Platone

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Testo

Platone

Platone può essere considerato come un discepolo di Socrate perché il suo pensiero prese origine dal pensiero Socratico.
Egli analizzò il pensiero di Socrate, lo superò e aprì nuove orizzonti.
Platone riprese il concetto della Verità, interpretato come Socrate: una realtà universale. Platone però non accettò l’intento di Socrate a non dare un contenuto preciso alla realtà; infatti secondo Socrate in ognuno di noi esisteva una realtà, ma non aveva definito quale.
Platone spiegava che era necessario dare un contenuto alla Verità perché poteva diventava facile preda dello scettico, e diventava facile criticare il pensiero di Socrate.
Perciò la verità non è caratterizzata come per i Sofisti dall’esperienza perché essa è corruttibile, soggetta al divenire e al cambiamento.
Allora la Verità doveva trascendere il mondo sensibile.

Cioè andare oltre la
Materia fisica e l’esperienza
Per Platone questa verità trascendente venne chiamata IDEA.
Che cos’era l’IDEA?
Era il modello o archeotipo (prototipo), che ha il carattere dell’idealità.
Era il modello ideale a cui la realtà si uniformava e a come la realtà doveva essere.
L’idea venne immaginata con una collocazione al di fuori del tempo e della materia in quanto trascendente, in un altro mondo chiamato IPERURANIO.
Con questa affermazione alla realtà venne data una spiegazione dualistica:
• Realtà concreta o materiale (la realtà materiale acquisita per mezzo dell’esperienza);
• Realtà spirituale (ciò che è trascendente e quindi le idee o gli ideali);
Da ciò si affermava l’esistenza di due mondi: la Terra e l’Iperuranio.
In seguito Platone pose il problema tra materia e spirito, tra finito e infinito.
Platone ammise il dualismo anche nell’uomo: la realtà del corpo è materiale e soggetta al ciclo della vita (nascita e morte), la realtà spirituale invece intesa come infinita.
L’idea (che prima era il contenuto della realtà) diventò il contenuto della verità.

Esisteva una relazione tra il mondo terreno e l’Iperuranio?
Dal fatto che uno era corruttibile e l’altro no è chiaro che essi dovevano apparire diversi, ma per Platone pur nella loro diversità non erano indipendenti l’uno dall’altro perché avevano alcuni punti in comune.
Basti pensare che se ad esempio l’ideale di giustizia non abbia a che fare con la Terra, per quale scopo dovrebbe esistere anche se pur in un’altra dimensione? Perciò l’idea ha bisogno dell’atto di concretizzazione che può avvenire nel nostro mondo; ma l’ente concreto del nostro mondo per poter essere riconosciuto veniva riferito all’idea.
Esso permetteva di contraddistinguere l’idea con il termine di modello e le cose con il termine di copia dell’idea. Noi possiamo affermamare se una cosa è giusta o no rifacendoci a un canone o a un ideale di giustizia, ma questo ideale sarà solamente una copia dell’originale, e in quanto tale meno perfetto.
Tutto ciò è un’andata e un ritorno in quanto si va dall’ente all’idea e poi si applica l’idea all’ente.
Platone inoltre arrivò al cosiddetto processo Deduttivo dove dall’Universale si arrivava alla particolare realtà.
Platone però non elaborò questo come metodo, fu poi Aristotele ad elaborare un vero e proprio metodo.
La capacità di riferire una cosa a dei concetti generali venne definita: arte del ragionamento.
Questa arte fu chiamata anche Dialettica.
Secondo Platone le idee erano sempre esistite al di fuori del nostro tempo e spazio, e precedevano le esperienze.

Come erano venuti fuori tutti gli enti e la realtà?
Avevano tratto origine dagli ideali; esisteva una materia indefinita che qualcuno plasmò e alla quale aveva dato ad essa dei contorni e dei limiti.
A Costui gli venne dato il nome di DEMIURGO (dal greco costruttore).
Egli non fu il creatore, ma colui che plasmò questa materia.

Altre considerazioni di Platone

Si era potuto comprendere che sia le idee che l’ente materiale avevano in comune il fatto di esistere, e in questo modo la Terra e l’Iperuranio erano in contatto tra di loro e in un certo senso la terra partecipava e prendeva parte al mondo delle idee per mezzo dell’essere, quindi fu partecipe all’idea.
Mentre nel mondo terreno l’essere era limitato, nelle idee l’essere si esprimeva nella sua assoluta completezza. Ciò significava che l’essere negli enti materiali era presente solo in parte, e partecipava al mondo delle idee tramite l’essere. Questo concetto venne chiamato “metessi”.
Da ciò conseguì che il mondo Terreno è simile al mondo delle idee, ma non uguale.
Questo rapporto prese il nome di “mimesi”.
Invece il partecipare e l’essere simili che ci rendeva parti integranti del mondo delle idee e ci faceva sentire analoghi venne definito “parusia”.
E’ un dualismo che fece ritrovare dei punti di riferimento fondamentali che resero i due mondi organici ed unitari.
Inoltre la visione della realtà di Platone non era statica, ma in continua evoluzione (dinamica).
Per chiarire meglio il pensiero della sua dottrina, Platone si rifece al mito. Egli voleva che il suo pensiero fosse conosciuto non solo dagli “addetti ai lavori” e quindi dalla gente più ricca, ma anche dalle persone di strada; per fare ciò utilizzo il mito che era per l’appunto l’elemento chiarificatore, che poteva essere considerata una metafora di ciò che si racconta.
Per spiegare il problema gnoseologico, della conoscenza sensibile (e quindi realtà sensibile) ed intelligibile (realtà razionale), Platone utilizzò il mito della Caverna dove un uomo che aveva vissuto sempre in una caverna credeva che la realtà esterna fosse le ombre proiettate in fondo alla caverna (conoscenza sensibile); un giorno uscendo, per mezzo della lucentezza del sole, si accorse che tutto era diverso e che la realtà non era fatta di ombre, ma di altri particolari.
Quindi l’uomo che ha sempre vissuto nella caverna venne paragonato a colui che si fermava alla realtà sensibile, la luce del sole rappresentava la luce della mente, della ragione che fa riflettere sulla realtà, e che fa cogliere cose che la conoscenza per mezzo i sensi non riesce a percepirli.
Così Platone incitava ad andare oltre la conoscenza sensibile.
Il concetto di Platone era l’individuare le vere cose della natura con la ragione in quanto la conoscenza sensibile era sempre limitata e parziale.
All’interno della conoscenza intelligibile coglie due momenti.
Una conoscenza come quella Socratica (con analisi, selezione e sintesi) e una conoscenza intuitiva, cioè cogliere intuitivamente l’idea senza una conoscenza sensibile; questo tipo di conoscenza non è di tutti, ma è propria del filosofo.
Quindi la differenza tra questi due momenti è che nel primo si arriva all’idea con una conoscenza sensibile, nel secondo si arriva all’idea senza conoscenza sensibile.

La conoscenza “di Platone”

Per Platone conoscere era l’atto del ricordare poiché si pensava che l’anima aveva avuto origini nell’Iperuranio e che aveva avuto contatto con le idee; infatti riusciva a riconoscere gli enti materiali grazie al ricordo delle idee. In un secondo momento rinchiusa e incarcerata in un corpo, avrebbe dimenticato tutto. Essa a mano a mano che veniva in contatto con la realtà, riusciva a riconoscere gli enti poiché erano copie delle idee.
Per Platone questa dottrina della conoscenza venne chiamata RIMINISCENZA poiché è un riportare alla mente ricordi che si erano in un qualche modo cancellati.
Successivamente si domandò quale fosse il destino dell’anima.
A questa domanda si rispose che l’anima trasmigrava da un corpo all’altro quando esso moriva fino a scegliere un altro corpo (scelto dall’anima stessa) per riscattare se stessa affinché un giorno ritornasse pura come quando si trovava nell’Iperuranio.
Per capire meglio questa cosa Platone si rifece al mito di Er, un soldato, che morì durante una guerra. La sua anima trasmigrò in un altro corpo, solo che non dimenticò tutto ciò che aveva avvenuto nella vita precedente e durante la trasmigrazione. Negli inferi egli ebbe la possibilità di scegliere il proprio corpo in cui reincarnarsi.
Da questo Platone ci fa capire che la vita di ciascuno è frutto di una libera scelta e che ogni corpo rappresenta una condotta di vita; ciò che noi chiamiamo senso di libertà.

Platone e lo Stato

Platone oltre ad essere un filosofo si occupò di politica e formò una propria dottrina politica.
Secondo Platone i veri protagonisti della Grecia furono i filosofi e la filosofia, ed essi erano diventati i nuovi protagonisti della politica e della storia poiché riusciva a far realizzare l’idea nel mondo reale.
Qual erano le caratteristiche dello Stato Platonico?
Platone definì lo Stato come uno Stato ideale poiché esso doveva essere la concretizzazione delle idee, e in particolare dell’ideale di giustizia che serviva a garantire la libertà di ognuno di noi.
Inoltre lo Stato nasceva dagli individui che si governavano per mezzo delle leggi (tentativo intellettuale scritto dettato dalla ragione) i quali all’interno di un’istituzione assumevano un compito ben preciso. Per beneficiare al massimo dello Stato, ogni individuo dovrebbe apportare bene allo Stato e assolvere nel migliore modo possibile il proprio compito.
Qual era il rapporto tra individuo e Stato?
Siccome lo Stato rappresentava il potere supremo, secondo Platone esso si doveva fare garante di ciò che era necessitava a ciascun individuo. Di Platone riguardo ciò si è parlato di un “Comunismo Platonico” poiché era contrario alla proprietà privata che spingeva a produrre per il bene privato, invece di contare sullo Stato, il quale provvedeva a ciò che era necessario.
Per questo Platone si esprimeva contro il matrimonio poiché questo spingeva alla proprietà privata e a tralasciare il bene comune dello Stato.
A differenza del comunismo, Platone ammise la divisione di Classe:
• Reggitori (filosofi)
• Guerrieri (difensori)
• Popolo (operava per il bene dello Stato)
Era d’accordo su questo poiché pensava che ognuno aveva una virtù che andava al di sopra degli altri (Filosofo per la saggezza, il Guerriero per il coraggio, gli Artigiani per la temperanza che li portavano in una via di mezzo, ne in eccesso, ne in difetto).
Quale istituzione era migliore per Platone?
Platone non parlò di un’istituzione migliore di un’altra poiché la Repubblica poteva portare alla Demagogia (promesse che coinvolgono tutti e che realizza solo quelli utili a se), la Monarchia a una Tirannia ed infine l’Aristocrazia ad una Oligarchia. Così ogni popolo si doveva dare un’organizzazione che più gli si addiceva alle proprie esigenze (Pensiero di Montesciè del ‘700). Un esempio è il popolo inglese che hanno voluto sempre una Monarchia e le prove di Repubblica non erano durate molto tempo.

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