filosofia fichtiana

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

L’idealismo
Dopo kant la filosofia si assunse il compito di eliminare il dualismo e di andare a recuperare lo spirito che era stato sacrificato alla ragione. Lo spirito o assoluto è quel principio ideale, unificatore di tutto dove sono racchiuse tutte le cose e dove tutto tende a ritornare ( ex: APEIRON).
La revisione del dualismo Kantiano diede luogo all’idealismo, dottrina secondo la quale è impossibile dividere il mondo fisico da quello trascendente perché secondo loro la realtà è infinita, l’io è infinito, creatore della realtà delle cose e fusione di reale e ideale, esprime così la libertà del soggetto. Al contrario del dogmatismo che afferma l’esistenza della cosa in se ossia ammette una delimitazione dell’io quindi una negazione di libertà,attività,autonomia dell’io.tre sono i principali pensatori dell’idealismo:
- Johann Gottlieb Fichte idealismo etico/morale
- Schelling idealismo estetico
- Hegel idealismo logico

FICHTE
La sua vita fu caratterizzata dall’aspirazione alla libertà, che si rispecchiò nella sua opera filosofica nel carattere assoluto ed infinito che assegna all’io (grande io/grosse ich= io puro).
Fichte segna il passaggio da kant all’idealismo, criticando il dualismo del mondo kantiano per ricongiungere tutto nel principio dell’IO PURO(= non contaminato da altro) ovvero l’unica realtà che possiamo ammettere, da cui si genera ciò che esiste.
Crea l’esistenza attraverso la TRIADE DI SVOLGIMENTO/DIALETTICA( =di opposizione):
- l’io pone se stesso si crea/autoriconoscimento , è una forma di autocoscienza da Aristotele :dio e pensiero di pensiero.
- l’io pone il non io è concreto reale e fisico, crea la realtà fisica-impura- ma non può farlo perché si contaminerebbe, allora crea la realtà in un momento di immaginazione produttiva(=non piena coscienza). Sognando la realtà esterna la produce realmente e non si contamina. Fa tutto ciò al suo interno.
- L’io oppone al non io divisibile/l’io divisibile producendo l’io divisibile, ovvero qualcosa che possa entrare in contatto con il non io, e che cerca di mediare tra l’io e il non io. Questo io detto io empirico è l’uomo che è necessario in quanto termine di relazione tra infinito e finito.attraverso l’uomo capisco che il non io è diviso in tante parti:non io divisibile ovvero tante realtà che potranno essere conosciute.
In questo frangente l’unico che lavora è l’io puro.
Segue perciò il suo principio ETICO, quello dell’attività, dell’agire sull’opposizione tra io/non io. Quindi il mondo esiste perché teatro dell’agire morale dell’io che è trasferito dall’io puro all’io divisibile. Il mondo costituisce il campo del nostro agire e la natura il nostro Streben (sforzo tensione verso qualcosa/ tentativo dello spirito umano di superare gli ostacoli).
L’uomo agisce ponendosi continuamente delle mete che deve raggiungere, queste mete tendono tutte alla libertà alla quale veniamo educati attraverso la cultura, e al perfezionamento all’infinito, ma è insito nella sua natura che lui non debba mai raggiungere questi scopi, quindi può solo sforzarsi di raggiungerli.
Il singolo agendo si accorge di non essere solo,perché è un essere che vive con gli altri formando la società e ogni uomo ha lo scopo di contribuire alla formazione di tutti gli altri l’istinto sociale è un istinto fondamentale dell’uomo, perché se vive isolato si accorge di essere incompleto e di contraddire se stesso.cerca di superare la propria limitatezza partecipando alla vita degli altri .
Ci si basa sul presupposto che gli altri esseri sono simili a noi:dotati di ragione .devo operare in modo che la ragione non trionfi solo in me ma anche negli altri. Devo seguire una duplice norma:
non devo trattare gli altri uomini come mezzi, ma come fini, e secondo la legge morale devo tendere attraverso il mio perfezionamento , ma anche a quello altrui attraverso l’educazione.
Il fine della società è l’unità tra gli individui.

Vivere nello stato invece non rientra nelle finalità dell’uomo.
Lo stato esiste , ma potrebbe scomparire se gli uomini fossero migliori,è detentore dei poteri della costrizione e della repressione grazie ai quali porta l’ordine. È uno strumento in vista della migliore organizzazione possibile. Ma non è un fine. Scopo di ogni governo è quello di rendersi superfluo.
La società perfetta è quella in cui regna la libera collaborazione tra gli uomini in cui tutte le volontà trovano reciproco accordo.
La missione del dotto:
è l’intellettuale ,+ di tutti non può vivere da solo perché la sua missione condurre gli altri alla consapevolezza dei propri bisogni e dargli i mezzi per raggiungerli. È il più modesto di tutti perché resterà sempre lontana dalla meta prefissatagli. Deve provvedere all’eguale sviluppo di tutte le facoltà umane, e stimolare l’uomo.
Alla filosofia tocca indicare i mezzi per raggiungere la perfezione spirituale, e la storia deve farci cogliere i fatti e interpretarli ancora una volta con la filosofia.
Il dotto deve quindi progredire perché da ciò deriva il progresso degli altri.

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