Riassunti di filosofia su Bergson

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

BERGSON
Bergson ammette come fondamento di tutto l'universo una energia chiamata slancio vitale: impulso spontaneo creatore di forme sempre nuove, attraverso una evoluzione creatrice. Questo slancio vitale, che sembra identificarsi con il potere di Dio, non è sostanza, ma energia libera e quindi non subordinata né al meccanicismo né al finalismo, perché altrimenti perderebbe la sua assoluta libertà.

L'evoluzionismo di Bergson differisce quindi da quello di Spencer e dalla concezione finalistica della realtà di Leibniz, l'evoluzione creatrice è un processo di continua creazione attraverso il quale ogni forma di realtà è nuova e irriducibile a quelle antecedenti, questa continua creazione è dovuta all'energia inesauribile dello slancio vitale da cui scaturiscono tutte le forme viventi, inoltre l'evoluzione creatrice non si evolve in forme nuove basandosi su un piano prestabilito, ma è un processo che ha in sé la propria legge e si attua in fasi successive non determinabili né deducibili l'una dall'altra.

Lo slancio vitale evolvendosi continuamente è andato scindendosi in molte direzioni, in molteplici slanci paralleli che costituiscono i vari regni della natura. Ma talvolta lo slancio si arresta e si cristallizza in forme finite dando origine alla materia, che è però soltanto un'interruzione momentanea dell'impulso di energia.

Bergson identifica lo slancio vitale con Dio, che ha bisogno di effondere il suo amore al di fuori di sé, nel mondo, l'uomo rivolgendosi verso la realtà e cioè verso i propri simili, ritrova Dio ed agisce con amore partecipando all'attività di Dio, quasi continuandone la creazione. Per questo Bergson è stato accusato di panteismo, ma egli si difende dicendo che Dio comunque rimane distinto dai mondi creati.

Lo slancio vitale è costituito di due aspetti, che, pur diversi, svolgono ognuno nel proprio campo, analoghi compiti, questi due aspetti sono l'istinto e l'intelligenza, essi devono soddisfare i bisogni della vita: il primo, utilizzerà gli organi corporei, la seconda utilizzerà strumenti inorganici e quindi artificiali, distinti dagli organi naturali.
L'istinto procede organicamente e risolve le questioni in modo meccanico e cieco, l'intelligenza ha la capacità di rendersi conto delle situazioni e di creare artificialmente gli strumenti per risolverle: l'istinto avvertendo il problema lo risolve immediatamente, l'intelligenza, invece ha bisogno di un momento di mezzo dove si inserisce la mediazione della coscienza.
Istinto e intelligenza, pur essendo diversi, sono strettamente connessi, infatti l'intelligenza conserva residui di istintività e l'istinto si manifesta in forme che preludono l'intelligenza.

L'intelligenza umana tende alla conoscenza della realtà secondo i fini del fare, ma tale conoscenza è limitata all'aspetto esteriore e superficiale delle cose, i concetti ricavati da tale percezione risultano essere schemi convenzionali e simbolici, utili all'azione e non al conoscere. La realtà nel suo perenne fluire rimane estranea all'intelligenza, perché l'intelligenza non può intendere la natura intima delle cose e non può perciò intendere e spiegare la vita. Bergson compara l'intelligenza ad una macchina cinematografica che cerca di riprodurre il movimento mediante fotogrammi successivi ma di per sé immobili.

Poiché anche l'universo, secondo Bergson, è slancio vitale, il tempo, per tutta la realtà è durata, successione continua di processi che si compenetrano, in cui il passato dura vivendo nel presente e entrambi (passato e presente) durano prolungandosi nel futuro. Il tempo, concepito come durata può essere colto solo dall'intuizione, l'intelligenza considera invece il tempo in modo simile allo spazio (tempo spazializzato).
Il tempo spazializzato è concepito come una retta costituita da infiniti punti detti istanti, ognuno indipendente dagli altri, appare perciò vuoto, perché separato dalla realtà, fatto di istanti successivi, indipendenti gli uni dagli altri. Ovviamente, il tempo spazializzato, porta ad una visione errata della realtà, perché separa ciò che è intimamente congiunto nella continuità spirituale, che è il ritmo della realtà universale e della stessa coscienza.

Il sistema filosofico di Bergson viene detto intuizionismo perché esso si incentra tutto nel valore dell'intuizione come organo della filosofia. Bergson privilegia l'intuizione rispetto all'intelligenza perché essa immergendosi direttamente nella realtà, ne coglie l'essenza, mentre l'intelligenza rimane alla superficie delle cose, fissandone solo gli aspetti esteriori.

In opposizione alla morale chiusa (statica), fondata sulla restrizione forzata della società, Bergson difende una morale aperta (dinamica), che si attua con lo slancio spontaneo dell'anima in forme sempre nuove. La morale chiusa nasce contro i pericoli che derivano dall'intelligenza, che spinge l'individuo all'egoismo offrendogli i mezzi per sottrarsi al dovere sociale, quella aperta, sorge spontaneamente dallo slancio vitale, che conduce l'uomo ad inserirsi nella vita.

In opposizione alla religione chiusa, costruita da favole e superstizioni, che offre all'uomo la speranza di sopravvivenza contro i timori della morte, Bergson ammette la religione dinamica, che porta l'uomo ad immedesimarsi con lo slancio vitale che è Dio.

Accettando la morale chiusa e la religione statica, l'uomo ha relazioni solo esteriori e meccaniche con la vita, mentre seguendo la morale aperta e la religione dinamica, l'individuo si immerge nel mondo spirituale e diventa cooperatore dello slancio vitale.

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