Protagora e Gorgia

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Atene, Protagora e Gorgia

La filosofia approda ad Atene. Atene è la capitale della filosofia ancora oggi. Quindi i filosofi dalla periferia del mondo greco cominciano a confluire verso Atene e da qui partono per andare a tentare progetti politici e culturali altrove, ma è qui il loro punto di incontro dove sorgono le principali scuole filosofiche della Grecia. Ad Atene arriva Anassagora.
Il noùs, tradotto la mente. La parola mente come logos è una parola con due significati. Il noùs significa da una parte mente dell’uomo, ciò che nell’uomo non si vede e non si tocca, ma costituisce la capacità di osservare fisicamente e rappresentare il mondo e cercare nel mondo un ordine: un principio primo, una ragione di essere, un logos. L’osservatore antico nega la mente agli animali, ma la riconosce solo all’uomo. Però se l’uomo ha questa capacità, bisogna anche ammettere che ci sia una mente che sta già, ha compreso già, ha attuato l’ordine del mondo. Il nòus, come ente universale, ovviamente prevede la formulazione del concetto di dio. Non il dio creatore degli ebrei e dei cristiani che dal nulla crea, ma il dio artefice che prende dei pezzi e li combina in maniera tale da ottenere il mondo. Quindi il noùs è la mente universale che un disegno di progetto ben chiaro e utilizza le caratteristiche già presenti nella materia per organizzare la materia stessa. Il noùs è l’ordine nascosto nelle qualità di tutte le cose. Il noùs dunque sublima il concetto di logos trasformandolo da pensiero, parola, ragionamento in ordine preesistente alla realtà naturale, che può essere compreso separatamente dall’osservazione di tale realtà. Mentre fino a Empedocle si desumono le leggi della natura dalla natura stessa, ora Anassagora concepisce due livelli di conoscenza: quello osservativo, cioè osservare la natura e comprendere empiricamente, ovvero l’osservazione precede l’esperienza, e quello di noùs dove l’esperienza precede l’osservazione, cioè esiste un principio ordinatorio che fa sì che il mondo si organizzi in un certo modo. Questo ordine non richiede l’osservazione, ma ne è la conferma. Quindi, a seconda che l’uomo osservi e quindi deduca o pensi le leggi ragionando e le applichi, i due livelli finiscono per confluire in una unica conoscenza che non esclude l’esperienza. Parmenide diceva che la realtà era illusoria e ne deriva che l’unico modo per conoscerla era ragionare. La filosofia, pertanto, è logica e non esperienza. I naturalisti fanno scaturire qualsiasi deduzione dall’esperienza, cioè osservando e costruendo poi un discorso. Anassagora, invece, dice che dall’osservazione scaturisce una conoscenza empirica, che nella nostra mente c’è già una conoscenza logica, che l’una e l’altra sono necessariamente in relazione tra loro come le qualità delle cose che non sono misurabili e pertanto corrispondono al noùs che può essere compreso indipendentemente dalla qualità. Ragionamento e esperienza sono entrambi veri e quindi devono essere messi in relazione. Partendo dall’esperienza e dall’osservazione si arriva a un ragionamento che permette di conoscere l’ordine interno delle cose e quindi a ricercarlo. Questo nuovo tipo di filosofia pone al centro la natura spirituale e razionale dell’uomo, cioè fa dell’uomo e della sua mente, la misura della realtà L’uomo ha una capacità di percepire e di classificare. Percezione e classificazione, dunque, sono due livelli di ragionamento che però confluiscono in una comprensione unitaria della realtà. Pertanto un mondo infinito e una mente astratta che non si tocca, non si vede, costituiscono due enunciati entrambi veri e non contradditori. È dalla loro relazione che scaturisce la comprensione del mondo. Quindi è nella mente dell’uomo che prende forma la spiegazione razionale e empirica della realtà. La mente diventa unità di misura di tutte le cose e c’è una mente universale che contiene tutte le informazioni e il noùs diventa quindi un dio artefice che ha creato il mondo. Da questa deduzione è possibile dire che l’uomo è misura di tutte le cose, ovvero che ogni qualvolta il mondo viene rappresentato e presenta una forte spiegazione, la rappresentazione e la spiegazione sono la risultante del modo di essere della mente dell’uomo.
1) Un principio primo universale, assoluto, in grado di spiegare ogni cosa è introvabile;
2) C’è una verità razionale che va messa in accordo con l’esperienza e viceversa.
A questo punto, con i sofisti, la ricerca filosofica non è più astrattamente finalizzata a una conoscenza universale del bene, assoluta, ma è finalizzata alla soluzione di determinati problemi, alla evidenza relativa e coloro che sono in grado di trovarlo diventano i proprietari del sapere e lo mettono a disposizione di tutti. L’aristocrazia che vuole ottenere questa conoscenza, paga e questi insegnano. Questi uomini che studiano e insegnano a pagamento, insegnano a non prendere come vero un principio che non possa in qualche modo essere contraddetto. Il comune denominatore della sofistica è che nulla non può essere contraddetto, cioè non esiste alcun principio enunciabile di cui non si possa dimostrare il contrario.
Protagora, il primo, dice che la verità esiste, ma è persuasiva. Per cui, la filosofia è persuasiva, serve a convincere gli altri di una verità che è tale perché è condivisa, non perché esiste, ma perché tutti la ritengono tale. Il compito del filosofo è convincere una maggioranza di persone che la sua opinione è quella giusta attraverso la persuasione, cioè l’usare logos per convincere l’altro. L’arte del parlare, convincendo l’altro, si chiama dialettica. La dialettica di Protagora è sempre positiva e ha come scopo far coincidere la tesi con la sintesi, ovvero convincere quelli che credono che la sua opinione sia sbagliata, che in realtà è giusta.
Gorgia prende questo paradosso arrivando a una logica conclusione: se noi possiamo credere che sia vero qualcosa e poi che sia vero il contrario, l’unica conseguenza che ne deriva è che non sia vera né l’una né l’altra e prova a dimostrarlo. Pertanto, la verità non esiste perché se esistesse non sarebbe conoscibile, se fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. Prendendo due opinioni opposte, non si può dire che una delle due sia vera, ma sono entrambe false, dunque ogni qualvolta si comunica qualcosa, non si comunica la verità, ma una falsità. A questo punto, la verità non è comunicale e pertanto non è conoscibile e quindi non esiste. Una verità assoluta non c’è, ma è un qualcosa che si afferma essere vero e in realtà non esiste. Pertanto l’unica cosa vera è che la verità non esiste. Prendendo l’amore e l’odio che sono gli opposti che secondo Empedocle formano il mondo, non si può dire che uno dei due sia giusto, ma si può dire solo che uno sia il limite dell’altro.

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