Kant: critica ragion pura e pratica

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Testo

Kant

Nell’affrontare i problemi del suo sistema mantiene un punto di vista critico: la ragione non solo deve criticare gli oggetti del suo conoscere ma anche se stessa. Si parla quindi di criticismo kantiano. Il criticismo si configura poi come filosofia trascendentale, perché Kant scopre che il problema dell’ambito del conoscere umano si può solo risolvere non tanto a partire dagli oggetti che il soggetto ha di fronte, quanto piuttosto interrogandosi sugli elementi presenti a priori nel soggetto conoscente stesso: il capovolgimento dall’oggetto al soggetto, dal conosciuto al conoscente, è indicato come una nuova rivoluzione copernicana.

Critica della ragion pura
Esame che non si limita a descrivere come di fatto avvengono le nostre singole conoscenze, ma si impegna a individuare quali siano le possibilità le fonti i limiti di ogni conoscenza a priori. Secondo Kant conoscere è innanzitutto giudicare. Da un lato ci sono i giudizi analitici a priori, i cui predicati sono già contenuto nel soggetto e non ampliano la conoscenza (aspetto negativo),ma hanno valore universale e necessario (aspetto positivo). Dall’altro lato ci sono i giudizi sintetici a posteriori, i cui predicati dicono qualcosa di nuovo rispetto al soggetto e ampliano la conoscenza (aspetto positivo), ma non hanno valore universale e necessario (aspetto negativo). Kant crea, quindi, unendo gli aspetti positivi delle due tipologie di giudizio, dei giudizi che ampliano la conoscenza e hanno valore universale e necessario: i giudizi sintetici a priori, ovvero ciò che vale necessariamente e universalmente, indipendentemente da ogni esperienza.
Il saggio della ragion pura si articola in:
1. Estetica trascendentale: analisi delle forme della conoscenza sensibile.
2. Analitica trascendentale: analisi delle forme della conoscenza intellettiva.
3. dialettica trascendentale: analisi delle forme della conoscenza razionale.
Estetica trascendentale
Per Kant spazio e tempo non possono essere degli oggetti in se stessi, poiché ogni oggetto si presenta sempre spazializzato e temporalizzato e non sono nemmeno frutto dell’esperienza: sono forme a priori della sensibilità. La conoscenza sensibile, detta intuizione empirica, si distingue in due elementi: una materia, che è il contenuto della sensazione, e una forma, che ordina tale contenuto secondo determinati rapporti: la cosiddetta intuizione pura. Spazio e tempo quindi sono intuizioni pure della conoscenza sensibile:
sensazione + spazio-tempo = intuizione empirica (percezione).
Analitica trascendentale
Per Kant l’intelletto è la facoltà di giudicare e quindi di conoscere e che unifica in vari modi con universalità e necessità i dati primi dell’esperienza. I vari modi dell’azione dell’intelletto si chiamano concetti puri o categorie, che sono 12 e consentono di legare e collegare le diverse intuizioni empiriche (i dati sensibili). L’insieme dei dati sensibili unificati dalle categorie è chiamato fenomeno: letteralmente “ciò che appare”. Dietro al fenomeno vi è sempre il concetto limite della filosofia kantiana, il noumeno, che rappresenta il pensabile ma non conoscibile e che delimita e restringe il campo della conoscenza, escludendo che essa possa attingere le cose in se stesse. Ciò impedisce quindi di ritenere che la totalità dell’oggetto sia conoscibile, mentre lo è solo una parte, il fenomeno.
Intuizione empirica + categorie = fenomeni
Secondo Kant l’intelletto umano non è né passivo né attivo. L’uomo non conosce infatti le cose in se stesse, bensì i fenomeni delle cose cosi come appaiono a noi. Il fondamento dei rapporti necessari che si trovano nella nostra conoscenza è l’ “io penso”: unità formale della conoscenza, funzione unificante tutte le rappresentazioni.
Dialettica trascendentale
Con la logica dell’illusione Kant critica la metafisica. La ragione pretende, nel significato proprio di dialettica trascendentale, la conoscenza della totalità ed è guidata dalle 3 idee trascendentali con le quali la ragione lega e collega i fenomeni: l’idea di anima, di mondo e di Dio. Le 3 idee non potendo avere, in quanto frutto della metafisica, valore costitutivo della conoscenza, hanno valore regolativi, in quanto “a priori” della dialettica:
ragione + idee = sistemi.

Critica alla ragion pratica
La ragione si dice pratica in quanto è considerata in riferimento ai motivi con cui determina la volontà verso l’azione. Il punto di partenza dell’etica di Kant è la convinzione della presenza nell’uomo di una legge morale con valore universale e necessario. La legge morale, in quanto universale e necessaria, non può fondarsi che a priori: per Kant l’ “a priori”dell’azione morale è il dovere, che indica come imperativo etico. Kant distingue tra due imperativi: l’imperativo ipotetico, che comanda qualcosa in vista di un fine che si vuole raggiungere; e l’imperativo categorico, che comanda in modo assoluto e senza condizioni. L’unico sentimento che può muovere l’azione morale è il rispetto, che scaturisce dalla stessa ragione pratica e non ha nulla di sensibile. La legge morale quindi deve fondarsi solo come comando formale, tale cioè da prescindere da ogni contenuto o materia del comando per prescriverne solo la forma. Le forme dell’imperativo categorico sono contenute nelle 3 formulazione di Kant:
1. agire in modo tale che la massima delle tue azione diventi universale.
2. agire in modo tale da trattare gli altri come fini.
3. agire in modo tale che la mia volontà diventi legislatrice universale.
La prima evidenzia la forma universale, la seconda il fine, la terza il carattere autonomistico del comando.
La presenza nell’uomo di una legge morale porta ad alcune realtà metafisiche che stanno al di là del mondo fenomenico dell’esperienza e di cui la ragione teoretica non può dire nulla: Kant chiama queste realtà, strettamente connesse con la legge morale, postulati della ragione pratica, fondati sulla deontologia, non dimostrabili e metafisici.
1. Libertà: in senso negativo come capacità di agire indipendentemente dagli impulsi sensibili, in senso positivo come autonomia della ragione quale legislatrice di se stessa in forma universale.
2. Immortalità dell’anima: condizione indispensabile per il conseguimento della santità, intesa come perfetta conformità tra intenzioni e legge morale; l’uomo infatti non può raggiungere ciò nel breve tempo della sua esistenza, si richiede quindi che l’uomo possa avvicinarsi alla santità con un progresso che va all’infinito, e quindi che la sua esistenza continui all’infinito.
3. Esistenza Dio: condizione indispensabile per il conseguimento del sommo bene, inteso come perfetta unione di virtù e felicità; non possiamo affermare che la virtù sia causa della felicità o viceversa, ci deve essere quindi un essere intelligente garantisce il sommo bene e permette all’uomo virtuoso il raggiungimento di esso.

Critica del Giudizio
Essa risponde all’esigenza di colmare la frattura che le due critiche precedenti avevano aperto tra fenomeno e noumeno, tra attività naturale e attività morale. Kant propone di distinguere tra i giudizi determinanti della ragione pura e pratica e giudizi riflettenti: il giudizio riflettente non è costitutivo della conoscenza (come quello determinante), ma riflette sugli oggetti già conosciuti per cercarvi una corrispondenza di finalità con il soggetto conoscente. Esso si divide in: (1)giudizio estetico, permette di cogliere il bello; (2)giudizio teleologico, permette di cogliere il fine.
Per Kant, inoltre, il bello è tutto ciò che suscita un piacere universale, disinteressato, necessario e fine a se stesso:
- universale perché il sentimento del piacere tende sempre ad universalizzarsi
- disinteressato perché non fa leva sugli istinti ma sulla fantasia
- necessario perché il bello non può mai essere relativo
- fine a se stesso perché il bello non può avere altri fini al di fuori da se stesso
Kant propone anche qui una suddivisione tra bello libero (non presuppone un concetto di ciò che l’oggetto deve essere) e bello aderente (presuppone il concetto dello scopo a cui l’oggetto è destinato). Kant introduce qui il concetto di sublime come ciò che piace per la sua grandezza che crea angoscia piacevole: può essere sublime matematico (immenso in quanto infinito) o sublime dinamico (immenso in quanto a forza e potenza).

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