Tutankhamon

Materie:Appunti
Categoria:Storia

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Testo

La scoperta di Tutankhamon

Nel 1907, in Egitto, il destino fa incontrare due uomini molto diversi tra di loro - l’aristocratico Lord Carnarvon, amante delle antichità, e l’archeologo professionista Howard Carter - accomunati dalla stessa passione, l’egittologia, e da una scommessa: trovare la tomba di Tutankhamon. Ai due si aggiunge un terzo personaggio, il miliardario americano Theodore Davis, archeologo dilettante, con l’idea fissa di trovare un tesoro tutto d’oro. Ricevuta da Gaston Maspero, Direttore delle Antichità dell’Egitto, una licenza di scavo per la “Valle dei Re” - luogo ormai apparentemente privo di interesse, perché rovistato fin dai tempi di Belzoni - Carter e Carnarvon iniziano la ricerca.
Il rigore scientifico, con il quale Carter procede negli scavi, rende i suoi compagni spesso impazienti. Il primo a rinunciare è il deluso Davis nel 1914, dopo 7 anni di scavo. Lord Carnarvon rinnova la licenza fino al 1923, ma anche lui ha perso fiducia e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale torna in Inghilterra.
Carter insiste: è certo che tutte le tombe della XVIII Dinastia si trovino nella “Valle” e dunque anche il sepolcro di Tutankhamon, il faraone che aveva restaurato la fede al dio Amon, rinnegato invece da suo padre Akhenaton. Una stele trovata a Karnak, sulla quale si leggeva che Tutankhamon era salito al trono ed aveva eretto una statua d’oro al dio Amon quando il “paese era invaso dal male”, avvalorava le tesi di Carter sull’esistenza del faraone-fanciullo.
I lavori si concentrano intorno alla base della tomba di Ramsete VI. Carter suddivide metodicamente il terreno in tanti rettangoli, marcando con una X ogni scavo completato. Il 5 novembre del 1922 manca un’ultima X sulla mappa, quando dalla sabbia affiora un gradino.
Nel 1891, quando Howard Carter giunse al Cairo, aveva appena 17 anni. Disegnatore di talento, affiancò l’egittologo William Flinders Petrie dell’Egyptian Exploration Fund durante gli scavi di Tebe. Di abitudini spartane - viveva in tenda, mentre il suo futuro socio, Carnarvon, soggiornava in alberghi di lusso - Carter viveva per l’archeologia e, a 25 anni, venne nominato Sovrintendente dei Monumenti dell’Alto Egitto, cioè di Karnak, Luxor e della “Valle dei Re”.
Sostenuto dal mecenate e archeologo dilettante americano Theodore Davis, Carter scoprì la tomba di Thutmosis IV. Coinvolto in una rissa che ebbe pessime ripercussioni sulle autorità coloniali, Carter venne licenziato in tronco e sopravvisse vendendo acquarelli ai turisti del Winther Palace di Luxor, dove conobbe nel 1907 Lord Carnarvon. Da quel momento il suo pensiero si fissò su una sola cosa: trovare la tomba di Tutankhamon.
La scoperta del secolo avvenne, dopo anni di faticosa ricerca, il 5 novembre del 1922, a dispetto di quei grandi esperti che avevano setacciato la Valle e che dichiaravano che nessun lembo di terra era rimasto inesplorato.
Al Cairo Carter impiegò 9 anni per catalogare gli oggetti del corredo di Tutankhamon e procedette all’ispezione della mummia. Esausto e malato, Carter morì a 66 anni, dopo essersi ritirato a vita privata, desideroso di non partecipare al carosello dei mass media che si era scatenato intorno alla sua scoperta.
La segretezza che circondava la costruzione delle tombe appare evidente in una scritta sulle pareti della camera funeraria dell’architetto Ineni, all’epoca di Thutmosis I: “Da solo ho diretto i lavori della tomba segreta del re. Nessuno vide, nessuno venne a sapere nulla”. Eppure la tentazione di rubare i tesori dei faraoni era irresistibile già in tempi antichi: vi sono sepolcri visitati dai ladri appena dopo il funerale. I sacerdoti che proteggevano l’ultima dimora dei faraoni talvolta riuscivano a sventare il furto, risigillando l’ingresso della tomba, come nel caso di Tutankhamon.
In epoca moderna, tra tombaroli indigeni e stranieri, l’oro dei faraoni ha fatto la fortuna di molte famiglie e qualche volta l’oggetto ritrovato sul mercato clandestino ha guidato gli archeologi alla scoperta del sito, ormai spogliato. Un’altra forma di ladrocinio erano le razzie dei collezionisti senza scrupoli ed anche la rapacità con la quale le autorità coloniali esportavano oro, oggetti e papiri: al malcostume del “saccheggio autorizzato” posero fine per primi gli archeologi-ispettori Mariette e Maspero.
Rimuovendo la sabbia, i gradini diventano 16 e terminano davanti ad una porta dietro la quale si cela un corridoio ingombro di macerie che conduce ad una seconda porta. Invece di buttarsi a capofitto nello scavo, Carter telegrafa a Carnarvon: “Fatta finalmente scoperta straordinaria nella “Valle”. Grandiosa tomba con sigilli intatti. Ricoperta fino alla tua venuta. Congratulazioni.”
Per due settimane Carter resiste al desiderio di aprire la tomba, proteggendola con una guardia armata, perché una cosa era certa: il sepolcro era inviolato. Arrivato Carnarvon, Carter mantiene la consueta calma, libera il corridoio dai detriti, scopre sulla seconda porta il sigillo del faraone sognato, Tutankhamon, ma anche i sigilli dei sacerdoti: segno evidente che era stato sventato un tentativo di furto in tempi antichi.
Praticata un’apertura appena sufficiente per infilare la testa, Carter scorge una camera ed esclama: “Vedo cose meravigliose”. E’ l’anticamera della tomba colma di statue, arredi, oggetti e oro, oro dappertutto. Dovettero estrarre Carter da quella finestra delle meraviglie “come un turacciolo dalla bottiglia”.
Il quinto Lord Carnarvon era un giovane aristocratico, sportivo, collezionista d’arte, appassionato di cavalli, fanatico di automobili e soprattutto molto ricco. Dopo un grave incidente automobilistico, in seguito al quale riportò gravi lesioni anche alle vie respiratorie, decise - come era abitudine tra l’aristocrazia debilitata - di svernare nei paesi caldi e la sua scelta cadde sulla terra dei faraoni, a Luxor, dove si svegliò il suo interesse per l’archeologia.
Nonostante fosse privo di esperienza, ottenne nel 1907 una licenza di scavo per la “Valle dei Re” dall’allora Direttore alle Antichità dell’Egitto, Maspero, che però gli affiancò un giovane archeologo, Howard Carter.
La “Valle dei Re” sembrava esaurita per quanto riguardava gli scavi e così il sodalizio Carter-Carnarvon portò a scarsi, anche se importanti ritrovamenti: la tomba di Amenhotep I ed una stele che raccontava, in forma epica, la guerra di liberazione di Kamosis contro gli Hyksos, chiamata poi “Tavoletta di Carnarvon”.
Sfiduciato, Carnarvon se ne tornò per lunghi periodi in Inghilterra, limitandosi a finanziare le imprese di Carter. All’annuncio della scoperta della tomba di Tutankhamon, si precipitò in Egitto, dove giunse il 23 novembre del 1922. Carnarvon mancò anche all’appuntamento dell’apertura del sarcofago di Tutankhamon nel 1924: era morto in seguito ad una velenosa puntura di insetto.
Più modesta, più piccola, più stretta di tutte le altre tombe nella “Valle dei Re”, quella di Tutankhamon sembra un sepolcro di ripiego, giustificato forse dalla sua morte improvvisa e imprevista.

Gradini - Sedici gradini in discesa conducono ad una prima porta sigillata da cui parte un corridoio.

Corridoio - Il corridoio, lungo circa 7 mt., termina su una seconda porta sigillata.

Anticamera rettangolare - All’apertura della porta sigillata si entra nell’anticamera rettangolare, dotata di altre due porte sigillate.

Camera sepolcrale - La porta di destra dell’anticamera si apre nella camera sepolcrale, decorata con pitture parietali, in cui si trova il cofano d’oro del tesoro e la nicchia con il sarcofago del faraone.

Annesso 1 - La stanza annessa alla camera del sepolcro è riservata ad altri tesori.

Annesso 2 - La quarta porta sigillata separa l’anticamera da una stanza murata che contiene un’altra parte del tesoro.
Lentamente, oggetto per oggetto, Carter esamina il suo tesoro. Abbatte quindi il muro comunicante e si trova davanti ad un’altra camera, anch’essa piena di oggetti d’oro e di pietre preziose. Manca soltanto il sarcofago con la mummia, ma Carter non ha fretta. Stordito dal clamore internazionale che ha suscitato il ritrovamento del sepolcro di Tutankhamon e irritato per l’arrivo di migliaia di fotografi, turisti e autorità che si accalcano davanti alla tomba, Carter decide di interrompere la campagna di scavo nel febbraio del 1923. Ma l’afflusso di visitatori non si ferma: è iniziata l’era della “fiera delle meraviglie”, grazie alla comunicazione veloce dei reportage fotografici in tutto il mondo. Tutankhamon è diventato oggetto di culto dei mass media.
Invidia e litigi accompagnarono la scoperta della tomba di Tutankhamon fin dagli inizi, coinvolgendo lo stesso Carter, che dovette lottare per non vedersi strappare il diritto di ricerca sulla sua “creatura”, insidiato com’era da egittologi europei e americani. Inoltre venne messa in discussione la “proprietà” del tesoro: il Cairo reclamava l’interno “bottino”, basandosi su una clausola della licenza di scavo che assicurava all’Egitto ogni reperto ritrovato, qualora la tomba “non fosse visitata da ladri”. Ma i tentativi di furto c’erano stati, anche se falliti. Gli eredi di Carnarvon si fecero scudo di questa clausola e volevano portare il tesoro in Gran Bretagna, ma Carter, il vero artefice della scoperta, firmò un documento nel quale rinunciava definitivamente ad ogni pretesa sugli oggetti che rimanevano in Egitto, dove tutt’ora si trovano, al Museo del Cairo.
Quell’anno Carter lo passa a rilevare e trasportare i circa 700 oggetti dell’anticamera al Museo del Cairo e soltanto nell’autunno del 1923 si sente pronto a svelare l’ultimo segreto di Tutankhamon con l’apertura dei cassoni che contengono la sua mummia. Ci vollero tre mesi per smontare il catafalco, fino ad arrivare al primo dei tre sarcofagi sul quale è scritto: “Tutankhamon per sempre nelle regioni del silenzio”.
Il 12 febbraio 1924 vengono esaminati i tre sarcofagi dalla sagoma antropoide fino all’ultimo che racchiude la mummia di Tutankhamon in tutto il suo splendore, coperta da guaine d’oro sulla testa, sulle dita, sui polsi e sui piedi, con la maschera d’oro e i simboli del potere - il cobra e l’avvoltoio, il flagello e il bastone. Quando, con la massima cautela, la mummia viene sbendata dopo 3500 anni, si espande ancora il profumo degli unguenti. L’avventura della scoperta culmina in un trionfo.
Ritornato al Cairo, Carter dedica 9 anni alla catalogazione degli oltre 2000 oggetti rinvenuti nella tomba.
Corredo funerario
statuette del re
statuine funerarie
statuette di dei
carri
letti e divani
il trono di legno
poggiatesta
sedili, sgabelli e cassoni
vasi
tavole da gioco
strumenti musicali
modellini di imbarcazioni
archi, scudi, farestre, bastoni, fruste
scettri
indumenti vari
oggetti per scrittura

Oggetti della mummia
4 cassoni di legno
sarcofago di alabastro
sarcofago di legno
sarcofago d’oro massiccio
maschera e insegne del potere d’oro
diadema d’oro
pugnale d’oro
vasi canopi con baldacchino
scrigno dei vasi canopi
all’interno delle bende di Tutankhamon: 143 amuleti
L’esame medico-biologico della mummia di Tutankhamon ha rilevato che il faraone era alto circa 1.65 mt, di costituzione minuta e con il cranio molto allungato. Quasi certamente era figlio di Akhenaton e fratello di Smenkhara. La morte sopravvenne a 18 anni nel 1323 a.C.
Da una radiografia della mummia di Tutankhamon, eseguita dal professore di anatomia Harrison nel 1968, risulta che sullo zigomo sinistro c’è una brutta ferita, sulla cui origine non si sa nulla.
Sulla base della maschera funeraria e del cranio, un laboratorio di Dorchester in Inghilterra ha ricostruito il volto di Tutankhamon, che appare come quello di un giovane bellissimo, molto somigliante alle raffigurazioni che mostrano suo padre Akhenaton.
Poteva la scienza “violare il sonno eterno dei defunti” ? La questione si presentava suggestiva e trovò terreno fertile nelle romanzesche congetture della stampa sulla “maledizione di Tutankhamon”.
Le vittime della “vendetta del faraone”, tra morti e feriti, sarebbero state decine. Numerose persone che avevano partecipato all’apertura della tomba di Tutankhamon morirono di lì a poco - lo stesso Lord Carnarvon, il segretario di Carter, il radiologo della mummia, quattro ispettori delle Antichità egiziane ed altri - per ragioni diverse: collasso, punture di insetti, cancro o febbre comatosa.
A suffragare l’ipotesi che questi decessi improvvisi fossero da attribuirsi al potere magico del faraone, venne citata l’iscrizione di una tavoletta, scomparsa misteriosamente, che avrebbe recitato: “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone”. La storia venne gonfiata dalla stampa che ne costruì un caso: la “maledizione di Tutankhamon”.
Il mondo scientifico si ribellò a questa teoria delle disgrazie volute dal cielo, ricordando che tutte le persone coinvolte nella vicenda erano anziane o avevano avuto comunque problemi di salute. Ma le leggende sono dure a morire.
Nel quadro delle passioni orientalistiche, l’egittomania copre un settore vasto e multiforme - ora geniale ora kitsch - dove l’ispirazione all’arte decorativa dell’antico Egitto spazia dalla musica all’architettura, dall’arredamento ai gioielli, dal teatro al trucco. Le case borghesi si sono riempite dalla fine del ‘700 in poi di soprammobili a forma di obelischi, sfingi e piramidi. Tramontata la moda “Empire” dello stile “ritorno dall’Egitto” di memoria napoleonica, l’Art Nouveau si lancia con entusiasmo sulla scoperta della tomba di Tutankhamon per disegnare mobili, gioielli, costumi e bozzetti per balletti.
L’Egitto da sempre costituisce una fonte inesauribile di ispirazione: nel I sec. a.C. il romano Caio Cestio si fece costruire un monumento sepolcrale a forma di piramide; nel IV secolo d.C. la città di Roma possedeva numerose sculture e obelischi; nel ‘700 erano famosi i camini egizi disegnati dal Piranesi; Giuseppe Verdi, infine, si fece consigliare dall’egittologo Mariette per il libretto dell’Aida.
Il gusto per l’Egitto ha influenzato anche la letteratura, da quella colta di Thomas Mann (“Giuseppe e i fratelli” ambientato all’epoca di Akhenaton) al romanzo giallo di Agatha Christie (“Death comes as the End”, ambientato nell’antica Tebe). Il più recente, ma non certo ultimo degli “egittomani”, è il compositore Philip Glass che nel 1984 ha scritto un’opera di grande suggestione, “Akhnaten”.
Si può dire che la storia della scoperta dell’antico Egitto inziò con la spedizione militare di Napoleone nel 1798, alla quale parteciparono, oltre ai 38.000 soldati, anche 175 “scienziati civili”: astronomi, geometri, chimici, orientalisti, pittori e poeti. Personaggio di spicco divenne l’artista Dominique Vivant Denon, pupillo del pittore David, che girava il paese collezionando - in realtà razziando - opere d’arte e disegnando tutto ciò che non poteva portare via. Ma Denon rilevò con attenzione anche numerosi geroglifici, distinguendoli in tre epoche diverse. Sulla sua opera si basa la “Description de l’Egypte” di François Jomard, che ebbe una rinomanza straordinaria e aprì le porte dell’Oriente all’Occidente. La maggior parte delle opere raccolte dai Francesi rimase ad Alessandria e, quando la città capitolò agli Inglesi (1801), anche le sculture, i sarcofagi e la celebre “Stele di Rosetta” finirono nelle loro mani.
Jean-François Champollion (1790-1832), “enfant prodige”, già da adolescente conosceva almeno 8 lingue moderne e antiche, tra cui il copto che risulterà fondamentale per le sue future scoperte. Champollion sarà il geniale pioniere della decifrazione dei geroglifici: nel 1808 trovò la corrispondenza tra le tre lingue - il geroglifico, il demotico e il greco - incise sulla “Stele di Rosetta” (oggi al British Museum), che rivoluzionò la ricerca scientifica sulle antichità egizie.
All’inizio dell’‘800 l’Egitto sembrava il paese della “terra promessa” per esploratori, scienziati, artisti, avventurieri, collezionisti e archeologi: uno di questi è G.B. Belzoni (1778-1823), padovano, inventore, esploratore di successo al soldo degli Inglesi con pochi scrupoli quando si tratta di trafugare antichità. Belzoni esplorò per primo l’interno della piramide di Chefren e scoprì la città di Berenice e le tombe di Ramsete I e Sethi I nella “Valle dei Re”.
Serissimo scienziato, fondatore dell’egittologia moderna, Richard Lepsius (1810-1884) guidò la campagna archeologica in Egitto voluta dal Kaiser Federico Guglielmo IV e per questo chiamata anche “campagna di Prussia”. Dal 1843 in poi scoprì i resti di 30 piramidi, 130 tombe “mastaba” (tombe nobili sotterranee mai rinvenute fino ad allora), statue ed iscrizioni che presero la via del Museo di Berlino. Lepsius fu un curatore straordinario, al quale si deve il primo immenso e sistematico catalogo delle antichità egizie da lui scoperte.
Il francese Auguste Mariette (1821-1881), incaricato dal Louvre di recarsi in Egitto per acquistare papiri, restò nella terra dei faraoni per tutta la vita. A lui si deve la scoperta del “Serapion”, presso Sakkara - il viale delle 141 sfingi - e il ritrovamento di altri importanti siti, fondamentali per lo studio della vita degli antichi egizi. Mariette fondò il Museo Egizio a Bulak (spostato nel 1902 a il Cairo) e venne nominato Direttore delle Antichità Egizie. In qualità di Ispettore agli Scavi dettò le prime regole per la difesa del patrimonio egiziano contro le depredazioni e l’indiscriminata esportazione degli oggetti trovati durante gli scavi, destinati d’ora in poi esclusivamente al Museo del Cairo, ad eccezione di alcuni doni onorifici.
Studioso di antichità, matematico e chimico, l’inglese W.M. Flinders Petrie (1853-1926) si trasferì in Egitto nel 1880. Le sue campagne di scavo intorno alle piramidi rasentavano l’ossessione: preferì vivere in un sepolcro, già utilizzato come magazzino, pur di non allontanarsi dalla zona.
Con Flinder Petrie e con Gaston Maspero (1846-1916), finisce l’epoca dei “grandi vecchi” dell’archeologia egiziana.

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  1. Eva

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