Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
Download: | 485 |
Data: | 08.11.2007 |
Numero di pagine: | 16 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Download
Anteprima
umanesimo-pomponazzi_1.zip (Dimensione: 17.59 Kb)
trucheck.it_umanesimo-e-pomponazzi.doc 64 Kb
readme.txt 59 Bytes
Testo
L’UMANESIMO
L’umanesimo ed il rinascimento, fenomeni nati in Italia con il loro fulcro a Firenze, sono fenomeni dove si ha la ricompattazione dei saperi con la centralità dell’uomo e della natura che viene osservata e studiata con occhi diversi con la rinascita del naturalismo e della farmacopea grazie alla quale, studiando le diverse erbe e pietre, si cerca di curare il microcosmo che era l’uomo che non è più considerato come un essere divino, ma un essere che fa parte del macrocosmo natura con il quale può interagire proficuamente.
Si riprende l’aristotelismo soprattutto la sua filosofia naturalistica, dato che nel Medioevo si era studiata solo la logica e la Metafisica, mentre ora si riprende la Fisica, le quattro cause, il divenire, il passaggio da potenza ad atto ecc.
La prima università aristotelica sarà quella di Padova che diventerà Veneziana: ciò fa capire il motivo per cui Padova partecipa alla mentalità laica di Venezia che non è soggetta alla censura del papa ed è aperta commercialmente.
Il platonismo invece si era diffuso a Firenze con il Ficino.
Il più importante ricopritore di Aristotele fu POMPONAZZI: a Padova arriva infatti la diatriba tra gli AVERROISMI (seguaci dell’arabo Averroè) e gli ALESSANDRISTI (seguaci di Alessandro di Afrodisia): questa diatriba riguardava il de Anima di Aristotele.
Nel de Anima si parla infatti di un intelletto potenziale e di un intelletto in atto: le sensazioni provate dall’uomo dunque grazie al intelletto che è in potenza passano all’atto (universali), il pensiero in atto infatti non è individuale, ma è unico e separato e l’intelletto passivo muore con il corpo dato che servendo a far passare all’atto le sensazioni, morto il corpo non né ha più la necessità.
Ma allora l’intelletto attivo muore o no??
Gli averroismi che sono islamici e dunque anche religiosi affermano che l’intelletto attivo sia immortale, mentre gli alessandristi affermano che muore anche questo.
Nel campo religioso questa diatriba viene risolta da S. Tommaso il quale sostiene l’esistenza, oltre all’intelletto attivo di un’anima immortale che è individuale.
A Padova però non si ragionerà su S. Tommaso perché con lui si guarda solo la fede, mentre bisogna ragionare sull’anima come motore del divenire: non va dimenticato che gli umanisti sono laici e dunque il recupero di Aristotele non è religioso, ma naturalistico.
Dunque se si interpreta uno scritto pagano con una tradizione religiosa, cristiana o islamica che sia, si troveranno sicuramente conflitti tra la ragione e la fede. Mentre per il cristianesimo tra i due ambiti, cioè tra la fede e l’intelletto, la prima ha la priorità, gli islamici inventano un escamotage, quello della doppia verità : infatti secondo la fede l’intelletto sarà immortale, mentre per la filosofia no. questo sistema che sarà in seguito criticato da Galilei, permette al Pomponazzi di portare avanti nella laica Padova, influenzata da Venezia, le sue ricerche naturalistiche dato che qualsiasi cosa egli ricerchi non configgerà con la verità di fede, non scalfisce le persone di fede e permette la libertà di studio.
Pomponazzi scrive un libro intitolato “Sugli incantamenti” nel quale afferma che quelli che sono ritenuti eventi sovrannaturali, in realtà sono fatti naturali e quindi razionalmente indagabili. Sono infatti gli astri che grazie a determinati allineamenti rappresentano la volontà di Dio il quale agisce sulle nostre vicende: questi avvenimenti sono interpretati dagli uomini come avvenimenti sovrannaturali.
L’universo infatti è un oggetto naturale dentro al quale esistono moti naturali (vedi Aristotele e poi Tolomeo), grazie ai quali si consolida la scienza del tempo.
Il cielo di Aristotele ci dice per cui che Dio deve essere lasciato da parte dato che Egli volendo agire, agisce sugli astri.
Per il mondo pagano, per il quale non esistevano eresie, gli astri erano divini perché eternamente tali, mentre Pomponazzi scavalca questa che per la fede cristiana sarebbe un’eresia affermando che Dio agisce sugli astri eterni per agire su di noi in una maniera continuativa.
Il miracolo per cui non è la sospensione delle leggi naturali dato che Dio agisce rispettando Egli stesso le leggi prestabilite da lui, per cui le stesse epidemie sono causate da allineamenti strani degli astri.
Così Pomponazzi parla seguendo l’escamotage della doppia verità a proposito dell’immortalità dell’anima: un motivo naturale per cui l’anima dovrebbe essere immortale non esiste perché morto il corpo l’anima non anima più niente, però da un punto di vista della fede l’anima è immortale perché così potrà accedere alla salvezza eterna. In questo modo egli cerca di essere il più naturalista possibile.
Un altro filosofo naturalista è lo Zabarella il quale inventa un nuovo metodo scientifico: mediante l’osservazione del cielo e vedendo il moto circolare degli astri inventa un metodo detto METODO CIRCOLARE: si parte infatti dall’osservazione del fenomeno poi passo alla formulazione d un’ipotesi e di una spiegazione generale, e di nuovo osservo il fenomeno per vedere se l’ho davvero spiegato mediante il REGRESSO.
Riscoperta del platonismo
Platone viene riscoperto nell’umanesimo, anche se già nel medioevo circolavano le traduzioni di quelle opere ritenute più affini alla religione cristiana come il Ferdo, il Fedone ed il Timeo:
• Fedro: parla dell’immortalità dell’anima; contiene inoltre il mito della biga alata. È importante anche per la dottrina dell’amore ripresa dal Simposio, e della bellezza che essendo l’idea più visibile nell’iperuranio diventa l’emblema della filosofia;
• Fedone:racconta gli ultimi giorni di Socrate;
• Timeo: non è un’opera naturalistica né ha a che fare con la fisica: vi si parla infatti, mediante un approccio pitagorico, della creazione del mondo da parte del Demiurgo il quale plasma l’uomo per amore.
Con la riscoperta di Platone non vediamo più solo elementi teologici, ma anche umani dato che l’aspetto umano veniva a coniugarsi con la teologia eliminando la doppia verità ed un naturalismo staccato dalla visione della natura, dato che la religione deve essere vista con gli occhi umani. Inoltre con il ritorno della dottrina platonica si riscopre anche la politica che è una virtù e può essere praticata dai saggi.
La culla del neoplatonismo diventa Firenze che dopo i concili di Ferrara, Firenze e Basileo alla quale partecipano molti scismatici d’oriente (volevano che il papa gli aiutasse a cacciare i turchi ottomani convertendosi anche al cattolicesimo), con l’egemonia medicea, chiama presso di se molti dotti bizantini tra i quali l’Argiropulo che otterrà la prima cattedra di greco.
Così i dotti oltre a portare la cultura greca e la lingua greca, portano anche la diatriba tra aristotelismo e platonismo cioè tra l’idealismo platonico e il naturalismo aristotelico: i primi filosofi che iniziano in Italia questo dibattito furono Pletone un radicale platonico e Trapeziunzio che voleva un ritorno all’aristotelismo, colui che invece cerca di mediare tra le due idee è il Besarione .
Niccolò Cusano
Cusano è un dotto umanista che mette l’uomo centrale che contempla il divino come un presenza incontrastabile. Secondo lui la conoscenza è analogica o proporzionale, anche se la conoscenza dell’uomo è sproporzionata a Dio perché in realtà l’uomo dotto è ignorante perchè più si avvicina alla verità più comunque il vicino è lontano e può solo mediante il suo intelletto intuire la verità, grazie alla sua capacità di avere delle visioni lucide e chiare, anche se non verificabili con la scienza: egli non conosce Dio, ma lo sa descrivere ed articolare.
Parla di tre infiniti:
• L’uomo è infinito perché tende infinitamente alla verità;
• Dio è un infinito perché è la coincidenza degli opposti.
• L’universo è infinito: Cusano in questo modo anticipa la rivoluzione astronomica anticipandola pur con motivi non scientifici, dato che ritiene che sia infinito perché è stato creato da Dio: diventa in questo modo un infinito potenziale perché non è ancora concluso.
Come si è già detto Dio è una coincidenza di opposti e per questa ragione è un infinito, per spiegare ciò Cusano afferma che se io Dilato una Circonferenza all’infinito essa coinciderà con il suo raggio perché entrambi sono infiniti: l’infinito è dunque una dimensione dove la circonferenza coincide con il suo raggio, Dio è la negazione del principio di identità dove A = -A, Dio è tutto, è implicato, complicato ed esplicato, cioè tutto ciò che si esplicita nell’uomo e nell’universo diventa finito e non contraddittorio, mentre in Dio coincide tutto dato che è infinito.
Intuisce inoltre che dato che l’universo è infinito la materia non può essere articolata diversamente, ma deve essere unica, abbattendo la materia sublunare (elementi empedoclei) ed anche quella sovralunare (Etere).
Anche in quanto al moto anticipa la rivoluzione scientifica intuendo vagamente il principio di inerzia: Aristotele aveva affermato che la causa del movimento è presente dato che accompagna l’effetto che non è un movimento naturale, ma avviene per necessità perché tende ad arrivare al suo luogo naturale, Cusano invece afferma secondo la teoria dei proiettili che il moto può continuare in infinito se non aggiungo altre forze o cause che lo possono fermare.
Pico della Mirandola
Scrive il così detto Manifesto dell’umanesimo, la sua opera celeberrima il de hominis digitate nel quale sostiene che l’uomo debba essere un uomo camaleonte che si adatta alle varie culture, dato che ha una sapienza che lo può aiutare in ciò diventando nello stesso tempo il Conte della Concordia (così verrà definito lo stesso Pico).
L’uomo trova la sua dignità nel fatto che non ha un’essenza né un fine prestabilito come gli altri essere, per mostrare la validità della sua teoria riprende il mito di Prometeo ed Epimeteo contenuto nel Protagora di Platone: l’uomo trova la sua essenza nel fatto di essere vuoto cosa che è un bene ed un male contemporaneamente: egli è sempre in balia delle proprie scelte che possono essere giuste o sbagliare.
Machiavelli
Con la riscoperta della centralità dell’uomo e con l’idea della sua attività contro la vita solitaria si riprende la politica con un nuova figura il cancelliere.
La riflessione su se stesso diventa prioritaria, l’uomo diventa faber perché plasma la vita associata.
Uno dei massimi esponenti di questa teoria è Machiavelli che oltre ad essere un politico fu anche un letterato ed uno scrittore politico.
Le sue opere più celebri riguardo alla politica furono il principe ed i discorsi sulla prima deca di Tito Livio: quest’ultima opera viene recuperata da Machiavelli il quale le analizza in maniera approfondita perché offre degli exempla del mondo romana che poi Machiavelli riutilizzerà per fare una riflessione politica per spiegare come dovrebbe essere uno stato e come deve fare l’Italia ad eliminare un nodo che è la su apolitica. L’opera è più articolata ed interessante del principe che è un’opera nuova dedicata al duca d’Urbino ed a Cesare Borgia detto il Valentino.
Il principe è l’incarnazione dello stato: è naturale che il Machiavelli abbia scritto quest’opera dato che è un repubblicano cancelliere della repubblica di Firenze e non è a favore del principato mediceo tanto che al ritorno di Medici, dopo che erano stati esiliati da Firenze, egli preferirà ritirarsi a vita privata piuttosto che fare il cancelliere presso la loro corte.
Come modello di governo prende la repubblica di roma, non l’impero affermando che il principe deve mantenere lo stato intatto, anche amputando una parte del territorio durante le guerre, ma non deve mai perdere tutta la sovranità, come era successo durante le guerre d’Italia.
Qualora perdesse una guerra deve limitare le perdite, mantenendo lo stato forte con un esercito potente che non deve essere fatto di mercenari, che non sono affidabili perché cambiare fronte a seconda del miglior offerente, ma deve essere un esercito nazionale fedele al proprio principe, ed a nessun altro.
Il principe deve esercitare un potere in maniera assoluta: questa affermazione del Machiavelli non va confusa con la teoria dell’assolutismo, ma secondo lui il principe non deve rispettare norme religiose e morali , ma deve fare ciò che è utile per la salvezza dello stato.
Anche i romani utilizzavano la religione come strumentum regni, non deve esserci infatti una legge divina superiore a quella dello stato perché sennò il potere dello stato sarebbe amputato: lo stesso stato così deve istituire norme morali e religiose, mantenendosi laico.
È fondamentale così il decisionismo machiavelliano che afferma una morale e delle norme di pratica religiosa istituite dallo stato. È totalmente in contrapposizione al giusnaturalismo dato che il bene ed il male sono istituite e decise con la politica e quindi mediante le leggi.
il fine giustifica i mezzi: non è una frase del Machiavelli, ma molti gliela hanno attribuita per il suo decisionismo: infatti lo stato decidendo cosa è il bene e cosa è il male fa nascere delle leggi che permettono la sua esistenza: per esempio il pagare le tasse per lo stato è un bene, ma prima che nascesse il dovere fiscale nei confronti dello stato, non c’erano le tasse, e non c’era nemmeno un senso di partecipazione ad esso. La stessa cosa vale per esempio per il turpiloquio dato che se prima non c’era il divieto di turpiloquio qualora io dicessi una parolaccia non commettevo nessun reato.
Se però con la nascita delle leggi create dallo stato io non rispetto le leggi commetto un reato e mino lo stato: Machiavelli è dunque un realista e non produce una politica utopistica..
Il principe essendo Golpe e Lione deve saper prevedere le rivolte e nei suoi discorsi esaminava diffusamente questo argomento: un fratello sacrifica il marito della sorella e viene nominato eroe, con questo racconto Machiavelli afferma che è beato lo stato che non ha bisogno di eroi perché lo stato vero è quello con le leggi che guarda al bene di se stesso, qualora ci sia una situazione contraria c’è bisogno di eroi che si sacrifichino per la patria.
Thomas More
Uomo politico presso la corte di Enrico VIII non accetta il suo scisma e viene giustiziato. Egli scrive di politica in maniera opposta a quella del Machiavelli perché è utopistica.
L’utaopia era stata inaugurata da Platone nella Repubblica e rappresenta un senso di introvabilità (a-topia) quanto quello della sua felicità (eutopia).
Utopia è un’isola abitata dagli Utopi, non vi è divisione di lavori, è una dimensione naturale, ma anche di politica. Nel tempo libero come in quello lavorativo si vive in comunità.
Non c’è la proprietà privata dato che si sostiene un comunismo cristiano e religioso di natura naturale: sull’isola infatti c’è una religione naturale accettabile per pura via razionale dato che è ragionevole pensare ad un Dio creatore come lo è pensare ad una vita dopo la morte, ma non è altrettanto razionale pensare ad un Dio che si è fatto uomo o alla presenza dello stesso nell’ostia.
Così sull’isola gli utopi hanno una religione naturale, non c’è nessuna intolleranza e c’è il rispetto reciproco dato che con l’assenza di dogmi si evita la conflittualità tra gli abitanti.
Giusnaturalismo
Jean Bodin: francese scrive i sei libri sullo stato, opera contemporanea alla notte di S. Batolomeo, dove teorizza uno stato assolutistico. Lo stato infatti a suo avviso deve avere il monopolio del potere, dato che il re deve avere ogni podestà in mano sua (potere esecutivo, giudiziario e legislativo). Si può anche avvalere di ministri (etimologicamente servitori) che però non hanno un potere forte perché è anche il re che fa le leggi, ed anche i giudici sono impiegati del re anche se si fa aiutare dai ministri.
Il re pur essendo un re assoluto non deve essere un tiranno, ma lo diventa solo quando tiranneggia, cioè quando non usa più la razionalità e governa in maniera arbitraria e fa ciò che vuole.
Lo stato assoluto è così uno stato di diritti dato che le leggi devono valere per tutti tranne che per il re che non le deve rispettare: egli deve rispettare solo una sorta di legge divina che è il rispetto dell’umanità a prescindere dalla legge dello stato, una legge naturale. Si deve perciò rispettare gli uomini e la loro umanità, cioè la naturalità dello stato.
Per questo limite che Bodin pone viene considerato l’anticipatore del giusnaturalismo perché pone un limite precedente alla legge del re.
Se il re è un tiranno e viola le leggi della natura e governando in maniera arbitraria il popolo non può fare nulla perché sono dei sudditi non dei cittadini.
Bodin scrive l’Heptaploremes cioè un dialogo tra sette persone di religioni differenti, un cattolico, un luterano, un calvinista, un ebreo, un pagano, un musulmano e Faralba, il protagonista dell’opera, che ha una religione naturale che non ha dei dogmi, ma crede in cose naturali e razionalmente percepibili da tutti, dato che non trovano osservazioni problematiche.
Gentile: scrive il diritto della guerra nel quale afferma che la guerra è immorale dato che nell’ipotetico stato di natura non esisteva, ma c’era solo solidarietà, amicizia e pace. Secondo lui l’unica guerra legittima era quella difensiva perché è illegittimo l’attacco ad un altro stato dato che l’uomo naturalmente socievole e la guerra inizia solamente quando si ha la divisione tra gli uomini (Russou affermerà che ciò accade con l’inizio della proprietà privata essendo naturale il comunismo).
Altusio: anch’egli è un giusnaturalista secondo il quale è legittimo solo il potere del popolo e il re o il principe è solo colui che esercita una carica che gli conferisce il popolo stesso. Siamo così agli antipodi di Bodin. Altusio afferma inoltre che le leggi devono essere razionali e non devono configgere con la razionalità.
Grozio: scrive il diritto di pace e di guerra dove afferma che la legge positiva è quella che si basa sulla razionalità. Come Altusio afferma che il potere viene dal popolo il quale designa un re e la sovranità è divisa tra il popolo ed il re, cioè c’è una compartecipazione dei poteri dato che il popolo riesce in questo modo a controllare l’esercizio del potere.
Questa compartecipazione comporta in sostanza una sovranità controllata che legittima la rivoluzione di fronte ad un sovrano tiranno che vuole fare od ha già fatto un colpo di stato: la rivoluzione diventa così un modo del popolo per difendere se stesso e le leggi: con lui si inizia a parlare non più di comunismo, ma di liberalismo.
Anche nella religione occorre usare la ragione, cioè una religione come quella ipotizzata da More.
Pufendorf: anch’egli giusnaturalista parla di amor proprio, che non ha a che fare solo con la morale o con il decoro, ma è un qualcosa di intrinseco che lo è tanto da diventare un istinto proprio, è quindi un istinto di conservazione.
L’uomo si mette insieme agli altri uomini per una necessità propria che gli serve per sopravvivere dato che lo stato non è naturale. È possibile essere pacificamente socievoli dato che l’uomo è naturalmente razionale e chi va contro la società diventa irrazionale.
Hobbes
Hobbes filosofo inglese fu a Parigi dove entrò in contatto con Cartesio dato che verrà a contatto con il cenacolo dei libertini che cercano la liberà dovunque: egli diventerà un antidogmatico per eccellenza e sarà un empirista e criticherà fortemente tutto ciò che ha sapore di metafisica. Grozio sarà fortemente criticato perché è fortemente antiempirista e va al di là della fisica portando solo guai. Ma se l’ambito di riflessione fenomenico ed empirico, che cos’è la ragione e la razionalità?: Hobbes risponde che non sono un’essenza astratta, ma è la facoltà calcolatrice degli uomini e degli animali, anche se quella umana è più forte. Quindi la ragione non è la quiddità specifica dell’uomo perché anche gli animali fanno dei calcoli perché sapere è conoscere per prevedere, anche se quella dell’uomo è più a lunga scadenza, mentre quella degli animali è breve o addirittura brevissima.
L’uomo dunque utilizzando la ragione usa le quattro operazioni, che volendo sfondare diventano due cioè l’addizione e la sottrazione.
La ragione è dunque capace anche di creare un linguaggio che è un codice di segni, cioè un patto tra uomini: noi però non potremo mai capire quale sia stato il patto autologico di una parola. Alla base di tutto c’è infatti un patto con il quale la ragione calcolante inventa due tipi di scienza, quella a priori e quella a posteriori.
• Scienza a priori: è la scienza che conosce le cause prima ancora di conoscere la manifestazione dei fenomeni.
• Scienza a posteriori: è quella che conosce i fenomeni, cioè l’empiria e cerca di arrivare alle cause prime.
Ma se con la scienza a priori io parto dall’avere una causa per poi vedere quale sarà l’effetto, cioè mediante una scienza deduttiva, come posso trovare la causa vera? Chi me la può dare?
Le scienze induttive o ipotetiche sono quelle che rivoluzionano i metodi e risalgono alle cause, ma non sono le cause prime che non sono nate con l’uomo (scienza a posteriori) a meno che io non vada nella metafisica o nella teologia che non sono più scienze.
Le scienze a priori sono le scienze create dall’uomo e che stanno dentro di lui come la matematica, la logica, la storia, la politica… L’uomo conosce perciò solo ciò che fa e ne deduce gli effetti.
Essendo un tale antimetafisico Hobbes anticipa Vico che è vive nella piena rivoluzione scientifica e afferma che l’uomo conosce solo ciò che ha fatto (VERUM IPSE FACTUM). Nella sua opera intitolata la scienza nuova parla della nascita della civiltà e del linguaggio, della storia, della cultura, della poesia e delle religioni che sono costruite dall’uomo con la sua sensibilità: anche la preghiera è un fatto umano, è infatti una costruzione di parole che rendono grazie alla divinità.
Hobbes afferma che l’essere è materia radicalizzando l’empirismo come Democrito e come già in precedenza aveva fatto Bacon.
I corpi però si dividono in due gruppi:
• Corpi naturali cioè quelli viventi come noi gli animali o le piante, ma anche gli esseri non viventi non creati dall’uomo.
• I corpi artificiali sono quello che vengono creati dalla IIIII dell’uomo come la politica che non è più una branca della filosofia, ma è distaccata dalla metafisica secondo la concezione dei sofisti e di Democrito: è cioè poetica dato che anche gli stati sono corpi.
La conoscenza secondo Hobbes parte dalle sensazioni perché sento i corpi e poi li elaboro mediante calcoli.
Materialismo etico di Hobbes: è la morale di Hobbes che afferma che l’uomo a compiere buone o cattive azioni legati alla funzionalità che hanno nella vita di ciascun uomo.
La morale come branca filosofica cerca di capire il sommo bene oltre al bene, ma per Hobbes, esso non può essere raggiunto perché non esiste, perché ciò coinciderebbe con un momento di staticità della vita dell’uomo il quale però è sempre in movimento perché la felicità non è statica, ma è sempre rimessa in discussione da altri pensieri.
Un uomo così empirista mette perciò in discussione anche la libertà dato che l’uomo è sempre condizionato: la libertà in sostanza è l’azione che non trova impedimenti empirici.
Politica: Hobbes afferma che nello stato naturale c’erano tre leggi naturali non dotate di spada:
• Bisogna cercare la pace, e quando non la si può raggiungere sfruttare tutti i vantaggi che porta la guerra, così come facevano i romani, dato che la guerra è insita nello stato di natura.
• La libertà è un contratto.
• I patti possono essere violati.
Queste sono le leggi razionali che garantirebbero la pace, ma senza il potere coercitivo non valgono.
La magia
Durante la rivoluzione scientifica l’unico naturalismo moderno prescientifico non è solo quello Aristotelico. Anche i maghi infatti sono molto diffusi tra coloro che studiano la natura, lo stesso Ficino era un mago: essi più propriamente intesi come alchimisti credono che l’uomo sia un microcosmo facente parte di un macrocosmo. Cercano di creare l’homunculus, cioè cercano di far rivivere i cadaveri in laboratorio. La stessa Mary Shelly che scrive Franckenstine è una romantica, periodo durante il quale viene riscoperto il rinascimento.
Si cerca di trasformare tutti i materiali in oro mediante la pietra filosofale e ciò fa sì che si studino gli elementi della tavola periodica.
Quella degli alchimisti è una conoscenza panica.
Essi sono però ancora lontani dalla rivoluzione scientifica perché si interessano solo al dominio della natura, non hanno ancora capito che la natura non è un organismo vivente, ma una macchina fatta da ingranaggi meccanici, da cause efficienti: per loro c’è ancora il finalismo.
La seconda cosa per cui differiscono dagli scienziati è che non avevano un metodo pubblico, non esisteva una comunità di maghi, ma ciascuno custodiva gelosamente il suo metodo e le sue scoperte, non era una scienza partecipata.
Un altro elemento prescientifico è il naturalismo antiaristotelico di Telesio il quale è un naturalista italiano che critica la fisica aristotelica perché secondo lui non fisica, ma è metafisica: i fisici che seguono Aristotele leggono solo libri e non fanno alcuna pratica, preferendo la razionalità alla sensibilità come Aristotele che aveva un approccio astratto perché cercava le cause ultime.
Dei cinque sensi Aristotele predilige la vista che secondo lui era il senso più astratto di tutti, Tilesio invece predilige il tatto e volendo recuperare il rapporto naturalistico originario vuole tornare alla filosofia presocratica con uno studio secondo i principi naturali soggettivi.
Questo rapporto lo si ritrova anche in Tommaso Campanella che afferma che bisogna ristudiare la natura toccandola, con la sensibilità e con l’esperienza diretta.
Egli scrive la città del Sole opera utopistica cristiana che però non contiene un apparato dogmatico.
Giordano Bruno
È un antiaristotelico che sostiene la coniugazione del platonismo con il naturalismo reinterpretando il Timeo secondo l’astrazione e la geometria pitagorica legandolo anche alla magia.
Domenicano, Giordano Bruno getta l’abito e procede con la ricerca spostandosi per le diverse corti d’Europa passando per Parigi ed Oxford, verrà anche ritenuto spia di Elisabetta I.
Dopo essere ritornato a Venezia, città libera, inizia ad insegnare una tecnica per ricordare tutte le cose (Memniusine) in modo da poter gestire e dominare tutto, sarà invitato da un nobile chiamato Mocenigo, che gli chiederà di insegnarli la magia, questi però lo denuncia e lo consegna al tribunale dell’inquisizione prima di Venezia, poi verrà trasportato a Roma, dove verrà messo al rogo.
1