UN SOLO RE, UN SOLO IMPERO: FILIPPO II DI SPAGNA

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

UN SOLO UN RE, UN SOLO IMPERO: FILIPPO II DI SPAGNA
Si tratta di una brillante biografia, scritta con l’intento di raccontare la vita pubblica e privata di un personaggio tuttora ricordato come il monarca più potente della cristianità. Sovrano di un impero i cui confini attraversavano gli oceani ed accerchiavano il mondo, ricoprì un ruolo pubblico di notevole importanza per la storia mondiale. Furono molteplici infatti gli avvenimenti (dovuti al suo operato) che condizionarono il vissuto di interi popoli e nazioni: dalla guerra contro le province olandesi alla costruzione di quella Invencible Armada che contenderà agli inglesi il dominio sui mari.
Come il personaggio pubblico può dirsi parte della “grande” storia allo stesso modo l’immagine privata rappresenta ormai una leggenda. Fanatico fino all’inverosimile, provava assoluto piacere nell’assistere all’agonia degli eretici che riteneva suo dovere far bruciare pubblicamente. Amante dei giardini, del cibo, della musica e dell’arte era un vero esperto di Tiziano e amava il genio di Bosch. Trascorse metà della sua vita nell’esercizio della guerra e l’altra metà nella costruzione di quello straordinario ritiro monastico che è l’Escorial dove finì per rinchiudersi ed isolarsi.
I vari aspetti della vita di Filippo II vengono ampiamente descritti nei dodici capitoli che compongono questo libro, fondato su una base documentaria di grande importanza storica (tra le fonti:le carte di Altamura e la corrispondenza privata del sovrano).
Il racconto è introdotto da una breve prefazione in cui l’autore spiega i criteri di assoluta oggettività secondo cui si appresta a narrare le vicende della vita del re di Spagna. La biografia vera e propria è invece suddivisa in dodici sezioni in ognuna delle quali vengono analizzati comportamenti ed eventi che hanno caratterizzato la vita del Rey prudente.
Capitolo primo GLI ANNI DELLA FORMAZIONE
Il 10 Marzo del 1526 Carlo V, titolare del Sacro Romo Impero e sovrano della Spagna, del Messico, dei Paesi Bassi e di gran parte del territorio italiano sposò sua cugina, la principessa Isabella del Portagallo.
I coniugi trascorsero buona parte della vita matrimoniale nell’Alhambra, il bel palazzo di Granada, sede per tradizione dei re mori. Proprio in tale dimora fu concepito Filippo II che venne partorito il 21 Maggio del 1527 a Valladolid nell’edificio ancora oggi ricordato come “palazzo di Filippo II”. Nello stesso anno l’imperatore si trovava in guerra con la Francia e con molti dei principi indipendenti della penisola italiana mentre i turchi invadevano l’Ungheria, cacciando in esilio la sorella di Carlo e uccidendo il re, suo marito.
Tutti i figli di Carlo V nati dal matrimonio con Isabella furono allevati ed educati in Spagna e Filippo trascorse diversi anni della sua formazione lontano dal padre.
Fino al 1535 fu allevato insieme alla sorella Maria nella corte della madre. A quanto pare qui la vita si svolgeva in modo totalmente informale se si pensa che all’età di sette anni Filippo non sapeva ancora ne leggere ne scrivere. Il suo primo precettore fu l’intellettuale Juan Martìnez de Siliceo che purtroppo si rivelò inadeguato nel portare a termine il compito affidatogli. Così per attendere all’istruzione del principino furono designate altre persone di grande competenza: Cristobal Calvete de Estrella (insegnante di latino e greco), Honorato Juan (docente di matematica e architettura) ed infine Juan Ginès de Sepulveda (incaricato dell’insegnamento di storia e geografia).
La corte di Filippo II, divenuta numerosa intorno al 1540, fu posta dall’imperatore sotto il rigido controllo del “governatore” Don Juan de Zùniga. Costui soprintendeva all’educazione fisica e comportamentale del principe mentre i tre precettori si occupavano dello spirito (formazione morale, insegnamento letterario…).
Lo Zùniga adempì al suo incarico in modo eccellente; nel momento in cui Filippo fu designato a reggente in Spagna, sotto l’occhio vigile del governatore imparò ad agire con dignità e grazia, assunse poi un’aria autorevole che induceva chiunque si imbattesse in lui a trattarlo con rispetto. Lo Zùniga gli insegnò anche l’autocrotollo e la disciplina dei suoi atteggiamenti e così Filippo si abituò a celare i suoi sentimenti e a frenare le proprie emozioni.
L’educazione politica del principe cominciò per via epistolare. Carlo V infatti scrisse nel suo ultimo testamento quattro serie di istruzioni che sarebbero state utili al figlio ed erede, qualora la morte lo avesse colto all’improvviso.
Le istruzioni dell’ultima serie rappresentavano in modo particolare una sintesi dell’arte di governo e uno schema che un buon sovrano deve seguire nelle sue azioni. Tali ammonimenti avevano un duplice scopo: fissare regole precise di comportamento nelle funzioni di governo e dare consigli sui problemi che avrebbe con ogni verosimiglianza dovuto affrontare. Allo stesso modo diede precise direttive anche su faccende più intime (i rapporti con le sorelle, la relazione con la moglie…).
Inoltre Carlo predispose che il figlio, prima della propria dipartita, compiesse un grand tour attraverso l’Italia e la Germania fino ai Paesi Bassi perché si rendesse conto di quanto ampio fosse il suo futuro regno.
Tornato dai Paesi Bassi cominciò a partecipare più attivamente alla vita di governo anche se continuò a stare nell’ombra del padre. Filippo II cessò di essere un “allievo” e sfuggì alla tutela dell’imperatore solo nel settembre del ’58 quando Carlo V morì. Finalmente suo figlio aveva modo di governare come gli pareva la sua grande eredità.
Capitolo secondo IL MESTIERE DI SOVRANO
Sicuramente lo stile che caratterizzò il suo modo di governare era nettamente contrastante con quello di quel guerriero giramondo che era suo padre. Egli sosteneva che per ragioni di prestigio la cosa migliore da fare fosse governare il vasto impero e guidare i suoi eserciti rimanendo sempre in Castiglia.
Al centro del sistema di governo di Filippo II stava una struttura complessa formata da quattordici consigli. Quelli considerati più importanti e di cui Filippo si valse maggiormente furono il Consiglio di Castiglia, Consiglio delle Indie e l’Inquisizione. Ognuno di questi elaborava delle consultas, ovvero dei rapporti contenenti le varie raccomandazioni relative ad ogni questione esaminata durante le riunioni, che venivano poi sottoposte al re. Filippo II era assolutamente intransigente sul fatto che ogni decisione dovesse essere presa solo ed esclusivamente da lui; spesso tale insistenza gli procurò numerose critiche. Era difficile infatti portare a termine tutto quel lavoro senza alcun aiuto. Fu per questo motivo che decise di creare una seria di commissioni informali, le juntas, le quali dovevano discutere di decisioni e situazioni politiche particolari per poi consigliare il re. Era comunque difficoltoso mantenere una corrispondenza assidua con tutte le varie istituzioni, così per ridurre i suoi interventi almeno nelle questioni di minore importanza nominò Mateo Vazquez suo segretario personale. Costui fu incaricato di rispondere alle missive che non dovevano essere passate ad un consiglio e di coordinare le varie juntas informali.
Capitolo terzo GLI SVAGHI REALI
Nel corso della sua vita si dedicò spesso alla costruzione o alla ristrutturazione di numerosi edifici, puntando l’attenzione non solo agli spazi interni ed alle murature ma anche agli spazi esterni (amore per la natura), creando per i diversi palazzi splendidi giardini. Inviò infatti architetti e capi giardinieri a girare la Francia e altri paesi per acquisire idee sul modo di riassestare il patrimonio spagnolo e rendere le sue residenze private un mondo più appartato e lussureggiante.
Già dall’adolescenza aveva poi maturato un fervido interesse nei confronti della pittura. Apprezzava moltissimo quasi tutti gli artisti fiamminghi del Rinascimento e nel 1574 possedeva trentatre dipinti di Bosch. Amava Tiziano e molte furono le opere a lui commissionate.
Inoltre Filippo II era un grande collezionista, collezionava libri e quadri e possedeva più di cinquemila tra monete e medaglie. Moltissimi erano poi i gioielli e gli oggetti in oro da lui conservati.
Manifestò uguale interesse per le scienze e per la magia. L’unico settore dell’occultistica per il quale Filippo pare non abbia provato attrattiva è l’astrologia, amava al contrario smentire le superstizioni.
Ci fu tuttavia qualcosa che recò conforto a Filippo II più degli svaghi e degli ameni passatempi di cui si è fatto finora cenno: la religione. El Rey prudente si comportò infatti sempre da figlio fedele e devoto della Chiesa Cattolica e non si possono avere dubbi sulla sua religiosità profonda e sincera. Molto probabilmente fu proprio questa profonda rettitudine a renderlo tanto cauto nelle relazioni con gli altri paesi.
Capitolo quarto GLI ANNI DIFFICILI: 1559-1567
L’eredità lasciata da Carlo V a suo figlio era davvero immensa; Filippo infatti regnava su di un impero la cui estensione e potenza era veramente incomparabile. Insieme alla vastità del territorio Filippo però ereditò anche un impero sconnesso e disarmonico minato da numerosi problemi: da quelli di natura finanziaria a quelli di natura politica.
Si cercò invano di raddrizzare la bilancia tra entrate e spese, ma tali tentativi coincisero con una grave crisi dell’economia: i traffici commerciali erano stati rovinati dalla guerra e la siccità aveva messo in crisi l’agricoltura. In seguito la carestia accompagnata da una letale epidemia si diffuse in tutta Europa. Si creò così uno stato di tensione. Nonostante tutte queste difficoltà Filippo riuscì a radunare un esercito con il quale sconfisse i francesi stipulando la pace di Cateau-Cambresis.
I protestanti francesi furono nemici implacabili di Filippo e non perdettero occasione per dare aiuti ai nemici della Spagna (briganti della Catalogna, ai moriscos di Valenza e ai protestanti dei Paesi Bassi).
Proprio quando la minaccia turca si faceva più pressante nei Paesi Bassi si diffusero movimenti di rivolta protestanti e ribellioni fomentate dalla volontà di una maggiore indipendenza dal governo centrale. Le autorità olandesi intendevano raggiungere una maggiore indipendenza nella gestione della situazione religiosa locale e per conseguire tale obiettivo fu inviato in Spagna in conte di Egmont che avrebbe dovuto persuadere il re ad una politica più moderata verso gli eretici e ad accordare autorità maggiore al consiglio di stato. Preoccupato per la situazione turca il re non si proclamò subito totalmente contrario alle proposte dell’Egmont ma attese di aver liberato Malta prima di ripristinare la sua assoluta autorità nei Paesi Bassi escludendo ogni eventuale cambiamento.
A questo punto i nobili olandesi si ribellarono nuovamente obbligando Margherita di Parma (sorella di Filippo e reggente dei Paesi Bassi) ad accettare le loro proposte ma nel marzo del 1567 i soldati di Filippo sgominarono le armate ribelli.
Capitolo quinto LA VITA E LA MORTE DELLA FAMIGLIA REALE
Pur essendosi sposato quattro volte non pare che si sia trovato a suo agio con nessuna esponente del sesso femminile.
La prima moglie Maria di Portogallo, dopo le nozze visse ancora due anni; morì infatti nel 1545 dopo aver dato alla luce Don Carlos, primogenito di Filippo II. La seconda moglie Maria Tudor non concepì figlio alcuno forse a causa della lontananza che caratterizzò il loro rapporto. I rapporti del re con la terza e la quarta moglie furono sicuramente i migliori. Elisabetta di Valois ebbe due aborti prima di dare alla luce Isabella, la figlia a cui Filippo rivolse la maggior parte delle sue attenzioni. Il 6 Ottobre dell’anno seguente nacque un’altra figlia il cui nome fu Catalina Michaela. In seguito all’ennesimo aborto Elisabetta di Valois spirò il 3 Ottobre del 1568. Sebbene nel 1570 Filippo sposasse la nipote Anna D’Austria e il matrimonio con la quarta moglie durasse più a lungo di quelli precedenti, è evidente che Filippo si decise al quarto matrimonio solo in vista di un erede maschio dal momento che Don Carlos era morto nel 1568. Sembra infatti che il ragazzo avesse manifestato delle anormalità mentali e a cause di questa sua instabilità fosse stato rinchiuso sotto sorveglianza dal padre. La reclusione peggiorò ulteriormente la condizione del principe che si diede a scioperi della fame. Il 24 luglio Don Carlos si spense e Filippo ordinò un lutto generale di nove giorni.

Capitolo sesto GLI ANNI DELLA CROCIATA 1568-1572
Uno dei sogni più cari a Filippo II era quello di portare tutti i suoi dominii sotto il segno della Chiesa Cattolica. Egli era molto interessato alla evangelizzazione del Nuovo Mondo e alla diffusione della parola di Dio negli angoli oscuri del Paese sia in Spagna, sia in Italia, sia nei Paesi Bassi. A schiacciare l’eresia nei Paesi Bassi pensò l’armata del Duca d’Alba il quale ebbe modo di imporre provvedimenti nuovi miranti a preservare per qualche tempo la religione cattolica in quelle zone.
In Spagna Filippo II mediante il tribunale dell’inquisizione, a cui diede sempre il suo pieno appoggio, condannò intere comunità di moriscos e conversos. Per ben cinque volte presiedette personalmente agli autos da fè (atti di fede, ovvero sentenze rituali nei confronti di gruppi di eretici a cui spesso seguiva la condanna a morte). La campagna contro moriscos divenne poi ancora più accanita quando salì al potere il cardinale Diego de Espinosa il quale fece in modo che le restrizioni nei confronti di tali comunità fossero ancora più accentuate. Le persecuzioni nei confronti dei moriscos terminarono poi con deportazioni in massa di migliaia di persone dalla città di Granada.
Forse il settore principale in cui Filippo si sentì strumento prescelto da Dio fu quello della “sottomissione del Nuovo Mondo”. La crociata per convertire gli indigeni ignoranti del continente americano era andata crescendo di sempre maggiore intensità fin da quando si erano avuti i primi tentativi di evangelizzazione da parte di fra Martino da Valenza.
Grazie al fermo controllo amministrativo di Filippo II gran parte dell’America restò spagnola fino al XIX secolo e cattolica fino ai nostri giorni. Questo fu senza dubbio il più gran successo di Filippo II.
Nel corso di questi anni Filippo raggiunse anche un’altra importante vittoria; il 7 ottobre 1571 la flotta cristiana e quella ottomana si scontrarono nelle acque di Lepanto. La vittoria di Filippo fu schiacciante ma non risolutiva.
Capitolo settimo GLI ANNI INFELICI 1572-1579
Il più grande insuccesso di Filippo II fu non essere riuscito a domare la Rivolta Olandese. Una delle cause determinanti del successo riportato dai ribelli dei Paesi Bassi fu l’aiuto a loro prestato da parte di Inghilterra e Francia. Furono sferrati nei confronti della Spagna ben quattro attacchi simultanei.
Dopo le prime vittorie alquanto sorprendenti di Filippo II l’armata spagnola cominciò a vacillare a causa di problemi di natura finanziaria. I consiglieri del re ritenevano che ormai non ci fosse più nulla da fare in quanto era già difficile far quadrare i conti interni e sarebbe stato impossibile portare a termine la guerra.
Tale sconfitta si accompagnò a quella del Mediterraneo contro la flotta ottomana che attaccò l’impero di Filippo partendo dall’Italia meridionale. Mai la potenza turca era stata così imponente.
Dunque, Filippo II si era visto costretto a riconoscere il fallimento delle due imprese principali perseguite nel decennio precedente.
Capitolo ottavo UN ABBIETTO DELITTO?
Don Giovanni d’Austria, fratello del re, in seguito al successo conseguito nella battaglia di Lepanto divenne sempre più ambizioso e tale atteggiamento fu per Filippo motivo di grande preoccupazione tanto che assegnò ad Antonio Perez, suo segretario, il compito di sorvegliare le aspirazioni del fratello. Dopo aver riportato la quiete nei Paesi Bassi Don Giovanni insieme al segretario personale Escobedo cominciò a chiedere di essere richiamato in Spagna come guida politica o in alternativa propose che gli fosse concessa la conduzione di una spedizione in Inghilterra. Ciò che mise in seria difficoltà il Perez fu l’insistenza particolare dell’Escobedo che resosi conto del doppio gioco di Perez pensò bene di minacciarlo. Perez per paura che l’Escobedo lo avrebbe messo in cattiva luce agli occhi del re ritenne che fosse opportuno eliminarlo fisicamente. Il 31 marzo del 1578 venne pugnalato da un gruppo di sicari. La cosa più singolare nell’assassinio dell’Escobedo fu che niente fu fatto per individuarne il colpevole. Il motivo era semplice: l’Escobedo era stato assassinato per ordine del re.
La colpa del misfatto fu poi attribuita solo all’ex-segretario del re Antonio Perez.
Capitolo nono GLI ANNI DEL TRIONFO 1579-1588
Il periodo delle conquiste fu uno dei momenti più esaltanti della sua saggia politica. Infatti, quando si trovò di fronte al problema dell’annessione del Portogallo, diede inizio ad una “offensiva di pace”, come lui stesso la definì, per indurre i settori più influenti della popolazione portoghese ad una successione indolore. Anche nei momenti più critici fu sempre restio ad accettare l’idea che occorreva usare la forza per ottenere l’annessione e quando nell’Aprile del 1581 i portoghesi lo acclamarono solennemente come re, ancora una volta si convinse che la forza doveva essere ben dosata per ottenere dei buoni risultati. Ma un ben più grande avversario si profilava all’orizzonte oltre la Manica: l’Inghilterra. Un avversario terribile e minaccioso che riuscì a dimezzare l’Invecible Armada. Ma nonostante la disfatta il timore chela potenza spagnola incuteva durò a lungo anche nel seicento.
Capitolo decimo IL SOVRANO PIÙ POTENTE DI TUTTA LA CRISTIANITÀ
Negli anni ottanta del cinquecento la potenza di Filippo II toccò il culmine: il Portogallo era stato conquistato, la regione meridionale dei Paesi Bassi era stata recuperata e l’assoggettamento dell’America era stato completato. Il sovrano sui cui domini non sorge ne tramonta mai il sole era ormai invecchiato ma dai ritratti a noi giunti si coglie la sua sicurezza, la sua tranquillità d’animo e la sua risolutezza. Proprio in questo periodo egli sentì il bisogno di stare vicino alla famiglia ed in particolare alla giovane moglie Anna d’Austria che si occupò dell’educazione delle due figliastre Isabella e Catalina e che gli diede sette figli (di cui due nati morti) compreso il suo primogenito Filippo III nato il 4 dicembre del 1571. Amava intrattenersi con i suoi bambini assistendo agli spettacoli di nani, giocolieri e buffoni che ovunque egli andasse facevano parte del suo entourage. Altro svago che attualmente offriva la casa reale erano il gioco e le scommesse praticati soprattutto d’inverno.
Pur essendo tanto potente si comportò sempre con i suoi sudditi con estrema gentilezza ed educazione agendo come una persona assolutamente normale. Si dice infatti che Filippo II fosse molto più indisponente e formalista con i grandi che non con le persone più umili.
Capitolo undicesimo GLI ULTIMI ANNI 1589-1598
Nel corso di questi anni dovette affrontare numerosi problemi di natura finanziaria soprattutto in Castiglia dove nel tentativo di far quadrare i conti si scontrò più volte con le Cortes che non accettavano l’idea di introdurre delle nuove imposte. L’economia spagnola non era in grado di produrre in quantità sufficiente le munizioni, gli equipaggiamenti e tutto ciò che era richiesto dallo sforzo bellico. L’agricoltura era in forte crisi e l’abbassamento della produzione portò ad una diminuzione consistente della popolazione. Inoltre in diverse città della Castiglia si diffusero gravi epidemie di peste che concorsero a decimare la popolazione. Anche al di fuori della Spagna Filippo dovette far fronte a numerosi problemi, nel Nuovo Mondo per esempio la politica di espansione dovette essere abbandonata per la mancanza dei mezzi necessari ad attuarla.
Un’altra regione della Spagna fu colpita da gravi disordini: l’Aragona. Tre questioni provocarono una grave tensione in quella zona: la prima riguardava il tentativo della Corona di assumere il controllo della contea di Rimagorza, la seconda riguardava alcuni scontri che avevano interessato un gruppo di moriscos e una schiera di montanari cristiani appoggiati da una banda di briganti, la terza era rappresentata dal tentativo di Filippo II di apportare dei mutamenti nel governo dell’Aragona che a lui pareva sfuggirgli di mano. Fortunatamente ogni problema fu risolto da Filippo in maniera esemplare. A questo punto però la salute del sovrano si fece piuttosto preoccupante fino a che nella primavera del 1598 il fisico del re diede segni di non reggere più.
Filippo II morì lentamente e serenamente. Innumerevoli furono le orazioni funebri in cui furono esaltate le virtù di Filippo, ma si sentirono anche le voci di molti critici. Il re era passato dalla storia nel regno del mito e della leggenda.
Capitolo dodicesimo FILIPPO II: MITO E LEGGENDA
Da questo breve sommario in cui sono raccolti pensieri, giudizi, opinioni più o meno legittime sulla persona di Filippo II re di Spagna mi permetto di cogliere solamente una considerazione con la quale l’autore conclude il capitolo:…possiamo condannarlo, lodarlo o compassionarlo ma, grazie al fatto che ci sono pervenute le sue carte personali, ognuno di noi può penetrare nel suo mondo privato e capire chi egli fosse…
Ed io credo di averlo capito…
È sbagliato dare giudizi affrettati, bisogna documentarsi, leggere, riflettere attentamente prima di esprimersi in merito a persone che non si sono conosciute. Personalmente non intendo giustificare le sue azioni ma nemmeno condannarle; per quanto infatti non abbia condiviso alcuni suoi comportamenti adesso sono in grado comprenderne i motivi.

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