schopenhauer

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Categoria:Filosofia

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Pensiero di Schopenhauer
Arthur Schopenhauer è stato uno dei massimi filosofi tedeschi dell'Ottocento, contemporaneo a Georg Hegel e suo acerrimo rivale. Questa voce, nata da una costola di quella più generica riguardante la sua biografia, si propone di fungere da stimolo e base d'inizio per uno studio più approfondito della filosofia del pensatore tedesco, ed altresì - specie nella sezione dedicata al trattato sul principio di ragione sufficiente - da introduzione ai concetti e alle categorie della filosofia di ogni tempo.
Il Mondo come Volontà e Rappresentazione
E’ la sua opera principale, pubblicata nel 1818. Il punto di partenza è fornito dalla kantiana distinzione tra Fenomeno - la realtà come ci appare: applicando le nostre forme di conoscenza (sensibilità, intelletto, ragione), possiamo organizzare e classificare, a livello mentale, le immagini che ci circondano; e Noumeno – la “Cosa in sé”, la vera essenza delle cose che vediamo. Non appartiene al soggetto, ma è indipendente dall’uomo: una sorta di Iperuranio, dove le “Idee” degli oggetti vivono eterne e distanti. Schopenhauer modifica leggermente questo concetto, definendo fenomeno l’illusione, la parvenza, separata attraverso il “velo di Maya” dal Noumeno, la vera realtà che si nasconde e che il filosofo deve scoprire (bisogna ricordare che Kant considerava i fenomeni più o meno veritieri visto che erano legati ad una realtà, anche se inconoscibile). Ancora differentemente da Kant, Schopenhauer parla di fenomeno come rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza, e non ne è scissa. All’interno della rappresentazione esistono due elementi inseparabili: il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato. Essi sono dipendenti l’un dall’altro, e l’uno è causa e conseguenza dell’altro. Sono perciò errati sia il Materialismo (che nega il soggetto, riducendolo all’oggetto), sia l’Idealismo (che nega l’oggetto, riducendolo al soggetto). La rappresentazione, inoltre, si basa su tre forme a priori:
• Spazio;
• Tempo;
• Causalità (le altre 11 categorie individuate da Kant sono, per Schopenhauer, riconducibili ad essa).
Queste forme a priori sono come le sfaccettature di un vetro, attraverso cui la visione delle cose sin deforma, ma non le cose stesse. Ne risulta che “la vita è sogno”, una sorta di incantesimo, e per avvalorare la sua teoria, Schopenhauer cita i filosofi Veda, Platone, Pindaro, Sofocle, Shakespeare, Calderón de la Barca. Sulla realtà vera l’uomo, in quanto animale metafisico - e che pertanto si stupisce della propria esistenza - tende a interrogarsi, in diretta proporzione alla sua intelligenza. Schopenhauer afferma che stracciare il velo di Maya, passare da Fenomeno a Noumeno, sia possibile: l’uomo stesso non è solo rappresentazione, ma è anche Cosa in sé (il corpo), cioè non solo ci vediamo dall’esterno, ma viviamo dall’interno. La via per conoscerci come Cosa in sé è lasciarsi vivere: lasciarsi andare e, intuitivamente, sentire in sé la vita. La ragione serve solo per il fenomeno: per passare al Noumeno occorre abbandonarlo e lasciarsi guidare dall’intuizione. Questa esperienza rende possibile la conoscenza dell’essenza profonda del nostro Io, che è Volontà di vivere (Wille zum leben). Questa volontà è l’impulso alla sopravvivenza, quella spinta irresistibile che ci fa esistere: noi siamo, dunque, vita e Volontà di vivere, e il nostro corpo la manifestazione esteriore dei nostri desideri interiori: l’apparato digerente, ad esempio, è la manifestazione fenomenica della volontà di nutrirsi. Il mondo è, dunque, volontà e rappresentazione. La Volontà di vivere è:
• inconscia, infatti è più un impulso, energia piuttosto che volontà cosciente;
• unica, perché stando al di fuori dello spazio e del tempo si sottrae al principium individuationis;
• eterna, cioè senza principio nè fine perché al di là del tempo;
• incausata, perché oltre la categoria di causa;
• senza scopo oltre se stessa.
Essa inoltre appartiene a tutti gli esseri viventi, ma solo l’uomo può averne consapevolezza. Dio è stato creato dagli uomini per “mascherare” la crudele verità sul mondo: la vita non ha senso, non esiste un fine, né un destino; tutti gli esseri viventi, siano essi vegetali o animali, non vivono con altro scopo che vivere e proseguire la specie. Tutto il mondo è investito dalla sofferenza: volere significa essere mancanti di qualcosa, perciò essere in uno stato di tensione. Quando un desiderio viene appagato sopraggiunge la noia, e il ciclo ricomincia, perché per ogni brama sedata ne scaturiscono altre; il piacere inoltre, non è che temporanea e fugace cessazione di dolore, dunque funzionale e dipendente da esso. Non può verificarsi il caso contrario perché un individuo può sperimentare una serie di dolori senza essere preceduti da piaceri, invece ogni piacere nasce alla fine di un particolare dolore. La vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia. La legge che regola il mondo è quella del più forte: la lotta per la sopravvivenza spinge a crudeltà ed egoismi: il male, infatti, non appartiene al mondo, ma è il Principio che lo porta avanti. In questa prospettiva, ogni potere, ogni prerogativa è sottratta all’uomo: il libero arbitrio, l’esistenza (e la sopravvivenza post-mortem) dell’anima, l’amore.

La concezione dell’amore
L’amore rappresenta nella filosofia schopenhaueriana lo stimolo più forte dell’esistenza: dietro a Cupido si cela il Genio della specie, che desidera la perpetuazione della vita: l’amore è un potente mezzo usato dalla Natura ai fini dell’accoppiamento. L’incanto e il lato romantico sono maschere costruite dall’uomo per celare questa dura e triste verità: il desiderio sessuale è il motore dell’innamoramento, nient’altro.
Il rifiuto degli ottimismi
Ogni forma di ottimismo è in questa ottica falsa e illusoria:
• Cosmico (Hegel): vedere nel mondo la perfezione di una sistema, l’organizzazione provvidenziale di un qualsivoglia Dio, Spirito, Sostanza o Ragione, è un’illusione consolatoria; le religioni sono “metafisiche per il popolo”, o, come disse Marx, “l’oppio dei popoli”.
• Sociale (Rousseau): l’uomo non è buono per natura, e non sono state le leggi imposte dalla società a corromperlo; homo homini lupus, l’unica regola universale è questa, i rapporti umani sono sempre conflittuali perché mossi dal desiderio di sopraffazione reciproca. Riprendendo Hobbes, Schopenhauer afferma che se gli uomini vivono insieme in società è solo per convenienza.
• Storico : la storia ci insegna solo che l’uomo è sempre uguale, non che egli muterà; la vita è segnata dal ciclo nascita-sofferenza-morte, non esiste alcun destino, né alcuna missione.
Le vie di liberazione dal dolore
Inizialmente, Schopenhauer prende in esame il suicidio. In posizione anti-stoica, il filosofo condanna questa pratica, perché non nega, ma afferma la volontà, negando piuttosto la vita. Inoltre, attraverso il suicidio viene soppressa unicamente la manifestazione fenomenica della Volontà di vivere, mentre la Cosa in sé continua ad esistere. La prima tappa, secondo Schopenhauer, è l’arte: conoscenza libera e disinteressata delle Idee, essa prende in considerazione le Essenze, non le forme;in particolare, la musica, non avendo contenuto rappresentativo, è immediata e catartica. L’arte non può, però, essere la soluzione finale o perché riguarda pochi ed è temporanea. La seconda tappa è la pietà: dall’esperienza vissuta, l’uomo deve riuscire a superare l’egoismo avvertendo come proprie le sofferenze altrui. In particolare, Schopenhauer pone enfasi su due tipi di pietà: la giustizia (in quanto volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo) e la carità (amore disinteressato), ma la vittoria non è anche totale. L’ultima tappa è l’ascesi (ossia la cessazione di qualsiasi tipo di esistenza,voglia o godimento), scandita a sua volta in tre punti:
• Mortificazione di sé (non cercare il piacere);
• Castità (non perpetuare il dolore);
• Inedia (lasciarsi morire di fame).
Questa è al vera soluzione: l’estenuazione dell’organismo, che apre al Nirvana, un abbandono totale della ragione, un’esperienza del Nulla. Per negare la Volontà di vivere, l’uomo deve innalzare la Noluntas a sistema di vita, tentando di ignorare e disprezzare i motivi che il suo intelletto - schiavo della Volontà - gli fornisce.

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