Bergson

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Testo

Henri Bergson
Il pensiero filosofico di Bergson come quello di Nietzsche e di Freud si inserisce nel contesto di demistificazione del sapere positivista avviato al termine del XIX secolo.
Tuttavia la sua filosofia non si pose da sempre in polemica con il Positivismo, ma, al contrario, i suoi studi partirono proprio dall’approfondimento delle discipline scientifiche e dalla condivisione delle teorie positivistiche . Fu proprio grazie a questi studi approfonditi che egli ebbe modo successivamente di distaccarsene..Bergson , infatti, con la pubblicazione della sua prima opera “Saggio sui dati immediati della coscienza “dimostrò come, a partire dall’ analisi di questi dati, fosse impossibile ricondurre tutto alla spiegazione meccanicistica fornita dalla dottrina positivista.L’ oggetto di studio della sua prima opera è la vita della coscienza, cha egli indaga attraverso l’intuizione, la quale risulta essere il metodo migliore, in quanto permette di studiare la coscienza senza scomporla in “atomi psichici”come avrebbe fatto la tradizione positivista.
Il metodo utilizzato da Bergson si basa su una “divisione” simile alla diairesis platonica,attraverso la quale è possibile studiare le varie componenti dell’oggetto dell’intuizione.Queste componenti differiscono o per grado o per natura. Le differenze di grado nel ”Saggio sui dati immediati della coscienza “ si identificano con la quantità, le differenze di natura con la qualità .Tuttavia questa distinzione in un’opera successiva “Materia e memoria”muta, e tende a far corrispondere alle differenze di grado due oggetti appartenenti alla stessa realtà , alle differenze di natura due oggetti appartenenti invece a due realtà diverse.
Attraverso l’intuizione Bergson riuscì a fornire una nuova concezione del tempo. Così il tempo che fin da Aristotele veniva considerato come una successione di istanti qualitativamente uguali, veniva ora integrato dalla concezione del tempo vissuto, il tempo interiore della coscienza percepito come durata. Il tempo inteso in maniera meccanica. Questa concezione del tempo , che è propria della fisica è reversibile poiché un esperimento può essere ripetuto svariate volte facendo ottenere sempre lo stesso risultato,inoltre è continuamente posto in relazione allo spazio. Il tempo infatti nella fisica viene studiato sempre nel suo manifestarsi in uno spazio, per questo si parla di tempo spazializzato. Al contrario, per Bergson il tempo non è sempre riconducibile alla successione di attimi, il tempo della coscienza che si basa su un carattere qualitativo , e che quindi differisce per natura, non può essere percepito come una serie di istanti separati gli uni dagli altri , ma come un continuum, come un qualcosa che dura nel tempo, come un gomitolo di filo o una valanga che accresce e muta in continuazione. Questo tempo è quindi irreversibile, in quanto le esperienze vissute nel passato non possono ripetersi nel presente. La durata conferisce una continuità al tempo, perché costituito di elementi strettamente collegati che si compenetrano l’ uno con l’ altro, interagiscono e sono irriducibili ad una divisione e ad una successione meccanica. Questa concezione del tempo vissuto rivoluzionò il pensiero filosofico e influenzò vari intellettuali quali Marcel Proust nella sua opera “Alla ricerca del tempo perduto”.
La filosofia di Bergson fu molto rivoluzionaria non solo per la scoperta di una duplice considerazione del tempo ma soprattutto per la necessità di voler superare il dualismo, caratteristico di tutta la tradizione filosofica, tra soggetto e oggetto, tra qualità e quantità, tra materia e spirito lo scopo della sua opera successiva “Materia e memoria “ è appunto quella di conciliare questi dualismi.
Nella dimostrazione della perfetta coincidenza tra soggetto e oggetto Bergson parte dalla tesi che il mondo esiste così come viene percepita dalla coscienza, quindi non in sé o al di fuori di sé. Di conseguenza esiste solo l’immagine del mondo, la totalità è quindi una serie di immagini, un’immagine è infatti il corpo, ma anche la coscienza, l’oggetto e lo stesso soggetto. Per questo materia e spirito sono accomunati, non differiscono, in quanto entrambi immagini, se non per grado, ma mai per natura, poiché appartengono alla stessa realtà.
Con “ Materia e memoria” Bergson riesce inoltre a rispondere a quel quesito già sorto nel “Saggio sui dati immediati della coscienza” e non ancora risolto, infatti, ormai stabilita la duplice concezione del tempo, ci si interrogava su come fosse possibile una conciliazione tra il tempo spazializzato e il tempo interiore concepito come durata, quindi tra l’immagine dell’oggetto e l’immagine della singola coscienza. In particolar modo Bergson intendeva mostrare come tra l’insieme di immagini potesse distinguersi una coscienza in atto. Questo processo detto di selezione o diminuzione permetteva al soggetto di selezionare tra le varie immagini una porzione che diventa successivamente una rappresentazione dell’oggetto. Tuttavia questo processo di diminuzione è reso possibile grazie all’intervento di un’immagine privilegiata quella del corpo attraverso la quale la coscienza percepisce la totalità delle cose che sono, e che media tra l’immagine della singola coscienza e l’immagine corpo. Nel brano “ Il corpo, la memoria e la percezione” tratto da “Materia e memoria” Bergson affermava: “Ma, in ogni istante, questa immagine tutta particolare che persiste in mezzo alle altre e che chiamo il mio corpo, costituisce, come dicevamo un taglio trasversale nel divenire universale. E’ quindi il luogo di passaggio dei movimenti ricevuti e rinviati, il trait d’union tra le cose che agiscono su di me e le cose sulle quali io agisco, la sede, in una parola, dei fenomeni sensorio – motorii”.
Le percezioni nascono però da un’esigenza pratica, da un’attività, infatti la coscienza non percepisce il tutto, ma solo ciò che deve soddisfare un atto pratico. Tuttavia la percezione è un qualcosa che esiste solo nel presente che viene però immagazzinata nella memoria sottoforma di ricordo. La memoria e la percezione vanno intese come un qualcosa di unico, non riducibile a divisione che attraverso l’immagine corpo cooperano, lavorano l’una in funzione dell’altra. La percezione, infatti, lavora non solo fornendo i contenuti alla memoria, la quale li trasforma in ricordi puri, che costituiscono il patrimonio delle esperienze, e in ricordi immagine, che risvegliati dalla percezione si trasformano in immagini, ma anche risvegliando la memoria e facendo riemergere dei ricordi di eventi anche molto lontani. La memoria invece orienta la percezione in base ai ricordi che la costituiscono. La percezione e la memoria svolgono un lavoro che necessita dell’apporto di entrambe, esse devono infatti necessariamente cooperare ed interagire costituendo così la vita della coscienza.

Con la figura di un cono Bergson mostrò la funzione mediatrice tra la percezione attuale del mondo e la memoria. Egli stesso affermava nel brano “ Il corpo, la memoria e la percezione” dall’opera “ Materia e memoria”: “ Se rappresento con un cono SAB la totalità dei ricordi accumulati nella mia memoria, la base AB situata nel passato rimane immobile, mentre il vertice S, che raffigura in ogni momento il mio presente, avanza senza posa, e, sempre senza posa, tocca il piano mobile P della mia rappresentazione attuale dell’universo. L’immagine del corpo si concentra in S…”.

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