Apologia di socrate

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Platone
APOLOGIA DI SOCRATE
Socrate viene portato in processo poiché durante la sua vita, con la sua attività, si è attirato molti odi. Senza usare artifici della retorica egli vuole dimostrare, avvalendosi soltanto delle verità, la falsità delle accuse rivoltegli dai suoi antichi e nuovi nemici.
Pers. coinvolti
Posizioni logico-argomentative
Posizione di Socrate
Passaggi logici per affermare il proprio punto di vista
Primi accu-
satori
Socrate fa rea opera, e temeraria, cercando le cose sotto terra e quelle su in cielo, e le più deboli ragione facendo più forti, e questo insegnando agli altri.
Tutto ciò non è vero.
-L’oracolo di Delfi disse che nessuno è più sapiente di Socrate.
-Socrate non crede di essere sapiente ma sa che l’oracolo non può mentire.
-Socrate si mette in cerca di uomini più sapienti.
-Interroga i politici ma questi, pur sembrando sapienti agli occhi di tutti e credendo fortemente di esserlo, non lo erano.
-Socrate ne deduce di essere più sapiente poiché, pur non sapendo nessuna cosa, è cosciente della sua ignoranza.
-Interroga i poeti sul significato dei loro scritti ma essi ne sapevano meno dei loro lettori.
-Socrate ne deduce che l’arte dei poeti non deriva dalla loro sapienza ma da una da una certa natura e ispirazione divina.
-Socrate si accorge di valere più dei poeti perché essi si reputano sapienti senza averne alcun merito.
-Socrate interroga gli artefici e si accorge che essi hanno delle conoscenze.
-Gli artefici, però, credono di essere sapienti anche nelle cose maggiori.
-Questa stoltezza offusca la loro sapienza.
-Socrate preferisce essere per nulla sapiente piuttosto che avere poca sapienza e molta ignoranza.
-Socrate ne deduce che l’unica vera sapienza è detenuta da Dio e la profezia dell’oracolo voleva significare, prendendo Socrate solo come esempio, che la sapienza umana vale poco o nulla.
-I giovani, per loro spontanea iniziativa, tentano di imitarlo, esaminando le persone, che se la prendono con Socrate, dicendo che egli guasta i giovani.
-Per trovare una spiegazione al modo in cui egli guasta i giovani essi dicono ciò che si è soliti dire dei filosofi, cioè che insegna cose del cielo e della terra e a non credere negli dei, poiché la vera spiegazione sarebbe molto imbarazzante per loro.

Meleto
Socrate è reo verso i giovani, guastandoli.
Il reo è Meleto, perché porta in tribunale le persone senza validi motivi e fa finta di preoccuparsi molto di cose che non lo hanno mai interessato.
-Socrate chiede a Meleto chi rende i giovani più buoni ed egli risponde che tutti i cittadini contribuiscono a migliorarli e soltanto Socrate li guasta.
-Socrate ne deduce che Meleto non ha mai pensato ai giovani poiché le sue affermazioni sono difficilmente credibili.
-Socrate chiede se non sia vero che i malvagi fanno del male a che sta loro vicino mentre i buoni fanno del bene; meleto risponde affermativamente.
-Socrate chiede se esiste uomo che voglia essere danneggiato; meleto risponde negativamente.
-Socrate chiede se Meleto lo sta accusando di corrompere i giovani volontariamente o involontariamente ed egli da la prime risposta.
-Socrate afferma di non poter essere talmente ignorante da rendere malvagi coloro che conversano con lui volontariamente, poiché in tal modo sarebbe lui stesso nel pericolo di ricevere del male da loro.
Per questi motivi si deduce che o Socrate non corrompe, o lo fa involontariamente ed in entrambi i casi Meleto avrebbe mentito.
Meleto
Socrate è reo verso gli Dei poiché non crede in quelli della città ma in cose nuove e demoniache.
Non è vero.
-Se Socrate chiede se è stato accusato di credere in dei diversi da quelli della città o di non credere in nessun dio.
-Meleto risponde che la sua accusa è di essere ateo, poiché crede che sole e luna non siano dei ma pietra e terra.
-Socrate replica che con questa affermazione disprezza i libri di Anassagora e Claziomeno.
-Socrate afferma che Meleto, inoltre, si contraddice perché lo accusa di credere in cose demoniache ma non negli dei.
-Socrate spiega il paradosso affermando che se egli crede in cose demoniache è necessario che creda anche nei demoni; ma poiché i demoni sono figli spurii degli dei non è possibile credere che esistano senza credere che ci siano anche gli dei.
Altri accu-
satori
Socrate si dovrebbe vergognare di rischiare le morte per compiere il suo esercizio.
Un uomo, pur valendo poco, no deve ragionare sul pericolo di morte quando fa una cosa ma deve solo chiedersi se ciò che sta facendo è giusto o sbagliato.
-Socrate ricorda che i semidei morti a Troia non si preoccuparono della morte; Achille, pur sapendo che se avesse vendicato l’amico Patroclo uccidendo Ettore sarebbe morto, non ha esitato a farlo perché temeva una vita da vile più della morte.
-Socrate afferma che temere la morte è come pensare di essere sapienti pur non essendolo, poiché nessuno può sapere se essa sia un bene o un male; per questo motivo non la fugge.
-Socrate inoltre aggiunge che se fosse liberato a condizione di non filosofeggiare più, pena la morte, egli continuerebbe a farlo comunque perché ciò è un ordine che gli è stato dato da Dio.
Se ucciderete Socrate danneggerete voi stessi.
-Socrate afferma di non poter essere danneggiato dai suoi accusatori perché i malvagi non possono nuocere ai buoni.
-Condannando Socrate sarà commesso un peccato contro un dono di Dio, poiché Socrate, a suo dire, altro non è che questo.
-Socrate è uno sprone che sveglia al città bisognosa di essere stimolata.
-La dimostrazione che egli è un dono di Dio sta nel fatto che egli ha trascurato i suoi affari e vive in povertà per predicare le virtù ai suoi concittadini.
-Se sembra strano che egli predichi in privato piuttosto che davanti al popolo ma il motivo di ciò va ricercato nel pericolo che si affronta nell’esporsi in pubblico; se lo avesse fatto sarebbe morto da molto tempo e non avrebbe potuto giovare alla città.
-A supportare questa tesi porta l’esempio di ciò che gli è capitato stando nel Consiglio: per difendere la giustizia ha affrontato la prigionia e rischiato la morte; la stessa cosa accadde quando non adempì agli ordini dei Trenta.
-Socrate dice di non essere stato mai maestro di nessuno ma di aver semplicemente conversato con chi ne avesse voglia, giovane o anziano, di qualsiasi classe sociale, senza mai pretendere in cambio soldi.
-La motivazione per cui tanti ambiscono a passare del tempo con Socrate va ricercata nel piacere di esaminare gli altri e scoprire coloro i quali si fingono sapienti e torto.
-La ricerca e lo smascheramento dei finti sapienti è la missione che gli è stata affidata da Dio.
-Se avesse commesso mali e avesse corrotto giovani, essi stessi, diventati adulti, o i loro parenti, se ne vorrebbero vendicare, mentre invece sono tutti disposti ad aiutarlo.
Socrate conclude dicendo che egli non userà le lacrime, né porterà i suoi figli a pregare di non condannarlo per muovere a compassione i giudici, come fanno alcuni. Spiega infine che non agisce così per orgoglio ne per disprezzo nei confronti degli Ateniesi, bensì non crede che sia bello, per la reputazione sua e dei suoi stessi concittadini, comportarsi in tal modo. Infatti non è giusto pregare un giudice ma solamente informarlo, poiché egli deve emettere sentenze secondo la legge e non secondo le sue simpatie.
Giudicato infine colpevole, è chiamato a riflettere su quale pena gli si addica. Egli ritiene di meritare un premio più che una condanna poiché ha dedicato la vita all’apprendimento e alla cura dell’amino dei suoi concittadini, rinunciando al denaro, ai beni materiali e al potere. Spiega che probabilmente non è riuscito a convincere i giudici per il poco tempo avuto a disposizione. Ma, essendo convinto di non aver mai fatto un torto a nessuno, non crede giusto condannarsi a qualche pena, facendo un torto contro se stesso. Inoltre non c’è pena che gli si addirebbe; infatti non potrebbe vivere in carcere perché non sopporterebbe di essere sottomesso al magistrato e agli Undici; non potrebbe pagare una multa perché non dispone di denaro; non potrebbe andare in esilio perché, non potendo sopportare le sue predicazioni i suoi stessi concittadini, a maggior ragione non potrebbero farlo gli altri ed egli sarebbe costretto a trasferirsi da una città all’altra, sempre cacciato, perché mai riuscirebbe a vivere senza filosofeggiare, disobbedendo al volere di Dio.

Condannato a morte si rivolge ai cittadini che hanno votato contro di lui dicendogli che, per non aver aspettato a giudicarlo riflettendo meglio, avranno il biasimo di molte persone che approfitteranno del pretesto per infamare la città. Egli inoltre spiega di non aver alcun rimpianto nella sua difesa perché è preferibile morire piuttosto che vivere essendosi difesi usando audacia ed impudenza; infatti bisogna fuggire la malvagità più della morte.
Si rivolge quindi ai cittadini che hanno votato per la sua assoluzione spiegandogli che tutto ciò che era successo in quella giornata era un bene poiché non aveva mai sentito la voce vaticinatrice del demone contrariarlo, come invece accadeva quando agiva in modo sbagliato.
Infine Socrate esplica la sue idee sulla morte che, secondo lui è un bene in ogni caso; infatti essa non può essere che cessazione di ogni sentimento o trasferimento dell’anima in un altro luogo. Nel primo caso sarebbe un sollievo perché nulla è più dolce di un sonno profondo senza sogni e senza emozioni; nel secondo caso la morte sarebbe un gran bene perché ci sarebbe concesso di parlare con le grandi personalità del passato ed essere immortali.
Socrate conclude dicendo che a colui che è buono non accade mai alcun male, né in vita né in morte, picchè gli dei non trascurano il suo destino; per questo motivo la sua imminente morte deve essere interpretata come un bene ed egli non è in collera con chi lo ha condannato, anche se l’ha fatto con l’intenzione di nuocergli e non di giovargli.

Esempio