Platone

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Testo

Dualismo gnoseologico
Dualismo ontologico
Due livelli della conoscenza > una conoscenza incerta, mobile, non vera // una certa, salda, vera, assoluta.
Due gradi di conoscenza
Due piani di realtà > il mondo delle cose mutevoli e sensibili // il mondo delle idee
Due tipi d’essere distinti
LA DOTTRINA DELLE IDEE
Genesi della teoria delle idee
Platone vuole superare il relativismo sofistico. Egli accomuna tutti i sofisti – Protagora, Gorgia, e gli ultimi sofisti che si danno all’eristica (“arte della contesa” gare di parole e discorsi vuoti) – vedendo nella loro presunta arte retorica un danno, che provoca l’assenza completa di criteri oggettivi per definire il Bene, la Giustizia, la Verità per l’uomo.
Dell’insegnamento di Socrate, Platone valorizza la volontà di cercare nel dialogo filosofico principi saldi che orientino il comportamento retto e giusto dell’uomo; e la capacità di definire la virtù come unica, come cura dell’anima, e – in ultima istanza – come scienza, episteme.
L’obiettivo del discepolo (che si interroga sempre sull’esperienza della morte del maestro, sul significato della missione filosofica, sul ruolo del filosofo nella polis) va però oltre la ricerca aperta, ma “inconclusa”, di Socrate. Platone vuole rifondare un sapere assoluto, che spazzi via la congerie di opinioni contrastanti, che offra definizioni certe e salde, che restituisca al linguaggio il suo legame con il reale (parola non staccata dal reale, non autonoma ed arbitraria, ma parola che corrisponde all’essenza delle cose che nomina).
In questa direzione si muove l’elaborazione della c.d. teoria delle idee, che non si trova esposta sistematicamente negli scritti platonici, ma è affrontata in forme diverse in vari Dialoghi.
Fin dai Dialoghi socratici, Platone insiste sulla capacità definitoria di Socrate (la capacità di definire le cose, di coglierne l’essenza, di fissarne gli aspetti non accidentali, ma permanenti). Ad esempio, per definire la virtù, non ci si accontenta di fare esempi di cose virtuose. Si vuole trovare l’unità del molteplice, ciò che unifica molte realtà particolari della stessa specie, l’elemento comune, universale. (> Menone)
Nei Dialoghi più maturi, Platone indica queste forme uniche e universali, con il termine di idea, e dà loro una consistenza, attribuisce loro una vera e propria esistenza, e le colloca in un piano diverso della realtà.
Che cosa sono le idee
In Platone, “idea” indica una entità immutabile e perfetta, che esiste indipendentemente da noi. Il fatto che le idee, strutture o perfezioni ideali, esistano per proprio conto, fuori dall’arbitrio degli individui, garantisce loro una validità oggettiva e universale. La conoscenza vera, il sapere assoluto, avrà quindi per oggetto le idee, le forme perfette, eterne.
Le idee costituiscono una zona d’essere diversa dalla nostra, chiamata poeticamente da Platone “iperuranio” (in greco: “al di là del cielo”)
Quali sono le idee – Rapporto idee-cose
Idee-valori: Bellezza, Bene, Giustizia, Virtù…
Idee-matematiche: il quadrato, il circolo, l’uguaglianza…
Di ogni realtà (cose artificiali =il letto, cose naturali =il cavallo, l’umanità..) esiste un’idea corrispondente. Tutte le cose interne al campo dell’esperienza fanno riferimento ad un’idea perfetta e immutabile.
Le cose del mondo sono copie, imitazioni imperfette delle idee. Nel nostro mondo, ad esempio, esiste una pluralità di cose più o meno belle o giuste, ma nel mondo delle idee esiste la Bellezza e la Giustizia. Le idee sono i modelli perfetti delle cose, la loro forma ideale, pura.
Le idee sono sia la causa dell’esistenza delle cose; sia la condizione per la loro pensabilità, ossia i criteri di giudizio delle cose, in quanto noi per giudicare gli oggetti, definirli, coglierne l’essenza, non possiamo fare a meno di riferirci ad esse.
Le idee sono in un ordine gerarchico e piramidale, con le idee- valori in cima e la idea del Bene al vertice. Infatti, come le cose partecipano delle idee, le idee partecipano a loro volta del Bene, che è il supremo Valore e la perfezione massima di cui le altre idee sono imitazione o riflesso. Il Bene non crea le idee, che sono tutte eterne, ma si limita a comunicare loro la perfezione.
La conoscenza delle idee
Come può l’uomo accedere alle idee? Esse non possono derivare dai sensi poiché questi ci testimoniano solo un mondo di cose materiali, molteplici e imperfette. Le idee sono l’oggetto di una “visione intellettuale”, il risultato di un lavoro della mente. Bisogna cercare nell’anima, dialogare, filosofare per accedere alla verità del mondo delle idee. E in questo la riflessione platonica è vicina a quella del maestro Socrate (la virtù> cura dell’anima > non beni materiali, ma spirituali >sapere). Ma Platone procede oltre, introducendo una realtà extraumana e una verità già data (il mondo delle idee), che l’uomo deve scoprire, o meglio “ricordare”.
Platone infatti con la dottrina-mito della reminiscenza (=ricordo), afferma – sulla base della credenza orfico pitagorica della metempsicosi – che la nostra anima, prima di calarsi nella prigione corporea, è vissuta disincarnata nel mondo delle idee, dove ha potuto contemplare gli esemplari perfetti delle cose. Una volta discesa nel nostro mondo l’anima conserva un ricordo sopito di ciò che ha veduto; grazie all’esperienza delle cose, che fungono da stimolo e da occasione per la memoria, l’anima ricorda. (Menone > immortalità dell’anima e mito della reminiscenza)
Per Platone conoscere non è apprendere ma ricordare, in quanto tutti gli uomini portano dentro di sé le idee, sia pur sfocate. Celebre la dimostrazione di questa teoria contenuta sempre nel Menone, dove un semplice schiavo che ignora tutte le cognizioni della geometria, riesce a dimostrare, condotto da Socrate, il teorema di Pitagora. Ciò dimostra non solo che l’anima è immortale, ma anche che è piena di qualche cosa, non è una tabula rasa che aspetta di essere riempita dai dati dell’esperienza. La mente ha già conosciuto le idee > (Innatismo > la conoscenza non deriva dall’esperienza sensibile – che funge tutt’al più da stimolo - ma da metri di giudizio preesistenti e connaturati con il nostro intelletto).
LA DOTTRINA DELL’AMORE E DELL’ANIMA
L’amore è desiderio di bellezza, e si desidera la bellezza perché è il bene che rende felice. La bellezza è il fine, è l’oggetto dell’amore. Ma la bellezza ha gradi diversi ai quali l’uomo può sollevarsi solo attraverso un lento cammino. (Simposio)
- bellezza di un bel corpo
- butta la bellezza corporea
- bellezza delle imprese
- bellezza dell’anima
- bellezza delle istituzioni e delle leggi
- bellezza delle scienze
- Bellezza in sé e per sé
L’idea di Bellezza sta al compimento di questo percorso di amore, che è anche percorso conoscitivo, sebbene non si proceda con la ragione, ma con l’eros, se esso è ben orientato non alle passioni corporee, ai solo oggetti concreti, ma alle forme sempre più spirituali del bello.
La Bellezza in sé è eterna, superiore al divenire e alla morte, perfetta, sempre uguale a se stessa, fonte di ogni altra bellezza e oggetto della filosofia.
Essa fa da mediatrice fra l’uomo e il mondo delle idee. Quando l’eros non si arresta alle cose belle del mondo, ma segue la sua vera natura, si fa giuda dell’anima verso il mondo del vero essere.
L’eros diventa allora dialettica, che è ricerca dell’essere in sé, e unione amorosa delle anime nell’apprendere e nell’insegnare.

Come l’anima umana può compiere questa scala d’amore, e giungere alla Bellezza perfetta?
Il Fedro, e il mito dei cavalli alati. L’anima è simile ad una coppia di cavalli alati guidati da un’auriga. Un cavallo è eccellente, l’altro è pessimo, quindi l’opera dell’auriga è faticosa > difficile raggiungere il mondo delle idee.
L’auriga cerca di indirizzare i cavalli nel cielo al seguito degli dei, verso la regione sopraceleste (iperuranio) che è la sede dell’essere vero, perfetto, eterno (mondo delle idee).
L’auriga riesce a condurre il carro arriva nella regione delle sostanze pure, e le contempla. Poi però l’anima si appesantisce perde le ali e cade nei corpi. L’anima che ha visto di più va nel corpo di un uomo che si consacra al culto della sapienza e dell’amore.
Nell’anima che si è caduta e si è incarnata, il ricordo delle sostanze ideali è risvegliato proprio dalla bellezza.
La finalità politica della dottrina delle idee
Il relativismo, secondo Platone, mettendo sullo stesso piano le diverse opinioni, produce disordine e violenza (vige la legge del più forte). Con la dottrina delle idee, Platone vuole offrire agli uomini uno strumento che consenta loro di uscire dal caos delle opinioni e dei costumi, che li tragga fuori dalle lotte in cui la molteplicità dei punti di vista li ha fatti inevitabilmente cadere.
Platone (428/427 - 348/347)
Cos'è una teoria filosofica
Quando una teoria filosofica è vera
Idee come necessaria condizione della predicabilità, del discorso stabile e immutabile: la scienza
E' in gioco l'ordine del discorso e l'ordine dell'essere (idea come causa formale)
Teoria delle idee: pensiero - idea - realtà
Valore e funzione della definizione in Socrate
Il "concetto" di Socrate e l'idea di Platone (sostanzializzazione)
L'idea non sta nella mente
L'idea è da sempre (innatismo)
Perché l'idea non sta nella mente
Nulla permane nel divenire
I sensi possono cogliere solo il singolare, l'accidentale, l'istantaneo
Insufficienza dei sensi per costruire una scienza (vs. sensismo, relativismo, "eraclitismo")
La verità è immutabile e identica: è dunque necessario cogliere l'essere
I sensi possono solo produrre opinione: solo la mente (anima) può cogliere l'essere (idea) e dunque produrre una scienza
Essere vs. Divenire. Mondo vero vs. Mondo apparente
Scienza = Verità = Essere
La verità è immutabile: oggetto della scienza è l'idea
Teoria della reminiscenza: conoscere è ricordare
Idea come realtà oggettiva sui generis, immateriale
Insufficienze strutturali, conseguenze contraddittorie
Imitazione, partecipazione e terzo uomo (idea e cosa sensibile partecipano dello stesso predicato)
PENSIERO - IDEA - REALTÀ
Idea platonica → → Ponte tra pensiero e realtà
|
L'idea è un punto di riferimento stabile,
indispensabile per rendere pensabile e quindi
conoscibile la realtà, intesa a sua volta come
tutto ciò che cambia, muta, diventa.
L'idea può anche essere spiegata ponendo l'ipotesi di trovarsi dinanzi alla cosa che corrisponde veramente alla caratteristica che una certa idea racchiude.
Ogni cosa della realtà è in pratica un paragone rispetto a questo cosa che ipoteticamente rappresenta perfettamente una determinata caratteristica.
ESEMPIO: Esistono tantissime cose rosse: per poter parlare di queste cose devo passare attraverso l'idea di rosso. Per potergli attribuire la qualità di rosso devo possedere un'idea universale di rosso.
Ciò che nasce dal pensiero: → → CONCETTO: teoria empirista:
l'esperienza da la possibilità di trarre idee dalle cose tramite il pensiero.
Ciò che è pre esistente al di fuori del pensiero: → → IDEA
L'idea non è nel pensiero, ma al di fuori della mente perché non la posso estrarre dalle cose che osservo o penso, in quanto queste cambiano e diventano continuamente, e la devo considerare come "da sempre esistente".
Platone postula l'esistenza dell'idea: per comprendere ciò che ci circonda è necessario porre l'esistenza di queste idee da sempre, senza bisogno di dimostrarlo, perché è l'unico modo che ci permette di pensare tutte le cose.
Se ci mancassero le idee universali (termini generali) saremmo privi di modelli in base ai quali comprendere le cose.
ES: se non possedessimo l'idea di albero, non potremmo dire "Quello è un pino".
Oltre a sostenere che l'idea non nasce dal pensiero dell'uomo, ma al di fuori della sua mente, Platone
formula la teoria dell'INNATISMO dell'idea, secondo cui le idee sarebbero innate nell'uomo e non
sarebbero invece acquisite tramite l'esperienza.
ESEMPIO: Timeo l'Emiurgo (fabbro) con le idee (esistenti da sempre e situate nell'Emiuranio) plasma la materia.
TEORIA FILOSOFICA
Tentativo di spiegare la realtà, e in particolare di giustificare come ciò che accade accada, ipotizzando delle basi preesistenti (in questo caso l'idea), ma se il porre certe basi fa sorgere ulteriori problemi, la teoria non può essere considerata valida.
Risulterà vera quando di fronte ad ogni opposizione e quesito non verrà intaccata la sua base e non si creeranno nuovi problemi.
CONOSCENZA (IMPARARE) = RICORDARE, RECUPERARE (REMINISCENZA)
In quanto queste idee sono già presenti in ognuno di noi.
METAFISICA ("meta" dal greco DOPO)
Platone inaugura la metafisica, cioè la forma di pensiero che va al di là dell'apparenza.
L'eterno Il divenire
L'essere ← ← contrapposti → → I sensi
La verità L'opinione
Presupposti metafisici senza i quali non è possibile che si possano pensare, dire e capire le cose del mondo.
VERITÀ - SENSI
La filosofia si occupa della verità perché nel divenire non c'è scienza.
I sensi mi danno solo informazioni frammentarie che non si riuscirebbero a mettere insieme senza fare riferimento ad un'idea.
Le idee esistono quando permettono di pensare ciò cui si riferiscono.
PLATONE SCOPRE CAUSA FORMALE
Essere causa del divenire
Per spiegare e poter pensare che esiste il divenire dobbiamo riferirci all'essere.
Due gradi di Essere: _ Essere come tale
_ Essere e Non essere: divenire
Socrate: → → Intuizione e astrazione: dal particolare all'universale.
Da esempi posso trarre l'immagine del generale/ideale.
Platone: → → Se riusciamo a definire semanticamente un termine, potremo dare dei
confini ad un concetto.
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FUNZIONE EPISTEMOLOGICA
Confronto della mia definizione con quella di altri
Se qualcuno ha un modello o un concetto formulato in accordo con altri (dotti), deve correggere i modelli degli altri che risultano errati rispetto al proprio: correggere le verità altrui rapportandole alla nostra.
Platone in oltre SOSTANZIALIZZA o IPOSTATIZZA il concetto, che diventa così idea.
Non vi è solo una realtà mentale ma anche una sostanziale.
Sostanza → → Cosa che per esistere non ha bisogno d'altro che di sé, non necessita
del divenire.
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Idea
Che esiste da sempre, immutabile e innata
I sensi sanno cogliere solo il singolare, il particolare, non l'idea.
L'idea infatti è innata, per spiegare certe capacità che racchiudono anche i sensi.
L'idea è colta tramite l'INTUIZIONE che, come un fulmine, mi fa ricordare l'idea che è in me innata.
L'intuizione non "colpisce" tutti.
L'intuizione si contrappone alla COMPRENSIONE MEDIATA, quella che avviene tramite la ragione, come esito di un'argomentazione razionale.
IL DIALOGO
Il dialogo è un mezzo che favorisce l'intuizione:
Elimina gli esempi e le non verità, lasciando uno spazio vuoto che dovrebbe essere riempito dall'idea ricordata tramite l'intuizione stimolata dal dialogo stesso.
DICOTOMIE DI PLATONE
_ MONDO delle cose terrene, del divenire, dell'esistenza.
_ MONDO delle idee, del "divino", dell'essere
Corpo come tomba dell'Anima → → → Idea comodamente recuperata dal Cristianesimo
RAPPORTO TRA IDEE E COSE
IDEA → → → Fenomeno ONTOLOGICO della CONOSCENZA
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| Ontologia → → Studio dell'ESSERE
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Base sicura su cui si basa la conoscenza, sua giustificazione ultima oltre cui no si può andare, altrimenti vorrebbe dire che dipenderebbe da quella che la precede.
IMITAZIONE: cose copie delle idee
PARTECIPAZIONE: cose che partecipano delle idee
AUTOPREDICAZIONE O TAUTOLOGIA
L'idea è l'unica "cosa" della quale il predicato (aggettivo) è vero e che porta propriamente il suo nome (sostantivo)
Platone spesso per definire delle qualità (virtù, bellezza, ecc) usa delle autopredicazioni, che si rivelano però delle inconcludenti tautologie.
ES: "La bellezza è bella"
Perciò devo presupporre un'idea di bellezza a cui non si possa attribuire la qualità di "bella" perché altrimenti mi troverei nella seguente situazione:
_ Fedone è bello
_ L'Idea di bellezza è bella
vorrebbe dire mettere Fedone e l'Idea di bellezza sullo stesso piano, considerandole ugualmente predicabili.
Le cose sensibili sono solo in parte ciò che l'idea è perfettamente perché l'idea non è confrontabile, in quanto l'idea è un modello di cui l'artista fa una copia, e di una copia si può solo dire che è venuta meglio o peggio di un'altra copia, ma non la si può paragonare all'originale.
ES: L'Idea di bellezza non è meno bella di Fedone, ma neanche più bella: non è proprio paragonabile. E' solo un modello rispetto al quale posso dire se una cosa è più o meno bella rispetto ad un'altra.

A questo punto mi si pongono due diverse possibilità:
1 _ La TAUTOLOGIA, che però in realtà è ancora un esempio, visto che vado a parificare l'idea di bellezza ad una cosa materiale, attribuendo ad entrambe la qualità di "bella" senza però intuire veramente l'idea stessa.
IDEA diventa OGGETTO MATERIALE e non più IDEA UNIVERSALE, diventa una cosa come le altre anche se più bella delle altre.
Solo ciò che non riesco a definire come bella può corrispondere all'Idea di bellezza, perché se dico che una cosa è bella vuol comunque dire che in sé contiene anche il "brutto".
Attribuendo a un'IDEA una QUALITA' la LIMITO.
ES: Attribuendo a Dio certe qualità, le limito e non le lascio infinite e indefinite.
REGRESSO ALL'INFINITO DELL'IDEA
Come un programma Pascal che entri in Loop.
La bellezza è bella
|
cosa è il "bello"
|
La bellezza è bella ….. all'infinito
Platone dice solo ciò che l'idea non è.
Al massimo ne fa un'analogia con il Sole: "L'idea di bellezza è come il Sole"
(che comunque non vuol dire ancora nulla)
Molti dialoghi infatti rimangono aperti, senza trovare l'Idea, e lasciandola quindi all'intuizione personale.
Il sistema delle idee così fallirebbe, perciò Platone si limita a dire che:
IDEA = ciò che è COSE = ciò che è e non è
L'Idea si sottrae al confronto.
2 _ Il SILENZIO: Si ha l'intuizione ma non la si riesce a spiegare, e anche se si credesse di poterlo fare si rivelerebbe inutile, perché non potremmo mai essere sicuri che anche il nostro interlocutore abbia colto veramente l'idea.
Perciò non riuscirei a capire se nel valutare l'altro utilizza il mio stesso metodo
Ne deriva un grande rischio di INCOMUNICABILITÀ
Platone - Socrate - Aristotele
DIALETTICA (ragionare insieme)
_ Socrate
Dialettica come atteggiamento filosofico in funzione della ricerca della verità.
La dialettica ha un carattere dialogico e si contrappone all'eristica, la quale ha il solo scopo di vincere la disputa indipendentemente dalla verità delle tesi (Sofisti).
Dialettica come confronto e scontro di opinioni da cui dovrebbe uscire la verità.
La verità non è insegnata, ma è il dialogo che la rende possibile, conoscibile e intuibile.
Dialogo aperto in quanto Socrate non vuole insegnare nessuna verità assoluta, ma insegnare a poterla conoscere.
Nella sua dialettica Socrate segue procedure fisse, quindi oltre che un'esperienza è anche una tecnica vera e propria:
_ Parte da luoghi comuni;
_ Mette in crisi il proprio interlocutore tramite una lunga serie di domande;
_ Aristotele
Dice che Socrate ha inventato la dialettica, e con essa l'indagine induttiva e con quest'ultima la possibilità di definizioni generali.
La ricerca dialettica ci porta a capire che condividiamo gli stessi valori.
_ Platone
In Platone la dialettica diventa di più di un metodo di ricerca.
A differenza di Socrate, il discepolo sente il bisogno di individuare un completamento, cioè un sapere apodittico (a priori, che c'è sempre stato), le IDEE.
Una base su cui costruire e spiegare tutto.
- Verità a priori: innate e possedute prima dell'esperienza, recuperate tramite l'intuizione intellettuale.
- Verità a posteriori: acquisite dall'esperienza.
La dialettica diventa da semplice metodo di indagativo lo strumento stesso del sapere.
La dialettica è uno strumento gnoseologico.
Nel dialogo ci si intende perché tutti nel pensare facciamo riferimento alle stesse idee di base, cioè agli stessi significati rispetto ad ogni parola.
ASPETTO REFERENZIALE: utilizzo della parola per parlare di tutte le cose che vi si riferiscono.
ES: uso la parola "banco" per parlare di tutti i banchi.
Necessità di concludere un ragionamento giungendo all'idea.
Tuttavia molti dialoghi sono APORETICI, cioè senza risposta, proprio per la difficoltà di intuire l'idea o comunque di comunicarla.
La dialettica si può utilizzare in due modi:
_ Sinagoghè (intuizione delle idee): _ unificazione delle cose sensibili;
_ dal particolare all'universale.
_ Dialisis: divisioni successive dell'idea in due parti, fino a giungere alla definizione che mi serve.

ES: Sostanza
! !
Incorporea Corporea
! !
Non vivente Vivente
! !
Irrazionale Razionale
| |
idea di UOMO
Utilizzando questo metodo si esegue una sorta di mappatura mentale, e questa è universale, intersoggettiva.
La Divisione esprime la struttura interna dell'idea.
Il doppio movimento della dialettica (unificazione/divisione) è la filosofia stessa.
La definizione dell'idea a cui voglio giungere, è determinata dalla divisione successiva in due diverse idee dell'idea iniziale, fino a giungere al confine con il mondo delle cose sensibili.
_ Funzione della divisione:
1- Attenuare la separazione tra idee e cose sensibili.
Infatti con essa si arriva alle idee più prossime alla realtà, che sono più facilmente intuibili, comprensibili e spiegabili.
2- Ha un ruolo conoscitivo perché il significato della definizione è reale, perché la divisione interna delle idee esprime l'articolazione interna della realtà sensibile.
3- Favorisce la comunicazione, l'accordo e la comprensione reciproca.
_ Aristotele
Sostiene che la divisione di Platone utilizza il solo criterio dell'evidenza.
Si deve invece giustificare logicamente la necessità della scelta di un determinato concetto.
Si deve dimostrare che le successive divisioni sono articolazioni specifiche del concetto di partenza.
L'attribuzione di un predicato al soggetto non può essere questione di evidenza.
_ Platone
A partire dalle idee indivisibili, Platone individua 5 generi sommi, generalissimi, predicati e predicabili di ogni cosa:
- Essere
- Diverso (Non Essere)
- Movimento
- Quiete
- Identico
Vuol dire che di ogni cosa posso dire che è, non è, si muove, non si muove (è in quiete) o è identica.
Questi cinque predicati sono interdipendenti, altrimenti se uno fosse dipendente da un altro vorrebbe dire che si potrebbe eliminare.
Per Platone questi cinque generi sommi sono gli condizioni e strumenti necessari per parlare della realtà ma non per descriverla.
Sono regole della ragione.
La corretta articolazione del discorso consente un corretto accesso alla realtà.
_ Aristotele
Tramite i 10 generi sommi che invece individua Aristotele, posso contemporaneamente parlare della realtà e descriverla.
Questi generi sommi hanno un carattere ONTOLOGICO: il discorso si modella sull'essere.
Platone - Parmenide: la questione del "Non essere"
Parmenide considerava pensabili e dicibili solo le proposizioni del tipo:
Il muro è → → → funzione ESISTENZIALE del verbo essere
Mentre quelle del tipo:
Il muro è bianco → → → funzione PREDICATIVA del verbo essere
erano considerate solo come opinione, quindi sempre e comunque false, perché secondo qualcuno, ad esempio, quel muro potrebbe essere giallo.
I SOFISTI però possono sfruttare questa teoria, infatti secondo essa tutto ciò che loro sono in grado di dire, e quindi di pensare, è, e di conseguenza è vero.
Parmenide diceva che il non essere non è né pensabile né dicibile, ma è evidente che l'uomo può benissimo pensare e dire il falso.
Com è possibile?
Platone, per opporsi all'affermazione del Sofismo che questa teoria legittimerebbe, distingue due verbi del verbo essere:
_ ESISTENZIALE, in cui "è" afferma l'esistenza di qualcosa → → Socrate è
_ PREDICATIVO, in cui "è" è copula di un soggetto e di un predicato. → → Socrate è mortale
|
rende possibile un giudizio
Dall'uso predicativo del verbo essere emerge il "non essere", perché ogni giudizio che afferma che qualcosa è qualcos'altro implica necessariamente che questo non sia il suo contrario.
Socrate è mortale - - - - - > IMPLICA - - - - - > Socrate non è immortale
Abbiamo così un "NON ESSERE RELATIVO" che non è un "NON ESSERE ASSOLUTO", infatti anche per Platone, come per Parmenide, non posso dire che "qualcosa non è", ma solo che "qualcosa non è qualcos'altro".
Parmenide non teneva conto dell'uso predicativo del verbo essere che introduce la possibilità del VERO e del FALSO.
Il mito della caverna
L’allegoria della caverna, vede le idee come esseri in sé sussistenti che nel loro insieme costituiscono un mondo più reale e più vero del mondo stesso della nostra sapienza rispetto al quale, anzi, il nostro mondo appare piuttosto come un’immagine parziale e difettosa, come un sogno evanescente, come una realtà immersa in un errore profondo.
Platone paragona la condizione dell’uomo a quella di uno schiavo, prigioniero fin dalla nascita nel fondo di una caverna. Alle sue spalle si eleva un muro, al di là del quale altri schiavi camminano portando sul capo e sulle spalle diversi oggetti che sporgono al di sopra di esso.La luce del sole non penetra all’interno della caverna, ma l’oscurità è rotta da un fuoco che proietta le ombre degli oggetti sui muri. Inizialmente lo schiavo le scambia per oggetti reali, ma dopo essersi liberato dalle catene che lo tenevano legato, scopre gli altri prigionieri e riconosce le ombre, fino a trovare l’uscita della caverna e a riuscire a fuggire dalla prigione. Inizialmente i suoi occhi non abituati alla luce non riescono a vedere distintamente le cose che circonda l’uomo, che è costretto a guardarle riflesse negli specchi d’acqua o nelle pietre levigate. Solamente in un seconda stadio, l’ex prigioniero riesce finalmente ad apprezzare nella sua completa bellezza tutto il paesaggio circostante.
Allegoria: la caverna rappresenta il corpo umano che tiene prigioniera l’anima, costringendola a vivere nel mondo della doxa (dell’opinione) obbligandola ad ignorare il vero essere delle cose e a considerare solo la loro apparenza.Le cose al di fuori della caverna rappresentano le idee, mentre quelle al suo interno le loro copie “mal riuscite”; le prime sono riconoscibili solo in seguito all’uscita dal mondo delle cose terrene per mezzo della conoscenza e solo grazie all’idea del bene (luce del sole): idea suprema che conferisce al mondo delle idee unità.
Il Parricidio di Parmenide
Complesso di Edipo
Da questa leggenda è tratto il nome di quel complesso che in psicanalisi è costituito dall'amore per il genitore di sesso opposto e dalla gelosia nei confronti dell'altro genitore, al quale ci si vorrebbe sostituire nel rapporto con quello amato.
Platone prima si identifica, si sostituisce con Parmenide nel rapporto con la Filosofia (il mondo del pensiero) per poi distaccarsene.

Il mito di Edipo
Secondo un racconto di Sofocle
A Laio e Giocasta, sovrani di Tebe, fu predetto dall'oracolo che loro figlio avrebbe ucciso il padre e sposato la madre.
Intimoriti da questa previsione, affidarono il neonato ad un pastore che avrebbe dovuto abbandonarlo ma questi, intenerito dall'innocenza della piccola creatura, lo portò a Corinto, dove fu adottato da Polibo, re della città il quale pur essendo sposato non era ancora riuscito ad avere figli.
Un giorno accadde che Edipo, cresciuto e istruito a corte come un vero e proprio principe, si sentì accusare di essere un bastardo, ed egli, preoccupato e incuriosito, andò a chiedere spiegazioni all'oracolo di Delfi che gli comunica la profezia secondo cui, un giorno, si macchierà dell'omicidio di suo padre e sposerà sua madre.
Edipo, convinto di essere figlio dei sovrani di Corinto, per evitare che la predizione possa compiersi scappa verso Tebe, e lungo la strada ha una diatriba con un nobile locale, che si rivelerà poi essere Laio, re di Tebe e padre naturale di Edipo, che si conclude con la morte di quest'ultimo per mano del figlio.
Arrivato a Tebe, la trova infestata dalla Sfinge, un mostro che insediatosi nel centro della città, poneva domande a tutti coloro che gli passavano dinanzi, uccidendo chiunque non avesse saputo rispondere.
Edipo vi passa davanti, ma riesce a rispondere esattamente all'enigma (*L'enigma della Sfinge*) sottopostogli dal mostro, che di conseguenza, sconfitto, si uccide.
Per aver liberato la città dal mostro, viene nominato principe e sposa Giocasta, senza sapere che in realtà si tratta di sua madre, e ne ha quattro figli.
All'arrivo di una pestilenza, Creonte, il fratello di Giocasta, si reca dall'oracolo per conoscere i motivi dell'epidemia, e questo gli rivela che la causa è la presenza di un patricida in Tebe; tornato in città informa la sorella ed Edipo, e quest'ultimo s'incarica di provvedere.
Si rivolge a Tiresia, una veggente che prova in tutti i modi a dissuadere il re di Tebe dal voler conoscere la verità, ma poi gli rivela che il colpevole in realtà e lui stesso.
Edipo, incredulo, vede arrivare un messo che gli comunica la morte del padre, allora decide di tornare a Corinto per verificare, ma l'uomo gli comunica che il suo vero padre era Laio; dopo aver messo a confronto varie testimonianze, conscio delle proprie colpe, Edipo si accieca, mentre la madre viene ritrovata impiccata.
L'enigma della Sfinge
Qual è l'essere che ha una sola voce e appena nato usa quattro zampe, poi due e infine tre, e che più gambe ha, più è debole.
Risposta: l'uomo, perché ha una sola voce, da neonato usa quattro zampe (cammina a gattoni), da adulto due e durante la vecchiaia tre (le gambe aiutate da un bastone), e più gambe ha più è debole (neonato - anziano - adulto).
Platone e la sua visione dell'Amore
Contesto
Nel periodo di massimo splendore e forza della città, nei cenacoli aristocratici spartani era nata una pratica che consisteva nel amore omosessuale tra un anziano, nobile ed istruito, ed un adolescente, che era considerato un rapporto più degno e virile di quello eterosessuale, in quanto la donna era vista come un essere inferiore.
Anziano dotto e potente ← ASIMMETRIA → Giovinetto di buona famiglia
debole e inesperto
Questa usanza si diffuse poi in tutta la Grecia antica, interessando anche filosofi e letterati, i quali prendevano sotto la propria protezione dei giovani di buona famiglia, istruendoli e instaurando con loro questo rapporto che in teoria costituiva una tappa educativa molto importante.
ES.: Achille → Patroclo Socrate → Alcibiade
Alcuni sostennero anche la parità tra questa forma di rapporto e quello eterosessuale, ma questa forma di amore, che ora definiremo pedofilo, non si estinse e anzi si protrasse per diversi secoli.
Ciò nonostante, l'omosessualità tra coetanei era considerata contro natura, una perversione, e perciò condannata, infatti, appena il ragazzo compiva lo sviluppo il "maestro" doveva troncare il rapporto fisico con il proprio allievo, e per questo viene definito "Amore a tempo determinato".
Anche perché il fatto stesso che l'uomo sia mortale impone che l'amore sia finito temporalmente.
La differenza d'età tra i due amanti evidenzia l'inesorabilità di questa legge naturale.
Platone e la Filosofia dell'Amore
La filosofia dell'Amore è necessaria per far fronte alla sua finitezza precostituita e per impedire che si risolva in nulla.
Per Platone non può finire in nulla.
L'amore nel suo accadere è promessa di un eterno ritorno, il che non significa abbandonare la sua natura di desiderio fisico.
La FINITEZZA è condizione dell'amore.
La DIFFERENZA D'ETA', l'ASIMMETRIA e la NON PARITETICITA' del rapporto sono fattori costitutivi dello stesso.
Per essere tale l'Amore deve accadere secondo la sua idea, che è perciò necessario possedere.
Solo il Filosofo può possedere l'IDEA di AMORE, perciò solo il Filosofo sa di amare, e può chiamare razionalmente qualcosa Amore.
Il filosofo conosce l'idea perché la ricorda tramite un'intuizione.
Posso chiamare amore ciò che me ne ricorda l'idea.
Su questo argomento Platone scrive tre dialoghi:
1_ con Lisia
Lisia affronta questo argomento da un punto di vista unicamente economico, analizzando i vantaggi (benefici) e gli svantaggi (costi) che possono trarre sia il giovane sia l'anziano da questo rapporto.
Lui si chiede se per un adolescente sia meglio cedersi ad un amante innamorato o non innamorato.
Lui sostiene che sia meglio concedersi ad un amante, detto Don Giovanni, che pianifichi il rapporto razionalmente ed economicamente perché:
INNAMORATO PIANIFICATORE
_ Sperpera per il proprio amato _ Spende solo il necessario per
e lo riempie di attenzioni. preservare il proprio capitale e
| raggiungere i propri scopi.
| |
_Ma al termine del rapporto proverà _ Quando dovrà chiudere il "contratto"
rancore nei confronti del giovane amoroso potrà mantenere un rapporto
che non potrà più amare. amicizia con il giovane.
|
Fin dall'inizio era consapevole della
finitezza del rapporto
Platone sostiene però che si tratti in entrambi i casi di forme di amore misere, nella forma in cui le affronta Lisia.
Infatti definisce:
Sentimento dell'innamorato: → → AMORE DEMENTE, perché e provato e vissuto senza
senno e consapevolezza.
Sentimento del pianificatore: → → AMORE MORTIFERO, perchè non ha nulla di vitale e si
basa solamente sull'aspetto economico.
Platone identifica invece nella "FOLLIA D'AMORE" (che è ben differente dalla demenza) una forma più alta di intelligenza, un qualcosa di quasi religioso, perché si manifesta in un invasamento senza perdita di senno: è una lucida follia in quanto si è chiamati all'amore da Eros.
FOLLIA D'AMORE: non è un calcolo ma neanche cieca demenza.
Al termine naturale del rapporto, il folle non prova rancore perché conserva il ricordo dell'amore, essendo stato fin dall'inizio consapevole della finitezza precostituita del rapporto.
Questi vivendo e concludendo il rapporto in maniera positiva, salvaguarda la possibilità che possa ricapitargli di provare questo sentimento, mentre il demente che vive con un eccesso di dedizione il rapporto e lo conclude con un eccesso di delusione, si preclude una nuova esperienza amorosa.
2_ con Socrate
In questo dialogo Socrate cerca come suo solito di dare una definizione, e per fare ciò parte da un luogo comune:
"L'amore è un desiderio senza ragione asservito al piacere"
Attraverso un ragionamento non economicista giunge però alle stesse conclusioni di Lisia, sottolineando che il demente il più delle volte tenderà ad estremizzare il suo amore perdendo di vista il futuro del ragazzo, per occuparsi solo della soddisfazione del proprio sentimento, arrivando perfino a segregare il ragazzo per averlo tutto per sé.
3_ con Socrate
E' un discorso di fondazione filosofica dell'Amore.
La FOLLIA d'amore non è una perdita di senno, ma una superiore salute mentale.
L'EROS è un dono divino, e perciò non è una scelta dell'uomo, ma del destino: l'uomo può scegliere di fare il folle ma non di esserlo.
Dalla follia non si esce, non c'è libero arbitrio.
Solo chi conosce l'idea d'amore saprà chiamare amore ciò che ne ricorda l'idea, solo il filosofo lo potrà riconoscere.
Nel volto e nello sguardo dell'altro riconosco, incontro la memoria dell'idea d'amore.
PARTICOLARE che ricorda l'UNIVERSALE.
La verità dell'amore è METAFISICA, ma l'amore non lo è e conserva la sua natura FISICA.
Il desiderio dell'altro nel corpo dell'altro.
Menone
Nel Menone Platone espone per la prima volta la sua teoria delle idee, sottolineando come ogni filosofo debba "innalzare il suo sguardo dalla molteplicità delle cose sensibili all'unità essenziale delle idee".
Socrate affronta in una discussione incalzante Menone, un allievo di Gorgia, affrontando il tema dell'"origine della virtù"; inevitabilmente però, Socrate esige che prima di addentrarsi in una simile trattazione lui e il suo interlocutore si trovino d’accordo almeno sulla definizione di Virtù.
Virtù: comportamento e atteggiamento virile, retto, morigerato, coraggioso.
Il dibattito allora si incentra su questa nuova questione, alla ricerca dell'Idea di virtù: Socrate cerca di condurre Menone a identificare quelle particolarità che identificano certi comportamenti e atteggiamenti come "virtuosi".
Platone sfrutta questo confronte per porre a confronto due diversi modi di intendere la conoscenza: quello del "filosofo" Socrate, il quale dedica la propria esistenza a cercare la natura ultima della virtù, quella unica e stabile, mentre il retore Sofista, cioè Menone, non riesce a discostarsi dalla molteplicità delle virtù, dalla suddivisione di essa nei suoi vari esempi, per giungere a una definizione unica e immutabile.
Intelletualismo di Socrate
_ Se conosco il bene non posso che fare il bene.
_ Ignoranza = ignorare il bene.
Ricerca eristica
_ Ricerca della verità fine a sé stessa, quella utile materialmente sul momento, non la verità ultima e assoluta.
La Repubblica di Platone
Primo esempio di Filosofia politica, che inizia proprio con Platone e Aristotele.
La Filosofia politica si chiede: "Qual è la legittimazione più fondata del potere politico?"
È un tipo di società a caste chiuse e senza possibilità di ascendere socialmente. Si possono distinguere tre gruppi in ordine di potere ed autorità:
1. filosofi (re): hanno il compito di decidere fini e mezzi per raggiungere uno stato giusto;
2. esercito: ha il compito di difendere lo stato
3. artigiani e contadini: il loro compito è produrre cibo e quindi sostentare l’economia.
- Gli schiavi non vengono neppure presi in considerazione poiché non possono essere definiti uomini liberi;
- Il filosofo assume un ruolo particolarmente importante poiché ha delle capacità naturali che gli consentono di sostenere quel particolare ruolo. Infatti ogni mansione è derivata dalle capacità naturali e congeniali. Il filosofo conosce la verità e il mondo delle idee e quindi è a conoscenza di ciò che è bene per lo stato, e può e deve quindi essere a capo di quest’ultimo;
- L’educazione deve far capire ad ogni cittadino le proprie predisposizioni, e di conseguenza affidargli un ruolo e un compito ben preciso all'interno dell'organismo sociale;
- Platone è contro i sofisti che sono a capo dello stato (Democratici) perché vuole sottrarsi al loro relativismo. Infatti se ogni individuo può esprimere la propria opinione (sistema democratico), i Sofisti riescono ad affermarsi grazie alla loro abilità nell'arte della retorica;
- Ammette un solo tipo di pensiero (derivato dalla reminescenza). È contro la democrazia perché porta alla nascita di diverse opinioni ed idee. Il suo stato è quindi antidemocratico;
- Tutto deve essere giusto (sia i cittadini che le istituzioni) per poter giungere ad un equilibrio fra giustizia individuale e giustizia delle autorità;
- Evita la proprietà privata (visione comunistica senza famiglia e con donne in comune), ma non è considerata come ideologia comunista poiché è basata sulle caste (che nel comunismo non esistono);
- Riassumendo: è uno stato oligarchico, gerarchizzato e senza libertà di pensiero.

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