Schopenauer

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Radici culturali del sistema:
S. deriva da Platone la famosa “teoria delle idee” secondo la quale esiste un mondo superiore al nostro privo di dolore.
Da Kant invece deriva l’impostazione soggettivistica della sua dottrina e anche l’uso dei concetti di spazio e tempo
Degli illuministi interessa a S. il filone materialistico e quello idealistico.
Tra gli altri temi che eredita dal romanticismo i più importanti sono in primis quello dell’infinito e in particolar modo quelle del dolore. Tuttavia rispetto ai romantici S. presenta un pessimismo chiuso a qualsiasi via d’uscita. A tutto ciò si aggiungono un palese interesse per le filosofie orientali che lo porteranno a sviluppare la teoria del “velo di maya” e 1 forte critica dell’idealismo che vede il suo culmine nella critica ad hegel colpevole, secondo S. , di essere un ciarlatano “stucchevole e pesante”.

Il velo di maya.
La base da cui parte schopenauer nel suo pensiero è il cosiddetto velo di maya. Egli arriva a formulare questa teoria muovendo da quella del fenomeno e della cosa in sé di cui aveva parlato kant. S. afferma,a differenza del filosofo della ragion pura, che il fenomeno non è la realtà e che il noumeno non è solo un’ entità posta lì a ricordarci i limiti della nostra ragione. Il fenomeno, invece, è solo una realtà illusoria, un sogno un vero e proprio velo di maya che il filosofo ha il compito di squarciare per arrivare,finalmente al noumeno o alla vera realtà. Da questa prima affermazione si evince che il fenomeno no n è altro che una rappresentazione di cui fanno parte l’oggetto rappresentante e il soggetto rappresentato. Questo porterà ad 1 critica alle due filosofia che imperavano prima di S. e cioè al materialismo che voleva abolire il soggetto e all’idealismo che cercava di arrivare al risultato opposto. Continuando nell’analisi del pensiero kantiano S. apporta 1 modifica anche a quelle che erano considerate da kant le categorie attraverso cui il nostro intelletto percepisce la realtà. Egli le riduce a sole 3 e cioè a spazio, tempo e causalità. Quest’ultima in particolare racchiude le prime dal momento che essa si manifesta in modo diverso a secondo degli ambiti in cui si opera.

La volontà di vivere.
Proseguendo nell’evoluzione del suo pensiero, schopenauer cerca di trovare un mondo per squarciare questo velo per arrivare finalmente alla “fortezza della cosa in se”. Se noi fossimo solo coscienza e rappresentazione, argomenta il filosofo, non potremmo uscire dal mondo fenomenico. Tuttavia già il fatto che noi proviamo piacere e dolore che, in pratica, in noi c’è vita indica che in qualche modo, inconsciamente noi avvertiamo la cosa in sé. Di conseguenza quello che ci anima è una innata volontà di vivere che non dipende da noi perché come detto è inconscia ma che in effetti si configura come la vera cosa in sé dell’universo. Oltra ad essere inconscia essa presenta altri attributi fondamentali:
è unica in quanto esistendo fuori dallo spazio e dal tempo si sottrae a quel principio d’individuazione tanto invocato dai filosofi del medioevo;
è eterna e indistruttibile;
e,infine, essa è incausata e senza scopo. Infatti noi possiamo scoprire perché si voglia fare questo o quello ma non perché si vuole volere.
Quindi il vero motore del mondo è questa volontà di vivere che S. sostituisce anche a Dio. Essa pervade tutte le creature viventi tuttavia è più acuta nell’uomo e proprio questo è il principio che lo porta a interrogarsi circa le sue origini e lo scopo della sua vita.

Il pessimismo.
Ma se la volontà è il principio primo di tutti gli esseri allora la vita si riduce ad un stato di continuo dolore. Infatti il volere implica il desiderare qualcosa che non si ha e quindi genera uno stato di sofferenza per che si può spezzare solo raggiungendo il proprio obiettivo. Tuttavia il piacere che si prova quando si arriva e ciò che si vuole è del tutto fuggevole e per di più ingannevole. Quindi a parte qualche piccolo sprazzo di felicità l’uomo è destinato a ripiombare nel dolore. A questi due stati dell’animo umano S. ne aggiunge un terzo che è la noia. Essa subentra quando l’uomo,raggiunta la momentanea felicità non ha più desideri e quindi si trova a vivere in uno stato di noia. Questo teoria esprime un profondo pessimismo da parte di S. forse uno dei più cupi in cui l’uomo e tutti gli essere viventi sono destinati a passare la loro vita tra dolore e noia. Anche l’amore, continua il filosofo, è finto,illusorio. Gli uomini investono tutte le loro risorse mentali in questo sentimento, credendo di trovare la felicità in un’ altra persona. Tuttavia il sentimento dell’amore non è dettato da nulla se non dalla volontà di perpetuare la propria razza. Quindi ciò che noi chiamiamo amore è un mero desiderio di continuazione e quindi di procreare. Niente di più,niente di meno.
Questo universo fatto di dolore sembra richiamare ad un’idea di “filosofia del suicidio di massa”. Tuttavia il filosofo rifiuta fortemente quest’ idea per due principali motivazioni: per prima cosa esso rappresenta la più forte rappresentazione di volontà di vivere in quanto esso esprime la volontà dell’uomo di vivere senza dolore; per seconda cosa l’autodistruzione elimina solo il corpo mentre la volontà di vivere rimane intatta e, anzi, rinascerà in migliaia di nuovi individui.
Come soluzione schopenauer propone alcune tappe attraverso l’uomo può salvarsi dal dolore: l’arte, l’etica, l’ascesi.
L’arte può aiutare l’uomo ponendo l’uomo in grado di arrivare ad un conoscenza libera. Questo o quel sentimento non esistono più esistono solo il sentimento e la cosa assoluti. L’uomo attraverso l’arte contempla la vita e tutte le arti possono concorrere a questo scopo. Un particolare rilievo S. dedica alla musica che secondo il filosofo è l’arte che più può portare l’uomo alla contemplazione assoluta. Tuttavia l’arte allontanta l’uomo dal dolore solo per poco.
A correre in aiuto all’uomo allora viene l’etica che a differenza dell’arte implica un’impegno non verso la natura ma verso il prossimo. L’etic anasce dal sentimento di pietà che muove l’uomo nel vedere la sua stessa sofferenza rispecchiata in dei suoi simili. Da questo principale sentimento nascono, poi, quelli di giustizia e di carità. Mentre il però, si limita a stabilire che non bisogna fare del male agli altri esseri il secondo è un sentimento più globale e rappresenta il vero amore e non quello fittizio dell’ eros.
Tuttavia anche l’etica ha dei limiti: essa è per forza legata al prossimo.
Quello che può liberare completamente l’uomo dal dolore è l’ascesi. Essa potrebbe essere paragonata ad una sorta di nirvana per gli orientali e consiste del completo distacco dell’uomo non dal dolore bensì dalla vita. Essa com’ è ovvio non è raggiungibile da tutti gli uomini ma quei pochi che ci sono arrivati (santi, mistici..) possono aiutare gli altri uomini a liberarsi da quello stato di doloro permanente che la vita gli ha destinato.

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