Socrate.

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia

Voto:

2 (2)
Download:269
Data:03.04.2007
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
socrate_45.zip (Dimensione: 32.43 Kb)
trucheck.it_socrate.doc     81.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Socrate
Vai a: Navigazione, cerca
Socrate (in lingua greca Σωκράτης Sōkrátēs) (470 a.C. – 399 a.C.) fu un filosofo greco di Atene ed uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.

E' ben noto il fatto che Socrate non ha lasciato alcuno scritto. Il suo pensiero lo ricaviamo dalle opere dei discepoli, tra cui spicca soprattutto Platone e, di seguito, Senofonte. Un'altra testimonianza la troviamo ne Le nuvole, commedia di Aristofane. La mancanza di scritti di parte di Socrate pone notevoli problemi alla possibilità di ricostruire il suo pensiero originale, in particolar modo risulta arduo distinguerlo da quello di Platone.
Il contributo più importante al pensiero occidentale è il suo metodo d'indagine, conosciuto come elenchos, che applicò prevalentemente all'esame critico di concetti morali fondamentali. Per questo Socrate è riconosciuto come padre fondatore dell'etica o filosofia morale e della filosofia in generale.
Vita
Il padre di Socrate fu Sofronisco, uno scultore, e sua madre Fenarete, una levatrice. Socrate fu sposato con Santippe, che gli diede tre figli. Rispetto alla cultura dominante del tempo, essa era considerata una bisbetica. Socrate stesso attestò che avendo imparato a vivere con lei era capace di adattarsi a qualsiasi altro essere umano, esattamente come un domatore che avesse imparato a domare cavalli selvaggi. A Socrate piaceva frequentare simposi, riunioni in cui si beveva e si discuteva. Fu un bevitore leggendario, rimanendo sobrio perfino quando il resto della compagnia era completamente ubriaca. Combatté nella battaglia di Potidea, la battaglia di Delio e la battaglia di Anfipoli. Sappiamo dal Simposio di Platone che Socrate fu decorato per il suo coraggio. In un caso rimase a fianco di Alcibiade quando era ferito, salvandogli probabilmente la vita. Durante queste campagne dimostrò di essere straordinariamente resistente, marciando in inverno senza scarpe né mantello.

Socrate visse durante un periodo di transizione, dall'apice del potere di Atene fino alla sua sconfitta per mano di Sparta e alla sua coalizione nella guerra del Peloponneso. Nel momento in cui Atene cercava di riprendersi dalla sua umiliante sconfitta, su istigazione di tre figure prominenti del tempo (Anito, Meleto e Licone), il tribunale degli ateniesi processò Socrate per empietà e corruzione dei giovani e lo condannò a morte, ordinandogli di bere la cicuta (vedi anche: processo a Socrate).
Il processo a Socrate generò molti dibattiti e diede vita ad un intero genere letterario, nell'ambito del quale si annoverano i "logoi Socratici" e le "apologie (= discorsi di difesa) di Socrate". Generalmente si crede che, benché Socrate fosse uno degli uomini più nobili mai vissuti, gli Ateniesi non fossero completamente ingiustificati nel condannarlo. Il metodo Socratico dell'elenchos fu malvisto da molti individui potenti del tempo, la cui reputazione di saggi e virtuosi fu danneggiata dalle sue domande. Il fastidioso metodo gli valse il soprannome di "zanzara d'Atene".
Il metodo Socratico fu imitato da molti giovani ateniesi, il che mise in subbuglio lo status quo morale e sociale. Inoltre ci furono anche motivi politici per eliminare Socrate, nonostante tre anni prima del processo ci fosse stata un'amnistia generale sui crimini politici. Infatti, pur avendo Socrate combattuto per Atene e sostenendo l'obbedienza alla legge, allo stesso tempo criticava la democrazia, in particolare la pratica Ateniese dell'estrazione a sorte delle cariche pubbliche, ridicolizzandola e dicendo che in nessun altro campo un artigiano o esperto veniva scelto con questo metodo.
L'ironia di Socrate era finalizzata a favorire la ricerca della Verità (intesa anche come Virtù dell'uomo), insita in ognuno di noi e che necessita di un aiuto per venire alla luce (arte della maieutica), attraverso il dialogo (il metodo dialettico fu apprezzato anche in seguito da Platone).
Tali critiche generarono un forte sospetto e avversità nei democratici, specialmente quando i suoi intimi erano nemici della democrazia. Alcibiade, risaputo amante di Socrate, tradì Atene per Sparta, e Crizia, suo discepolo occasionale, fu il capo dei trenta tiranni (l'oligarchia pro-spartana che governò Atene per alcuni anni dopo la sconfitta).
Oltre a ciò, Socrate aveva opinioni alquanto particolari riguardanti la religione. Fece vari riferimenti al suo "demone" (daimon), descrivendolo come uno spirito personale che lo avvisava e consigliava. Molti dei suoi contemporanei ritenevano che questo atteggiamento fosse un rigetto della religione tradizionale della città, accusandolo di inventare nuovi dei e fuorviare i giovani Ateniesi (fu una delle accuse a lui mosse durante il processo). Generalmente si considera il "demone" Socratico una specie di intuizione. Inoltre Socrate affermò che il concetto di bene, invece di essere determinato dal volere degli dei (qualcosa è bene perché lo vogliono gli dei), lo precedesse (gli dei lo vogliono perché è bene).
Il pensiero socratico
Il metodo socratico dell'elenchos consiste in domande e risposte riguardo le definizioni o logoi (singolare logos), cercando di determinare le caratteristiche generali condivise da varie istanze particolari. Visto che questo metodo è mirato a estrarre le definizioni implicite nelle idee e convinzioni dell'interlocutore, o ad aiutarlo a migliorarne la sua comprensione, fu chiamato metodo della maieutica.
Aristotele attribuì a Socrate la scoperta del metodo della definizione e induzione, che considerava l'essenza del metodo scientifico. Stranamente però, Aristotele affermò pure che tale metodo non fosse adatto all'etica. Socrate applicò il suo metodo all'esame dei concetti morali fondamentali del tempo, come ad esempio le virtù di pietà, saggezza, temperanza, coraggio, e giustizia.
Tale esame sfidò le assunzioni implicite nelle convinzioni morali degli interlocutori, portandone alla luce le contraddizioni e le inadeguatezze, e normalmente generando in loro lo stupore e smarrimento conosciuto come aporia. Riguardo a tali inadeguatezze, Socrate sempre professò la propria ignoranza, mentre altri continuarono a sostenere di essere sapienti. Socrate rispose che, essendo conscio della propria ignoranza, egli era più saggio di coloro che, essendo ignoranti, continuavano a professare la propria sapienza (teoria della dotta ignoranza). La consapevolezza del sapere di non sapere è una coscienza e una verità evidente e innegabile, che dimostra intanto che la verità e la coscienza esistono e sono possibili (essendovene una). Socrate pose il sapere di non sapere a fondamento di qualunque altra verità e conoscenza.
Questa paradossale affermazione fu trasmessa nell'aneddoto dell'oracolo di Delfi che dichiarò che Socrate fosse il piú sapiente di tutti gli uomini.
Socrate utilizzò questa dichiarazione come base per le proprie esortazioni morali. Socrate sosteneva che la principale virtù fosse la cura della propria anima tramite verità e conoscenza, che ricchezza non porta virtù, ma virtù porta ricchezza e ogni altra benedizione, sia all'individuo che allo stato e che una vita senza esame non valesse la pena di essere vissuta. Socrate pure sostenne che subire un'ingiustizia è meglio che commetterla.
Il tema della dotta ignoranza
Tutto il pensiero socratico nasce dal tema dell'ignoranza. La figura del filosofo secondo Socrate è completamente opposta a quella del saccente.
L'origine della filosofia socratica si può far risalire ad una frase pronunciata dalla Pizia (sacerdotessa dell'oracolo di Delfi): "Socrate è l'uomo più saggio tra tutti". È proprio questa frase che pone Socrate nella situazione di porgersi e porgere agli altri (quelli che pensano di sapere le verità) continue domande sul come e sul perché di tutto (si potrebbe a questo punto paragonare Socrate ad un bambino). E si rese conto che era stato definito il più saggio perché "sapeva di non sapere".
Il Daimon (Δαίμον) socratico
Socrate si diceva tormentato da una voce interiore che non gli diceva come pensare e agire, ma che si faceva sentire soltanto per dissuaderlo dal compiere una certa azione. Kant, paragonò tale voce all'imperativo categorico, che sarebbe la coscienza morale dell'uomo. Essa nulla ha a che vedere con un demone tentatore (nonostante la somiglianza di parola).
L'intellettualismo etico
Socrate sosteneva che la causa del male è soltanto l'ignoranza: chi commette il male, se sapesse non lo farebbe. Questo collega l'etica al problema della ricerca della verità: una scienza del bene e del male per eliminare il male ed avere un comportamento perfettamente etico, richiedono prima di dimostrare che esiste la verità, ossia che non si perde tempo a ricercare qualcosa che non esiste, e possibilmente di definire un metodo per trovare qualunque verità, anche non etica. Perciò, non riconosce nel comportamento acivico dei sofisti e di quanti lo condannarono a morte una colpa, ma un'ignoranza di fondo (della propria ignoranza, dell'esistenza) che davanti alle loro coscienze li legittimava ad agire per l'utile, anche uccidendo un uomo.
Socrate era abile oratore e uomo colto, amante dell'arte e delle scienze come il discepolo Platone, e con la maieutica aspirava ad un metodo per conoscere verità di qualunque tipo. Come filosofo e cittadino greco, a Socrate premeva la verità etica, davanti alla crisi morale del suo tempo in cui la sofistica minacciava i fondamenti stessi della democrazia ateniese, anche a livello teorico con la fondazione di fatto di una nuova etica (Protagora: se la verità non esiste, siamo legittimati a scegliere e difendere quella più utile per noi).
Il filosofo diversamente dai sofisti utilizzava la sua abilità di oratore (superiore ai sofisti stessi) non per utile personale, ma per cercare con gli altri di trovare la verità, dimostrando il più delle volte l'erroneità dei convincimenti altrui e convincendosi della propria ignoranza.
È appunto stato notato che il limite dei dialoghi era di non essere propositivi, generatori di verità, ma di concludersi nel dubbio e nella consapevolezza della propria ignoranza.
Ciò non nega la validità dello strumento dialogico che nel produrre il dubbio crea la consapevolezza della propria ignoranza e che esiste una verità da cercare: chi segue la maieutica ha appreso lo strumento (la maieutica) con cui trovare ogni altra verità e nel sapere di non sapere la verità iniziale su cui costruire. Diversamente dai sofisti, per Socrate, l'ignoranza e il relativismo morale non sono dati per sempre da un'impossibilità interna alla verità di esistere o conoscerla, ma sono una condizione temporanea da superare.
La definizione di felicità
Secondo il filosofo, con una delle definizione più complete di felicità mai date, "quella che sul piano soggettivo è la felicità, sul piano oggettivo coincide con la realizzazione della propria essenza"..., "felicità è fare quello per cui ciascuno di noi è stato programmato di fare". Il concetto è riassunto nella parola greca "aretè" da non tradursi con virtù, ma con essenza, nonostante la riflessione di Socrate è orientata all'etica come priorità del suo tempo: essa è appunto l'idea che ciascuno nasca per fare il filosofo, l'artista, etc. con un'aspirazione che è necessario realizzare. In questo modo la ricerca della verità e il metodo maieutico per raggiungerla restano attuali anche raggiunta una verità etica: anche quando sia stato eliminato il male, vi sarebbe ancora da trovare l'essenza di ciascuno per realizzarne la felicità (in maniera individuale, lasciando l'etica al piano collettivo come farà Epicuro, o sempre attraverso il dialogo, facendo di ogni soggetto un oggetto della ricerca della verità).
Rimane il problema che rileverà anche Platone che l'individualità è qualcosa di sfuggente alla filosofia, per cui si conoscono le essenze ma non quale essenza sia calata in un individuo e questo debba realizzare per essere felice. Socrate però non afferma che la filosofia è essenza di pochi, che pochi devono praticare per essere felici, ma che la contemplazione della verità è l'essenza di ogni uomo che naturalmente aspira a conoscere il vero e ne ha il diritto. Perciò, non disdegnava di dialogare con nessuno, nemmeno con il proprio schiavo.
Quello che sul piano oggettivo è la realizzazione della propria essenza, sul piano soggettivo è la felicità.
Come era costume nell'Atene democratica del quinto secolo a.C., il filosofo fermava per strada i concittadini a discutere del bello, del bene e dell'utile. Spesso ne uscivano offesi per i loro convincimenti che si erano dimostrati erronei e questo gli procurò molti nemici, come ci racconta Platone, i quali furono favorevoli alla sua condanna a morte. Il filosofo Nietzsche ne "La Morte di Socrate" vi riconoscerà il primo martire del pensiero occidentale.
Purtroppo Socrate non lasciò scritti; riferimenti al suo servizio militare si trovano nell'Apologia di Socrate. Socrate fu protagonista di varie commedie di Aristofane, tra cui Le nuvole, scritta quando Socrate aveva sui quarant'anni. Apparse anche in altre commedie di Callia, Eupoli e Telecleide, in cui Socrate e i Sofisti furono criticati per i pericoli morali presenti nel pensiero e nella letteratura dell'epoca. La principale fonte riguardo alla figura storica di Socrate, comunque, sono gli scritti dei suoi discepoli Senofonte e Platone. Un'altra importante fonte sono vari riferimenti nelle opere di Aristotele.

Esempio