Platone

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Testo

PLATONE

Platone nacque ed Atene da famiglia aristocratica nel 428 a.C. e a vent’anni cominciò a frequentare Socrate e fu tra i suoi discepoli sino alla morte del maestro. Il platonismo può essere compreso bene solo in riferimento al contesto socio culturale di quel tempo. Il tempo di Platone risulta caratterizzato dalla sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso, dal fallimentare esperimento aristocratico dei Trenta Tiranni, dal deludente ritorno ad una democrazia ben diversa da quella precedente e dalla morte ingiusta del suo maestro, Socrate.
Platone, essendo aristocratico, avverte la crisi più di tutti e desidera stabilità soprattutto politiche; egli idealizza fortemente la figura di Socrate, che diviene il simbolo della crisi e una speranza di superamento stesso della crisi. Egli in breve tempo ritiene che la crisi etico-politica derivi da una crisi di tipo intellettuale, e per questo si convince sempre di più della necessità di una riforma globale dell’esistenza umana. Quest’ultima può essere ottenuta solo mediante una rinnovata filosofia che sappia tradursi in una vera e propria “rivoluzione culturale” ed in un progetto politico radicalmente riformatore. Da qui il suo progetto di una rifondazione filosofica della politica.
Platone è il primo filosofo dell’antichità di cui ci siano rimaste tutte le opere; ad esempio abbiamo di lui un’Apologia di Socrate, 34 dialoghi e 13 lettere. I periodi dell’attività letteraria di Platone sono divisibili in quattro: 1)scritti giovanili e socratici; 2)scritti della maturità;3)scritti della vecchiaia;4)le lettere VII e VIII.
La fedeltà alla persona e all’insegnamento di Socrate è il carattere dominante dell’intera attività filosofica di Platone. Di conseguenza la ricerca platonica tende a configurarsi come uno sforzo d’interpretazione della personalità filosofica di Socrate. Ad esempio la forma letteraria di Platone, il dialogo, è un atto di fedeltà al silenzio di Socrate; per questo la stessa convinzione che ha trattenuto Socrate dallo scrivere, ha spinto Platone ad adottare e a mantenere la forma dialogica nei suoi scritti. Questa concezione del filosofare come dialogo ha fatto si che egli abbia vissuto la filosofia come una ricerca inesauribile e mai conclusa, ossia come un infinito sforzo verso una verità che l’uomo non possiede mai totalmente. Una delle caratteristiche salienti delle opere platoniche è l’uso dei miti, ossia racconti fantastici attraverso i quali vengono esposti concetti e dottrine filosofiche. Il mito in Platone riveste due significati fondamentali: in primo luogo il mito è uno strumento di cui si serve il filosofo per comunicare le proprie dottrine filosofiche all’interlocutore; in secondo luogo il mito è un mezzo di cui si serve il filosofo per parlare di realtà che vanno al di là dei limiti cui l’indagine rigorosamente razionale può spingersi.
Durante il primo periodo Platone si dedica: all’Apologia che è sostanzialmente l’esaltazione della vita consacrata alla ricerca filosofica in Socrate; al Critone che ci presenta Socrate che davanti al dilemma della morte o della fuga sceglie la morte per non smentire la sostanza del suo insegnamento; al Protagora che nega all’insegnamento sofistico ogni valore educativo e formativo ed ogni contenuto umano; all’Eutidemo che non solo critica il metodo eristico (confutare tutto quello che si dice, vero o falso che sia)dei sofisti, ma esorta anche alla filosofia; al Gorgia che attacca la retorica, principale creazione dei sofisti e base del loro insegnamento.
All’eristica si ricollega il verbalismo, contro il quale è diretto il Cratilo: Platone ritiene infatti che il linguaggio è lo strumento che serve ad avvicinare l’uomo alla conoscenza delle cose, e non che sia pura convenzione né che sia il prodotto dell’azione causale delle cose.
Nel secondo periodo Platone inizia ad elaborare proprie teorie: la prima è la teoria delle idee, che rappresenta il cuore stesso del platonismo maturo. In antitesi ai sofisti egli ritiene che la scienza abbia i caratteri della perfezione, e si chiede quale sia l’oggetto proprio della scienza: oggetto proprio della scienza non potevano che essere le idee, entità immutabili e perfette che esistono per proprio conto. Posiamo dunque affermare che in Platone esistono due gradi di conoscenza, che sono l’opinione e la scienza (dualismo gnoseologico), cui fanno riscontro due tipi di essere, che sono le cose e le idee (dualismo ontologico). In Platone possiamo osservare residui di teorie proprie di Eraclito e di Parmenide: dal primo accetta la teoria secondo cui il nostro mondo è quello della mutevolezza; dal secondo trae il concetto secondo cui l’essere autentico è immutabile. Nel pensiero platonico compaiono due tipi fondamentali di idee: le idee-valori (principi etici, politici, estetici) e le idee-matematiche (entità dell’aritmetica e della geometria). A capo di tutte le idee troviamo l’idea del Bene, il supremo Valore e la Perfezione massima di cui le altre idee sono imitazioni o riflesso.
Se da un lato Platone afferma la distinzione idee-cose, dall’altro ne afferma anche lo stretto legame: 1) le idee sono criteri di giudizio delle cose (per giudicare gli oggetti dobbiamo riferirci alle idee stesse); 2) le idee sono causa delle cose (ad esempio una cosa è bella poiché imita la bellezza, che diventa la causa per cui quella cosa è ritenuta bella). Una problematica nata con le idee è quella di interpretazione delle stesse: esse sono entità mentali o reali? Esistono in un ipotetico aldilà o non esistono in alcun luogo? Per la prima domanda la risposta più attendibile è che esse sono entità reali; per la seconda la più attendibile è che il mondo platonico delle idee è un ordine eterno di valori ideali, e non esiste in alcun cielo metafisico.
Basando la sua teoria sulla metempsicosi pitagorica, Platone afferma che l’uomo può accedere alle idee poiché la nostra anima è vissuta prima nel mondo delle idee, dove ha potuto conoscere gli esemplari perfetti delle cose. È per questo che si parla di reminiscenza (ricordo), in quanto le idee, sia pur sfocate, le portiamo dentro di noi e basta uno sforzo per tirarle fuori. La teoria della reminiscenza rappresenta quindi agli occhi di Platone la definitiva vittoria sul principio eristico-sofistico, poiché l’uomo né possiede già tutt’intera la verità né la ignora completamente, ma la porta in se a titolo di ricordo. La reminiscenza implica di per se l’immortalità dell’anima, che infatti diviene oggetto del Fedone. In esso vengono elencati tre prove dell’immortalità dell’anima: la prima, detta dei contrari, afferma che poiché ogni cosa si genera dal suo contrario, anche così la morte si genera dalla vita e la vita dalla morte; la seconda, detta della somiglianza, afferma che essendo l’anima simile alle idee, che sono eterne, anch’essa sarà eterna; la terza, detta della vitalità, afferma che l’anima, essendo soffio vitale, è vita e non può quindi accettare l’idea di morte. La teoria dell’immortalità dell’anima serve anche per chiarire il concetto di destino: Platone ritiene infatti che la nostra sorte attuale dipende da una scelta compiuta precedentemente nel mondo delle idee. Questa tesi viene illustrata nel mito di Er. Nel Fedone troviamo anche la nota dottrina platonica della filosofia come preparazione alla morte. Infatti la vita del filosofo risulta tutta una preparazione alla morte, al momento in cui l’anima potrà unirsi direttamente alle idee.
Il cuore della dottrina delle idee è costituito dal totale rifiuto di Platone al relativismo sofistico. Secondo lui ad un relativismo negatrice di ogni stabile punto di vista non vi è altra via di scampo se non la restaurazione dell’assolutismo; in questo senso la dottrina delle idee diviene lo strumento decisivo della filosofia, poiché indica la presenza di strutture ideali che hanno una validità oggettiva ed universale. In questa ottica, posta l’idea come superiore punto d’accordo tra le menti, il relativismo conoscitivo e morale sofistico crolla totalmente, e la conoscenza torna ad avere un valore assoluto cessando di essere relativa all’uomo. Dal punto di vista politico Platone indica il relativismo come causa del disordine e delle violenze, e vuole offrire quindi agli uomini ,con la teoria della idee, lo strumento per uscire fuori dal caos totale. Il punto di arrivo di tutta la meditazione platonica è l’idea della filosofia al potere, riassunta nell’equazione: conoscenza delle idee = fondazione di una scienza politica universale = pace e giustizia fra gli uomini.
L’amore (eros) è definito da Platone come il rapporto che il sapere stabilisce tra l’uomo e le idee. A questo argomento sono dedicati due dialoghi: il Convito e il Fedro. Il Convito considera prevalentemente l’oggetto dell’amore, e cioè la bellezza. Da questo dialogo esce fuori che l’amore è mancanza, poiché desidera qualcosa che non ha ma di cui ha bisogno. Quindi non è un dio, ma un demone; non è un sapiente, ma un filosofo. Essendo la bellezza il fine dell’amore, questa può essere suddivisa in diversi gradi: la bellezza di un bel corpo, quella corporea, quella dell’anima, quella delle leggi, quella della scienza ed infine la bellezza in sé, che è eterna, perfetta, oggetto della filosofia. Il Fedro considera invece l’amore nella sua soggettività, come aspirazione verso la bellezza ed elevazione progressiva dell’anima al mondo delle idee, al quale la bellezza appartiene. Ed è quest’ultima che fa da mediatrice tra l’uomo e le idee.
Tutti i risultati dei dialoghi fino a qui elencati sono riassunti nella maggior opera di Platone: la Repubblica, nella quale si parla della costituzione di una comunità politica governata da filosofi. Ma a questo punto si presentano due problematiche: qual è lo scopo di tale comunità e chi sono in realtà i filosofi? Alla prima domanda Platone risponde: la giustizia. Secondo la sua ottica nessuna comunità può vivere senza giustizia; essa è condizione fondamentale della nascita e della vita dello stato. Lo stato a sua volta deve essere suddiviso in tre classi: i governanti, i guerrieri e i cittadini. La saggezza appartiene alla prima classe; il coraggio appartiene ai guerrieri e la temperanza deve essere comune a tutte e tre la classi. Platone distingue altre tre parti nell’anima individuale: quella razionale (per la quale l’anima ragiona e domina gli impulsi) della quale è propria la saggezza; quella concupiscibile (principio di tutti gli impulsi corporei) della quale è proprio il coraggio; quella irascibile (che lotta per ciò che la ragione ritiene giusto). L’accordo di tutte e tre le parti nel lasciare il comando all’anima razionale è proprio della temperanza. Sul perché della suddivisione in classi sociali Platone risponde che in uno Stato ci sono compiti diversi che devono essere esercitati da individui diversi. Su in base a cosa gli individui appartengono ad una certa classe e non ad un’altra, il filosofo risponde che gli uomini si distinguono fra di loro per differenti attitudini naturali, ed in base a queste attitudini sono suddivisi in classi. Bisogna dire anche che l’immaginaria società platonica non esclude la mobilità sociale (passaggio da una classe all’altra) tuttavia evidenzia che solitamente i figli assomigliano ai padri e che quindi, di regola, rimangono nella classe di provenienza.
In Platone si ha anche una sorta di comunismo, anche se non del tutto totale. Egli infatti parla sia di eliminazione della proprietà privata, sia di comunanza di beni, sia di comunanza di donne, ma solo per le due classi superiori. Tutto questo affinché, al di là dei propri interessi, esse si applichino più efficacemente alla gestione delle cose pubbliche. I custodi (filosofi) sono comunque felici anche se, stando al potere, non godono di alcun vantaggio, in quanto amanti della giustizia e della conoscenza, sono di per se felici. Consapevole che uno Stato cosi non esista, Platone individua tre tipi di degenerazioni dello Stato: la timocrazia (governo fondato sull’onore) al quale corrisponde l’uomo timocratico; l’oligarchia (governo fondato sul censo) al quale corrisponde l’uomo parsimonioso; la democrazia (tutti i cittadini liberi di fare ciò che vogliono) alla quale corrisponde l’uomo democratico. Infine la tirannide, la peggiore di tutte, che nasce spesso da un governo eccessivamente democratico.
Come abbiamo visto Platone è ostile verso la democrazia; questo perché, prendendo alla lettera la parola democrazia, questa significa “governo del popolo”, e va quindi contro la struttura aristocratica dello stato platonico. Infatti secondo Platone è solo con il modello gerarchico della società che si ha giustizia. Il rigetto della democrazia porta quindi ad uno statalismo esasperato che prevede una regolamentazione della società sin nei minimi particolari. Tuttavia lo Stato platonico non deve essere visto come quello aristocratico tradizionale, in cui governano i ricchi, ma uno Stato in cui governano i migliori. E i custodi, secondo Platone, sono capaci di autocustodirsi, poiché educati fin dalla nascita a pensare al bene collettivo.
Nella parte centrale della Repubblica troviamo la suddivisione in gradi della conoscenza. Platone afferma che esiste la conoscenza sensibile (doxa) che comprende 1)l’immaginazione (eikasia) che ha per oggetto le ombre delle cose; 2)la credenza (pistis) che ha come oggetto le cose sensibili. Poi esiste la conoscenza razionale (episteme) che rispecchia il mondo delle idee che comprende 1)la ragione matematica (dianoia) che ha per oggetto le idee matematiche; 2)l’intelligenza filosofica (noesis) che ha per oggetto le idee-valori. Inoltre Platone ritiene che la filosofia sia superiore rispetto alla matematica, poiché quest’ultima trova ancora appigli consistenti nel mondo sensibile. In ogni modo egli enumera discipline matematiche fondamentali per il filosofo: l’aritmetica, la geometria, l’astronomia, la musica. Queste costituiscono la propedeutica della filosofia, poiché preparano il filosofo alla dialettica, la scienza suprema. Questa teoria della conoscenza e dell’educazione del filosofo viene spiegata allegoricamente da uno dei miti più noti della Repubblica, quello della caverna.
Fra le molte branche della filosofia vi è l’estetica, che studia i problemi della bellezza e dell’arte, quest’ultima condannata duramente da Platone nella Repubblica per due motivi. In primo luogo l’arte risulta essenzialmente “ imitazione di un’imitazione”, in quanto essa si limita a riprodurre l’immagine di cose che sono a loro volta riproduzione delle idee. In secondo luogo risulta pedagogicamente negativa, poiché raffigura modelli di persone vili.
La Repubblica ha comunque provocato negli anni diversi dibattiti circa il motivo utopico, circa la tesi dei re-filosofi, circa il punto di vista politico della sua lettura.
La terza fase del pensiero platonico riguarda due problemi cruciali: come deve essere pensato il mondo delle idee e come va concepito il rapporto tra idee e realtà naturali? Alla prima domanda risponde il Sofista che trova il suo schema di soluzione nel confronto-scontro con la logica parmenidea, e finirà con il cosiddetto parmenicidio platonico. Alla seconda domanda, Platone elabora la teoria dei generi sommi, cioè degli attributi fondamentali delle idee, che sono cinque: l’essere (ogni idea è), l’identico (ogni idea è identica a se stessa), il diverso (ogni idea è diversa dalle altre), la quiete (ogni idea può starsene in sé) ed il movimento (ogni idea può entrare in comunicazione con le altre).Errore di fondo di Parmenide è stato, secondo Platone, confondere il non-essere con il diverso; egli riuscì anche a superare il problema dell’errore affermando che esso consiste solamente nel dire le cose in modo diverso da com’esse stanno. Egli infine ricerca una definizione generale ed universale dell’essere, pervenendo alla tesi secondo cui l’essere è possibilità. La sua formula significa che esiste tutto ciò che è capace di entrare in un campo di relazione qualsiasi; la controprova risiede nel fatto che il nulla, che non può entrare in rapporto con qualche cosa, risulta inesistente per definizione.
La dialettica, definita nella Repubblica come la scienza delle idee-valori, trova in realtà la sua messa a punto nel Sofista. Essa, infatti, si sforza di fissare quali idee comunichino e quali no, quali siano vere e quali false, attraverso un processo di tipo “dicotomico”, che avanza dividendo per due un’idea, sino a giungere ad un’idea indivisibile, che ci fornisce la definizione specifica di ciò che cercavamo.

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