Parafrasi primi canti del Purgatorio di Dante

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Testo

Canto
aprile 1300
Purgatorio
personaggi
contrappasso
schema generale del Purgatorio
(i riassunti dei canti sono tratti dall'edizione Petrocchi)
Canto 1
domenica 10 aprile, verso le sette del mattino
spiaggia solitaria dell'isoletta sulla quale sorge la montagna del Purgatorio, opposta a Gerusalemme.
Dante, Virgilio, Catone
Virgilio spiega a Catone i motivi del viaggio di Dante; Virgilio lava con la rugiada il viso di Dante, poi, sulla riva deserta del mare, gli cinge i fianchi con un giunco, che rinasce miracolosamente là dove era stato strappato.
Comincia la seconda parte della Cantica, overo Comedia, chiamata Purgatorio, del chiarissimo poeta Dante Alighieri di Firenze. E di quella seconda parte comincia il canto primo. Nel quale l'autore, fatta la sua invocazione, discrive sotto qual parte del cielo sia la regione dove arrivò; e quindi, trovato Catone Uticense e il suo cammin dimostratogli, ne va alla marina, dove Virgilio, secondo il comandamento di Catone, gli lava il viso e cignelo d'un giunco.
Canto 2
domenica 10 aprile, dopo le sette antimeridiane
sulla spiaggia dell'Antipurgatorio, tra il mare e il monte del Purgatorio
Casella, Catone
I due poeti vedono la nave che porta le anime nel Purgatorio, sbarcandole sulla spiaggia; esse, ignare del luogo, chiedono a Dante e Virgilio informazioni e si accorgono che Dante è ancora vivo; fra esse c'è Casella, che Dante cerca inutilmente di abbracciare.
Comincia il canto secondoo del Purgatoro. Nel quale l'autore mostra come, essendo alla marina più spiriti arrivati e smontati in terra, tra essi riconobbe il Casella, ottimo cantatore, al canto del quale, mentre essi stavano tutti attenti, sopravenne Catone, dal quale ripresi, tutti verso il monte cominciarono a fuggire.
Canto 3
domenica 10 aprile; il sole all'orizzonte fiammeggia alle loro spalle
Antipurgatorio - balzo I, gruppo I
Manfredi
scomunicati: avanzano lentamente; devono attendere, prima di iniziare la purificazione, trenta volte il tempo che vissero in stato di scomunica.
Comincia il canto terzo del Purgatoro. Nel quale Virgilio mostra perché egli come Dante non faccia ombra. Appresso, al cominciar dell'erta, truovano il re Manfredi con più altri, della porta del purgatoro schiusi a tempo, percioché morirono scomunicati.
La struttura del purgatorio dantesco
La seconda Cantica della Commedia può essere considerata la conclusione del lungo processo di gestazione che ha portato all'dea di purgatorio: Dante ne dà la raffigurazione con toni potentemente ralistici, interpretando la transitorietà di questo mondo con la raffigurazione dei caratteri che ancora lo legano alla terra. La montagna purgatoriale simmetrica alla voragine infernale: la caduta di Lucifero ha causato il ritrarsi delle terre che sono sbucate nell'emisfero australe, generando il monte dell'espiazione che sorge circondato dal mare. Il purgatorio finirà con il giudizio universale, quando il mondo terreno, scomparendo, non genererà più peccatori. Ai nove cerchi in cui è diviso l'inferno, corrispondono le nove «zone purgatoriali»:
- l'antipurgatorio, dove sono relegati i negligenti che tardarono a pentirsi: sono i pigri, coloro che morirono di morte violenta, i principi troppo indaffarati;
- le sette cornici, dove sono puniti i sette vizi capitali di superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria in senso inverso da quello infernale, ossia dalla colpa più grave a quella più lieve
il paradiso terrestre, luogo dell'innocenza primitiva dove, bevendo alle acque dei fiumi Letè ed Eunoè, le anime dimenticano il peccato e acquistano la beatitudine.
- al vestibolo infernale, poi, corrisponde la spiaggia del purgatorio in cui stanno gli scomunicati che si pentirono in extremis. Qui approdano gli espianti, sotto la sorveglianza di Catone Uticense, simbolo del desiderio umano di libertà dal peccato.
Come i dannati sono divisi nelle tre categorie degli incontinenti, violenti e fraudolenti, così i peccati degli espianti sono originati da tre cause fondamentali:
- amore rivolto al male,
- amore troppo debole per Dio,
- amore troppo forte per i beni terreni.
Anche le cornici purgatoriali hanno i loro guardiani: gli angeli della virtù contrapposta al peccato, disposti al passo del perdono: ognuno di essi cancella una delle sette P, incise sulla fronte di Dante dall'angelo guardiano della porta del purgatorio. Come le anime entrano all'inferno dopo aver attraversato l'Acheronte, sulla barca del demone Caronte, così le anime giungono alla montagna del purgatorio, dalla foce del Tevere, su un vascello mosso dalle ali dell'angelo nocchiero.Gli espianti, a differenza dei dannati che restano fissati per l’eternità al luogo in cui devono pagare la loro colpa, percorrono tutte le cornici purgatoriali, fermandosi in ciascuna a seconda dell'intensità delle colpe. L'espiazione implica, oltre alla pena fisica che risponde alla legge del contrappasso, anche momenti di riflessione e di pentimento: perciò le anime sentono voci o vedono scene che ricordano episodi di virtù premiata o di colpa punita. L'ingresso in purgatorio è consentito solo dall'angelo guardiano che apre una pesante porta con due chiavi, secondo un rito che configura la confessione: tutto l'itinerario di Dante costellato di riti, preghiere, gesti di espiazione che sottolineano i momenti più importanti della liturgia cristiana e il procedimento spirituale che conduce alla coscienza di sé.
L'atmosfera purgatoriale e i personaggi
Dante, configurazione dell'umanità che espia le proprie colpe, svolge anche nella seconda Cantica il duplice ruolo di autore e personaggio. Virgilio, simbolo della ragione, lo guida sino al paradiso terrestre: poi lo affida a Beatrice (la fede) che scende per aiutarlo a sostenere il momento culminante dell'espiazione. Il viaggio dura in tutto tre giorni: dal mattino della domenica di Pasqua (10 aprile 1300) al mezzogiorno del mercoledì successivo (13 aprile 1300). Nell'ultima fase del percorso si affianca il poeta latino Stazio, che Dante immagina si sia convertito segretamente: egli configura il valore della poesia illuminata dalla fede. Meno scavati psicologicamente rispetto a quelli dell'Inferno, i personaggi del Purgatorio ripropongono tuttavia alcune caratteristiche importanti dell'uomo comune nella sua vita quotidiana, quali la solidarietà e l'amicizia, un tema che funge da leit-motiv nella Cantica: Casella, Belacqua, Nino Visconti, Forese Donati, Oderisi da Gubbio, Bonagiunta Orbicciani sono richiami alla giovinezza del poeta, a luoghi, interessi, passioni, scelte compiute negli anni prima dell'esilio. Non mancano, naturalmente, figure di sovrani, di pontefici, di grandi intellettual del passato che introducono un tema assai caro a Dante: la condizione politica del suo tempo. In particolare, nel Canto VI del Purgatorio, emerge quella dell'Italia. Frequenti, poi, sono le profezie e i richiami al bando subito da Dante, appropriati in un contesto che viene sentito come esilio dalla beatitudine. Un mondo che collega la terra al cielo viene rappresentato con paesaggi liricamente mediati da quelli su cui si svolgono le azioni degli uomini: la terra viene così recuperata nella sua spazialità e temporalità. Il sole segna la scansione delle ore, il cielo si colora delle albe e dei tramonti, le stelle rimandano alle virtù che consentono agli uomini di condurre una vita retta e raggiungere Dio. Prati bagnati di rugiada, valli fiorite, pietraie livide, stretti passaggi montani, selve misteriose, scale ripide, rocce inaccessibili ricreano ambienti diversi e variegati che sottolineano simbolicamente il carattere della pena: non mancano, comunque, elementi miracolosi come alberi capovolti, giunchi che ricrescono immediatamente, voci nell'aria, a restituire al purgatorio il carattere di misterioso regno oltremondano eccezionalmente concesso a Dante di visitare.
La "medietà" linguistica
La cifra stilistica del Purgatorio è una "medietà" che, senza implicare uniformità, accosta il linguaggio a quello d'uso quotidiano: in tal modo evidenzia la misura, il senso del limite, l'autocoscienza illuminata che sono fondamentali per un vero rinnovamento nelle anime espianti. Così, anche se non mancano spunti di registro comico o termini" forti" (assai pi frequenti nell'Inferno) come il «bordello» italiano del Canto VI o la «femmina balba» del Canto XIX o la «puttana sciolta» del XXXII, per lo più le espressioni propendono per una misura vagamente impregnata di elegia o di nostalgia. Solo in taluni punti di eccezionale solennità il registro elevato compare a sottolineare un'ardita metafora astronomica (Canto II) o a proporre quei "neologismi danteschi" che appariranno frequenti in Paradiso.
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
3 che lascia dietro a sé mar sì crudele;
La navicella del mio ingegno, per correre migliori acque, si eleva verso nuove frontiere, lasciando dietro di sé l'infernale mare crudele, dove onde malefiche s'intersecano burrascose;
e canterò di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
6 e di salire al ciel diventa degno.
e canterò di quel secondo regno, dove l'umano spirito si purifica e si predispone ad assorbire un migliore influsso energetico, che lo renda degno di accedere nei pianeti paradisiaci.
Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
9 e qui Calïopè alquanto surga,

seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
12 lo colpo tal, che disperar perdono.
E qui dove la foschia si sperde nella luce della Conoscenza, io che son dei vostri, divulgatore di Verità, vi prego, o sante Muse, di illuminare la mia mente, e prego Calliope che si levi in mio aiuto con quel suono di veritiera parola, di cui le misere Piche avvertirono dalla Giustizia Divina un colpo tale, che fece disperar loro di ottenere il Celeste Perdono.
Le Piche, nella Mitologia, furono le Pieridi, figlie del re tassalo Pierio, le quali, abili nel canto, osarono sfidare le Muse, ma furono vinte dalla dea Calliope che le trasformò in gazze dalla vice chioccia.
Questo è il commento letterale, ma ben altro offre al lettore attento il significato di queste parole.
Ma qui la morta poesì resurga v. 7
In questi versi si esprime l'opera nefanda delle religioni errate, che distorsero la "melodia" della Divina Verità, che le muse, ovvero "le Sante", nella loro vita terrena, portarono al mondo. Ed ecco il canto gracchiante delle "piche" le gazze, il canto della negazione, che condusse gli uomini a rinnegare, lungo i sentieri errati, la vera melodia del Verbo Divino: il "Divin Suono".
Non è da escludere che, nel concetto dantesco, possa intendersi come espiazione di tale peccato anche quello di rinascere in corpo di gazze.

Dolce color d'orïental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
15 del mezzo, puro infino al primo giro,
Il dolce color zaffiro del ciel d'oriente, che s'accoglieva nel sereno aspetto del nascente sole dell'Acquario, nel centro di quello spazio puro fino al primo giro, che segna il confine della letale atmosfera infernale,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta
18 che m'avea contristati li occhi e 'l petto.
cominciò a palesarsi gradito agli occhi miei, appena uscii dall'aria fosca che mi aveva contristato il corpo e l'anima.
Lo bel pianeto che d'amar conforta
faceva tutto rider l'orïente,
21 velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
Il sole, bel pianeta che invita all'Equilibrio d'Amore, faceva rifulgere l'Oriente della sua luce assorbita alla divina Sorgente della Vita e col suo splendore velava la costellazione dei Pesci che erano in sua scorta nell'armonico scibile stellare.
La vibrazione dell'Era dei Pesci cominciava a velarsi cedendo il posto ad una frequenza di maggiore intensità della nuova Era dell'Acquario.
I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
24 non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Io mi volsi a destra e posi attenzione a quest'altro polo, lungi dal negativo che avevo lasciato e vidi "quattro stelle" non viste mai fuor che alla gente antica.
e vidi quattro stelle non viste mai fuor ch'a la prima gente v. 2324
La gente antica le "vedeva" e riconosceva per quello che realmente sono: grandi piccole Divine navi dello spazio. Dall'astronavemadre che, per evitare di nuocere alle strutture energetiche terrestri di minore potenziale, resta "ancorata" nello spazio, usano spesso uscire i dischi volanti in numero di quattro.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrïonal vedovo sito,
27 poi che privato se' di mirar quelle!
Pareva che il cielo godesse della luce divina delle "quattro stelle", rivelanti l'amore che spinge i Fratelli del Cielo a manifestarsi ai fratelli della Terra.
O povero mondo terreno, lontano dalla Verità, incapace di riconoscere quelle "Luci Sante", che fanno testimonianza dell'amore immenso dei Fratelli del Cielo che vibra nel Creato.
Com'io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l 'altro polo,
30 là onde 'l Carro già era sparito,
Distolsi da loro lo sguardo, volgendomi all'altro polo, là dove il Carro era già sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
33 che più non dee a padre alcun figliuolo.
vidi accanto a me un vecchio giunto solo (senza mezzo di volo), egli appariva degno di tanta reverenza che di più non potrebbe averne per un padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
36 de' quai cadeva al petto doppia lista.
Aveva lunga barba e capelli brizzolati, che gli scendevano in due bande fino al petto.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan sì la sua faccia di lume,
39 ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.
I raggi dei "dischi volanti" (che, usciti dall'astronavemadre, lo avevano accompagnato fino ad una certa distanza da noi), illuminavano il suo viso, così che io lo vedevo come fosse stato illuminato dal sole.
«Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna?»,
42 diss'el, movendo quelle oneste piume.
«Chi siete voi che, in contrasto alla fiumana cieca di Conoscenza, siete fuggiti dalla prigione infernale?», (domandò il vecchio illuminato dalle quattro luci sante).
«Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
45 che sempre nera fa la valle inferna?
«Chi vi ha guidati, chi vi illumina la mente così tanto da farvi uscire dalla profonda notte che eternamente offusca la valle del pianto?
Son le leggi d'abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
48 che, dannati, venite a le mie grotte?»
Sono così disarmonizzate le Leggi espiative? o è mutato nel cielo, in un nuovo Consiglio, il processo della Divina Programmazione, fino al punto che voi dannati possiate giungere al riparo della mia dimensione?»
Lo duca mio allor mi diè di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
51 reverenti mi fé le gambe e 'l ciglio.
Il mio Duca allora si affrettò, con parole, con mani e con cenni, a farmi inginocchiare e chinare il capo in segno di reverenza.
Poscia rispuose lui: «Da me non venni:
donna scese del ciel, per li cui prieghi
54 de la mia compagnia costui sovvenni.
Poi gli rispose: «Non venni qui di mia iniziativa; fu una donna scesa dal Cielo che mi pregò di accompagnare costui e di guidarlo sul Cammino della Conoscenza.
Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi
di nostra condizion com'ell'è vera,
57 esser non puote il mio che a te si nieghi.
Ma dal momento che tu vuoi sapere più chiaramente la nostra condizione, non posso che ubbidire inchinandomi al tuo volere.
Questi non vide mai l'ultima sera;
ma per la sua follia le fu sì presso,
60 che molto poco tempo a volger era.
Questi non vice mai la sua ultima ora nell'annullamento del "Gran Rifiuto", per Celeste aiuto, anche se l'ultima sera, per la sua follia, gli fu molto vicina.
Sì com'io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non lì era altra via
63 che questa per la quale i' mi son messo.
Come già detto, fui mandato a lui, perché poco tempo aveva per salvarsi ed altra via non c'era oltre che questa.
Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
66 che purgan sé sotto la tua balìa.
Ho mostrato a lui i peccatori e le loro colpe ed ora intendo mostrargli le anime che espiano affidate al tuo potere.
Com'io l'ho tratto, saria lungo a dirti;
de l'alto scende virtù che m'aiuta
69 conducerlo a vederti e a udirti.
Sarebbe lungo dirti come l'ho condotto fino qui. La forza che mi guida a condurlo da te scende dal Cielo. Ho sintonizzato la sua umana lunghezza d'onda visiva e uditiva sulla tua dimensione affinché lui possa vederti e udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
72 come sa chi per lei vita rifiuta.
Ora ti piaccia gradir la sua venuta: libertà va cercando, che è sì cara a chi, consapevole della felicità di Lassù, la vita umana coscientemente rifiuta, accettando le pene espiative, che portano al felice ritorno.
Tu 'l sai, ché non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
75 la vesta ch'al gran dì sarà sì chiara.
Tu questo ben sai e pertanto non ti fu amara la morte in Utica, dove lasciasti il tuo corpo mortale, che allora rivestiva la tua anima, la quale nel Gran Giorno sarà più risplendente.
Non son li editti etterni per noi guasti,
ché questi vive, e Minòs me non lega;
78 ma son del cerchio ove son li occhi casti
Non son gli editti eterni per noi guasti, poiché costui è già risvegliato ed io non son legato ai regni inferiori, ma appartengo al "cerchio" dove sono gli occhi puri
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
81 per lo suo amore adunque a noi ti piega.
della tua Marzia, che con il suo aspetto, ancora ti prega, o santa Coscienza, di considerarla sempre nell'abbraccio del tuo cuore: il suo amore, dunque, a noi ti pieghi.
Il vecchio era Catone.
Lasciane andar per li tuoi sette regni;
grazie riporterò di te a lei,
84 se d'esser mentovato là giù degni».
Lasciaci proseguire per i sette regni, alle cui karmiche funzioni sei stato preposto ed io ringrazierò lei per ciò che tu farai per amor suo, se a te è gradito che nel mondo umano ancor ti si ricordi».
«Marzïa piacque tanto a li occhi miei
mentre ch'i' fu' di là», diss'elli allora,
87 «che quante grazie volse da me, fei.
«Marzia piacque tanto agli occhi miei, quando io fui sulla Terra», disse egli allora, «che tutto ciò che mi chiese, le accordai.
Or che di là dal mal fiume dimora,
più muover non mi può, per quella legge
90 che fatta fu quando me n'usci' fora.
Ma ora che oltre al mal fiume ella dimora, più non può muovermi per quella legge evolutiva che finì con la mia dipartita.
Ma se donna del ciel ti muove e regge,
come tu di', non c'è mestier lusinghe:
93 bastisi ben che per lei mi richegge.
Ma se una donna del cielo ti guida, come tu dici, non occorrono lusinghe, basta che tu in suo nome chieda il mio aiuto.
Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto e che li lavi 'l viso,
96 sì ch'ogne sucidume quindi stinghe;
Prosegui pure il tuo cammino, affinché costui venga cinto "d'un giunco schietto", da un alone di purezza e sia la sua mente ripulita dalle deleterie e sciocche credenze umane;
ché non si converria, l'occhio sorpriso
d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
99 ministro, ch'è di quei di paradiso.
poiché la vista intellettiva offuscata dall'ignoranza non potrebbe presentarsi al cospetto "ch'è di quei di paradiso", del Primo Ministro della Cosmica Dimensione.
non si converria, l'occhio sorpriso d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo ministro v. 9799
Da qui si può intuire quanto sia indispensabile il pervenire alla Conoscenza della Divina Verità per poter proseguire verso il Celeste Traguardo. Ed ecco il criterio di "separazione" dell'erba buona dalla gramigna, dell'Umanità spiritualmente sana da quella malata, che sta avendo luogo sulla Terra, era che per l'Umanità si approssima un certo profetizzato tempo. Colui che sarà pervaso dallo Spirito di Conoscenza avrà la forza necessaria per presentarsi al "primo ministro, ch'è di quei di paradiso". La Conoscenza darà la forza bastante, affinché il potere dell'energia, che viene per legge evolutiva rinnovata dall'esterno, non disintegri la molecola e la proteina della cellulauomo, ciò perché il suo proprio campo di forza si troverà ad un livello spirituale, dove questo aumento dell'energia potrà essere accumulata senza che la "cellula" e la proteina siano notevolmente disturbate da essa. La sopravvivenza è assicurata quindi a coloro che per evoluzione spirituale hanno raggiunto una struttura fisica e una frequenza psichica che si armonizzano col superiore campo di forza. Costoro diventano dei "portatori di Luce" per i loro simili, sotto forma di energia mentale e di luce intensificatrice. Vi è da dire, tra l'altro, che il potere dell'energia che viene dall'esterno produrrà un certo effetto nei campi mentali umani; ciò che è negativo diventerà ancor più negativo e ciò che è positivo acquisterà una maggiore sintonia, poiché il potere dell'aumento dell'energia agirà per mezzo dell'energia che è nell'uomo stesso.
Quando questa energia che è spirituale è in disordine con il mentale, si produce un "cortocircuito" ed allora certi "fusibili" saltano. Ecco che, già assistiamo ad una esasperazione della violenza e del male in generale, nonché ad un progressivo sfaldamento dei residui valori morali, etici, sociali, religiosi, spirituali, sui quali si struttura ancora la società umana. Quei pochi, in cui il campo di forza è in sintonia coi superiori valori del Campo di Forza Universale, dovranno faticare non poco per restare alieni alle sollecitazioni negative espresse dalla massa umana, presa nel possente vortice di un delirio distruttivo incontrollabile e inarrestabile. Ed ecco che, a tale proposito, nel seguente Canto II v. 79: si dirà: "che le bianche e le vermiglie guance... ...de la bella Aurora per troppa etate divenivan rance". Da questa necessità scaturisce la fraterna opera di aiuto degli Extraterrestri che, attraverso i messaggi di Amore e Saggezza, cercano di illuminare la mente dell'umanità incosciente, affinché essa possa raggiungere quella Forza Dimensionale che aiuta a proseguire verso il Regno di Dio.
Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l'onda,
102 porta di giunchi sovra 'l molle limo;
Questa isoletta che "ad imo ad imo", intorno all'estremo limite, lì dove è battuta dall'onda, porta dei giunchi sopra il molle limo;
null'altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote aver vita,
105 però ch'a le percosse non seconda.
e dove nessuna pianta che germogliasse in fronda o che indurisse in tronco, potrebbe aver vita, "non seconda" non è adatta alle percosse della coltivazione.
Questa isoletta... ...porta di giunchi sovra 'l molle limo v. 100102
Viene da chiedersi: quale materia compone l'isoletta che, pur non "secondando" alle percosse della piantagione e della coltivazione, porta, sull'estremo limite, del limo con dei giunchi sopra?
Il limo che nasce dal fango del letto del fiume o del torrente, come potrebbe trovarsi su di un'isoletta dove nessuna pianta o albero potrebbe avere vita? E dove, in seguito, troveremo l'erbetta e la rugiada?
Di fronte a simili descrizioni dall'apparenza irreale, nel groviglio delle solite supposizioni ed ipotesi, potremmo aggiungere quella che "l'isoletta" potrebbe essere un mezzo spaziale con proprietà subacquee, il quale, affiorando alla superficie del mare, avesse trasportato "ad imo ad imo", sull'estremo bordo, il limo e i giunchi raccolti dal fondo marino.
Solo accettando questa ipotesi, si potrebbe trovare spiegazione alla seguente raccomandazione di Catone.
Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mosterrà, che surge omai,
108 prendere il monte a più lieve salita».
Dopo non sia di qua (attraverso cioè un mezzo extraterrestre) il vostro ritorno nei superiori mondi felici; ma il sole della Nuova Era, che sorge per voi più luminoso, (in virtù delle cognizioni acquisite), per più lieve salita attraverso meritata evoluzione (vi mostrerà la via evolutiva, in corpo più spiritualizzato)».
Così sparì; e io sù mi levai
sanza parlare, e tutto mi ritrassi
111 al duca mio, e li occhi a lui drizzai.
Così dicendo, egli sparì ed io su nello spazio mi levai senza parlare, stringendomi al duca mio e, richiedendo protezione ed aiuto, a lui rivolsi gli occhi.
El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi:
volgianci in dietro, ché di qua dichina
114 questa pianura a' suoi termini bassi».
Virgilio m'incoraggiò dicendo: «Figliuolo, seguimi con fiducia: volgiamoci indietro, poiché questo Piano di Coscienza da qui declina verso gli infimi valori del male terreno».
L'alba vinceva l'ora mattutina
che fuggia innanzi, sì che di lontano
117 conobbi il tremolar de la marina.
L'alba vinceva l'ultima ora della notte, tanto splendeva per noi il cielo all'orizzonte, così che io, da sopra e da lontano, di una superiore dimensione, ravvisai "il tremolar de la marina", il luccichio tremolante e inconsistente del mare terreno nella sua pochezza.
Noi andavam per lo solingo piano
com'om che torna a la perduta strada,
120 che 'nfino ad essa li pare ire in vano.
Noi andavamo per il solitario Piano di Coscienza, come colui che torna sulla strada dimenticata e finché non ripercorre il cammino giusto, gli sembra di proseguire invano, con l'ansia e l'angoscia di chi si sente perduto.
Quando noi fummo là 've la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
123 dove, ad orezza, poco si dirada,
Quando noi fummo là dove la rugiada resiste maggiormente al calore del sole, in quella frescura dove, per grazia evolutiva, l'energia radiante consente minor pena anche ai vegetali,
ambo le mani in su l'erbetta sparte
soavemente 'l mio maestro pose:
126 ond'io, che fui accorto di sua arte,
il mio maestro distese le mani sull'erbetta, soavemente irrorandola della sua benefica energia: ed io compresi dal suo gesto la grande arte d'amare tutte le anime bisognevoli d'aiuto,
porsi ver' lui le guance lagrimose:
ivi mi fece tutto discoverto
129 quel color che l'inferno mi nascose.
commosso e riconoscente porsi verso di lui le guancie lacrimose: consapevole più che mai dell' "Universale Amore" che unisce Loro a noi in un'unica famiglia e al mio animo apparve perfetto l'Amore nel suo vero "colore", che l'aura fosca dell'inferno mi aveva nascosto.
Secondo i precedenti commenti, Virgilio e Dante, camminando l'uno dietro l'altro, giunsero in un punto di quella strana isoletta, dove nessuna pianta e nessun albero avrebbe potuto aver vita e dove, ancor più stranamente, invece, trovarono l'erbetta che aveva germogliato e che era coperta di brina.
È vero quindi che non si può respingere l'ipotesi che i due, dopo aver proseguito il viaggio sul mezzo spaziale galleggiante, approdarono sulla terraferma e vi trovarono, normalmente, l'erbetta e la rugiada.
Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
132 omo, che di tornar sia poscia esperto.
Venimmo poi sul lido deserto, che mai non vide uomo passar più volte e che, pertanto, sia divenuto esperto di tale strada evolutiva.
Ciò significa che un uomo, reso idoneo di quei superiori lidi, puirtroppo "deserti" poiché l'uomo ci giunge di rado, non potrebbe più ricadere nel peccato, per poi tornare a raggiungerli più volte e di tale passaggio divenire esperto.
Quivi mi cinse sì com'altrui piacque:
oh maraviglia! ché qual elli scelse
l'umile pianta, cotal si rinacque
136 subitamente là onde l'avelse.
Qui Virgilio mi soffuse di Divina Energia ("giunco schietto") come al Cielo piacque: oh meraviglia! allorché compresi il grande Amore extraterrestre, che attraverso il mio maestro aveva fatto si che io, quale umile piantina della Creazione, venissi aiutato, similmente alla tenera erbetta carezzata da lui e, così rigenerato, mi trovai nel mio piano dimensionale precedente dal quale Virgilio mi aveva divelto con grande amore.
2. la navicella: il paragone tra l'ingegno e la nave è frequente nella
letteratura.
7. la morta poesì: la poesia, che ha cantato il regno dei morti,
l'Inferno, elevi il suo tono (" resurga ").
8. vostro: l'assolta dedizione di Dante alla poesia è altrove da lui
stesso affermata, con commossi accenti (cfr. c. XXIX, 37 e Par. c.
XXV, 3).
9. Caliopè: è la musa della poesia epica, ovvero quella dalla bella
noce. L'accento sull'ultima è dovuto, come già visto nell'Inferno,
all'uso medioevale di rendere tronche tutte le parole straniere od
estranee alla declinazione latina (cfr. Inf. c. IV; 58 e n.).
10. seguitando: accompagnando.
11. le Piche: le nove figlie di Pierio, re della Tessaglia,
sfidarono al canto le Muse, ma furono vinte e
punite con la trasformazione in piche o gazze, uccelli dalla voce
stridula.
15. del mezzo: dell'aria (" mezzo " equivale a fluido) pura fino
all'orizzonte (" primo giro ").
19. Lo bel pianeto: la stella Venere brillava ad oriente, velando la
costellazione dei Pesci, che si trovava in congiunzione (" in sua
scorta ").
23. a l'altro polo: a quello antartico, o australe.
24. fuor ch'a la prima gente: tranne
che da Adamo e da Eva, che abitarono il Paradiso Terrestre,
situato in cima alla montagna del Purgatorio. Nelle quattro stelle i
commentatori hanno ravvisato le virtù cardinali: prudenza,
giustizia, fortezza, temperanza.
26. settentrional vedovo sito: l'emisfero settentrionale è privo ( "
vedovo " ) della vista di quelle stelle.
28. Com'io: come allontanai lo sguardo da quelle, volgendomi un
poco verso settentrione (" l'altro polo ") là donde la costellazione
dell'Orsa Maggiore (" il Carro ") era già tramontata, ecc.
32. in vista: all'aspetto.
37. Li raggi: la luce delle quattro stelle, dette " sante " perché
illuminano il cammino dell'anima purgante, così come " sante "
sono le Muse, invocate al v. 8, perché assistano guidate da
Calliope la rinascente poesia; quelle stesse Muse che saranno, poi,
più compiutamente, " sacrosante Vergini " (cfr. c. XXIX, 37).
40. cieco fiume: presumibilmente, il " ruscelletto " (cfr. Inf. c.
XXXIV, 130) che scende al centro della Terra e le cui rive i poeti
hanno percorso contro corrente ( " contro " ).
42. oneste piume: la dignitosa e grande barba.
47. o è mutato: o è stata sancita in cielo una nuova legge.
48. grotte: rocce (cfr. Inf. c. XXI, 110).
51. reverenti mi fé: mi indusse a piegare, per reverenza, il
ginocchio (" le gambe ") e il capo (" 'l ciglio ").
53. donna: Beatrice.
56. com'ell'è vera : quale essa è in verità.
57. il mio: che il mio volere si opponga ( " si nieghi " ) a te
58. l'ultima sera: la morte dell'anima.
60. a volger era: mancava, cioè sarebbe trascorso.
62. campare: scampare, salvare.
66. balìa : sorveglianza.
71. libertà: si tratta della libertà morale, di quell'assoluta libertà
dello spirito, il cui conseguimento, pur se comporti la morte, è
preferibile alla vita senza di essa (cfr. Mon. II, V, 15)
73. Tu: Virgilio si rivolge a Catone, il " veglio " posto da Dante á
guardia del Purgatorio. Marco Porcio Catone il giovane o l'Uticense
(95-46 a.C.) è quel fiero repubblicano
che, quando vide la libertà di Roma calpestata dalle legioni di
Cesare trionfante, non esitò a togliersi la vita in Utica. Sebbene
nemico di Cesare, che Dante considera il fondatore della
Monarchia Universale e dell'Impero, sebbene pagano, sebbene
suicida, Catone è assolto dal poeta, che gli assegna la " balìa " del
Purgatorio, come al più intransigente custode dell'integrità morale.
75. la vesta: il corpo, che nel giorno del giudizio apparirà cosi
luminoso, ricongiunto all'anima destinata al cielo.
78. del cerchio: il Limbo, ove si trova anche Marzia (cfr. Inf. c.
IV, 128), la casta moglie di Catone. E in nome di Marzia, Virgilio
prega il custode del Purgatorio di concedergli il permesso di
procedere.
82. sette regni: i sette gironi del Purgatorio.
84. degni: se ti degni di esser ricordato laggiù.
86. di là: sulla terra, nel mondo.
87. volse: volle; fei : feci.
88. mal fiume: l'Acheronte.
89. per quella legge: per la legge che fu fatta quando Cristo
discese al Limbo ed io ne uscii e in base alla quale non è più
possibile alcun rapporto tra gli spiriti dimoranti all'Inferno e gli
altri. Prima della venuta di Cristo, le anime scendevano o tra i
dannati o si fermavano nel Limbo, alcune per restarvi eternamente,
altre in attesa che il Salvatore le rendesse beate (cfr. Inf. c. IV, n.
62).
92. non c'è mestier lusinghe: non c'è bisogno che tu cerchi di
convincermi.
93. bastisi: sia sufficiente.
95. d'un giunco: il giunco liscio (" schietto ") rappresenta l'umiltà,
virtù necessaria al purgante.
97. l'occhio sorpriso: con l'occhio offuscato dal vapore infernale.
99. ch'è di quei: che appartiene alle schiere angeliche del Paradiso;
si riferisce all'angelo che si trova alla porta del Purgatorio (cfr. c.
IX, 78 e segg.).
100. ad imo ad imo: nella parte più bassa.
104. o indurasse: sviluppasse un fusto rigido e non flessibile.
105. non seconda: non si piega ai colpi dell'onda.
106. reddita: ritorno.
107. mosterrà: arcaico toscano per " mostrerà ".
108. a più lieve salita: dove l'ascesa è più agevole.
114. a' suoi termini bassi: alla spiaggia, che è in basso.
115. L'alba: il chiarore dell'alba scacciava le tenebre dell'ultima
ora notturna, che si dileguava, per cui da lontano scorsi il tremolio
del mare. E' l'ora del mattutino.
123. dove, ad orezza: dove spira una fresca brezza; perciò la
rugiada evapora lentamente (" poco si dirada ")
129. quel color: il naturale incarnato, già coperto dal fumo.
132. omo: fa pensare ad Ulisse (cfr. Inf. c. XXVI).
Antipurgatorio: sulla spiaggia dell'isola arrivo dell'angelo nocchiero sbarco di nuove anime che cantano il salmo In exitu Israel de Aegypto Casella nuova apparizione di Catone

Già era 'l sole a l'orizzonte giunto
lo cui merïdian cerchio coverchia
3 Ierusalèm col suo più alto punto;
Il sole che, nel contesto galattico, è un accumulatore e trasformatore dell'energialuce che struttura l'Universo, era giunto all'orizzonte di un più alto grado di Coscienza, il cui cerchio meridiano, emanante energia migliore, sovrasta Gerusalemme col suo più alto punto;
e la notte, che opposita a lui cerchia,
uscia di Gange fuor con le Bilance,
6 che le caggion di man quando soverchia;
e la notte che opposta al sole "cerchia" racchiude la mente nelle vibrazioni di un campo di forza negativo, usciva dalla parte del Gange fuori, con la costellazione delle Bilance, che pare che cada di mano alla stessa notte dell'involuzione quando questa eccede nel peso delle colpe;
uscia di Gange fuor con le Bilance v. 5
Come già affermato nell'Inferno, l'Equilibrio Cosmico sconvolto fa girare la terra paurosamente inclinata intorno al suo asse ed ogni giorno di più tale peso soverchia. Lo scienziato biocosmologo extraterrestre Hoara torna a comunicare alla Nasa ciò che a suo tempo già comunicò per mezzo del contattista degli Extraterrestri Eugenio Siragusa; cioè che l'asse magnetico del nostro pianeta oscilla paurosamente inclinato e che gli esperimenti nucleari sotterranei comportano una serie di anomalie abbastanza deleterie nell'anello magnetosferico e per conseguenza nella stabilità dell'asse su cui il geoide ruota. Hoara comunica tra l'altro: "Abbiamo registrato temporanee fughe, anche se lievi, nell’asse magnetico in direzione est sudest provocanti rapide espansioni verso sud sudovest della calotta polare." Hoara, dunque, parla di "fughe" in direzione EST e di "espansioni" a SUDOVEST dell'asse magnetico. Dante dice "uscia di Gange fuor con le Bilance". Si tratta di "uscite", di "fughe" verso la stessa direzione. In entrambi i messaggi troviamo lo stesso significato profetico ammonitore.

sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov'i' era, de la bella Aurora
9 per troppa etate divenivan rance.
tanto che le guance bianche e vermiglie della bella Aurora del Purgatorio, pur se esistenti in un livello superiore, "per troppa etate" cioè nell'avanzar del tempo del terrestre olocausto, rischiano di diventare anch'esse arrossate dall'infernale riverbero infuocato.
Ciò significa che in tanto imperversare diabolico, anche le anime migliori, giunte alle lievi pene purgatoriali, rischiano di retrocedere nell'involuzione.
Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
12 che va col cuore e col corpo dimora.
Noi eravamo ancora in quel doloroso mare di pianto, come gente che pensa al suo cammino futuro e col pensiero si stacca da quel luogo dolente, avanzando spiritualmente verso il Divino Amore, ma ancora dimorando col corpo nell'Inferno.
Come già affermato, Inferno e Purgatorio sono sparsi sulla Terra. In coloro che vivono sul Piano Purgatoriale si manifesta il Seme lasciato sulla Terra dal Genio Solare Cristo, seme che dà i suoi frutti, manifesti nella Progenie Solare, disseminata in ogni angolo del mondo, che ogni giorno del suo tempo si va distinguendo dalla moltitudine anonima con l'unico vessillo: " LIBERTÀ GIUSTIZIA FRATELLANZA". È questo un segno di riconoscimento degli "uomini nuovi", che incarnano le visrtù dello Spirito Solare e, per loro tramite, Egli si manifesta e apparecchia la strada al già programmato "mondo nuovo".
Ed ecco a tale proposito, la Voce dell'Araldo del Sole:
"O UOMO CHE NEL FINITO SEI RELEGATO, RINASCI! IL TEMPO È GIUNTO; UNA VITA NUOVA TI ATTENDE, POICHÉ ASCENDERE È IL TUO FINE. SOLO NASCENDO DI NUOVO NIENTE PER TE AVRÀ CONFINE E POTRAI VARCARE LE NUOVE METE CHE T'ATTENDONO LAGGIÙ OLTRE LO SPAZIO E IL TEMPO".
Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,
per li grossi vapor Marte rosseggia
15 giù nel ponente sovra 'l suol marino,
Come il pianeta Marte di primo mattino appare rosseggiante per i densi vapori sulla superficie marina,
cotal m'apparve, s'io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
18 che 'l muover suo nessun volar pareggia.
così m'apparve, quasi ancor lo vedessi, un lume venire veloce sul mare, tanto che neppure il volare potrebbe eguagliare il suo movimento.
Dal qual com'io un poco ebbi ritratto
l'occhio per domandar lo duca mio,
21 rividil più lucente e maggior fatto.
Come io ebbi da esso distolto lo sguardo, per domandare di ciò il duca mio, lo rividi più lucente e più grande.
Poi d'ogne lato ad esso m'appario
un non sapeva che bianco, e di sotto
24 a poco a poco un altro a lui uscio.
Poi da ogni lato mi apparve uno strano color bianco, che fluorescente pareva, mentre di sotto, a poco a poco ne venne fuori un altro.
Lo mio maestro ancor non facea motto,
mentre che i primi bianchi apparver ali;
27 allor che ben conobbe il galeotto,
Il mio maestro taceva e tacque fino a quando apparvero delle ali; quando egli ben conobbe quel nocchiero,
gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali.
Ecco l'angel di Dio: piega le mani;
30 omai vedrai di sì fatti officiali.
gridò: «Inginocchiati. Ecco l'angelo di Dio: piegati mani a terra, prostrati al suo cospetto; ora assisterai all'opera divina di sì fatti messaggeri.
Vedi che sdegna li argomenti umani,
sì che remo non vuol, né altro velo
33 che l'ali sue, tra liti sì lontani.
Vedi che sdegna gli argomenti umani, che a lui non occorre né remo, né vela ma solo le sue ali, per volare tra mondi lontani.
Vedi come l'ha dritte verso 'l cielo,
trattando l'aere con l'etterne penne,
36 che non si mutan come mortal pelo».
Vedi come le ha dritte verso il cielo (in tal modo egli attrae e trasforma l'energia solare in una forza motrice), trattando l'aria (nel movimento direzionale) con le eterne penne, che non si mutano come mortali coperture (ma possono essere fatte e disfatte come furono create)».
che non si mutan come mortal pelo v. 36
Le creature superiori possono cambiarsi il corpo come noi ci cambiamo il vestito, "manipolare" l'energia creativa irradiata dal Sole, essendo le forze cosmogoniche tutte a loro disposizione; così possono formare la materia, prelevando direttamente quelle determinate dosi di elementi creativi che il grembo materno assorbe per la vita del figlio. Ed ecco le opere scientifiche divine che noi chiamiamo "Miracoli". In tal modo Gesù operò il miracolo dei pani e dei pesci, ai quali Egli non immise l'energia animica, in quanto tali corpi furono esclusivamente creati per cibo. Fra i molteplici "miracoli" del genere, possiamo ricordare la creazione degli occhi nuovi di Santa Lucia.
Poi, come più e più verso noi venne
l'uccel divino, più chiaro appariva:
39 per che l'occhio da presso nol sostenne,
L'Essere Divino appariva sempre più splendente, quanto più a noi si avvicinava: tanto che io non sostenni più il suo fulgore,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
42 tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.
mi inchinai; ed egli si avvicinò alla riva con un vascello snello e leggero, così che scivolava al di sopra della superficie marina.
Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
45 e più di cento spirti entro sediero.
Il celestiale nocchiero si ergeva a poppa, splendente di luce, in modo tale che, soltanto descritto, renderebbe beato chiunque ne ascoltasse la descrizione; e molte anime conduceva nel suo vascello.
Come Caronte accompagnava gli Spiriti a rinascere nelle Sfere infernali, così l'angelo splendente aiutava questi a rinascere nelle migliori esperienze di vita purgatoriale.
'In exitu Isräel de Aegypto'
cantavan tutti insieme ad una voce
48 con quanto di quel salmo è poscia scripto.
'In exitu Israel de Aegypto' cantavano tutti assieme e continuavano il canto con le stesse parole del Salmo CXIII, che canta la liberazione d'Israele dalla schiavitù d'Egitto.
Analogamente, queste anime cantavano la loro liberazione dalla condizione paccaminosa, entrando nello stato di grazia. Esse uscivano alla luce dell'Amore e della Saggezza, che il Purgatorio consentiva loro.
Poi fece il segno lor di santa croce;
ond'ei si gittar tutti in su la piaggia;
51 ed el sen gì, come venne, veloce.
L'angelo le benedí col segno della Croce; tutte si gettarono sulla spiaggia del mondo terreno ed egli ripartì veloce.
La turba che rimase lì, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno
54 come colui che nove cose assaggia.
La turba che rimase, nel ricordo ormai spento del proprio passato, pareva ignara del luogo, guardando intorno come colui che vede cose nuove.
Tutte le anime tornate in Terra, per il completamento dei cicli di esperienze reincarnative, credono di essere venute quaggiù per la prima volta.
Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch'avea con le saette conte
57 di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,
Il sole saettava la luce dappertutto, ed aveva cacciata la costellazione del Capricorno dalla volta stellata,
quando la nova gente alzò la fronte
ver' noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,
60 mostratene la via di gire al monte».
quando i nuovi arrivati si rivolsero a noi, dicendo: «Se voi sapete, mostrateci la via per salire al Monte».
E Virgilio rispuose: «Voi credete
forse che siamo esperti d'esto loco;
63 ma noi siam peregrin come voi siete.
Virgilio rispose loro: «Credete forse che noi siamo esperti di questo luogo; ma noi siam come voi, viandanti sul Cammino della Vita.
Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
66 che lo salire omai ne parrà gioco».
Prima di voi venimmo, innanzi un poco per altra via, che fu disagevole tanto, che ormai il proseguire ci parrà un gioco».
L'anime, che si fuor di me accorte,
per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,
69 maravigliando diventaro smorte.
Le anime, accortesi che io respiravo in corpo di materia densa, per meraviglia divennero ancor più diafane.
E come a messagger che porta ulivo
tragge la gente per udir novelle,
72 e di calcar nessun si mostra schivo,
E come attorno al messaggero che reca l'ulivo annunziatore di pace, si accoglie la gente a far calca,
così al viso mio s'affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
75 quasi oblïando d'ire a farsi belle.
così il mio viso mosse la curiosità di tutte quelle anime, fortunate di trovarsi oltre l'Inferno sul cammino della Luce, ed a me fissarono i loro sguardi, quasi dimenticando di dover proseguire per purificarsi.
Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi con sì grande affetto,
78 che mosse me a far lo somigliante.
Io vidi una di loro avanzare per abbracciarmi con sì grande affetto, che spinse me a far lo stesso.
Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
81 e tante mi tornai con esse al petto.
O ombre dall'apparenza vana! per tre volte cinsi il suo corpo e per tre volte le mie braccia mi tornarono al petto.
La terrestre pesante materia di Dante attraversò quel corpo astrale esistente in una velocità vibratoria di molecole più spiritualizzate, più distanziate tra esse e per Dante impalpabili.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
84 e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Di meraviglia mi sbiancai in viso, tanto che la creatura guardandomi sorrise e si ritrasse, e anch'io indietreggiai.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
87 che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Dolcemente essa mi pregò di fermarmi; io riconobbi quell'anima e la pregai di parlarmi.
Rispuosemi: «Così com'io t'amai
nel mortal corpo, così t'amo sciolta:
90 però m'arresto; ma tu perché vai?»
Rispose: «Come ti amai nel mio corpo mortale, così ti amo ora libero dalla pesante materia dolente, destinata a morte; perciò mi arresto; ma tu perché vai per questa via?»
«Casella mio, per tornar altra volta
là dov'io son, fo io questo viaggio»,
93 diss'io; «ma a te com'è tanta ora tolta?»
«Casella, amico mio, faccio questo viaggio per poi ritornare dove son partito», dissi io; «ma a te come mai ti è stato tolto tanto tempo utile per venire qui ad emendarti?»
Ed elli a me: «Nessun m'è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
96 più volte m'ha negato esto passaggio;
Ed egli a me: «Non mi è stato fatto alcun oltraggio, ma l'angelo che prende quando e chi vuole, più volte mi ha negato questo passaggio;
ché di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
99 chi ha voluto intrar, con tutta pace.
il suo giusto volere proviene dalla Volontà Divina: in Verità da tre mesi egli ha accolto nel suo vascelo chi ha potuto entrarvi senza difficoltà.
Ond'io, ch'era ora a la marina vòlto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
102 benignamente fu' da lui ricolto.
Allorché io ero rivolto alla riva (del Celeste Traguardo), dove la dolce acqua del Tevere s'insala al contatto del mare (e il Seggio di Pietro s'insala al contatto della Roma ecclesiastica corrotta) l'angelo pietoso, per salvarmi da quegli errori, benignamente mi raccolse.
A quella foce ha elli or dritta l'ala,
però che sempre quivi si ricoglie
105 qual verso Acheronte non si cala».
A quella foce (della Pace del Divino Amore) ha egli ora diritta l'ala, poiché è sempre lí che si raccolgono le anime che non scendono nell'Acheronte».
E io: «Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l'amoroso canto
108 che mi solea quetar tutte mie doglie,
E io: «Se nuova legge non ti toglie la memoria e l'uso del canto d'amore che soleva acquietare tutti i miei affanni,
di ciò ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
111 venendo qui, è affannata tanto!»
ti piaccia di ciò consolare un po' l'anima mia, che, venendo qui col pesante involucro fisico, è affannata tanto!»
'Amor che ne la mente mi ragiona'
cominciò elli allor sì dolcemente,
114 che la dolcezza ancor dentro mi suona.
'L'Amor che nella mente mi ragiona' rispose egli dolcemente, che la dolcezza ancora risuona dentro di me.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan sì contenti,
117 come a nessun toccasse altro la mente.
Noi e tutta la gente che era lí eravamo così contenti, che pareva nessun altro pensiero ci toccasse la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
120 gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
Stavamo fissi ed attenti alle sue parole; quando il vecchio saggio, nello scrupoloso svolgimento della sua missione, incitando le anime gridò «Che è ciò spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
123 ch'esser non lascia a voi Dio manifesto».
quale negligenza, quale stare è questo? Correte al monte, alleggeritevi del duro scoglio del peccato che ancora vi riveste e che non vi lascia vedere la grazia della manifestazione Divina».
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
126 queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,
Come quando, durante la raccolta, i colombi radunati per il pasto, quieti, senza avanzare con l'usato incedere a petto in fuori,
se cosa appare ond'elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
129 perch'assaliti son da maggior cura;
e se qualcosa appare che faccia loro paura, subito lasciano l'esca perché assaliti da maggiore preoccupazione,
così vid'io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com'om che va, né sa dove riesca:
133 né la nostra partita fu men tosta.
così io vidi quella nuova schiera lasciare la dolce sosta e fuggire verso l'ascesa, come uomo che va senza conoscere la meta: la nostra partenza non fu meno rapida.
Tutte le anime si separarono per reincarnarsi in diverse direzioni come le scintille di uno stesso ceppo ardente, sospinto dal vento.
Antipurgatorio: sulla spiaggia dell'isola Dante e Virgilio riprendono il cammino paura di Dante di essere stato abbandonato da Virgilio Manfredi

Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
3 rivolti al monte ove ragion ne fruga,
Avvenne che (al rimprovero di Catone) le anime fuggirono improvvisamente, disperdendosi per la sconfinata prateria della vita, in direzione del monte, dove la giustizia fruga nei reconditi meandri della Coscienza,
i' mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare' io sanza lui corso?
6 chi m'avria tratto su per la montagna?
allora mi strinsi alla fida compagnia del mio maestro: e come sarei andato io senza di lui per il sentiero della salvezza? chi mi avrebbe condotto verso la vetta suprema?
El mi parea da sé stesso rimorso:
o dignitosa coscïenza e netta,
9 come t'è picciol fallo amaro morso!
Virgilio mi pareva per se stesso turbato: o Coscienza nobile e pura, come anche una piccola grinza può procurarti amaro rimorso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogn'atto dismaga,
12 la mente mia, che prima era ristretta,
Quando il maestro ebbe rallentato il passo, lasciando quella fretta che altera ogni atto, la mente mia che prima era concentrata al pensiero di quanto era accaduto,
lo 'ntento rallargò, sì come vaga,
e diedi 'l viso mio incontr'al poggio
15 che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.
rivolse l'attenzione ad altre cose, ed io alzai lo sguardo al monte, che più in alto nel cielo si espande.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m'era dinanzi a la figura,
18 ch'avëa in me de' suoi raggi l'appoggio.
Il sole, che dietro di noi fiammeggiava infuocato, disegnava l'appoggio dei suoi raggi, che si interrompevano sul mio corpo fisico, nell'ombra che si stagliava davanti a me.
Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand'io vidi
21 solo dinanzi a me la terra oscura;
Allora che io vidi soltanto la mia ombra riflessa mi volsi di lato per paura di essere stato abbandonato dal mio maestro;
e 'l mio conforto: «Perché pur diffidi?»,
a dir mi cominciò tutto rivolto;
24 «non credi tu me teco e ch'io ti guidi?
e Virgilio: «Perché diffidi di me?», e piantandosi davanti a me con tutta la sua persona, cominciò, a dire: «non credi che io sia sempre qui con te e che ti guidi?
Vespero è già colà dov'è sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra:
27 Napoli l'ha, e da Brandizio è tolto.
È ormai vespro, nel tempo che avanza verso l'alba della nuova era; è vespro nel mondo dove fu sepolto il mio corpo col quale anch'io facevo ombra. Il mio corpo è a Napoli e vi fu portato da Brindisi.
Com'è noto, Virgilio morì il 22 settembre del 19 a.C. a Brindisi e poi fu trasportato a Napoli.
Ora, se innanzi a me nulla s'aombra,
non ti maravigliar più che d'i cieli
30 che l'uno a l'altro raggio non ingombra.
Ora, se innanzi a me non scorgi ombra, non meravigliarti, poiché "d'i cieli" delle diverse dimensioni una forma di luce non urta l'altra, vibrante di energia diversa.
Tutto è luce, anche la materia è forma di luce condensata da velocità vibratoria, che rende le cellule compatte.
A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone
33 che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli.
La Perfezione Divina crea simili corpi pesanti di dolorosa materia densa, con la predisposizione a patire varie forme di tormento fisico, e, come fa non vuole che sia a noi svelato.
I tormenti serviranno a cancellare le colpe e a ristabilire nell'anima l'equilibrio perduto nel male operare.
L'Equilibrio non permette che all'uomo si svelino tutte le correlazioni provenienti da questi rapporti, poiché non vi sono parole ed espressioni comprensibili alla mente umana, non idonea a guardare oltre la dimensione racchiusa nello Spazio e nel Tempo.
Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
36 che tiene una sustanza in tre persone.
È stoltezza sperare che la limitata ragione umana possa facilmente percorrere l'infinita via (della Conoscenza e penetrare la Realtà Vitale della Mente Divina) che tiene una sostanza in tre persone (nella perfezione dei propri attributi, è distinta in tre persone: "Una e Trina").
Anche l'uomo è una Trinità formata da anima, corpo e Spirito. Nelle scritture sacre si legge che il corpo fisico e il corpo animico sono collegati allo Spirito, il quale può attarversare all'infinito la Barriera Celeste, ma resta il mistero primo ed ultimo del Suo operare.
State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
39 mestier non era parturir Maria;
Siate contente, umane genti, di conoscere la verità come è fornita e riferita, senza pretendere di poterla razionalizzare, misurare con il limitato metro del vostro intelletto, poiché se foste stati capaci di intendere tutto, "mestier non era parturir Maria" non avreste avuto bisogno di un Cristo redentore del peccato;
e disïar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
42 ch'etternalmente è dato lor per lutto:
e vedeste gli uomini desiderare la pace, senza speranza, e nella sconoscenza che il frutto del dolore, che eternamente è dato loro veder per lutto, "tai che sarebbe lor disio quetato" altro non è che la spinta che conduce verso il Traguardo di una nuova Luce:
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri»; e qui chinò la fronte,
45 e più non disse, e rimase turbato.
mi riferisco ad Aristotile e Platone e a molti altri»; e qui chinò la testa, più non disse e rimase turbato.
Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
48 che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Giungemmo intanto ai piedi del "monte" (lì dove la vetta maggiormente si eleva nella Conoscenza consentita alle anime del Purgatorio); ma vi trovammo la roccia così alta che ogni agilità delle gambe sarebbe stata cosa inutile (in contrasto alla ragione umana che s'illude di poter da sola proseguire sulla via che porta al "Monte").
La ragione umana disconosce la realtà della ineluttabile eterna Intelligenza Cosmica, che ha composto il veicolo fisico umano equipaggiandolo di tutti quegli elementi necessari per intraprendere nella legge limitata del tempo, il viaggio più o meno lungo e a mettere in moto gli ingranaggi intellettivi più o meno sviluppati, a seconda del numero delle vite già vissute; e pertanto "'ndarno vi sarien le gambe pronte".
Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
51 verso di quella, agevole e aperta.
Il più accessibile dirupo roccioso esistente tra Lerici, nel golfo di La Spezia, e Turbia, nella impervia riviera ligure è, in confronto, una scala agevole e aperta.
«Or chi sa da qual man la costa cala»,
disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
54 «sì che possa salir chi va sanz'ala?»
«Ora chissà da quale parte la costa s'abbassa», disse Virgilio fermandosi, «così che possa salire chi va sanza ali?»
E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
57 e io mirava suso intorno al sasso,
E mentre egli a capo chino esaminava il cammino, che avrebbe consentito l'ascesa di un così impervio dirupo, ed io guardavo sù intorno al sasso,
da man sinistra m'apparì una gente
d'anime, che movieno i piè ver' noi,
60 e non pareva, sì venïan lente.
dalla sinistra mi apparve una schiera di anime, le quali proseguivano verso di noi, ma tanto lentamente, che pareva non camminassero.
«Leva», diss'io, «maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
63 se tu da te medesmo aver nol puoi».
«Alza», dissi io, «gli occhi tuoi, Maestro: ecco di qua chi ci darà consiglio, se non riesci da solo a prendere una decisione».
Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: «Andiamo in là, ch'ei vegnon piano;
66 e tu ferma la spene, dolce figlio».
Egli allora guardò e con sereno aspetto mi rispose: «Andiamo loro incontro, che essi vengono piano (la insufficiente evoluzione non consente loro un passo più spedito sul camino evolutivo), e tu rinsalda la speranza, dolce figlio».
Ancora era quel popol di lontano,
i' dico dopo i nostri mille passi,
69 quanto un buon gittator trarria con mano,
Dopo aver noi fatto un migliaio di passi, la turba era ancora lontana, quanto un valente tiratore riuscirebbe a scagliare un sasso con la mano,
quando si strinser tutti ai duri massi
de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti
72 com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.
quando vedendoci si strinsero tutti ai duri massi dell'altra ripa e stettero fermi e stretti come stanno a guardare quelli pieni di dubbio (che si arrestano per paura di fronte alle divine rivelazioni e si stringono alle roccie delle ottuse errate interpretazioni, rallentando così il loro passo evolutivo).
«O ben finiti, o già spiriti eletti»,
Virgilio incominciò, «per quella pace
75 ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,
«Ben arrivati sul cammino della vita, o spiriti eletti», Virgilio incominciò, «per quella pace che, io credo, da voi tutti è attesa,
ditene dove la montagna giace,
sì che possibil sia l'andare in suso;
78 ché perder tempo a chi più sa più spiace».
diteci dove la "montagna" giace meno ripida, così che più facile sia per noi l'ascesa, poiché il procedere lentamente, a chi più conosce il Vero, più spiace».
Chi più conosce il vero sa cosa significa il perder tempo nelle esperienze di vita necessarie all'evoluzione. Come le cellule del corpo umano, le quali nel lento pulsare vanno predisponendosi a disordinate vibrazioni e vanno incontro a malattie, così anche le "celluleuomo", nel lento ritmo vitale, scivolano in vibrazioni negative, in un modo errato di pensare e di agire, nuocendo al prossimo e a se stessi.
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
81 timidette atterrando l'occhio e 'l muso;
Come le pecorelle escono dal recinto a una, a due, a tre e le altre stanno timidette, atterrando l'occhio e il muso;
e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
84 semplici e quete, e lo 'mperché non sanno;
e ciò che fa la prima fanno le altre, addossandosi ad essa se essa si arresta, semplici e quiete senza conoscerne il motivo;
sì vid'io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
87 pudica in faccia e ne l'andare onesta.
così io vidi muovere e venire i primi di quella schiera fortunata di trovarsi sul cammino purgatoriale, umile e dignitosa nell'aspetto e nel portamento.
Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
90 sì che l'ombra era da me a la grotta,
Appena i primi della schiera videro la luce del sole interrotta dal mio corpo denso, che proiettava la sua ombra dai miei piedi fino alla roccia,
restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venièno appresso,
93 non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto.
si fermarono e ritrassero un poco indietro e tutti gli altri che li seguivano, non sapendo perché, fecero lo stesso.
«Sanza vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
96 per che 'l lume del sole in terra è fesso.
«Senza vostra domanda io vi chiarisco che questo corpo che voi vedete è in dimensione umana ed è per questo che la sua materia densa e pesante interrompe la luce.
Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che da ciel vegna
99 cerchi di soverchiar questa parete».
Non vi meravigliate, ma credete che per Volontà Divina egli cerca di oltrepassare i confini della sua dimensione».
Così 'l maestro; e quella gente degna
«Tornate», disse, «intrate innanzi dunque»,
102 coi dossi de le man faccendo insegna.
Così disse il maestro e quelle anime degne «Tornate sui vostri passi», dissero, «e andate sempre avanti», facendo cenno coi dorsi delle mani.
E un di loro incominciò: «Chiunque
tu se', così andando, volgi 'l viso:
105 pon mente se di là mi vedesti unque».
E uno di loro, mi disse: «Chiunque tu sia, che vai oltre il tuo piano di luce (se è vero che il tuo cammino è voluto dal Cielo, ed i tuoi sensi pertanto sono in sintonia con la nostra frequenza energetica), volgi il viso: e poni mente se, di là della tua dimensione, vedessi il mio (di più lieve materia)».
Qui conviene ricordare che l'occhio umano percepisce nella gamma energetrica racchiusa fra 0,38 e 0,75 micron e che i valori energetici dell'uomo del pianeta Terra si manifestano attraverso l'energia esistente nel "Raggio di Luce Bianca" che, urtando contro i vari strati dell'atmosfera, produce una gamma di colori circoscritta, oltre la quale l'uomo terrestre non è sintonizzato.
Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
108 ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.
Io mi volsi verso di lui e lo fissai: era biondo, bello e di gentile aspetto, ma aveva un sopracciglio spaccato da un colpo.
Quand'io mi fui umilmente disdetto
d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»;
111 e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.
Quando io ebbi umilmente affermato di non averlo mai veduto, egli mi disse: «Or vedi»; e mi mostrò una piaga che aveva nella parte superiore del petto.
Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
114 ond'io ti priego che, quando tu riedi,
Poi (dopo che ebbe fugato ogni dubbio sulla mia persona) sorridendo mi disse: «Io son Manfredi, nipote di Costanza imperatrice; perciò ti prego che, quando ritorni nel tuo mondo,
vadi a mia bella figlia, genitrice
de l'onor di Cicilia e d'Aragona,
117 e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.
vada dalla mia bella figlia che generò l'onore di Sicilia e d'Aragona e dica il vero a lei (del mio stato di grazia e che la "scomunica", maledizione dei sacerdoti, che mi condannava alla disperazione eterna, nulla mi ha tolto della Misericordia del Divino Amore, e dille il Vero sulle Leggi Universali, tu che hai conosciuto), se pur altro si dice (nel mondo cieco, che ignora le grandi Verità).
Poscia ch'io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
120 piangendo, a quei che volontier perdona.
Dopo che io ebbi il corpo trafitto da due ferite mortali, che mi resero meritevole di grazia, mi affidai, piangendo, a Colui che volentieri perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
123 che prende ciò che si rivolge a lei.
I miei peccati furono orribili, ma la Bontà di Dio è infinita ed ha così gran braccia, che salva chiunque ad essa si affidi.
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
126 avesse in Dio ben letta questa faccia,
Se il cardinale, vescovo di Cosenza, che fu mandato alla mia caccia dal papa Clemente IV, avesse "in Dio ben letta questa faccia" conosciuto questo misericordioso aspetto della Suprema Bontà,
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
129 sotto la guardia de la grave mora.
le ossa del mio corpo sarebbero ancora sul ponte del fiume Calore, presso Benevento, seppellite sotto "la guardia de la grave mora" il cumulo di pietre (eretto dai soldati di Carlo d'Angiò, ognuno dei quali gettò un sasso sul mio corpo).
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
132 dov'e' le trasmutò a lume spento.
Ora le bagna la pioggia e le muove il vento fuori della mia terra di Napoli, quasi sulla riva del fiume Verde, dove "le trasmutò a lume spento" il vescovo le trasportò a ceri spenti.
Secondo il decreto ecclesiastico, che non permetteva agli scomunicati di venire seppelliti nella terra consacrata dei cimiteri e, quale altro oltraggio ad essi riservato, ordinava di trasportarli fuori da queste terre a ceri spenti e capovolti.
Il pastore di Cosenza, oltre a non avere in Dio ben letta la faccia dell'Amore, non aveva letta neanche quella della Saggezza; fu per questo che, nel suo malanimo, dette grande importanza a quella sostanza fittizia che è il corpo umano.
Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
135 mentre che la speranza ha fior del verde.
Per le scomuniche, maledizioni dei sacerdoti, non si perde l'eterno Amore Divino, così che l'anima non possa tornare a Dio nell'atteso Gran Giorno, mentre è questa la sola speranza che è "fior del verde" fiore della verdeggiante energia vitale della terrena esistenza.
Vero è che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta,
138 star li convien da questa ripa in fore,
Vero è invece che quel sacerdote che si sottrae alle regole "more in contumacia" di Santa Chiesa, così come concepita dal misericordioso Pensiero Divino, anche se alla fine si pente, gli conviene stare "da questa ripa in fore" al di fuori, cioè lontano, dalla Chiesa e dall'abito sacerdotale.
per ognun tempo ch'elli è stato, trenta,
in sua presunzïon, se tal decreto
141 più corto per buon prieghi non diventa.
per ogni vita vissuta, nella umana dimensione del tempo, con la sua presunzione (di potersi sostituire a Dio, vituperando, uccidendo e perseguitando in nome Suo), dovrà espiare, nel corso di lunghi cicli di reincarnazione questa pesante colpa, a meno che tale decreto non venga mitigato per intercessione di "buone preghiere" (provenienti da creature degne di tale missione).
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
revelando a la mia buona Costanza
come m'hai visto, e anco esto divieto;
145 ché qui per quei di là molto s'avanza».
Vedi, ormai, se puoi farmi lieto, rivelando alla mia buona Costanza lo stato di pace in cui mi hai visto, spiegandole anche che la scomunica e il suo divieto (quale maledizione dei sacerdoti), non ha attinenza alcuna con il Divino Amore (che Gesù ci portò, a prezzo del Suo Sacrificio sulla Croce)».

Esempio



  


  1. emanuela

    i primi nove canti del purgatorio