I sofisti: Protagora, Gorgia

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Categoria:Filosofia

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Testo

I SOFISTI
La corrente filosofica sofista prende avvio tra il V° e il IV° secolo a.C. principalmente in Grecia, per poi diffondersi un po’ ovunque nel bacino mediterraneo. Sofisti furono chiamati quei filosofi che negavano la possibilità di raggiungere una verità definitiva, per cui tutto poteva essere messo in discussione, tutto era relativo, ogni argomento poteva essere confutato. Si diffuse persino l'uso di fare della confutazione degli argomenti uno spettacolo popolare, cosa che ebbe il merito far conoscere la filosofia al grande pubblico, ma che attirò sul movimento un certo disprezzo. Infatti, "sofista" divenne termine spregiativo per indicare, oltre gli argomenti cavillosi e speciosi, anche l'atteggiamento mercenario del filosofo, il quale era spesso pagato da committenti per dimostrare razionalmente certe tesi, in spregio a qualsiasi idea di verità, badando più che altro al fine. "Il 'sofista' è appunto colui nel quale la sophìa, rinunciando a essere verità, è divenuta la capacità tecnica di persuadere conformemente a dei fini." (E. Severino, La filosofia antica).
Pur non essendo una scuola di pensiero vera e propria, ma più un movimento culturale, si possono distinguere nel sofismo i seguenti motivi fondamentali:
1. La negazione della possibilità di raggiungere verità certe e definitive, per cui il sofista riduce la conoscenza all'opinione e il bene all'utilità pratica. E' un atteggiamento tipicamente relativista, che predica la possibilità di confutare qualsiasi argomento. Per i sofisti non esistono verità morali o valori immutabili, tutto può mutare in rapporto al luogo, alle culture e ai periodi storici;
2. Uno spostamento di attenzione dai problemi della phisys (la ricerca degli elementi fondamentali del cosmo) ai problemi dell'uomo, alle questioni politiche e sociali;
Questi primi due punti sono riconoscibili principalmente in Protagora e Gorgia, mentre per la seconda fase del sofismo si possono distinguere altri motivi dominanti:
3. La diffusione e l'uso dell'eristica, l'abilità di sostenere e confutare contemporaneamente argomenti tra loro contraddittori (le antinomie);
4. La contrapposizione tra legge di natura e legge degli uomini, e l'affermazione che in natura vige la legge del più forte o del più abile a persuadere l'avversario;
Nel sofismo, l'argomento polemico dell'impossibilità del raggiungimento della verità, è conseguente alla constatazione che ogni conoscenza è frutto di una contrapposizione tra tesi contrarie, e che tali tesi, ognuna sostenuta dalle diverse scuole di pensiero, impongono le proprie conclusioni sulle altre non già grazie a una propria superiorità logica, ma alla propria capacità di persuasione. Tali dissidi insanabili portano i sofisti a dichiarare l'impossibilità di raggiungere la certezza e la verità universale (verità è opinione).

PROTAGORA
(491-? a.C.)
L'opera principale di Protagora è intitolata Antilogie, ovvero "discorsi antitetici", dove ad ogni argomento corrisponde il suo contrario, in modo da dimostrare come la verità sia impossibile da raggiungere nell'ambito della stessa ragione (la ragione ha in sé l'errore, per cui è impossibile dimostrare qualsiasi verità razionalmente).
L'uomo è misura di tutte le cose
Non esiste altro criterio per stabilire la verità se non l'esperienza. Solo ciò che i sensi percepiscono è reale, ciò che non percepiscono non esiste o non è decisivo. L'uomo è misura di tutte le cose, il solo criterio per giudicare la realtà è ciò che viene percepito soggettivamente dal singolo indivuduo attraverso i sensi. Da ciò deriva che non esiste una sola verità, perché lo stesso fenomeno percepito in un certo modo da un uomo, può essere percepito diversamente da un altro, in tal caso entrambi i giudizi costituiscono verità, seppur relative e soggettive.
Il compito del filosofo
Se ogni uomo può raggiungere tuttalpiù una verità soggettiva, compito del filosofo non è tanto la ricerca della verità assoluta (che non esiste), ma quella di aiutare le persone a migliorare i propri giudizi, così da predisporli verso un sapere più ampio. Compito del filosofo è quello di elevare l'uomo a livelli di civiltà superiori, non tanto perché costituisca verità nei confronti di civiltà inferiori, ma in quanto l'elevarsi a civiltà superiore conviene in senso utilitarista.
GORGIA
(485-377 a.C. circa)
Gorgia era in grado di confutare qualsiasi tesi a richiesta, spesso nemmeno lui si curava troppo di credere in ciò che sosteneva, ma questo non era importante visto che predicava una verità diversa per ogni diversa situazione. Scopo della sua filosofia non era tanto la ricerca del vero, ma il prevalere nello scontro dialettico.
Gorgia diede prova di grande perizia dialettica sul tema parmenideo dell'essere e del non-essere, dimostrando che:
1. Nulla esiste;
2. Se anche qualcosa esistesse, non potrebbe essere comprensibile all'uomo;
3. Se anche qualcosa fosse comprensibile, sarebbe incomunicabile.
1. Che nulla esiste è dimostrabile dal fatto che se esistesse qualcosa sarebbe o l'essere o il non-essere, oppure entrambi. Escludendo il non-essere, che non è, si passa all'essere. Esso sarebbe infinito o generato. Se fosse infinito allora non è in alcun luogo preciso e quindi non esiste. Se fosse generato, allora lo sarebbe dal non-essere (e non potrebbe), o dall'essere. Ma l'essere lo è già e non può generare. Quindi nulla è.
2. La seconda tesi è dimostrabile in questo modo: se non possiamo dire che le cose pensate esistono, non potremmo neanche dire che si può pensare l'essere, e se l'essere non è pensabile allora non è nemmeno comprensibile.
3. La terza tesi è spiegabile tenendo presente che l'uomo comunica solo attraverso i sensi, più precisamente trasmette l'idea di un oggetto con la parola. Ma la parola non può trasmettere l'oggetto stesso, essendo la parola solamente un simbolo. Ciò che non può essere espresso non può essere realtà.

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