Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
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Per molti aspetti il positivismo può essere considerato come un’alternativa all’Hegelismo che non si basa su dati positivi ma è una filosofia idealistica , proprio a partire dalla critica all’idealismo di Hegel si sviluppano forti correnti dette antihegeliane e qui troviamo autori come Kiekkergaard e Schopenhauerdei quali è esplicita la critica all’hegelismo anche se rappresentano entità a parte fuori dal positivismo stesso.
Schopenhauer inizialmente non fu molto amato dai suoi contemporanei, ma fu riscoperto nel ‘900 diventando un punto di riferimento di grandi filosofi come Nietzsche e Freud . Questi due autori, molto diversi tra loro, presentano come punto di contatto la ripresa della critica fatta ad Hegel da parte di Schopenhauer incentrata sul concetto che non tutta la realtà può essere ragione. Schopenhauer è dunque esplicitamente ostile a Hegel e per muovere la sua critica si serve di Kant e inserisce nella filosofia occidentale elementi innovativi come ad esempio l’interesse verso le culture orientali (un aspetto che peraltro caratterizza la società di fine ‘800)
Se il KANTISMO proponeva una visione frammentata della realtà (ovvero la realtà distinta in fenomeno e noumeno) e l’Hegelismo invece una visione unitaria (la realtà è spirito e dunque ragione) , schopenhauer recupera la visione frammentata di Kant per muovere la critica ad Hegel: infatti la realtà non può essere interamente ragione. Schopenhauer riprende il dualismo Kantiano rielaborandolo in termini diversi, ovvero distinguendo la realtà in VOLONTà (che corrisponde al noumeno kantiano) e RAPPRESENTAZIONE (il fenomeno kantiano) ma a differenza di Kant egli si pronuncia su ciò che è il noumeno: se per Kant esso rappresenta ciò che la mente umana non può conoscere, per Schopenhauer rappresenta il dato più profondo della realtà vera che fa della realtà stessa non ragione ma una forza cieca e inconsapevole (è esplicita la critica alla realtà come ragione di Hegel) . Nella realtà vera di Schopenhauer, ovvero nella realtà come volontà, non vale il principio di individuazione poiché la realtà vera è caos ma prevale piuttosto una visione unitaria (seppur caotica). Si comprende dunque come per Schopenhauer la vera scienza sia la METAFISICA poiché coglie la realtà vera del mondo (quella del noumeno) affermando la conoscibilità stessa del noumeno.
La visione caotica della realtà di Schopenhauer evidenzia anche un profondo pessimismo della sua filosofia derivante proprio dall’analisi profonda della realtà che si rivela essere caos, sofferenza è irrazionalità: come si può vedere dai suoi scritti egli si scontra con l’ottimismo definito come una MENzogna poiché copre di un velo falso la realtà vera delle cose che è MALE e SOFFERENZA.
Si può notare una forte differenza con Kant poiché Kant affermava la non conoscibilità del noumeno mentre per Schopenhauer esso è il dato più profondo della realtà e si manifesta come la volontà di esistere e di vivere dell’essere umano che lo porta ad affermarsi sugli altri . Le modalità di conoscenza del noumeno non sono immediate , Schopenhauer parla di una sensazione comune a tutte le forme di vita avvertita come pulsione vitale che si estende a tutta la realtà (pertanto tale volontà la si può avvertire per analogia in tutta la realtà anche se non la si può provare scientificamente).
La vita umana oscilla dunque tra la necessità di soddisfare il bisogno di vivere e la noia di vivere al contempo (vi sono molti echi con il Leopardi) anche se Schopenhauer indica 3 modalità fondamentali attraverso cui si può evadere , anche se momentaneamente, alla sofferenza di vivere:
- ARTE = il godimento estetico dell’arte (in particolar modo della musica) può rappresentare una momentanea sottrazione al dolore
- COMPASSIONE o PIETà verso gli altri uomini = nella sfera etica si sviluppa la seconda modalità di fuga attraverso la consapevolezza che la realtà è sofferenza si annulla momentaneamente la volontà di prevalere sugli altri uomini che sono nella medesima condizione esistenziale. L’uomo dunque sviluppa una compassione verso i suoi simili che parte da una consapevolezza di essere accumunato da lo stesso destino di sofferenza. La PIETAS è però momentanea poiché secondo Schopenhauer prevale sempre la volontà e la pulsione vitale che porta l’uomo ad affermarsi sugli altri esseri.
- TRASFORMAZIONE DELLA VOLUNTAS nella NOUNTAS ovvero in una negazione della volontà stessa di vivere. Questa è la strada più difficile da imboccare perché è un processo di pura ascesi che porta alla sottrazione dalla volontà e quindi ad una liberazione dalla sofferenza stessa. Nel caso dell’ Asceta, ovvero di colui che raggiunge uno stato mentale di atarassia e aponia si può parlare di MISTICISMO inteso come unione dell’uomo nel nulla (e non con Dio come vuole il misticismo cristiano)
Schopenhauer e il VELO DI MAYA
L’esempio del velo di Maya, che peraltro indica l’interesse di Schopenhauer per le filosofie orientali, è significativo per la distinzione tra il fenomeno ed il noumeno (punto cardine della sua filosofia): il fenomeno viene paragonato al velo di Maya ovvero al sogno e alla parvenza delle cose, il noumeno invece, in quanto unico dato certo della realtà , è ciò che si nasconde dietro al velo che offusca la visione della vera realtà. Il compito del filosofo, che si presenta come una sorta di profeta, è quello di scoprire il velo per lasciare spazio al noumeno e alla vera conoscenza della realtà
Schopenhauer e il SUICIDIO
Nonostante Schopenhauer consideri la realtà effettiva come teatro di una vicenda di cui la sofferenza costituisce la legge immanente (pessimismo metafisico) , egli rifiuta l’idea del suicidio come fuga dal dolore: innanzitutto perché l’atteggiamento del suicida esprime comunque un attaccamento alla vita e alla volontà di esistere (il suicida infatti vuole vivere e sceglie la morte poiché insoddisfatto delle sue condizioni esistenziali) poi perché il sacrificio del singolo non distrugge la Volontà in sé stessa (la volontà è universale pertanto un singolo suicidio non è utile a sconfiggerla).
Anche K. Presenta come colonna portante della sua filosofia la critica all’Hegelismo , che in questo caso ha inizio dall’esaltazione del singolo e dell’individualismo sul concetto dell’assoluta irripetibilità di ogni singola esistenza. Il dato vero della realtà per K., non è tanto il noumeno quanto la pura esistenza di ciascun singolo essere che risulta come un’esperienza irripetibile : proprio perché la filosofia di K. Parte dall’ulteriore distinzione tra ESSENZA e ESISTENZA (il dato certo della realtà) egli diventerà un punto di riferimento per tutto l’esistenzialismo del ‘900. La filosofia di K. Mette dunque in luce la problematicità e l’inquietudine dell’esistenza del singolo, se infatti l’ESSENZA risulta essere un concetto universale e quindi risolto, l’ESISTENZA è un concetto individuale e pertanto non risolubile.
La realtà dunque è ESISTENZA , un termine strettamente connesso con ANGOSCIA, che deriva dall’esistenza, e POSSIBILITà , concetto chiave che indica il contrario di NECESSITà ovvero di una consistenza ontologica forte. La possibilità infatti pone l’esistenza del singolo di fronte ad una scelta che a sua volta produce angoscia : già da qui è possibile capire un tratto dominante della filosofia di K. Quale il profondo PESSIMISMO , tratto che peraltro sottolinea la critica all’Hegelismo stesso. Infatti una filosofia di questo genere rifiuta la dialettica di Hegel che, seppur in modo dinamico, concilia il problema della scelta.
Il rifiuto della dialettica di Hegel è espresso chiaramente nell’opera “AUT – AUT” che evidenzia l’impossibilità di conciliare l’esistenza con la scelta: l’esistenza infatti ha come dato intrinseco l’angoscia derivante dal problema della scelta.
Tra le molteplici possibilità di scelta, il filosofo ne individua tre particolarmente significative :
- la VITA ESTETICA a cui corrisponde la figura del DONGIOVANNI , ovvero colui che decide di non costruire niente sopra un’eventuale scelta. In realtà, anche se si presenta come colui che non sceglie mai perché non ha la consapevolezza del proprio comportamento (dopo la scelta), anche la sua esistenza è definita sul problema della scelta (infatti sceglie di non scegliere!)
- VITA ETICA a cui corrisponde la figura del marito , ovvero colui che costruisce sulla propria scelta. In realtà sia la figura dell’esteta che quella del marito sono destinate al fallimento poiché presentano un limite forte dato dal pentimento (di non aver scelto mai, da parte dell’esteta, e di aver scelto una via piuttosto che un’altra, da parte del marito)
- VITA RELIGIOSA può sembrare che questa ultima via si concili con la seconda, in realtà la scelta della vita religiosa comporta l’abbandono totale a Dio e di conseguenza l’obbedienza alla legge di dio e non a quella morale. Per esemplificare meglio questo concetto K. Cita la vicenda di Abramo e Isacco , Abramo infatti sceglie di obbedire alla legge di Dio e di abbandonarsi a questo volere collocandosi al di fuori del senso e della legge (morale/etica) comune (Dio gli ordina infatti di uccidere il figlio, cosa che non è contemplata dalla legge morale comune). Questa critica non deve lasciar pensare che K. Non sia un pensatore religioso, anzi egli insiste sulla dimensione scandalosa del Cristianesimo evidenziandone i paradossi (un bambino che nasce da una vergine, Dio che si fa uomo) . La religione non risolve dunque il problema della scelta e non è priva dell’angoscia, anzi forse la religione cristiana con i suoi paradossi è la scelta che meglio interpreta lla condizione esistenziale, infatti l’uomo religioso come l’esteta e il marito è posto davanti alla scelta angosciante di abbandonarsi a Dio.