Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
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Testo
Erika De Candido cl.4°A
Platone e la filosofia
Platone, nella Repubblica, descrive il sapere attraverso l’immagine di una linea retta divisa in due segmenti, quello dell’opinione, doxa, e quello della scienza, episteme, ciascuno dei quali è a sua volta diviso in due; abbiamo così quattro gradi di conoscenza: 1) eikasia o immaginazione, che riguarda le sensazioni degli oggetti prese per sé, 2) pistis o credenza, ovvero la percezione chiara degli oggetti, 3) dianoia o ragione matematica, che riguarda le idee matematiche, 4) noesis o intelligenza filosofica. Platone quindi, elabora una teoria della conoscenza secondo un rigido ordinamento gerarchico, alla testa del quale pone la filosofia, conoscenza superiore anche a quella matematica, poiché di tipo intuitivo e immediato, svincolata da appigli al mondo sensibile ( immagini, per esempio ) e ipotesi non dimostrate, finalizzata a risalire ai principi, le idee, e al principio primo, il Bene, per trovare la necessità delle proprie conclusioni ed occuparsi dell’uomo, dei suoi problemi e dei suoi valori. La scienza, infatti, risolve solo il problema della verità, lasciando insoluti i problemi più importanti per l’uomo, ovvero quelli che riguardano il suo “ essere uomo”, e quindi il Bene, il Giusto e il Senso. Inoltre la filosofia assume per Platone un valore maggiore degli altri tipi di conoscenza perché essendo visione d’insieme del mondo delle idee ordina e organizza tutte le altre singole scienze che altrimenti rimarrebbero distinte e slegate tra loro. IL filosofo per spiegare la sua teoria della conoscenza, utilizza un mito “ il mito della caverna”, nel quale un prigioniero, inizialmente legato nel fondo di una caverna e impossibilitato ad avere una visione chiara e veritiera delle cose, si libera dalle proprie catene e passa quindi gradualmente ai gradi di conoscenza superiori attraversando la caverna e giungendo ad osservare il mondo esterno nelle sue forme reali ( le idee ) e ad ammirare infine il Sole ( il Bene ) che illumina e dà vita alle cose del mondo. L’uomo, ( che ormai è filosofo ) ritorna, anche se un po’ a malincuore e con difficoltà, nella buia caverna, per rendere partecipi gli altri schiavi della verità, ma questi ottusamente lo deridono perché impacciato e finiscono con l’ucciderlo. In questo mito, ricchissimo di significati e simboli, trova spazio anche il concetto della finalità politica della filosofia per Platone. Tutte le conoscenze che il filosofo ha acquisito attraverso la visione del mondo delle idee, infatti, devono essere adoperate per la creazione di una comunità umana felice: il Bene ultimo per l’uomo è, infatti, il bene della comunità, in quanto la vita dell’uomo è la vita in comunità. Il ritorno nella caverna è un dovere cui il filosofo non può sottrarsi, la filosofia deve servire perciò a riesaminare il mondo umano e sensibile nella sua inevitabile inferiorità e a costituire e governare poi uno stato per garantire agli uomini una vita serena e felice. La condizione fondamentale affinché tutto ciò si realizzi è ovviamente l’identificazione di filosofia e potere politico: solo se i filosofi governeranno o i governanti filosoferanno ci potrà essere una vera tregua nei mali che affliggono lo stato.
Un’altra immagine, completamente diversa, ma molto più poetica ed evocativa della filosofia è quella che proviene dal “ mito di Eros “ legata all’aspetto mistico ed ascetico del filosofare di Platone. Eros, l’Amore, è figlio di Penia (povertà) e Poros (acquisto, espediente), non è Dio, ma Demone, mediatore tra gli dei e gli uomini, e raccoglie in sé le nature di entrambi i suoi genitori perciò è povero, rozzo, girovago, ma intrigante, audace e intelligente, è intermedio tra l’abbondanza e la miseria, tra la soddisfazione e il desiderio, tra l’immortalità e la morte. Egli non è bello, ma cerca la bellezza, non conosce, ma desidera la conoscenza: Eros è pertanto filosofo, è uno di quelli, come scrive Platone nel Liside, “ che pur possedendo questo male, l’ignoranza, non sono da questo resi ottusi e incolti, ma ancora ritengono di non sapere ciò che non sanno “ ed aspirano alla sapienza come ad una delle cose più belle. La mancanza, la privazione di Eros, è, infatti, un elemento positivo, senza il quale non potrebbe svolgere la propria funzione e attività di ricerca spinto appunto dal continuo desiderio di un perpetuo possesso del Bene. Paragonando Eros alla filosofia quindi, Platone ne mette in risalto il carattere vitale, gioioso, entusiasticamente attivo, mostrando l’impossibilità di ridurre il proprio pensiero alla sola dimensione razionale: non è possibile giungere alla conoscenza e alla contemplazione del mondo delle idee con la pura ragione. Inoltre dal paragone emerge la natura di mediatrice della filosofia che si occupa del rapporto tra divino e umano.
In Platone, tuttavia, troviamo anche una concezione della filosofia ben lontana dalla vivacità di quella proposta nel “mito di Eros”: il pensatore ci parla nel Fedone della filosofia come preparazione alla morte. Filosofare è, infatti “staccarsi” dal mondo sensibile, allontanarsi dalle sue illusioni con il rifiuto dei piaceri del corpo, per elevarsi al mondo vero delle idee e contemplarne le forme perfette: tutto ciò risulta una continua preparazione alla morte visto che questa altro non è che il ricongiungimento dell’anima con il mondo delle idee.
Dalle riconsiderazioni sul proprio sistema filosofico che Platone fa durante la vecchiaia nasce infine ancora un’altra possibile concezione della filosofia, che diventa appunto “dialettica”. Appurato che la divisione tra il mondo delle idee e quello sensibile non è così rigida e netta come egli aveva precedentemente creduto, il pensatore concepisce il mondo dell’essere come una rete di rapporti possibili e di conseguenza il filosofare (dialettica) come l’arte che analizza questi rapporti, stabilisce le giuste relazioni tra le idee, e divide le idee in generi e specie attraverso due momenti: l’individuazione e la definizione di un’idea e la divisione nella sua articolazione interna secondo il metodo dicotomico (divisone per due).
Resta comunque il fatto che Platone, in qualunque modo la consideri, concepisce la filosofia come scienza prima , nettamente “al di sopra” di tutte le altre, per importanza e potenza.