Platone blo

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Platone
Filosofo greco (Atene 427-347 a.C.). Verso i vent'anni divenne discepolo di Socrate, di cui ammirava la concezione di una politica secondo giustizia. Deluso del governo oligarchico dei Trenta tiranni, affermatosi nel 404, benché tra i maggiori esponenti di esso ci fossero suoi familiari (Crizia e Carmide), nutrì dapprima qualche fiducia nella restaurazione democratica; il governo democratico si rivelò invece il peggiore di tutti, rendendosi responsabile della condanna e della morte di Socrate (399). Scomparso Socrate, compì parecchi viaggi: in Egitto, a Cirene, a Taranto (dove visitò la comunità pitagorica guidata dall'amico Archita) e nel 388 a Siracusa, governata da Dionigi il Vecchio: qui strinse amicizia con Dione, cognato del tiranno. Ritornato ad Atene, fondò (nel 387 circa) l'Accademia. Ebbe così inizio il periodo più fecondo della carriera speculativa di P., interrotto nel 367, quando, dopo la morte di Dionigi il Vecchio, il figlio e successore Dionigi il Giovane fu persuaso da Dione a richiamare P. a Siracusa. Ben presto, tuttavia, i rapporti fra Dionigi e Dione si guastarono e P., che era nel frattempo ritornato ad Atene (365), fu costretto a intraprendere un terzo viaggio (361) per tentare di far togliere il bando all'amico, esiliato dal sospettoso nipote. Il fallimento dei suoi piani politici e la morte di Dione (354) rattristarono la vecchiaia di P. Dei suoi scritti ci sono pervenuti 35 Dialoghi e 13 Epistole, ma della loro autenticità si è molto discusso fin dai tempi antichi; attualmente si riconoscono in genere come autentici 28 dialoghi e 4 epistole (tra cui la settima, l'unica filosoficamente interessante). La prima opera è quasi sicuramente l'Apologia di Socrate, scritta intorno al 396 e consistente in un discorso di autodifesa tenuto dal maestro davanti ai giudici; nel Critone Socrate, lungi dal disprezzare le leggi della sua città, preferisce la morte a un'agevole evasione dal carcere, proprio per ossequio alla legge. I temi affrontati in questo primo gruppo di dialoghi sono quelli della virtù e della vera sapienza: per Socrate, che in essi inizia e conduce la discussione, la virtù si risolve nella scienza del bene e del male, e quindi nella ricerca razionale; i suoi interlocutori, che sono in genere personaggi della cultura e della vita politica di quei tempi, soprattutto «sofisti» (da essi prendono nome i dialoghi: Carmide, Lachete, Liside, Protagora, Gorgia, Eutrifone, Menone, Eutidemo), sono inizialmente sicuri di sé, delle proprie convinzioni: di fronte a essi Socrate finge invece di non sapere e, attraverso una serie di domande serrate, mette in crisi tale sicurezza, mostrando l'unilateralità e l'interiore contraddittorietà delle loro tesi, e perciò suscita il dubbio e il desiderio di approfondire la ricerca. In tale procedimento consiste l'«ironia» socratica. I dialoghi della piena maturità del pensiero platonico, probabilmente posteriori al primo viaggio in Sicilia (388) e alla fondazione dell'Accademia (387 circa), sono quelli in cui egli costruisce il suo sistema, ricavandone tutte le possibili conseguenze anche di carattere etico-politico: il Cratilo (sul linguaggio), Il convito (sull'amore), il Fedone (sull'immortalità dell'anima) e soprattutto La repubblica (in dieci libri), che è il più ampio degli scritti di P. e la cui composizione deve aver occupato un periodo di parecchi anni. Il fondamento dell'universalità e della necessità dei nostri concetti è costituito dalle «idee», ossia da modelli eterni e immutabili, concepiti come essenze incorporee, aventi una propria realtà oggettiva, puramente intelligibile, in un mondo (iperuranio), diverso da quello sensibile, il quale è anzi soltanto la copia e la pallida immagine della vera realtà, che appunto si identifica con il mondo delle idee. Rifacendosi alla tradizione orfico-pitagorica, la quale affermava che l'anima è immortale e rinasce più volte, P. sostiene che l'anima ha contemplato le idee in una vita anteriore, ma, entrando nel corpo, le dimentica: tuttavia in seguito, nel venire a contatto con le cose materiali, riesce a ricordarle, a ritrovare entro di sé il vero sapere, che non deriva quindi, se non indirettamente, dall'esperienza, ma è solo una reminiscenza (anamnesi). Per spiegare quale sia l'effettiva condizione originaria dell'uomo e attraverso quali tappe questi riesca a liberarsene, P. nella Repubblica si serve di un'immagine, nota come il «mito della caverna»: gli uomini sono come prigionieri incatenati entro una caverna, con le spalle rivolte alla luce che viene di fuori, e riescono a vedere soltanto le ombre proiettate sulla parete da coloro che passano e dai loro fardelli: gli oggetti della sensazione sono appunto come queste ombre che i prigionieri scambiano per oggetti reali, mentre, se essi riescono a liberarsi dai ceppi e a uscire dalla caverna, possono vedere le cose stesse, che corrispondono agli oggetti intelligibili. Alla teoria delle idee si ispirano la concezione politica di P. e la sua psicologia: infatti per lui la struttura di uno Stato e l'anima dell'individuo sono organizzate alla stessa maniera. Come la vita dell'uomo giusto si realizza nell'armonica contemperanza delle parti dell'anima, così lo Stato è ben ordinato quando in esso domina la giustizia, cioè quando ogni classe e ogni individuo attendono al compito che è loro proprio. Distinguendo tre funzioni nello Stato (governo, difesa, economia), P. fa a esse corrispondere tre classi sociali (reggitori, soldati, produttori), che sono la proiezione delle tre attività o tre parti dell'anima: la ragione, la volontà, gli appetiti. Circa la successione cronologica degli ultimi dialoghi, posteriori alla Repubblica, c'è un accordo quasi unanime tra gli studiosi. Essi sono nell'ordine della loro composizione: il Fedro, il Parmenide, il Teeteto, Il sofista, Il politico, il Timeo, il Crizia, il Filebo e Le leggi. Da notare che in questi dialoghi, tranne che nel Fedro, nel Teeteto e nel Filebo, Socrate non è più l'interlocutore principale; perciò anche da un punto di vista esteriore P. mostra chiaramente di essersi del tutto distaccato dalla problematica socratica, e la sua attenzione è rivolta principalmente a sottoporre a revisione critica la sua teoria delle idee e a risolverne le interne difficoltà.

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