Vita, opere e filosofia di Arthur Schopenhauer

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Vita e opere
Fra gli avversari di Hegel Schopenhauer fu probabilmente quello passionalmente più coinvolto, tanto che si spinse a qualificarlo come un «accademico mercenario», un «sicario della verità» e il suo pensiero è una «buffonata filosofica» e al sistema hegeliano Schopenhauer oppose la propria «verità non rinumerata», verità che consegnò nella sua opera maggiore, Il mondo come volontà e rappresentazione, pubblicata nel 1819 a 33 anni. Arthur Schopenhauer era nato a Danzica nel 1788 e anche se fu avviato dal padre al commercio, decise di darsi agli studi e si iscrisse all'università di Gottinga dove ebbe come maestro lo scettico Schulze il quale lo indirizzò allo studio di Kant e di Platone. Nel 1813 ricevette la laurea in filosofia all'Università di Jena con la dissertazione Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente . A Weimar la madre diede luogo ad un salotto nel quale Schopenhauer ebbe modo di conoscere personalità quali Goethe e Friedrich Mayer che lo introdusse al pensiero indiano, ma quando la madre accolse in casa un suo ammiratore i già difficili rapporti con il figlio peggiorarono irrimediabilmente e Schopenhauer si trasferì a Dresda dove ultimò Il mondo come volontà e rappresentazione anche se questa prima edizione andò al macero. Ammesso all'Università di Berlino tenterà di ostacolare l'operato di Hegel e tra il '20 e il '31 terrà lezioni in corrispondenza di Hegel tentando di sottrargli allievi, ma solo all'inizio sembrò riuscire nel suo intento infatti dopo il primo semestre rimase senza studenti. Arrivata la peste a Berlino Schopenhauer tenterà la fuga stabilendosi a Francoforte e quì resto fino alla morte avvenuta nel 1860. Nel frattempo aveva pubblicato La volontà della natura 1836, e nel 1841 I due problemi fondamentali dell'etica.

La filosofia
Per capire la filosofia di Schopenhauer è indicativo la sua opera maggiore Il mondo come volontà e rappresentazione, che rappresenta per intero il suo pensiero, la quale inizia con le parole «Il mondo è una mia rappresentazione». Il punto da cui parte Schopenhauer è il dualismo volontà-rappresentazione, che ricorda molto la filosofia di due grandi pensatori quali Kant e Platone, ma con le dovute differenze. Sia Kant sia Platone partono da un dualismo, per il primo tra fenomeno e noumeno e per il secondo tra realtà sensibile e mondo delle idee, ambedue facendo quindi una differenza tra realtà in se ed apparenza ingannevole, Schopenhauer parte da questo presupposto, ma creerà una filosofia definita da lui stesso anti-kantiana. Come abbiamo detto in precedenza la realtà è rappresentazione che viene a noi attravero le forme a priori di Spazio e Tempo, unite con l'unica categoria che Schopenhauer riconosce tra le 12 poste da Kant ovvero quella della causalità. E' tramite questa categoria che gli oggetti determinati spazialmente e temporalmente si pongono uno come determinante (causa) e l'altro come determinato (effetto) talché «l'intera esistenza di tutti gli oggetti, in quanto oggetti, rappresentazioni e null'altro, in tutto e per tutto fa capo a quel loro necessario e scambievole rapporto».
La rappresentazione è ciò che noi vediamo della realtà e che non ha alcun fondamento oggettivo equello che noi riteniamo che sia la realtà è un semplice inganno. Schopenhauer è anche il primo filosofo che fonde la filosofia occidentale con degli elementi provenienti dalla cultura orientale e questo si evince proprio nella spiegazione della nostra rappresentazione della realtà che è coperta dal velo di Maia (divinità buddista che utilizzava il velo come strumento per far credere reali delle semplici illusioni) e che quindi non è colta da noi nella sua essenza e lo scopo di Schopenhauer è di fuoriuscire dalla dimensione illusoria strappando il velo per raggiungere la realtà. Per strappare il velo di Maia, Schopenhauer usa l'immagine del castello circondato dall'acqua col ponte levatoio sollevato: il viandante può osservarlo da tutti i lati ma ne rimarrà sempre fuori. Noi possiamo esaminare la realtà da tutti i lati ma ne rimaniamo sempre fuori. Il cunicolo che ci consente di andare al di là delle illusioni è il nostro corpo che rappresenta l'unica realtà che non ci è data solo come immagine (noi viviamo il nostro corpo anche dall'interno) e quindi la corporeità è l'unico modo per andare al di là della rappresentazione e afferrare l'essenza delle cose, Schopenhauer non è interessato all'introspezione ma il corpo è solo un mezzo metafisico per arrivare alla realtà. Percorrendo questa strada si individua una realtà sostanziale che è la volontà di vivere, che ha un valore universale. Essa è la realtà sostanziale, la forza tragica portatrice di dolore, il fondamento del reale, è la brama, il desiderio di esistere, è la vera essenza delle cose. Della volontà noi conosciamo 4 aspetti :
1) la volontà di vivere è inconscia: non riguarda solo le creature dotate di coscienza ma riguarda tutto il mondo animato e inanimato
2) la volontà di vivere è unica perché si colloca al di là della categoria dello spazio (= prima categoria della razionalità). La divisibilità, la molteplicità comporta lo spazio
3) la volontà di vivere è eterna perché è oltre il tempo, c'è sempre stata e sempre sarà. Il tempo è la seconda categoria razionale
4) la volontà di vivere è incausata e senza scopo: non ha né una causa né un fine, è oltre la causalità (= terza categoria della razionalità) .
Schopenhauer afferma quindi che le categorie della razionalità (Spazio tempo e causalità) non ci permettono di conoscere la realtà, ma solo una sua rappresentazione di essa e per questo bisogna uscire dalla razionalità ed abbandonarsi all'irrazionalità ovvero alla volontà di vivere. Questa volontà di vivere provoca in noi un impeto insaziabile che genera conflitto e quindi dolore e man mano che raggiungiamo un livello più alto di conoscenza cresce in noi il desiderio di raggiungere un grado più alto e quindi nuova angoscia. Nessuna soddisfazione è durevole poiché rappresenta soltanto il punto di partenza di un nuovo tendere (noia). Schopenhauer giunge così al pessimismo ed alle critiche alle concezioni ottimistiche dell'800:
• Ottimismo cosmico: concezione dell'universo secondo cui il cosmo è organizzato in modo armonioso
1. di stampo religioso: l'armonia del cosmo è data da Dio
2. di stampo laico: l'armonia del cosmo è intrinseca alle cose stesse ed è riconducibile a una forza razionale non divina (Hegel: logos). Schopenhauer ritiene che nell'universo non esiste alcun ordine, l'universo è caos perché la potenza che governa il cosmo (volontà di vivere) è irrazionale.
• Ottimismo sociale: ottimismo di chi ritiene possibile realizzare la società buona. Secondo Schopenhauer quest'idea è un'illusione: non è possibile realizzare una società più giusta perché la convivenza pacifica tra gli uomini è impossibile poiché sono animati dalla volontà di vivere che spinge ad affermare se stessi à scontro. Società = inferno di egoismo.
• Ottimismo storico: concezione secondo cui nella storia c'è un progresso, un miglioramento (illuminismo, positivismo, idealismo hegeliano). Schopenhauer dice che le cose nella storia cambiano ma ciò che cambia è solo la superficie delle cose (la rappresentazione), la natura delle cose è la stessa perché la volontà di vivere (realtà) è sempre quella. Concezione negativa della storia: la storia è un epifenomeno (non tocca la verità profonda delle cose), la realtà profonda degli uomini è immutabile.
A questo punto una soluzione possibile potrebbe essere individuata nel suicidio, ma esso non è una soluzione perché non è sufficientemente radicale, è una soluzione di superficie. Con il suicidio non si tocca la ragione di sofferenza di un individuo, il suicidio nega non la vita ma la propria condizione: se le condizioni negative si risolvono non è con il suicidio. Schopenhauer afferma che il modo per fuoriuscire dal dolore è negare la causa del dolore ovvero la volontà di vivere. E le strade che ci liberano dal dolore attraverso la negazione della volontà di vivere sono:
1. l'arte e la contemplazione estetica: la contemplazione estetica è l'atto durante il quale godiamo a tal punto di un'opera d'arte da dimenticarci di noi stessi e provare quindi sollievo, la contemplazione estetica ci libera dal dolore perché ci libera di noi stessi. Il limite di questa strada è che è delimitata nel tempo e finita la contemplazione l'individuo ritorna al dolore;
2. etica della pietà (o compassione): sentire le sofferenze dell'altro come se fossero le mie sofferenze. Superamento dell'antagonismo tra gli individui perché le sofferenze discendono da un nemico comune (la volontà di vivere) e solidarietà. Il fondamento è di tipo affettivo, emotivo, non è sufficiente che mi renda conto che l'altro soffre ma ci vuole un coinvolgimento affettivo. Si esprime attraverso 2 virtù cardinali:
• giustizia: astenersi dal fare del male all'altro
• carità: fare del bene all'altro;
3. ascesi: itinerario personale che si basa sul progressivo spegnimento della volontà di vivere. La prima tappa di questo percorso è la castità. La sessualità serve alla riproduzione della vita à per spegnere la volontà di vivere bisogna rinunciare alla sessualità. Si sfocia così nel nirvana (assoluto nulla, momento in cui la vita è talmente spenta che la singola individualità non esiste). Dove c'è desiderio non ci può essere felicità poiché non desiderare e il non vivere è meglio del vivere perché esso è la fonte di ogni sofferenza (anticristiano).

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