Il linguaggio della logica

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La logica antica

Il linguaggio della logica

Inferenza: a originare la ricerca logica sono quei tipi di discorso in cui vi è la necessità di dimostrare qualche cosa: essi si chiamano inferenze. L'inferenza è un ragionamento in cui da una o più premesse viene derivata una conclusione; tali premesse, dette categoriche o dichiarative, possono essere sia vere sia false e sia affermate sia negate. Gli elementi che formano le proposizioni sono detti termini; essi non devono essere necessariamente sostantivi o aggettivi, e possono essere pensati anche come locuzioni complesse.

Deduzione: ogni inferenza possiede una propria struttura e si compone di una conclusione e di una o più premesse. Esistono due tipi di inferenza: la deduzione e l'induzione. In una inferenza deduttiva, che Aristotele identifica con il sillogismo, le premesse contengono tutto ciò che è necessario per giungere alla conclusione; una deduzione è valida se è impossibile che le sue premesse siano vere e la conclusione falsa, è invalida nel caso contrario. Il compito della logica deduttiva è quello di chiarire il rapporto tra premesse e conclusione, così da permettere la divisione tra inferenze valide e invalide.

Dimostrazione: dimostrare una proposizione significa dedurre una conclusione da premesse vere, si richiedono argomentazioni di tipo dimostrativo nella matematica, nella filosofia e nei ragionamenti di ogni giorno.

Le origini della logica

Risale ad Aristotele l'istituzione della logica come disciplina autonoma; ciò non vuol dire però che non si sia fatto uso di essa anche negli anni precedenti. Già in Parmenide affioravano problemi di natura logica e sia la dottrina eleatica che quella sofistica erano connesse a interessi logici. Oltre alla logica aristotelica ebbe molta importanza la logica stoica: i suoi inizi furono influenzati dai filosofi megarici, che ampliarono gli interessi della scuola socratica elaborando una teoria delle proposizioni. I filosofi stoici intendevano la filosofia come composta di tre parti: logica, fisica ed etica. Quindi la logica non viene qui intesa come uno strumento propedeutico della filosofia, ma come una disciplina autonoma. Essa comprende l'analisi del discorso e la teoria della conoscenza. Due dottrine della logica stoica hanno avuto molta importanza: la dottrina delle asserzioni ipotetiche e la dottrina del significato.

I problemi della logica

I principali temi logici che vennero affrontati si possono dividere in tre classi di problemi:
- l'analisi degli errori logici e dei paradossi, avvenuti specialmente nelle scuole sofistiche e socratiche;
- lo studio della deduzione e dei ragionamenti validi che si svilupparono nella teoria delle proposizioni e del sillogismo;
- l'analisi del linguaggio e del concetto di significato (problemi semantici), affrontati dai filosofi stoici.

Il problema dell'errore: molto difficile è definire i modi possibili e le strutture formali di un'argomentazione errata: è infatti possibile trovare ragionamenti apparentemente corretti ma viziati da errori logici. Essi si chiamano sofismi. Un sofisma è dunque una deduzione apparente, caratterizzata da un errore chiamato fallacia. Lo studio dei ragionamenti fallaci aiuta quindi a evitare errori nell'argomentare; a questo scopo sono necessari alcuni accorgimenti tra cui quello di non considerare mai un'affermazione particolare in senso assoluto. I sofisti, ad esempio, usavano questo stratagemma per contrastare le opinioni dei loro avversari.

I paradossi: i sofisti crearono prestigio e ricchezza sui giochi linguistici che potevano derivare dall'ambiguità del verbo "essere", quale lo aveva inteso la scuola eleatica. Furono tuttavia i socratici minori della scuola di Megara a portare a estreme conseguenze questo ragionamento: essi idearono una serie di paradossi che, sfruttando le ambiguità insite del linguaggio, misero notevolmente in dubbio la possibilità di una argomentazione valida. Il paradosso è un esperimento del pensiero che scardina le opinioni comuni, ma naturalmente non tutti i paradossi sono fallaci; alcuni sono ragionamenti corretti, che implicano però nozioni contrarie all'intuizione. I principali paradossi megarici sono sette: il paradosso dell'incappucciato, del calvo, dell'Elettra, del mucchi, del cornuto e dell'uomo velato.

La logica deduttiva

La logica aristotelica: tra il piano della realtà e quello del discorso vi è uno stretto rapporto di corrispondenza, ordine ontologico e ordine logico si risolvono l'uno nell'altro. Per Aristotele, la proposizione e i termini che la costituiscono sono i cardini della logica. L'unione dei termini fra loro dà luogo ad un giudizio, di cui la proposizione non è altro che l'espressione verbale. Vera è una proposizione che congiunge nel discorso ciò che è congiunto anche nella realtà mentre falsa è quella che congiunge ciò che non è congiunto. Naturalmente non tutte le proposizioni sono sottoponibili ad un criterio di verità-falsità, ad esempio le preghiere non sono né vere né false. Aristotele prende in considerazione solo le proposizioni categoriche, che lui chiama apofantiche. Le proposizioni categoriche possono essere distinte secondo la quantità (universali e particolari) e la qualità (affermative e negative); si vengono così a creare quattro tipi fondamentali di proposizioni categoriche. Ognuna di esse inizia con una delle parole "tutti, nessuno, qualche": queste parole indicano la quantità della proposizione e vengono dette quantificatori, i primi due indicano che la proposizione è universale mentre il terzo che è particolare. Il verbo essere che è la copula serve a connettere il termine-soggetto con il termine-predicato.
Proposizioni contraddittorie: due proposizioni si dicono contraddittorie quando esse differiscono sia per la quantità che per la qualità, la verità di una implica la falsità dell'altra;
Proposizioni contrarie: due proposizioni sono contrarie quando hanno la stessa quantità ma qualità diversa, esse possono essere entrambe false ma non entrambe vere;
Proposizioni subcontrarie: si dicono così due proposizioni particolari che differiscono per la qualità e non possono essere entrambe false;
Proposizioni subalterne: si dicono così due proposizioni di medesima qualità ma di quantità differente, la verità dell'universale implica quella della particolare ma non viceversa.

La teoria del sillogismo: l'affermazione o la negazione di qualcosa non è ancora un ragionamento; quando formuliamo singoli giudizi non compiamo ancora un inferenza. Lo facciamo invece quando colleghiamo tra loro giudizi e proposizioni, individuando i vari legami che li tengono assieme. Il sillogismo è una inferenza attraverso la quale poste due premesse si ricava necessariamente una conclusione, è quindi un'inferenza mediata (due sono infatti le premesse) di tipo deduttivo (le premesse devono infatti essere vere). Con "termini" indichiamo gli elementi delle proposizioni categoriche che intervengono nel sillogismo. Esso è quindi costituito da tre proposizioni categoriche unite da un legame derivante dall'avere, a due a due, un termine in comune. Il predicato della conclusione è detto termine maggiore e la premessa dove compare premessa maggiore, il soggetto della conclusione è il termine minore e la sua premessa premessa minore; il termine comune ad entrambe le premesse è detto termine medio. I sillogismi possono essere suddivisi in quattro figure in base alla posizione del termine medio nelle premesse. Per tutte e quattro le figure esistono tuttavia solo diciannove modi validi (da premesse vere è impossibile che si giunga a conclusioni false). Per Aristotele solo la prima figura del sillogismo è perfetta, e ad essa possono essere ricondotte tutte le altre figure. La perfezione di tale figura dipende dal fatto che i termini sono disposti nella loro forma normale e che quindi risulta evidente la transitività della connessione dei termini. Naturalmente il sillogismo è solo una delle possibili inferenze.

La logica stoica delle proposizioni: le proposizioni possono essere combinate in vari modi allo scopo di formarne altre di più complesse. La forma più elementare di combinazione si ha quando la verità e la falsità della proposizione composta dipendono dalla verità o falsità delle due proposizioni semplici, ricordiamo la congiunzione logica et e la disgiunzione inclusiva vel. Per gli stoici l'unità minima della logica non è più il termine ma la proposizione stessa; essi non intendono la proposizione come composto di un soggetto e di un predicato, ma come un'unità esprimente un fatto. Per gli stoici particolare importanza hanno le proposizioni ipotetiche. Una proposizione ipotetica è una proposizione composta da due proposizioni semplici unite dal connettivo se-allora, sono in pratica delle implicazioni. Si sono evolute due teorie per chiarire quando una proposizione sia vera e quando sia falsa: la prima dice che è falsa solo quando la prima proposizione è vera e la seconda e falsa (si ha così la struttura che oggi chiamiamo implicazione materiale), la seconda inserisce nella teoria antecedente anche il tempo, dicendo che una proposizione ipotetica è vera quando non è stato possibile, non è possibile e non sarà possibile, che la prima proposizione sia vera e la seconda sia falsa.

La teoria stoica dell'argomentazione: le argomentazioni sono il risultato della combinazione delle proposizioni e gli stoici le dividono in argomentazioni conclusive, che hanno una conclusione logicamente corretta rispetto alle premesse, e dimostrative, che si servono di un indizio per risalire alle cause che lo hanno prodotto. Una particolare classe di argomentazioni conclusive è rappresentata da cinque ragionamenti indimostrabili detti assiomi, essi servono per dimostrare tutte le altre argomentazioni.

Differenza tra sillogismo categorico e sillogismo ipotetico: lo schema su cui si basano gli assiomi non è quello del sillogismo categorico di Aristotele, ma quello del sillogismo ipotetico (se-allora) e disgiuntivo (o-o). Il sillogismo ipotetico ha solo due termini implicati tra loro in forma ipotetica e manca il termine medio. Mentre per Aristotele il sillogismo più significativo era quello categorico, per gli stoici era quello ipotetico il più adatto all'indagine scientifica.

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