Tema sulla prima guerra mondiale

Materie:Tema
Categoria:Storia
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Data:17.04.2007
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Testo

Katia Rossi
V Liceo

Tema: Alla luce delle proprie conoscenze, sulla base dei documenti in proprio possesso, si elabori un saggio breve sul tema “Interventisti e neutralisti in Italia alla vigilia dell’entrata in guerra”.

SVOLGIMENTO:

Tra la fine dell’ottocento e il primo novecento si erano accumulati attriti internazionali e tensioni sociali maturati in un clima culturale caratterizzato da pericolose ideologie e correnti irrazionalistiche. L’occasione del conflitto avvenne a seguito dell’attentato a Sarajevo, il 24 giugno 1914, all’arciduca Francesco Ferdinando e alla moglie, organizzato da studenti bosniaci. A tutto questo seguì da parte dell’Austria la dichiarazione di guerra alla Serbia il 28 luglio 1914. Scoppiata la guerra, il governo Salandra, il 2 agosto 1914, dichiarò ufficialmente la neutralità dell’Italia, giustificata dal carattere esclusivamente difensivo della Triplice.
Accantonate incerte trattative con gli Imperi centrali, Salandra, capo del governo e Sonnino ministro degli esteri, in accordo con il re, conclusero con la Triplice Intesa il patto di Londra (26 aprile 1915). In virtù dell’articolo cinque dello Statuto, la stipulazione delle alleanze, non era di competenza del Parlamento e così il patto fu tenuto segreto sia al Parlamento che agli altri membri del governo. L’Italia si impegnava ad entrare in guerra entro un mese e si assicurava in caso di vittoria: il Trentino, il Tirolo, Trieste, l’Istria, una parte della Dalmazia e le isole situate a nord e ad ovest di essa, le contee di Gorizia e di Gradisca ed eventuali compensi coloniali. Ma la ratifica del trattato incontrò dure opposizioni alla Camera, che appoggiò il neutralismo di Giolitti. Ben presto l’opinione pubblica italiana registrò due opposti schieramenti- interventista e neutralista- all’interno di ciascuno dei quali si evidenziavano opposte motivazioni.
Gli interventisti, che propugnavano la guerra a fianco dell'Intesa, furono gli irredentisti democratici tra cui il socialista Cesare Battisti, i socialriformisti di Bissolati, i radical-progressisti, i repubblicani e gli ex garibaldini. Essi vedevano l’intervento in guerra come una prosecuzione del Risorgimento, indispensabile per la liberazione non solo di Trento e Trieste, ma anche dei popoli slavi oppressi dall’Austria e per il trionfo della democrazia delle nazioni per un’Europa di popoli liberi. Questi ideali erano sostenuti da illustri intellettuali quali Gaetano Salvemini e Luigi Einaudi. I liberal-conservatori, tra cui Antonio Salandra e Sidney Sonnino, speravano in una vittoria che avrebbe rafforzato le istituzioni, sviluppato la grande industria e acquisito posizioni di forza nell’Adriatico. I nazionalisti appoggiavano la guerra spinti da posizioni diverse che andavano dalla difesa di particolari interessi alla speranza che la disciplina di guerra rafforzasse l’autoritarismo dello Stato bloccando l’ascesa socialista. I sindacalisti rivoluzionari, Arturo Labriola e Filippo Corridoni, erano convinti che dalla guerra potesse scaturire la rivoluzione proletaria. Tesi interventiste e rivoluzionarie furono sostenute anche da Benito Mussolini, che espulso dal PSI, fondò “Il popolo d’Italia”, un quotidiano che gli permise di lanciare i suoi anatemi contro la “vigliaccheria” dei pacifisti e del Parlamento, esortando i giovani a “fare la storia” attraverso la guerra. Nell’articolo del politico si può osservare come critichi i neutralisti definendoli una “coalizione di pacifisti”. Egli tenta di esortare i suoi simili a cercare di dominare gli avvenimenti e non solo subirli senza reagire. Per Mussolini la propaganda antiinterventista corrisponde alla esaltazione della vigliaccheria, forse molte forte sotto ogni punto di vista.
Schierati sul fronte opposto stavano i neutralisti, ad essi appartenevano i componenti del Partito Socialista italiano che erano per la maggior parte contadini e operai che vedevano la guerra come un tragedia. I cattolici sostenevano la neutralità sia in nome dei principi evangelici, sia per la solidarietà con la cattolicissima Austria.
Neutrali erano anche Giolitti e i giolittiani che prevedevano una guerra lunga e sanguinaria, mentre era diffusissima l’idea di una guerra “breve” e ritenevano di poter ottenere “molto” da Vienna in cambio della neutralità. Riferendosi al documento “Memorie della mia vita” Giolitti sosteneva che il fronte italiano presentava forti difficoltà e considerava che l’impero austro-ungarico, sia per le rivalità fra Austria ed Ungheria, sia perché minato dalla ribellione delle popolazioni oppresse, era destinato a dissolversi. Per questi motivi era convinto che una guerra molto duratura avrebbe richiesto elevatissimi sacrifici finanziari, soprattutto per il nostro paese, scarso di capitali e con imposte pesantissime. Era interesse per l’Italia mantenere la neutralità per mantenere l’equilibrio europeo e il consenso popolare.

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