Canto XI del Purgatorio

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Testo

Maura Zuccolotto 13 marzo 2001

TEMA

CANTO XI DEL PURGATORIO: IL DIALOGO TRA ODERISI E DANTE AFFRONTA IL TEMA DELLA GLORIA TERRENA. DANTE NE DELIMITA CON NETTEZZA IL SIGNIFICATO MA NE AVVERTE TUTTAVIA IL FASCINO E L’ATTRATTIVA. COMMENTA L’EPISODIO FACENDO RIFERIMENTO AI VERSI CHE IN MODO PIU’ INCISIVO TOCCANO QUESTA PROBLEMATICA.

In tutto il Purgatorio Dante si immedesima con i pellegrini e con il loro percorso di purificazione: nel canto XI l’autore si trova di fronte alle anime dei superbi, che avanzano lentamente portando dei macigni sulle spalle. Il contrappasso è evidente: come in vita ebbero lo sguardo diritto e altezzoso, così ora sono costretti a guardare tutto dal basso.
Il tema centrale del canto è evidente nel dialogo di Dante con Oderisi da Gubbio, miniatore del XIII secolo.
L’incontro si apre con il riconoscimento di Oderisi, “l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte ch’alluminar chiamata è in Parisi”.
L’anima evidenzia subito il suo stato di pentimento, rifiutando con umiltà le lodi del poeta, poiché in Terra c’è chi lo ha già superato, cioè il miniatore Franco Bolognese.
Oderisi dà quindi a Dante una lezione di umiltà, ma non si limita a raccontare la sua esperienza personale di peccatore, offuscato dall’orgoglio per la propria arte, e allarga la sua analisi alla vanità della gloria terrena in generale.
Nei vv.91/93 viene espresso il tema centrale del canto: “Oh vana gloria de l’umane posse!
Com’ poco verde in su la cima dura,
se non è giunta de l’etati grosse!”;
la metafora delle foglie verdi che durano poco sulla cima degli alberi esprime la pochezza della gloria terrena, a meno che non sopraggiungano età di decadenza, in cui le glorie passate rimangono insuperabili.
Oderisi esemplifica poi questa dura sentenza con dei nomi molto noti: a Cimabue è subentrato il suo discepolo Giotto; Guido Guinizzelli è stato superato da Guido Cavalcanti, e addirittura è
“forse nato
Chi l’uno e l’altro caccerà dal nido”.
E’ evidente che in questi versi Oderisi allude a Dante: quindi, dopo aver sentenziato la caducità della gloria terrena, il poeta fa un vero e proprio atto di superbia?
La contraddizione è forte, perché ci rendiamo conto che Dante è molto affascinato da quella stessa fama che pochi versi prima ha condannato.
Da un altro punto di vista possiamo invece vedere questi ultimi versi come la conferma delle precedenti parole di Oderisi: Dante è consapevole della propria grandezza artistica, ma anche del fatto che qualcun’altro potrebbe superare lui.
Oderisi prosegue poi il suo discorso sul “mondan rumore”, che viene paragonato a un soffio di vento che spira ora da una parte ora dall’altra; infine Oderisi considera la fama in rapporto all’eternità, per far capire la sua assoluta inconsistenza.
Possiamo notare che Dante vive un momento di sfiducia, poiché si è reso conto che quella gloria su cui basava la sua esistenza è del tutto priva di consistenza: la sua fede però lo conforta, poiché l’anima sarà nobilitata dal giudizio e dal perdono di Dio.

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