Critica della ragion pura

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Critica della Ragion Pratica

• La ragion pratica consiste nella capacità di determinare la volontà e l'azione morale senza ausilio della sensibilità.
• Lo scopo della "Critica della Ragion Pratica" è quello di criticare la ragion pratica che pretende di restare sempre legata solo all'esperienza.
Introduzione
• Fondamento dell'etica c'è una legge morale con valore universale.
• La legge morale è universale, quindi non può essere ricavata dall'esperienza: è “a priori”.
• La legge morale è “razionale” nel senso che deve valere per l’uomo in quanto essere ragionevole.
• La legge morale non è un’esigenza che l’uomo segue per necessità di natura: quindi deve essere un “imperativo” (cioè una necessità oggetiva dell’azione; tale principio pratico è valido per tutti.
Gli imperativi
• Ci sono due tipi di imperativo
• Imperativo ipotetico: subordina il comando dell’azione da compiere al conseguimento di uno scopo (es.: “se vuoi essere promosso devi studiare”). Tali imperativi sono oggettivi solo per tutti coloro che si propongono quel fine; da tali imperativi derivano l’edonismo e l’utilitarismo.
• Imperativo categorico: comanda l’azione in se stessa (es.: “devi perché devi”). La norma morale deve essere un imperativo categorico, cioè la tendenza ad un fine deve essere comandata da una legge morale.
• La legge morale è un “imperativo categorico”: il suo valore non dipende dal suo contenuto ma dalla sua “forma” di legge.
L’imperativo categorico
• La sua “forma” di legge è l’“universalità” (devi perché devi). L’imperativo categorico può essere formulato così:
• “Agisci in modo che la massima della tua azione (soggettiva) possa diventare legge universale (oggettiva)”.
• “la nostra moralità dipende non dalle cose che vogliamo, ma dal principio per cui le vogliamo”.
La legge morale
• Principio della moralità non è il contenuto, ma la “forma”: è questo il formalismo kantiano.
• Non è morale ciò che si fa, ma l’intenzione con cui lo si fa: la legge morale è morale perché mi comanda in quanto legge
• La legge morale deve avere valore per se stessa; la volontà è autonoma, si autodetermina
• Tutte le morali che si fondano sui “contenuti” compromettono l’autonomia della volontà: “l’unico principio della moralità consiste nella indipendenza da ogni materia della legge”.
• Chi deve fare una cosa, deve poterla fare: devi, dunque puoi, puoi perché devi. Se la volontà dà a sé la sua legge, vuol dire che non la riceve da altri, ossia che è libera.
• Il “darsi” un dovere implica la “libertà”: la condizione perché sia possibile un imperativo categorico è che la volontà sia libera

La libertà
• La libertà è postulata dal carattere formale della legge; prima conosciamo la legge morale, poi inferiamo da essa la libertà come suo fondamento.
• Legge morale L “ratio conoscendi” della libertà
• Libertà L “ratio essendi” della legge morale
I postulati
• Il mondo noumenico, che sfuggiva alla “ragion pura”, è recuperato nei “postulati della ragion pratica”
• Tali postulati si devono ammettere per spiegare la “legge morale”, se non li ammettessimo si spiegherebbe la legge morale, ma la legge morale è un “fatto” innegabile, quindi i postulati hanno una realtà oggettiva
• I “postulati” sono tre:
• 1° postulato. Libertà è condizione della “legge morale”
• 2° postulato. Esistenza di Dio. Si postula l’esistenza di Dio che ha il compito di far corrispondere in un “altro” mondo quella felicità che compete al virtuoso (non realizzabile in “questo” mondo)
• 3° postulato. Immortalità dell’uomo è un processo continuo ed è richiesta, ma non è accessibile in questo mondo, per avvicinarsi sempre più alla “perfetta adeguatezza della volontà alla legge morale" (la santità è il raggiungimento di tale perfetta adeguazione).
La ragion pratica
• La Ragion pratica ha dunque‘riempito’ quelle esigenze della ragion pura dando loro “realtà morale”
• Il noumeno è teoricamente inconoscibile, può quindi avere solo realtà pratica.
Due facoltà
Kant riconosce dunque 2 facoltà:
• INTELLETTO I facoltà conoscitiva teoretica dominio della ragione pura che non può rappresentare gli oggetti come sono in sé ma solo come fenomeni
• RAGIONE R facoltà pratica può rappresentare gli oggetti come cose in sé (soprapensabili), ma non li può conoscere teoreticamente, può darli solo realtà pratica.
Fra il MONDO FENOMENICO della “Critica della Ragion Pura” (realtà come appare allo spirito umano) e il MONDO NOUMENICO della “Critica della Ragion Pratica) (apparteniamo al mondo delle cose in sé solo come soggetti morali) c’è un abisso immenso.

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