Materie: | Appunti |
Categoria: | Diritto Pubblico |
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Data: | 17.02.2006 |
Numero di pagine: | 3 |
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I MEZZI DI COMUNICAZIONE (art. 21)
L’art. 21 della Costituzione garantisce la libertà di espressione attraverso qualsiasi mezzo, ma poi prevede una specifica regolamentazione soltanto per il mezzo di diffusione più tradizionale, cioè la stampa.
• STAMPA (comma 2)
Vieta ogni forma di controllo preventivo (autorizzazioni e censure) da parte dello Stato. Sia la censura sia l’autorizzazione sono controlli effettuati dallo Stato in via preventiva, cioè prima che la pubblicazione venga messa in circolazione.
Con questa norma la Costituzione ha stabilito che in Italia chiunque è libero di mettere in circolazione materiale stampato senza sottoporsi a controlli preventivi, come invece accade nei regimi autoritari.
Soltanto dopo la loro diffusione le pubblicazioni possono essere soggette a sequestro, ma solo su ordine del giudice (riserva di legge), ossia quando attraverso la pubblicazione sono stati commessi reati di opinione oppure quando la pubblicazione non indica le persone responsabili della medesima.
La maggior minaccia alla libertà di stampa viene dal fenomeno della concentrazione delle pubblicazioni ad alta diffusione. Il parlamento ha già cominciato ad occuparsi della questione con la legge 416/1981 che è stata più volte modificata.
Al fine di garantire il pluralismo delle testate essa ha stabilito che nessun gruppo editoriale o finanziario può assumere una posizione rilevante nell’ambito della stampa quotidiana, ossia possedere un numero di giornali quotidiani che superi il 30% della tiratura nazionale.
Ha istituito l’Autorità di garanzia per le comunicazioni, che ha il compito di vigilare che tali regole siano rispettate e di denunciare la loro violazione alla magistratura.
• CINEMA E TEATRO
La Costituzione non esclude che i film e gli spettacoli teatrali possano essere sottoposti a censura. In Italia la censura sul teatro è stata abolita nel 1962, mentre rimane quella sul cinema anche se soltanto con riferimento al “buon costume”
• RADIO E TELEVISIONE
Inizialmente il potere di effettuare trasmissioni radio-televisive venne riservato allo Stato che lo affidò in concessione alla Rai (impresa pubblica a partecipazione sociale).
Siccome tale regime di monopolio pubblico contrastava l’art. 21, la Corte Istituzionale si pronunciò diverse volte sulla questione.
- 1960: sostenne che il monopolio pubblico era costituzionalmente legittimo
- 1976: il monopolio statale era legittimo solo sul piano nazionale, mentre a livello locale dovevano essere ammesse emittenti private
Da un regime di proibizione si passò a uno completamente libero.
Si passò quindi a una situazione dominata da due grandi emittenti: una pubblica (Rai) e una privata (Mediaset).
La Corte Costituzionale ritenne che questo duopolio fosse in contrasto con il principio del pluralismo dell’informazione garantito dall’art. 21 e invitò il Parlamento a intervenire.
- 1990: il Parlamento vara una legge che regola il settore radiotelevisivo (legge Mammì), ammettendo la compresenza di soggetti pubblici e privati. Si trattava di più che altro di una ratificazione della situazione già esistente
- 1994: la Corte Costituzionale chiede al Parlamento di cambiare la legge, in modo da favorire un maggiore pluralismo dell’informazione.
- 2004: viene mantenuto il duopolio Rai-Mediaset, ma si rilancia il pluralismo attraverso la diffusione della Tv digitale terrestre.
Contro la concertazione dell’informazione, la legge si propone di impedire la formazione di posizioni dominanti nell’ambito dei mezzi di comunicazione di massa e quindi dispone che nessun soggetto possa conseguire ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi.
Sono inoltre stabiliti limiti per la messa in onda di spot pubblicitari.
(legge Gasparri)