Schopenauer

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

SCHOPENAUER
Schopenauer fa parte di un filone di pensiero che si oppone all’idealismo, e che non crede nella possibilità di spiegare razionalmente la totalità del reale. La filosofia di Schopenauer si può considerare da molti punti di vista romantica: vi è una forte componente di irrazionalismo, e vi sono anche numerose influenze del mondo orientale. La sua opera più importante è “Il mondo come volontà e rappresentazione”.
Schopenauer si può considerare l’anti – Hegel, molto più di Marx, il quale resta molto legato all’idealismo. Marx rovescia completamente la concezione idealistica della materia vista come momento dello spirito, ma mantiene l’impianto dialettico, razionalistico di Hegel. Schopenauer, invece, fa il contrario: egli rifiuta l’impianto dialettico idealistico, e la pretesa di spiegare razionalmente la totalità, ma ritiene la materia un prodotto dello spirito.
Il pensiero di Schopenauer prende le mosse da Kant, soprattutto per quanto riguarda la distinzione tra fenomeno e noumeno. Inizialmente Schopenauer, come Kant, ritiene che la realtà abbia due facce: quella fenomenica e quella noumenica.
Fenomeno [Vorstellung]
Noumeno [Wille]
Vorstellung è un termine che significa “rappresentazione”, ed ha al suo interno una sfumatura di teatralità. Per Kant la realtà fenomenica, quella che vediamo intorno a noi, non è la realtà ultima, ma è comunque ben fondata dal punto di vista razionale.
Per Schopenauer, invece, la realtà fenomenica non è razionalmente fondata, è illusione, è un fluire di scene che non hanno nessun peso, sono solo apparenza.
E’ il velo di Maya che ci fa vedere il mondo in un certo modo, ma in realtà esso è solo un sogno.
Wille è la volontà, il fondamento della rappresentazione, ed è quindi la realtà ultima. Ma tra la volontà di Schopenauer e il noumeno di Kant ci sono alcune differenze: innanzitutto, mentre per Kant il noumeno è inconoscibile, per Schopenauer la realtà ultima si può conoscere.
Per Schopenauer, come per Kant, non si può dimostrare l’esistenza del noumeno attraverso processi razionali, dal momento che noi utilizziamo categorie di pensiero che si riferiscono alla realtà fenomenica, e che non reggono, non sono più valide quando si vuole andare oltre e indagare la realtà ultima (Kant fa l’esempio della colomba che ha la pretesa di volare nello spazio). Ma per Schopenauer si può in qualche modo percepire e quindi capire il noumeno, e questo è possibile grazie all’intuizione. Se noi chiudiamo gli occhi e ci caliamo nella profondità del nostro
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vissuto, sentiamo che la nostra vita cosciente e intelligente è l’aspetto superficiale di un’energia di base, che è l’energia vitale, la volontà di essere (quella che Nietzche chiamerà volontà di potenza). L’esistenza di questa energia non si può e non si deve dimostrare razionalmente: essa si può solo percepire, si può solo constatare che c’è, attraverso l’intuizione.
Gli uomini, dice Schopenauer, sono come attori; essi sembrano perseguire i loro scopi personali, sembrano autonomi, ma in realtà sono sottoposti ad un’unica grande regia, c’è qualcuno che dirige le loro azioni da dietro le quinte, e questo qualcuno è l’energia vitale.
Questo presuppone anche un aspetto Pascaliano: quando desideriamo qualcosa, in realtà desideriamo di desiderare; colui che gioca sembra che voglia vincere, ma in realtà vuole semplicemente giocare, è l’atto del gioco che gli interessa, e non la vittoria. Le nostre azioni, quindi, non sono finalizzate a un qualche scopo effettivo, ma sono fatte per portare avanti lo spettacolo, la vita.
L’energia vitale, il grande regista che muove le azioni degli uomini, è indifferente alla propria creazione: quello che le interessa è produrre, sia che questo prodotto sia bello,
sia che questo prodotto sia brutto. Gli scopi degli
uomini sono diversi dallo scopo dell’energia vitale: essi
sono funzione del vero scopo, che attraversa il piano
degli scopi umani e va in un’altra dimensione. Gli scopi
degli uomini, quindi, sono totalmente ininfluenti, e,
qualunque essi siano, non influenzano lo scopo dell’e-
nergia vitale.
Quella di Schopenauer è dunque una visione estremamente pessimista, che si può accostare per molti aspetti a quella di Leopardi.
Tuttavia Schopenauer rifiuta il suicidio, poiché questa è una forma illusoria di risoluzione dell’inutilità della vita; con il suicidio l’uomo esce di scena, ma questo atto non è una ribellione alla volontà di vivere, anzi, se ci suicidiamo è la volontà stessa che lo vuole, e quindi non facciamo altro che assecondare i suoi disegni. Il suicidio, dunque, è un atto che non ha senso.
L’unica via di scampo, che permette di uscire da questo meccanismo, è l’annullamento del desiderio, attraverso il Nirvana (spegnimento).
Schopenauer usa spesso la frase tat tuam asi (tu sei quello), che è una frase tipica dell’induismo; egli la usa per indicare l’identità dell’uomo con l’energia vitale: la soggettività dell’uomo coincide in realtà con quella dell’energia vitale.
La filosofia di Schopenauer vede la verità non come un qualcosa di assoluto, di definito e inevitabile, ma come un “dover credere”. Questo sarà ripreso poi da Nietzche: il superuomo è un mito che l’umanità potrà raggiungere se ci crederà abbastanza. L’influsso orientale del filosofo si vede bene in questo aspetto: l’uomo deve ricercare la verità, il noumeno, con l’esperienza e non con il ragionamento.
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Tra il piano della rappresentazione, ossia quello fenomenico, e il piano della volontà, ossia quello noumenico, Schopenauer pone le Idee.
Le idee sono degli archetipi, delle forme univer-
Rappresentazione sali, che non stanno nello spazio e nel tempo.
E’ come una commedia teatrale: gli attori
IDEE cambiano, ma le maschere, anche in varie rap-
----------------------------------- presentazioni, restano le stesse.
Volontà Queste idee somigliano un po’ a quelle platoni-
Che, ma non hanno niente della necessità e della perfezione di quest’ultime. Le idee, questi modelli prodotti dalla volontà, sono eterne, ma non perché necessarie, solo perché stanno fuori dal tempo.
Il dolore è la condizione naturale dell’essere umano: il piacere è un miraggio, esiste soltanto come momento illusorio in cui l’essere vivente raggiunge ciò che desidera. Ma quando lo raggiunge, il desiderio scompare, e il piacere quindi dura solo un attimo. E’ quello che diceva Leopardi: “piacer figlio d’affanno”, e che troviamo in particolare ne “La quiete dopo la tempesta”. Tutto ciò che facciamo nella nostra vita asseconda il volere della volontà; anche l’atto sessuale non è altro che il mezzo grazie al quale la volontà perpetua la sua forza produttiva, mettendo al mondo nuovi attori che recitino la loro parte. Mentre la natura è per Leopardi “matrigna”, e ostile all’uomo, essa per Schopenauer è semplicemente indifferente al piacere o al dolore che gli uomini possono provare.
Schopenauer propone 3 vie di liberazione dal dolore:
- l’ ARTE è il primo mezzo grazie al quale l’uomo può portarsi fuori della scena; l’individuo come tale non può uscire, perché è una pedina, ma in realtà gli uomini non sono semplicemente individui: sono “quello” (tat tuam asi), si identificano con la volontà. Grazie all’arte l’uomo comincia a capire che non è l’individuo che nasce, mure, ecc., ma è la coscienza. L’arte non è la liberazione definitiva, è solo un momento provvisorio in cui si sospende la rappresentazione, si esce temporaneamente di scena, per guardare “dietro le quinte”. Dietro le quinte ci sono le idee, cioè le forme usate dalla volontà, le maschere, che sono eterne in quanto collocate fuori dal tempo. L’arte, dunque, è la contemplazione delle idee, è il momento in cui l’uomo esce dal tempo e contempla queste entità eterne. L’arte suprema è la musica, che porta addirittura a vedere la volontà. Questo perché la musica è pura energia, non ha forma, ed è il modo in cui l’uomo diventa consapevole dell’energia di fondo, cioè della volontà. Tuttavia, anche l’artista più ispirato, non può rimanere tutta la vita nella contemplazione, nell’estasi che l’arte (e in particolare la musica) produce.
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Il termine “Gioco”, che sarà usato anche da Nietzche, è abbastanza interessante in Schopenauer. “Il gioco delle morti e delle nascite” nella cultura orientale è il cosiddetto samsàra, che consiste nel perpetuarsi del gioco. La pace è raggiungibile soltanto attraverso il Nirvana, ovvero con l’uscita dal gioco e la pace assoluta.
Gioco in tedesco si dice Spiel, ed ha un’accezione più vasta di quella italiana: signifìca anche recitare, o suonare. “Gioco” diventa sinonimo di rappresentazione.
L’arte viene superata da un’altra via di liberazione, che si divide in due aspetti:
- la COMPASSIONE (aspetto etico); l’etica di Schopenauer è assolutamente diversa da quella di Kant: quest’ultimo, infatti, fa risiedere il cuore dell’etica nella ragione, mentre Schopenauer rifiuta questa razionalità e ritiene che il momento fondamentale dell’etica sia la compassione. Essa non rientra in precisi canoni razionali, ma è un sentimento, un’esperienza di tipo emotivo. Il “gioco” vive nella contesa, nel conflitto tra le maschere che popolano la scena. Anche quando gli scopo di alcuni uomini si unificano, è solo per contrapporsi agli scopi di un altro gruppo di uomini. E’ il conflitto che porta avanti la recita, quindi il modo per farla cessare è provare compassione per tutti gli uomini, in modo da rendersi conto che “siamo tutti sulla stessa barca”, mettendo così da parte i conflitti. Nella cultura orientale questo senso di solidarietà è molto forte: nel buddismo, infatti, anche gli animali, le piante, ogni essere vivente va rispettato e salvato.
- Dalla compassione l’uomo può portarsi al di là del dolore, e anche del piacere, può andare oltre la rappresentazione, attraverso l’ ASCESI. L’ascesi porta l’uomo in una dimensione che supera non solo la rappresentazione, ma va addirittura oltre il noumeno, oltre la volontà, e arriva alla dimensione della
Noluntas (o Nirvana). Questa dimen-
Rappresentazione sione non si può definire in alcun
(Arte) (Compassione) (Ascesi) modo, perché non è niente di tutto
ciò che possiamo capire razional-
IDEE mente; essa è soltanto un’esperienza
mistica, in cui ogni piacere ed ogni
Volontà desiderio è annullato.
Essa, quindi, si può anche definire
Noluntas (NIRVANA) “nulla”, in quanto è definibile
“Nulla” soltanto in negativo: possiamo solo
dire che cosa non è.
Schopenauer reintroduce quindi il concetto del nulla, ma questo non è il nulla di Parmenide, ovvero “ciò che non è”: il nulla di Schopenauer è simile al nulla di Plotino, secondo il quale Dio si può definire solo in negativo. Plotino, dunque, con la sua filosofia, fa un grande passo verso l’oriente, rifiutando il logos e la visione ontologica di Parmenide.
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Il nulla di Schopenauer, il Dio di Plotino e quello di Cusano, si inseriscono nel filone della teologia negativa, che si rifiuta di definire Dio in termini razionali.
Questa visione anticipa quella dell’ esistenzialismo, e in particolare di Heidegger, secondo il quale lo “sfondo” che sta alla base della realtà non è conoscibile e definibile.
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