i confini settentrionali e orientali del subcontinente indiano, separandolo dal resto dell'Asia. È il più elevato e recente sistema montuoso del mondo, e uno dei più attivi. All'interno dei confini indiani la catena himalayana raggiunge le massime altitudini nel Kanchenjunga (8598 m), terza cima del mondo dopo l' Everest e il K2, il Nanga Parbat (8126 m), il Nanda Devi (7817 m) e il Kamet (7756 m).
A sud, parallelamente all'Himalaya, è situata la regione delle pianure fluviali, una vasta fascia di basseterre; si tratta della più estesa pianura alluvionale della Terra, comprendente gran parte della zona bagnata dai fiumi Indo, Gange e Brahmaputra. Grazie all'abbondante presenza di acque e di ricchi suoli è oggi la zona più fertile e densamente popolata dell'India, che sviluppò qui le sue prime civiltà. Queste pianure si estendono da ovest a est dal confine con il Pakistan al confine con il Bangladesh, per proseguire nell'estrema zona nordorientale del paese attraverso uno stretto corridoio di terra nei pressi di Darjeeling.
La zona centro-occidentale delle pianure indiane è nota come Pianura gangetica in quanto attraversata dal fiume Gange e dai suoi affluenti, che discendono dai pendii meridionali della catena himalayana. Gli stati nordorientali di Assam e Arunachal Pradesh sono bagnati dal fiume Brahmaputra e dai suoi tributari, le cui sorgenti si trovano nei rilievi settentrionali dell'Himalaya; il Brahmaputra entra poi nel Bangladesh a nord del gruppo montuoso del Khasi Jaintia. Il fiume Indo nasce nel Tibet, scorre a ovest attraverso lo stato di Jammu e Kashmir ed entra in Pakistan. Lungo il confine sudoccidentale con il Pakistan le pianure lasciano il posto al Gran Deserto Indiano, o deserto del Thar, e alle paludi salmastre note come Rann of Kutch (Pantano di Kutch).
A sud dell'area pianeggiante si trova l'altopiano del Deccan, un vasto tavolato che occupa gran parte dell'India peninsulare. Per lo più roccioso e dall'andamento irregolare, esso è diviso in regioni naturali da basse catene montuose e da valli profonde. La sua altitudine varia dai 305 ai 915 m, sebbene in alcuni punti raggiunga anche i 1220 m. Il Deccan è delimitato da due sistemi montuosi periferici conosciuti come Ghati Orientali e Ghati Occidentali.
I Ghati Occidentali, alti in media circa 915 m, formano ripide scarpate che dominano il mare Arabico e digradano nella fertile costa del Malabar. I Ghati Orientali, alti mediamente circa 460 m, sono separati dal golfo del Bengala da una stretta pianura costiera, la costa del Coromandel. I due allineamenti montuosi si congiungono nel punto più meridionale del Deccan, nei pressi di Bangalore.
Clima
A causa della posizione geografica, della struttura peninsulare e dell'insolita conformazione del territorio, l'India presenta condizioni climatiche ampiamente diversificate a livello sia regionale sia stagionale. Le marcate escursioni termiche sono per lo più limitate ai rilievi dell'Himalaya mentre il resto del paese, fatta eccezione per le regioni più montuose, è caratterizzato da un clima tropicale per lo più uniforme. Le variazioni stagionali, determinate dai monsoni che soffiano da sud-ovest e nord-est, influiscono in modo notevole sulla temperatura, sul grado di umidità e sulle precipitazioni in tutto il subcontinente. Si possono in generale distinguere due stagioni, una piovosa e una secca. La stagione in cui si concentrano le piogge, generalmente tra giugno e novembre, è caratterizzata dal monsone di sud-ovest, un vento carico di umidità proveniente dall'oceano Indiano e dal mar Arabico, che all'inizio di giugno investe la costa occidentale della penisola per propagarsi gradualmente nell'intero paese. In questa stagione, soprattutto da giugno a settembre, si verificano abbondanti precipitazioni che nei Ghati Occidentali spesso raggiungono i 3175 mm, per superare i 10.000 nel Khasi Jaintia dell'India nordorientale e raggiungere una media annua di circa 1500 mm sui versanti meridionali dell'Himalaya. Quando il monsone di sud-ovest non si manifesta, come accade talvolta, si possono verificare gravi condizioni di siccità. La stagione fredda del monsone di nord-est, dall'inizio di dicembre all'inizio di marzo, è solitamente caratterizzata da un clima estremamente asciutto, nonostante si verifichino talvolta violenti temporali sulle pianure settentrionali e abbondanti nevicate sull'Himalaya. Il periodo peggiore della stagione calda, che inizia verso la metà di marzo e prosegue fino al manifestarsi del monsone di sud-ovest, si verifica nel mese di maggio, con temperature che, nella zona centrale del paese, possono superare i 50 °C. La temperatura media annua è di circa 26 °C nei pressi di Calcutta, di circa 28 °C nella regione costiera centro-occidentale e nella zona di Madras.
Flora e fauna
Nelle zone aride ai confini con il Pakistan la vegetazione è rada e per lo più erbacea: sono diffuse soprattutto specie arbustive anche se in alcune aree crescono palme e bambù. La pianura gangetica, grazie alla maggior presenza d'acqua, ospita una rigogliosa vegetazione con molte specie di piante, soprattutto nella zona sudorientale dove crescono la mangrovia e il sal (Shorea robusta).
Sulle vette himalayane si trovano diverse varietà di flora artica, mentre le pendici più basse, ricoperte di foreste, ospitano numerose specie di piante subtropicali, in particolare orchidacee. Nell'Himalaya nordoccidentale predominano le conifere, specialmente il cedro e il pino, mentre in quella orientale si ha una vegetazione tropicale e subtropicale, con querce e magnolie. La costa del Malabar e le pendici dei Ghati Occidentali, grazie alle abbondanti precipitazioni, sono zone fittamente boschive, con una prevalenza di sempreverdi, bambù e alberi dal legno pregiato, come il teak. Nelle pianure paludose e lungo le pendici dei Ghati Occidentali vi sono ampi tratti di giungla impenetrabile. La vegetazione del Deccan è meno lussureggiante, ma in tutta la penisola si possono trovare macchie di bambù, palme e alberi decidui.
In India vive una grande varietà di animali. Sono ben rappresentati i felini, con la tigre (protetta perché in pericolo di estinzione), la pantera e, nel Deccan, il ghepardo; all'interno del parco nazionale Sasan Gir, nel Gujarat, sono presenti inoltre i leoni.
L'elefante indiano abita le pendici nordorientali dell'Himalaya e le remote foreste del Deccan. Diffusi sono anche il rinoceronte, il gaviale, l'orso bruno, il lupo, lo sciacallo, il bufalo, il cinghiale, il toporagno, numerose specie di scimmie, l'antilope e il cervo. Sono presenti inoltre numerose specie di serpenti molti dei quali velenosi, come il ben noto cobra. Per quanto riguarda l'avifauna si ricordano pappagalli, pavoni e uccelli acquatici come il martin pescatore e l'airone. Le acque fluviali abbondano di pesci.
Popolazione
In base al censimento del 1993 la popolazione dell'India, che rappresenta circa il 16% di quella mondiale, è di 903.159.000 abitanti, circa il 32% in più rispetto al 1981; la densità è di circa 275 abitanti per km2. Più del 70% degli abitanti del paese vive in zone rurali e un terzo vive al livello, o addirittura al di sotto, della soglia di povertà stabilita dai parametri delle Nazioni Unite, contro un esiguo 3% di famiglie che gode di un reddito annuo superiore ai 2500 dollari USA.
Composizione etnica
A causa della grande varietà di etnie e culture che si sono stabilite nel corso dei secoli nel territorio del subcontinente, è molto difficile individuare con esattezza l'origine delle diverse popolazioni che abitano l'India attuale anche se si può affermare che appartengano a tre differenti razze: europoide, australoide e mongoloide.
Circa il 7% degli abitanti fa parte delle cosiddette tribù ufficialmente riconosciute, che sono complessivamente più di 300 e, oltre a essere molto differenziate al loro interno, hanno una connotazione etnica e culturale peculiare rispetto al resto della popolazione indiana.
Quest'ultima presenta caratteri prevalentemente europoidi, con notevoli differenze nella colorazione della pelle; tratti mongoloidi caratterizzano le tribù che vivono tra le colline nell'estremo nord, ad esempio i naga, mentre alcuni gruppi tribali presentano anche caratteri australoidi, come i santal nel Bengala Occidentale.
Città principali
Oltre alla capitale, New Delhi, le principali città dell'India sono Bombay (9.925.891 abitanti, 1991), la più popolata del paese; Ahmadabad e Bangalore, importanti nodi ferroviari; Calcutta; Delhi; Hyderabad, noto centro dell'artigianato; Kanpur, sede dell'industria del cuoio; la città portuale di Madras; Pune; Nagpur; Lucknow; e, infine, Jaipur.
Lingua e religione
In India vengono utilizzate più di 1600 tra lingue e dialetti; quelle ufficiali sono l'hindi, parlato da circa il 30% della popolazione, e l'inglese ma la Costituzione riconosce anche 17 lingue locali, tra cui il telugu, il bengali, il marathi, il tamil, l'urdu, il gujarati, il kannada e il malayalam. La maggior parte delle lingue diffuse nelle aree settentrionali del paese (urdu, hindi e bengali, ma anche punjabi e assamese) appartengono al ceppo indoeuropeo e derivano dal sanscrito, l'antica lingua con cui fu stilato quel vasto corpo di scritture religiose e laiche che costituisce il nucleo della letteratura indiana classica (vedi Letteratura sanscrita), e ora utilizzato solo in alcuni riti religiosi. Per contro, le lingue dravidiche parlate al sud (telugu, kannada, malayalam) traggono le loro origini dal tamil che, pur utilizzato anticamente a livello letterario, diversamente dal sanscrito è ancor oggi molto diffuso. Il manipuri (parlato nello stato del Manipur, nell'estremo nord-est del paese) è l'unica lingua riconosciuta dalla Costituzione ad appartenere al ceppo sinotibetano. Vedi anche Lingue indiane.
I principali gruppi religiosi sono costituiti da induisti (che rappresentano circa l'80% della popolazione), musulmani (11%), cristiani (2,3%) e sikh (1,9%). Altre importanti minoranze sono rappresentate dai buddhisti, dai gianisti e dai parsi. La crescita del nazionalismo e del fondamentalismo religiosi nel corso degli anni Ottanta e Novanta ha fomentato in alcune zone del paese tensioni di natura politica e sociale, manifestandosi talora in forma violenta, come nel caso delle rivolte avvenute nel Punjab nel 1992 e nel 1993.
Istruzione
Dopo aver ottenuto l'indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1947, l'India tentò di sviluppare un sistema scolastico unico e integrato, ma l'acculturazione della numerosa e giovane popolazione indiana, con la complessità sociale e religiosa che la caratterizza, non fu opera facile. All'istruzione furono sottratti molti fondi, destinati alla lotta contro la povertà, la mancanza di derrate alimentari e la sovrappopolazione. Ciò nonostante sono stati intrapresi, e largamente realizzati, cambiamenti radicali e strutturali e dall'epoca dell'indipendenza il numero delle scuole e degli allievi è notevolmente cresciuto.
Dopo le riforme degli anni Ottanta il sistema scolastico, quasi interamente gestito dai governi dei singoli stati, prevede dieci anni di istruzione primaria (gratuita ma non obbligatoria) e media, due anni di secondaria e tre di università; è stato inoltre istituito un programma nazionale di alfabetizzazione degli adulti. In base al censimento del 1991, il tasso di alfabetizzazione della popolazione era di circa il 52%, contro il 43% del decennio precedente.
Cultura
Lo sviluppo artistico dell'India antica è stato ampiamente influenzato dal pensiero religioso, dapprima buddhista, poi anche induista. Al periodo antico (o classico) si possono ascrivere manifestazioni artistiche come quelle del Gandhara (con la sua caratteristica mescolanza di elementi ellenici e indiani), di Madhura, del raffinato periodo gupta, gli affreschi di Ajanta, i bassorilievi di Mahabalipuram, il tempio di Nataraja di Chidambaram e molte altre.
Un relativo declino dell'arte e della cultura classiche seguì la fine del regno di Harsha nell'India settentrionale (VII secolo), quando cominciarono a svilupparsi nuove forme socio-politiche, sebbene il sud del paese, sotto regni quali quelli di Pallava e, più tardi, di Chola, stesse vivendo un momento di pieno splendore sia artistico sia architettonico. Nei secoli XI e XII, dopo un periodo di grande incertezza e cambiamenti, si verificò nello sviluppo culturale della zona settentrionale del paese un rivolgimento determinante, causato dall'introduzione dell'Islam da parte di popoli invasori provenienti dall'Asia centrale. Tale fede, infatti, con la sua cosmogonia lineare di stampo occidentale e il rifiuto di ogni forma di idolatria, era completamente differente dall'induismo e dalle altre religioni orientali.
Dopo diversi secoli di guerre, smembramenti e repressioni sotto il dominio turco e mongolo, intorno alla metà del XVI secolo la dinastia Moghul fondata da Baber, un discendente del mongolo Tamerlano, conquistò l'intera India settentrionale. Sotto i grandi imperatori di questa dinastia come Akbar, il paese conobbe un nuovo periodo di splendore artistico, con nuovi stimoli provenienti dall'influenza persiana. Durante l'epoca moghul furono edificate alcune delle più imponenti opere architettoniche indiane, come ben testimonia il Taj Mahal ad Agra; fiorirono l'illustrazione dei manoscritti, la miniatura, le arti decorative e la musica e rimase viva una forte tradizione regionale di spettacolo popolare.
Sotto il governo britannico si perse molto di questo fermento creativo; allo sviluppo del nazionalismo si accompagnò una ripresa di alcuni aspetti del pensiero e della cultura indiani e nel XX secolo si è tentato non solo di far rifiorire alcune arti quasi scomparse ma anche di dar nuova vita alle forme più antiche.
Religione
L'India è attualmente un paese laico che ha tradizionalmente assorbito e dato origine a diverse confessioni e sette religiose. La maggioranza degli indiani, tuttavia, è oggi di religione induista, il che si riflette in molti aspetti della cultura comune. L'induismo stesso, nel corso dei secoli, ha assimilato e sviluppato molti diversi sistemi di pensiero, dalla filosofia Advaita di Shankara al movimento religioso Bhakti.
L'esistenza di significative minoranze religiose accanto alla fede predominante non è sempre stata pacifica; i contrasti tra induisti e musulmani e tra induisti e sikh, spesso fomentati da cause non legate alla religione, hanno in passato provocato numerose vittime. Un considerevole consenso popolare sostiene attualmente il movimento Ramajanmabhoomi: le sue rivendicazioni affinché fosse edificato un tempio induista sul preteso luogo di nascita di Rama ad Ayodhya, hanno scatenato di fatto la distruzione da parte di una folla di seguaci della moschea Babri Masjid, che si riteneva fosse stata costruita su un preesistente tempio induista.
Tali sviluppi costituiscono una seria minaccia per il futuro dello stato laico in India, anche se si potrebbe sostenere che questo fenomeno di cosiddetto "fondamentalismo" induista (una contraddizione in termini, poiché nell'induismo non sono stabiliti principi fondamentali) rappresenti un tentativo di creare un'unica cultura nazionale a partire da una molteplicità di tradizioni. Attraverso i mass media si è diffuso recentemente un altro sistema di valori che, in certa misura, ha contribuito a indebolire il richiamo della religione: il consumismo della società occidentale.
Le caste
La costituzione indiana esprime il proposito di sradicare l'antico sistema della casta che per secoli ha negato ogni possibilità di progresso sociale agli strati inferiori del sistema, i cosiddetti "intoccabili" (o Harijans, "figli di Dio", come furono chiamati da Gandhi; il termine attualmente impiegato è Dalit). All'indomani dell'indipendenza furono intraprese importanti misure per promuovere attivamente l'istruzione e migliorare le condizioni di vita di queste classi marginali. Fu adottato un sistema di discriminazione positiva in base al quale fu loro assegnata una percentuale significativa dei posti nelle istituzioni universitarie e professionali; attualmente, malgrado il pregiudizio sia rimasto vivo, persone appartenenti alle caste più basse sono presenti ormai in tutti i livelli sociali e ricoprono in alcuni casi importanti ruoli in veste di scienziati, giudici o uomini politici. Con la diffusione della cultura consumistica che ha avuto luogo in questi ultimi anni il vero fattore determinante della condizione sociale, più che la famiglia o la tradizione, è ormai divenuta la ricchezza materiale; l'appartenenza alla casta comincia quindi a perdere d'importanza e si celebrano numerosi matrimoni tra membri di diversa casta, specialmente tra la borghesia urbana.
In ambito politico, alcuni partiti e organizzazioni fondati sul sistema delle caste sono stati attivi nel rivendicare i diritti e la tutela degli interessi delle rispettive comunità.
Per ulteriori approfondimenti sulla cultura del paese, vedi Danza classica indiana; Teatro indiano; Arte e architettura indiana; Musica indiana; Filosofia indiana; Letteratura indiana.
Economia
L'India ha un'economia di tipo misto in cui il governo, sia a livello federale sia nei singoli stati, svolge un importante ruolo di regolazione e pianificazione oltre a essere titolare di numerose imprese pubbliche. L'intervento su larga scala dello stato nell'economia risale agli anni Cinquanta e all'impostazione nazionalistica e socialista del primo governo che seguì all'indipendenza, guidato da Jawaharlal Nehru, che intese promuovere la crescita e lo sviluppo economico per far fronte al rapido incremento della popolazione. Il primo piano economico quinquennale fu varato nel 1951; nei decenni che seguirono lo stato nazionalizzò alcuni settori chiave dell'economia, sostenendone altri con forti investimenti, e sottopose il settore privato a un ampio controllo. Vennero erette barriere tariffarie e doganali allo scopo di proteggere le industrie nazionali e furono avviati alcuni programmi di riforma agraria.
I risultati sono stati generalmente positivi, specie se misurati in rapporto alla maggioranza dei paesi in via di sviluppo. Eccezion fatta per i periodi di grave siccità verificatisi nel 1979 e nel 1987, si è registrata una costante crescita economica; l'inflazione e il debito pubblico sono stati generalmente tenuti sotto controllo; la produzione agricola è significativamente cresciuta, il che ha permesso di allontanare lo spettro delle grandi carestie; sono state gettate le basi di un moderno stato industriale e l'India è oggi il nono produttore mondiale di acciaio. Tali progressi sono stati tuttavia insufficienti e non hanno avuto che effetti marginali sul reddito della maggioranza della popolazione.
Nel 1991 è divenuto primo ministro P.V. Narasimha Rao il quale ha attuato una significativa riforma della politica economica allentando il controllo sul settore privato e riducendo il monopolio statale in alcuni campi, ad esempio nel trasporto aereo. È stato introdotto un regime di economia aperta attraverso la riduzione dei controlli tariffari e la promozione degli investimenti stranieri.
Questi cambiamenti a livello nazionale si sono ripercossi nei singoli stati, i quali esercitano un importante controllo sulla politica interna e recepiscono in modi diversi la politica nazionale. In alcuni, ad esempio nel Bengala Occidentale, il controllo del governo sull'economia è particolarmente marcato; altri, come il Maharashtra, hanno sempre adottato un atteggiamento più liberista. A partire dal 1991, tuttavia, quasi tutti gli stati hanno aperto le frontiere agli investimenti stranieri, ridotto il controllo sul settore privato e attuato alcune privatizzazioni.
Agricoltura
Il sostentamento di più di due terzi della popolazione indiana dipende dall'agricoltura, che partecipa per il 35% alla formazione del PIL. La maggior parte dei poderi ha estensioni molto limitate e più di un terzo degli appezzamenti è addirittura al di sotto del livello di sussistenza di una famiglia di contadini. La coltura più estesa è il riso, che costituisce l'alimento principale di gran parte della popolazione, cui seguono il frumento, la canna da zucchero, il tè, il cotone e la juta. Altre importanti colture sono gli ortaggi, il melone, il sorgo, il miglio, il mais, l'orzo, i ceci, la banana, il mango, la gomma, il caffè, i semi di lino, le arachidi e diverse spezie.
L'allevamento del bestiame, in particolare bovini, bufali, cavalli e muli, costituisce un aspetto centrale dell'economia agricola. All'inizio degli anni Novanta in India erano presenti circa 193 milioni di capi, un primato mondiale. Bufali, cavalli e muli sono per lo più impiegati nei lavori agricoli, anche se ormai solo una ristretta parte della popolazione, specialmente al nord, segue il precetto induista che vieta il consumo di carne bovina. A causa della scarsità di pascoli e di forniture d'acqua, il bestiame indiano è comunque di bassa qualità.
Nonostante gran parte dell'agricoltura venga ancora condotta con metodi tradizionali, all'indomani dell'indipendenza sono state introdotte alcune importanti trasformazioni tecnologiche. Le zone che usufruiscono dei sistemi di irrigazione finanziati dal governo si sono enormemente estese, e nei primi anni Novanta le superfici irrigate rappresentavano quasi il 45% dell'intera superficie coltivata. La richiesta di fertilizzanti chimici e di sementi ad alto rendimento è significativamente aumentata, soprattutto in seguito alla molto reclamizzata "Rivoluzione Verde" degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, di cui hanno beneficiato soprattutto i ricchi coltivatori di frumento degli stati dell'Uttar Pradesh e del Punjab.
Circa il 23% del territorio complessivo indiano è ricoperto di foreste, il cui sfruttamento a fini commerciali non è tuttavia molto sviluppato e interessa per lo più le regioni montuose settentrionali, l'Assam e le regioni confinanti con l'Himalaya. Le foreste, tuttavia, forniscono legna e carbone combustibili oltre che preziosi frutti, noci, fibre, oli, gomme e resine.
Pesca
Sebbene il suo sfruttamento commerciale rimanga in gran parte limitato, la pesca rappresenta un'attività vitale per molte regioni, come ad esempio il delta del Gange (nel Bengala) e l'area costiera sudoccidentale. Recentemente il governo ha tentato di promuovere la pesca d'alto mare costruendo impianti di lavorazione e assumendosi l'onere dell'assicurazione dei pescherecci. Quasi la metà del pescato nazionale proviene dagli stati del Kerala, del Tamil Nadu e del Maharashtra.
Risorse energetiche e minerarie
L'India è tra i principali produttori mondiali di minerali di ferro, carbone e bauxite; importante è anche l'estrazione di manganese, mica, ilmenite, rame, petrolio, amianto, cromite, grafite, fosfati naturali, zinco, oro e argento. Questa ricchezza mineraria ha costituito, dopo l'ottenimento dell'indipendenza e la nazionalizzazione avvenuta negli anni Cinquanta, un importante fattore dello sviluppo economico, consentendo l'avvio di un diversificato settore industriale.
Industria
L'India può vantare un settore industriale assai diversificato che contribuisce per circa un quarto alla formazione del PIL. La maggior parte della produzione è realizzata in impianti moderni, in particolare per quanto riguarda l'industria siderurgica. In termini di occupazione, tuttavia, rimangono molto importanti le piccole aziende a conduzione familiare, per lo più artigianali. Il settore tessile, specialmente quello cotoniero, è tra i più antichi e importanti. Di rilievo sono anche le industrie per la lavorazione del tè e dei cereali, gli oleifici, gli zuccherifici, l'industria petrolchimica e della carta, la produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, di prodotti chimici, la lavorazione della pelle e dei metalli. Negli ultimi anni si è considerevolmente sviluppato anche il settore dell'informatica, in particolare la produzione di software. Bangalore, nell'India meridionale, è stata definita "la Silicon Valley indiana".
Flussi monetari e commercio
L'unità monetaria è la rupia indiana, divisa in 100 paise; la Banca centrale indiana, fondata nel 1934 e nazionalizzata nel 1949, ha funzioni di banca centrale ed è l'unica autorizzata a stampare moneta. Successive nazionalizzazioni hanno reso di proprietà del settore pubblico la maggioranza degli istituti di credito commerciale.
A causa del forte protezionismo attuato ancora in epoca recente, il volume del commercio estero è stato molto contenuto in rapporto alle dimensioni e alla varietà dell'economia indiana. Oltre a ciò si è registrato un costante deficit nella bilancia commerciale dovuto alle importazioni di petrolio, materie prime, beni di consumo, gioielli, prodotti chimici e fertilizzanti, e aggravato da una diffusa attività di contrabbando. L'India esporta una varietà di prodotti, principalmente tessili, capi di vestiario, gemme e gioielli, articoli in pelle, tè, apparecchiature meccaniche e prodotti chimici di base. Nel 1990 circa il 12% delle esportazioni indiane annue era diretto agli Stati Uniti. Importanti scambi avvengono inoltre con la Germania, il Giappone, la Gran Bretagna, l'Arabia Saudita, il Belgio e i paesi del Commonwealth britannico.
Trasporti
All'epoca dell'indipendenza nel 1947, l'India poteva vantare, rispetto alle altre colonie, una rete di comunicazioni tra le più sviluppate, in particolare il sistema ferroviario realizzato sotto il dominio britannico. A partire da questa eredità si sono poi sviluppate le comunicazioni stradali e un'estesa rete di trasporti aerei interni. Il trasporto delle merci continua tuttavia a essere assicurato dalla vasta rete ferroviaria di proprietà statale, la cui lunghezza totale raggiungeva nei primi anni Novanta i 62.458 km, di cui il 17% di ferrovie elettrificate. La rete stradale misura oltre 2 milioni di km, circa la metà dei quali asfaltata o pavimentata. Le compagnie di aviazione civile sono state nazionalizzate nel 1953; Air India assicura i servizi internazionali e Indian Airlines quelli interni e regionali.
Ordinamento dello stato
In base alla Costituzione adottata nel 1949 e ai suoi successivi emendamenti, l'India è una repubblica democratica indipendente nell'ambito del Commonwealth. Il governo ha struttura federale e il paese è costituito di un'unione di stati (25) e di territori (7) amministrati dal potere centrale.
Capo dello stato è il presidente che, eletto per cinque anni da un collegio formato da membri del Parlamento nazionale e delle Assemblee dei singoli stati, è rieleggibile. Questi, pur avendo un ruolo perlopiù nominale, ha la facoltà di designare il primo ministro che presiede il governo, rappresentante il potere esecutivo. Il potere legislativo, al quale il governo deve rendere conto, è affidato al Parlamento, composto da due camere: la Lok Sabha (o Camera del popolo), in carica cinque anni e formata da 543 membri eletti a suffragio universale diretto e da due membri della comunità angloindiana nominati dal presidente; e la Raiya Sabha (o Consiglio degli stati), che consta di 250 membri eletti dalle Assemblee degli stati (salvo 12, nominati dal presidente), un terzo dei quali viene rinnovato ogni due anni.
Il potere giudiziario è gestito da un sistema di tribunali nazionali al vertice del quale si trova la Corte suprema; l'indipendenza dei giudici, designati dall'esecutivo, è garantita da diversi meccanismi di salvaguardia. Per quanto riguarda i singoli stati ognuno, presieduto da un governatore nominato dal presidente dell'Unione, possiede un'Assemblea legislativa (eletta a suffragio universale per cinque anni) e un governo proprio, autonomi per quanto riguarda questioni locali, ordine pubblico, istruzione, sanità e agricoltura ma, per il resto, dipendenti dalle direttive nazionali.
Partiti politici
Il Congresso nazionale indiano, fondato nel 1885, guidò la lotta dell'India per l'indipendenza ed espresse in seguito tutti i primi ministri del paese, tranne nei periodi tra 1977 e il 1980 e tra il 1989 e il 1991. Nel 1969 un gruppo di membri del partito ne uscì per dar vita alla piccola Organizzazione del congresso nazionale indiano. In tutto il paese, ma soprattutto nel Bengala Occidentale e nel Kerala, fu inoltre viva l'influenza del Partito comunista indiano (CPI), costituitosi nel 1925, dal quale si staccò nel 1964 la fazione che fondò l'attuale Partito comunista indiano (marxista; CPI-M). All'inizio del 1977 il Congresso si unì con altri tre partiti, il Bharathya Jana Sangh, il Bharathya Lok Dal e il Partito socialista, dando vita al Partito Janata (del Popolo) che nelle elezioni del marzo 1977 ottenne quasi la metà dei seggi al Lok Sabha. Nel 1978 il Partito del Congresso tornò a dividersi quando Indira Gandhi fondò il Congresso nazionale indiano-Indira che nel 1981 fu riconosciuto dalla Corte suprema come il Partito del Congresso ufficiale. Questo vinse le elezioni parlamentari del 1980 e del 1984 ma perse la maggioranza nel 1989. I suoi principali avversari nelle elezioni del 1989 furono rappresentati dal Janata Dal e dal Partito Bharatiya Janata (BJP), un gruppo nazionalista indù di destra, formatosi in seguito a una scissione dal Janata Dal.
Storia
Preistoria
Le prime tracce di insediamenti umani nel subcontinente indiano risalgono a circa mezzo milione di anni fa. Una cultura di tipo mesolitico (vedi Età della pietra) si sviluppò fra l'8000 e il 6000 a.C. e Neolitico assistette alla nascita di attività quali l'agricoltura e l'allevamento. Alcune forme artistiche (pittura parietale e decorazione della ceramica), oltre all'inumazione di defunti in giare, sono testimonianze di questo periodo.
Intorno al 2500 a.C. si colloca l'origine della cosiddetta civiltà della valle dell'Indo caratterizzata dalla formazione di città pianificate (come Mohenjo-Daro) che avevano intensi scambi commerciali con la Mesopotamia.
Verso la metà del secondo millennio l'India fu ripetutamente invasa dagli arii, tribù di lingua indoeuropea che dalle catene nordoccidentali giunsero gradualmente a occupare il territorio a nord dei monti Vindhya e a ovest del fiume Yamuna. Questi popoli decretarono l'estinzione della civiltà dell'Indo e la nascita di una nuova forma di organizzazione sociale, basata sulla divisione in classi che porterà in seguito al sistema delle caste.
Dal periodo vedico all'epoca indù
Le informazioni relative a questo periodo provengono dai Veda, testi sacri composti fra il 1500 e l'800 a.C., che illustrano l'origine di alcuni caratteri fondamentali del sistema socio-religioso noto come induismo. Durante il primo millennio a.C. furono fondati sedici stati autonomi nella regione compresa tra l'Himalaya, il tratto meridionale del Gange, i monti Vindhya e la valle dell'Indo. Il più importante di questi regni fu quello di Magadha, nell'attuale Bihar, che intorno alla metà del VI secolo a.C. divenne lo stato dominante in India. All'epoca del sovrano Bimbisara (543-491 a.C.) si svolse nel Magadha la predicazione di Buddha e Nataputta Mahavira, fondatori rispettivamente del buddhismo e del giainismo.
L'India nordoccidentale fu conquistata dagli Achemenidi (518 ca. a.C.) e dai macedoni guidati da Alessandro Magno (326 a.C.); si formarono allora, nel Pakistan, piccoli regni detti indo-greci.
Dall'epoca dei Maurya all'invasione dei kusana
Nel 313 a.C. Chandragupta impose il suo controllo sul regno di Magadha. Fondatore della dinastia Maurya, nei dieci anni che seguirono Chandragupta estese la sua sovranità a gran parte del subcontinente. Di fronte alla nuova potenza militare Seleuco I, generale di Alessandro Magno e fondatore della dinastia dei Seleucidi, riuscì a stringere un'alleanza con Chandragupta dandogli in sposa sua figlia (305 a.C.).
La dinastia Maurya durò fino al 185 a.C. circa. Durante il regno di Aoka, il più grande sovrano Maurya (273-232 a.C.), il buddhismo divenne la religione dominante. L'India era ormai una terra, con centri di cultura quali Nalanda e Takshasila che richiamavano studiosi dalla Cina e dal Sud-Est asiatico. Tra le dinastie successive a quella Maurya, quella Sunga durò oltre un secolo.
Durante il I secolo d.C. l'India settentrionale fu invasa dai kusana, una popolazione nomade proveniente dall'Asia centrale. I traffici lungo la via della seta e gli scambi commerciali con l'impero romano resero ricco e potente il dominio kusana che durò fino al III secolo d.C.
L'impero Gupta
Nel 320 d.C. il Magadha tornò a essere il centro di un vasto impero, quello della dinastia Gupta, che si estendeva su tutto il subcontinente a nord del fiume Narmada. I 130 anni della dinastia Gupta furono un'epoca di pace, di prosperità economica, intellettuale e culturale, soprattutto nell'arte, nella musica e nella letteratura. L'induismo, che da tempo aveva conosciuto un certo declino, tornò a rifiorire assorbendo alcune caratteristiche del buddhismo.
Verso la metà del VI secolo, l'impero Gupta decadde in seguito alle incursioni degli unni, provenienti dall'Asia centrale. Questi imposero il proprio dominio in India per quasi un secolo fino a una serie di sconfitte militari, soprattutto a opera dei turchi (565). Tra i discendenti odierni degli unni rimasti in India figurano alcuni gruppi tribali dello stato del Rajasthan. Un altro potente regno fu fondato nell'India settentrionale da Harsha, l'ultimo sovrano buddista della storia indiana, nel 606. Harsha impose il suo dominio sulla quasi totalità del territorio, tentando senza successo di conquistare anche il Deccan, ma dopo la sua morte il regno si divise in numerosi principati.
Le invasioni di musulmani e mongoli
Il sorgere in Asia occidentale di una nuova potenza, che trovava la sua forza unificatrice nell'Islam, mise fine al lungo periodo di conflitti interni. Il re turco-afghano Mahmud di Ghazni (che regnò dal 998 al 1030), di religione musulmana, estese il suo dominio da Lahore alla Persia. Dopo Mahmud, un altro grande sovrano musulmano fu Muhammad al-Ghuri il cui regno iniziò nel 1175; in dieci anni egli estese i suoi domini sull'intera pianura del Gange. Il dominio musulmano dell'India durò molti secoli, con le dinastie dei Mamelucchi (1206-1290), dei Khalgi (1290-1320) e dei Tughlaq (1320-1413).
Nel 1398, le contese dinastiche e la mancanza di una resistenza organizzata consentirono l'invasione dell'India da parte del conquistatore mongolo Tamerlano, che saccheggiò e distrusse Delhi, massacrando i suoi abitanti. Al suo ritiro dall'India, Tamerlano lasciò ciò che rimaneva dell'impero a Mahmud, l'ultimo dei Tughlaq. A questa dinastia succedette quella dei Sayyd (1413-1451) e dei Lodi (1451-1526).
L'impero Moghul
Nel 1526 Baber, un discendente di Tamerlano e Gengis Khan, invase con le sue truppe l'India e nel giro di pochi anni estese il suo dominio su un vasto territorio che doveva diventare il nucleo dell'impero Moghul. Akbar, il nipote di Baber, fu il più grande sovrano moghul. Il suo dominio, fra il 1556 e il 1605, si estese al Punjab, all'odierno Rajasthan, al Gujarat, al Bengala, al Kashmir e al Deccan. Nell'amministrazione del suo regno Akbar dimostrò una notevole capacità organizzativa, assicurandosi la fedeltà di centinaia di signori feudali; promosse inoltre il commercio, introdusse un equo sistema fiscale e favorì la tolleranza religiosa. L'impero Moghul conobbe il suo massimo splendore culturale sotto Shah Jahan, nipote di Akbar, il cui regno (1628-1658) coincise con l'età d'oro dell'architettura indoislamica che trovò la sua massima espressione nel Taj Mahal.
Il periodo di tolleranza religiosa si concluse con l'avvento al trono di Aurangzeb (1658-1707), che portò a termine la conquista del Deccan e ripristinò l'ortodossia islamica. Nei cinquant'anni seguenti la morte di Aurangzeb, l'impero Moghul precipitò nel caos politico, segnato dal rapido declino dell'autorità centralizzata. Avventurieri musulmani e induisti crearono regni e principati, mentre i governatori delle province imperiali costituirono grandi stati indipendenti.
La Compagnia delle Indie Orientali
Di questa situazione politica approfittarono i governi europei. Il commercio delle spezie aveva fatto crescere l'importanza economica dell'India fin dal XVI secolo. Al dominio dei portoghesi e poi degli olandesi era subentrato quello dei francesi e degli inglesi che avevano fondato importanti basi commerciali nel subcontinente indiano. La vittoria dell'Inghilterra sulla Francia assicurò nel 1757 il controllo del Bengala e del Deccan alla Compagnia delle Indie Orientali. La politica della compagnia mirò in seguito al consolidamento e all'estensione di queste acquisizioni. Nel 1773 l'istituzione, nata come impresa commerciale privata, divenne per volontà del parlamento un ente semi-ufficiale del governo britannico. La realizzazione della politica britannica in India fu facilitata dal declino ormai irreversibile dell'impero Moghul.
Il ricorso alla forza militare (unito alla corruzione dei governanti locali) fu il principale strumento di colonizzazione dell'India. La mancanza di unità fra i diversi regni e principati indiani favorì l'affermarsi del predominio britannico sull'intero subcontinente e sulle regioni confinanti, in particolare la Birmania (l'attuale Myanmar). Non mancarono tuttavia episodi di resistenza, il più importante dei quali fu la guerra combattuta dai Sikh (1845-1849) e terminata con l'annessione del Punjab da parte del governo britannico. L'unico tentativo di alleanza fra i centri del potere indiano fu quello capeggiato dai Maratti, e annullato dall'accordo di Salbai (1782). Dopo il Punjab vennero annessi i regni di Satara, Jaipur, Sambalpur, Jhansi e Nagpur, a opera del governatore James Ramsay, decimo conte di Dalhousie.
Le nuove acquisizioni britanniche accrebbero il malcontento della popolazione indiana che sfociò in una cospirazione su larga scala tra i sipahi, le truppe indiane al servizio della Compagnia delle Indie Orientali. Una rivolta generale, nota come l'Ammutinamento Indiano o dei Sipahi, scoppiò a Meerut, nei pressi di Delhi, il 10 maggio del 1857. In breve tempo gli ammutinati occuparono Delhi e altri centri strategici. I combattimenti continuarono fino al 1859, ma già nel giugno del 1858 i principali centri dell'insurrezione erano caduti.
A ciò seguì un periodo di brutali rappresaglie da parte delle truppe britanniche. Le autorità giudiziarie della Compagnia delle Indie Orientali arrestarono Bahadur Shah II e lo condannarono all'ergastolo, mettendo fine alla dinastia moghul. Grande risultato dell'Ammutinamento Indiano fu, nel 1858, il termine dell'amministrazione della Compagnia e il passaggio dell'India al governo diretto dalla corona britannica.
L'India britannica e il sorgere del nazionalismo
Molti abusi compiuti in India durante il dominio della Compagnia delle Indie Orientali vennero eliminati o ridotti quando il governo inglese assunse il controllo degli affari indiani. Furono attuate alcune importanti riforme in materia fiscale, giudiziaria, educativa e sociale; il sistema di opere pubbliche inaugurato da Dalhousie fu enormemente esteso. Il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione indiana, l'insofferenza nei confronti del dominio coloniale e un crescente sentimento nazionalistico furono le conseguenze più gravi ereditate dal governo britannico. A fomentare la tensione politica contribuì una serie di terribili carestie. Nel 1876 il governo britannico, avallando la proposta di Benjamin Disraeli, proclamò la regina Vittoria imperatrice dell'India.
Tra la fine del XIX secolo e i primi dieci anni del XX, l'India fu attraversata da un crescente fermento sociale e politico. L'élite intellettuale indiana, in parte formatasi in Occidente, introdusse nel paese alcuni aspetti del pensiero europeo. Il nazionalismo indiano cominciò a rappresentare una seria minaccia per la posizione britannica nel paese. Nei decenni seguiti all'Ammutinamento Indiano erano sorte diverse associazioni per la lotta contro il dominio britannico, tra cui la più influente era il Congresso nazionale indiano, fondato nel 1885.
Il movimento di protesta di Gandhi
Dopo la prima guerra mondiale la lotta politica si intensificò. In risposta alla ripresa dell'attivismo nazionalista, il parlamento britannico approvò le leggi Rowlatt che sospendevano i diritti civili e introducevano la legge marziale nelle zone dove si erano verificati tumulti e rivolte, in questo modo provocando un'ondata di violenza e disordini. In quest'epoca di agitazioni Mohandas K. Gandhi, un riformatore sociale e religioso di fede induista, conosciuto tra i suoi seguaci con il nome di Mahatma (in sanscrito "grande anima"), invitò il popolo indiano a rispondere alla repressione britannica con la resistenza passiva (Satyagraha). Il movimento di protesta assunse proporzioni prossime all'insurrezione il 13 aprile 1919, proclamato da Gandhi giornata di lutto nazionale in seguito al massacro da parte di truppe britanniche di una folla pacifica di manifestanti disarmati ad Amritsar, nel Punjab (vedi Massacro di Amritsar).
Il movimento antibritannico, di conseguenza, tornò a intensificarsi. La lotta poggiò soprattutto sulla politica di non-cooperazione perseguita da Gandhi a partire dal 1920 che invitava a boicottare le merci, le corti di giustizia, le istituzioni scolastiche britanniche, a non cooperare alla vita politica e a rinunciare ai titoli britannici eventualmente detenuti. A giudizio delle autorità britanniche, quelle intraprese da Gandhi erano attività sediziose e tra il 1922 e il 1942 il leader indiano, con altri eminenti attivisti tra i quali Sarojini Naidu, fu più volte incarcerato.
L'ondata di nazionalismo indiano, che aveva ricevuto un notevole impulso dopo il primo arresto di Gandhi, raggiunse uno stadio critico nella primavera del 1930. Il 12 marzo, in seguito al rifiuto britannico di concedere all'India lo status di dominion, Gandhi annunciò che si sarebbe messo alla testa di una violazione di massa del monopolio governativo del sale. Questa fu compiuta, dopo una lunga marcia, presso il golfo di Khambhat, dove l'acqua del mare venne fatta bollire per ricavarne il sale. In tutta l'India vennero compiute azioni analoghe con un'efficacia e un impatto simbolico molto profondi. All'arresto di Gandhi seguirono manifestazioni e tumulti a Calcutta, a Delhi e in altre città, per far fronte ai quali il governo ricorse ad arresti di massa; prima di novembre vennero incarcerati circa 27.000 nazionalisti indiani.
Infine, nel marzo del 1931, il governo britannico concordò una tregua con Gandhi che era stato rilasciato alcuni mesi prima insieme ad altri prigionieri politici, tra cui Jawaharlal Nehru, segretario del Congresso nazionale indiano e suo più stretto compagno di lotta. Nel frattempo la Lega musulmana, temendo un futuro dominio degli induisti, aveva avanzato la richiesta di privilegi speciali all'interno dell'eventuale dominion. Ne risultò una grave controversia, che sfociò in veri e propri scontri tra induisti e musulmani in molte comunità del paese. Ad aggravare i conflitti interni si aggiunse la grande crisi del 1929, che annientò l'economia indiana.
Nel 1935, il parlamento britannico approvò il Government of India Act (Legge sul governo dell'India), che istituiva organi legislativi autonomi nelle province dell'India britannica e prevedeva la protezione della minoranza musulmana. La legge istituiva inoltre un'assemblea legislativa nazionale bicamerale e un organo esecutivo dipendente dal governo britannico. Seguendo l'orientamento di Gandhi, il popolo indiano approvò queste misure che entrarono in vigore il primo aprile 1937; ciò nonostante, molti membri del Congresso nazionale indiano continuarono a richiedere la completa indipendenza del paese.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale il viceré dell'India, Victor Hope, dichiarò guerra alla Germania in nome dell'India. Questo passo, intrapreso in conformità con la costituzione del 1937 ma senza consultare la leadership indiana, diede nuovo impulso alle richieste di autonomia.
Il movimento di disobbedienza civile riprese nell'agosto del 1942. Gandhi, Nehru e migliaia di sostenitori furono arrestati, e il Congresso nazionale indiano fu dichiarato illegale. Approfittando della situazione interna indiana, e con l'aiuto del nazionalista estremista Subhas Chandra Bose, i giapponesi intensificarono le operazioni militari dando inizio nel marzo 1944 all'invasione dell'India, lungo un fronte di 322 km al confine con la Birmania, venendo gradualmente respinti da truppe anglo-indiane.
Nel giugno 1945 l'India aderì alle Nazioni Unite. Tre rappresentanti del governo britannico tentarono nuovamente di giungere a un accordo con i leader indiani nella primavera del 1946, ma i negoziati fallirono. Nel mese di giugno il viceré britannico Archibald Wavell annunciò la formazione di un governo "ponte" di emergenza, a cui anche la Lega musulamana decise di aderire; tuttavia in diverse zone dell'India si intensificarono scontri a carattere locale tra musulmani e induisti.
Alla fine del 1946 la situazione politica dell'India era al limite dell'anarchia. Il primo ministro britannico annunciò nel 1947 che il suo governo si sarebbe ritirato dal paese e si temette lo scoppio di una guerra civile tra induisti e musulmani. Il viceré Louis Mountbatten suggerì al governo britannico l'immediata suddivisione dell'India come unico mezzo per evitare la catastrofe. Un disegno di legge che adottava la proposta di Mountbatten fu presentato al parlamento britannico il 4 luglio, ottenendo la rapida e unanime approvazione di entrambe le camere.
L'indipendenza
In base a quanto previsto dall'Indian Independence Act, la Legge per l'indipendenza indiana, entrata in vigore il 15 agosto 1947, l'India e il Pakistan furono istituiti come stati indipendenti all'interno del Commonwealth, con il diritto di recedere da esso. Il governo indiano scelse di rimanerne membro. I nuovi stati furono creati sulla base di criteri religiosi, assegnando all'India i territori abitati in prevalenza da induisti e al Pakistan le aree a maggioranza musulmana.
Dopo il passaggio di poteri da parte del governo britannico, l'Assemblea costituente conferì il potere esecutivo a un consiglio di ministri, con Nehru primo ministro. Mountbatten divenne governatore generale del nuovo paese. La fine del dominio inglese fu accolta con entusiasmo dagli indiani di ogni confessione religiosa e tendenza politica.
Prevedendo le dispute di confine che si sarebbero verificate, soprattutto nel Bengala e nel Punjab, fu istituita una apposita commissione, con presidenza neutrale (britannica). Le raccomandazioni di questa commissione in merito al Bengala suscitarono lievi contrasti nella comunità locale, in gran parte grazie all'influenza dell'azione moderatrice di Gandhi. Nel Punjab, al contrario, le decisioni sulla linea di confine portarono quasi due milioni di sikh, tradizionalmente anti-musulmani, sotto la giurisdizione del Pakistan, scatenando violenti combattimenti. A questi seguì un esodo di massa di musulmani dal territorio dell'Unione Indiana verso il Pakistan, mentre sikh e induisti si spostarono dal Pakistan all'Unione.
Il Kashmir, popolato in grande maggioranza da musulmani ma retto da un induista, divenne la principale fonte di attrito tra India e Pakistan. Il 24 ottobre 1947 vi fu proclamato un "Governo provvisorio del Kashmir" da parte di insorti musulmani. Tre giorni dopo Hari Singh, il maharaja induista del Kashmir, annunciò l'adesione del Kashmir all'Unione Indiana. Il governo indiano, riconoscendo la decisione del maharaja, inviò immediatamente alcune truppe a Srinagar, capitale del Kashmir e principale obiettivo degli insorti.
I combattimenti proseguirono per tutto il 1948 ma nel gennaio del 1949 gli sforzi del Consiglio di Sicurezza per riportare la pace ebbero finalmente successo; India e Pakistan accettarono un plebiscito sul futuro politico del Kashmir, da tenersi sotto la supervisione dell'ONU. Il piano delle Nazioni Unite prevedeva tra l'altro il ritiro delle truppe attive nello stato, il ritorno dei profughi che desideravano partecipare al plebiscito e operazioni di voto libere e imparziali sotto la direzione di una "personalità di alto profilo internazionale". Nel marzo del 1949 il segretario generale dell'ONU Trygve Lie nominò l'ammiraglio americano Chester William Nimitz supervisore del plebiscito nel Kashmir.
Nel frattempo sia l'Unione Indiana sia il Pakistan avevano perso leader di primo piano. Gandhi fu assassinato da un fanatico induista il 30 gennaio 1948 e Jinnah, fondatore del Pakistan, morì nel settembre del 1948.
Nonostante l'accordo tra India e Pakistan, raggiunto nel luglio del 1949, sulla reciproca linea di confine nel Kashmir, le divergenze sul ritiro delle rispettive forze militari prima del plebiscito rimasero insanabili.
I primi anni della Repubblica
L'Assemblea costituente indiana approvò una costituzione repubblicana per l'Unione il 26 novembre 1949. Secondo quanto previsto dalla costituzione, la repubblica venne formalmente proclamata il 26 gennaio. Il governo Nehru, in continuità con la linea politica del periodo pre-repubblicano, mantenne, rispetto alla guerra fredda, una posizione generalmente neutrale. La determinazione dell'India a evitare l'allineamento divenne sempre più evidente in seguito allo scoppio della guerra di Corea nel giugno del 1950. Il governo indiano, pur approvando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la quale si invocavano sanzioni militari contro la Corea del Nord, non partecipò con l'invio di contingenti armati all'azione dell'ONU e compì autonomamente ripetuti tentativi per riportare la pace in Estremo Oriente.
Il primo anno della storia repubblicana venne funestato da una serie di calamità naturali, in particolare una diffusa siccità nell'India meridionale e gravi terremoti e inondazioni nell'Assam. Nel dicembre del 1950 l'India dovette chiedere agli Stati Uniti aiuti alimentari.
Il primo marzo 1952 vennero annunciati i risultati delle prime elezioni generali della Repubblica Indiana basate sul suffragio universale. Il Congresso nazionale indiano, il partito al potere, risultò vincente nella maggioranza degli stati membri. A maggio il collegio elettorale di recente costituzione elesse Rajendra Prasad alla presidenza del paese con un mandato di cinque anni.
Nel giugno del 1952 l'India, che aveva boicottato la conferenza di pace giapponese del 1951, concluse un trattato di pace bilaterale con il Giappone, in cui figurava la rinuncia a qualunque riparazione. Nel mese di settembre il governo indiano accettò aiuti alimentari dalla Repubblica Popolare Cinese e dall'Unione Sovietica, ma solo in seguito all'accettazione da parte dei due paesi delle condizioni indiane contro possibili "vincoli politici". La questione del Kashmir fu temporaneamente risolta nel 1954 con l'adesione del territorio alla Repubblica Indiana.
I primi ministri di India, Pakistan, Birmania, Indonesia e Sri Lanka si riunirono nell'isola di Sri Lanka tra il 28 aprile e il 2 maggio 1954. Essi approvarono tra l'altro una dichiarazione di appoggio per la Conferenza di Ginevra sulle questioni dell'Estremo Oriente, convocata per discutere la possibilità di una conclusione della guerra di Indocina di fronte all'imminente sconfitta francese. Alla fine di giugno, una serie di incontri tra Nehru e il premier cinese Chou En-lai, tra i delegati alla Conferenza di Ginevra, produsse una dichiarazione congiunta in cui si sollecitava una soluzione politica. In base agli accordi per il cessate il fuoco raggiunti nel mese di luglio, l'India presiedette la Commissione internazionale tripartita, creata per sovrintendere all'esecuzione degli accordi.
Nel corso del 1954 vi fu un continuo peggioramento nelle relazioni indiano-portoghesi, dovuto alle insistenti richieste dei nazionalisti indiani affinché il Portogallo rinunciasse ai suoi possedimenti in India. Nell'agosto del 1955 forze di sicurezza portoghesi spararono su un gruppo di manifestanti indiani che attraversavano il confine con Goa. L'India sospese immediatamente le relazioni diplomatiche con il Portogallo.
Questioni interne
Il 26 gennaio 1957 l'India dichiarò lo stato del Kashmir parte integrante della Repubblica Indiana, in conformità a quanto deciso dall'Assemblea costituente del Kashmir. A ciò fecero seguito nel Pakistan numerose rivolte e il paese presentò una energica protesta alle Nazioni Unite. Alle elezioni nazionali del febbraio e marzo del 1957, il Partito del Congresso conquistò 366 dei 494 seggi; con 29 seggi, i comunisti divennero il principale partito di opposizione, ottenendo inoltre il controllo dello stato del Kerala. Il primo ministro Nehru e il presidente Prasad conservarono le proprie cariche.
Nel maggio 1960 lo stato di Bombay venne diviso secondo criteri linguistici nei due stati del Maharashtra e del Gujarat. Per placare la ribellione delle tribù naga, Nehru annunciò la prossima creazione di un nuovo stato del Nagaland, ricavato dallo stato dell'Assam, mentre alle rivendicazioni di alcuni elementi della popolazione sikh di uno stato indipendente in una parte del Punjab fu data risposta nel 1966 attraverso la formazione del nuovo stato dell'Haryana.
Durante la rivolta del Tibet del marzo 1959, quasi 9000 profughi tibetani cercarono asilo politico in India. In seguito scoppiarono scontri di confine tra forze militari cinesi e indiane e in agosto truppe cinesi penetrarono nel territorio indiano. Nell'aprile del 1960 fallì la conferenza indetta per risolvere la crisi, a cui parteciparono Nehru e Chou En-lai.
Gli anni Sessanta e Settanta

Nel corso del 1962 si aggravò la disputa di confine tra Cina e India. All'inizio dell'anno i due paesi aumentarono il numero degli avamposti lungo il conteso territorio di confine nell'alto Himalaya, e in ottobre i cinesi attaccarono gli avamposti indiani penetrando all'interno del confine occidentale e orientale. L'avanzata cinese si arrestò solo all'annuncio di un cessate il fuoco unilaterale da parte di Pechino alla fine di novembre. Questa crisi causò una drastica revisione della difesa indiana, e l'allontanamento dal governo del ministro della Difesa V.K. Krishna Menon, un convinto neutralista.
Il 27 marzo del 1964 Nehru morì. A ricoprire la carica fu eletto Lal Bahadur Shastri, ex ministro degli affari interni, alla successione del quale fu scelta la figlia di Nehru, Indira Gandhi.
Nel 1969 il nuovo primo ministro riportò una importante vittoria sull'ala conservatrice del Partito del Congresso, quando l'ex vice presidente Varahagiri Venkata Giri, candidato della premier, sconfisse alle elezioni presidenziali il candidato ufficiale del Congresso. Quest'ultimo giunse così alla scissione: da un lato il Vecchio Congresso, formato dall'ala conservatrice; dall'altro il Nuovo Congresso, diretto da Indira Gandhi, che conseguì una vittoria eclatante alle elezioni del 1971, l'anno del conflitto indo-pakistano. L'India appoggiò la secessione del Pakistan orientale dal Pakistan, e riconobbe la nuova nazione del Bangladesh.
Intorno alla metà degli anni Settanta le condizioni economiche indiane peggiorarono sensibilmente: aumentò la disoccupazione ed esplosero rivolte che rivendicavano migliori condizioni di vita. Si intensificarono inoltre le accuse di corruzione rivolte al governo. Il 18 maggio 1974 l'India compì il primo esperimento nucleare e in agosto fu eletto alla presidenza nazionale un candidato sostenuto dalla Gandhi, Fakhruddin Ali Ahmed.
Nel giugno del 1975 la premier fu accusata di brogli elettorali in occasione delle elezioni del 1971. Condannata dalla corte di Allahabad alla perdita del mandato parlamentare, Indira Gandhi proclamò lo stato di emergenza e fece arrestare i capi dell'opposizione.
All'inizio del 1977, tuttavia, il primo ministro indisse un'elezione generale, sperando di ottenere il consenso popolare. Al contrario, Indira Gandhi perse il proprio seggio in parlamento e per la prima volta dal 1952 il Partito del Congresso non riuscì a conquistare la maggioranza. Il Partito Janata, una coalizione di opposizione, conquistò circa la metà dei seggi e Morarji R. Desai, che lo guidava, fu nominato primo ministro. L'emergenza rientrò e le misure repressive introdotte dal governo Gandhi furono revocate. Indira Gandhi, tuttavia, continuò a esercitare un forte carisma personale e presto un suo nuovo partito, nato dalla scissione del Partito del Congresso, vinse le elezioni nelle regioni del sud e nel Maharashtra.
Nel gennaio 1979, dopo essere stato al potere per oltre due anni, il governo Janata perse la maggioranza parlamentare e Desai diede le dimissioni. Le elezioni del 1980 sancirono l'ampia vittoria del partito di Indira Gandhi, che tornò a rivestire la carica di primo ministro. In seguito alla morte di Sanjay, il suo seggio in parlamento fu occupato dal fratello, Rajiv Gandhi, che appariva il successore designato di Indira Gandhi.
Gli anni Ottanta e Novanta
Alle richieste di autonomia del Punjab avanzate dai sikh, Indira Gandhi rispose appoggiando la candidatura presidenziale di Zail Singh che, nel luglio del 1982, divenne il primo capo di stato indiano di religione sikh. Le agitazioni autonomistiche, tuttavia, continuarono con diversi incidenti terroristici e nel 1983 la Gandhi pose il Punjab sotto il diretto governo del presidente, attribuendo alle forze di polizia poteri straordinari.
Il centro della resistenza sikh era il Tempio d'Oro di Amritsar. Il 2 giugno 1984, questo fu occupato da militari nel corso di una controversa operazione in cui vennero uccisi centinaia di sikh e sequestrati depositi di munizioni. I militari si ritirarono prima della fine del mese, ma la violenza e la rabbia tra i nazionalisti sikh non si placarono. Il 31 ottobre Indira Gandhi fu uccisa da un colpo d'arma da fuoco sparato da militari sikh che facevano parte della sua guardia del corpo. Nei tumulti che seguirono, almeno 1000 sikh furono linciati dalla folla. Rajiv Gandhi divenne primo ministro poche ore dopo la morte della madre.
Riaffermata la sua leadership nelle elezioni parlamentari del dicembre 1984, Gandhi rispose alle agitazioni dei sikh accordando l'espansione dei confini del Punjab.
All'inizio del 1987 forze armate indiane furono inviate in aiuto allo Sri Lanka per reprimere una ribellione della guerriglia tamil. Un accordo di pace fu sottoscritto a luglio, ma i violenti scontri non si arrestarono. Nel mese di luglio dello stesso anno l'elezione di Ramaswami Venkataraman alla carica di presidente sembrò consolidare la posizione di Gandhi. Tuttavia, accuse di corruzione e cattiva conduzione del partito, oltre all'incapacità di Gandhi di affrontare efficacemente le richieste di autonomia nel Punjab e nel Kashmir, indebolirono il Partito del Congresso (I) che alle elezioni del novembre 1989 perse la maggioranza parlamentare. Primo ministro divenne Vishwanath Pratap Singh, leader del Partito Janata Dal. Nel 1990, una divisione interna al partito di Singh portò alla caduta del suo governo, ormai minoritario; gli succedette il suo maggiore rivale, Chandrasekhar, il cui governo diede le dimissioni nel marzo del 1991 aprendo la strada a nuove elezioni. Durante la sua campagna elettorale, Rajiv Gandhi fu ucciso da un attentatore tamil. Gli elettori attribuirono la maggioranza parlamentare al Congresso-I; e l'ex ministro degli esteri e sostenitore di Gandhi, P.V. Narasimha Rao, divenne primo ministro.
Nei primi anni Novanta è tornata a crescere la tensione tra l'India e il Pakistan per il Kashmir (vedi Jammu e Kashmir). A partire dal 1989 nello stato di Jammu e Kashmir in India si sono avuti sporadici scontri fra l'esercito indiano e militanti separatisti musulmani, in lotta per la formazione di uno stato indipendente o l'unione con il Pakistan musulmano. Il primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto ha apertamente appoggiato i ribelli musulmani nel Kashmir indiano. Nel gennaio 1994 i colloqui tenutisi tra l'India e il Pakistan per discutere la situazione della regione contesa non hanno prodotto risultati. Molti paesi temevano che la controversia sul Kashmir potesse degenerare verso un conflitto nucleare, considerato il programma di sviluppo degli armamenti nucleari perseguito dal Pakistan.
Alle elezioni nazionali della fine del 1994 il Congresso-I ha subito una severa sconfitta nel sud del paese. La perdita del consenso è stata in parte la conseguenza delle continue rivolte e tensioni religiose che avevano segnato il 1993, ma rifletteva anche lo scontento popolare per le riforme economiche di tipo liberista introdotte dal governo Rao dopo il 1991. Sebbene, infatti, l'apertura economica abbia da un lato favorito la crescita del paese, dall'altro essa ha anche comportato un forte aumento dell'inflazione, l'aumento dei prezzi e la riduzione dei posti di lavoro in alcune zone. Nel maggio 1996 le urne hanno decretato la sconfitta del Partito del Congresso del premier Rao; nel mese seguente fu formato il nuovo governo, con una coalizione di sinistra guidata da Deve Gowda e Janata Dal nella funzione di primo ministro. La vittoria dei nazionalisti indù del Bharatiya Jantata Party (BJP) ha tuttavia suscitato lo sconcerto tra le minoranze musulmana, cristiana e sikh, che temono la politica xenofoba e di caste sostenuta dal nuovo partito alla guida del paese.

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