Storia del sindacalismo in Italia

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Testo

Storia del sindacalismo in Italia

Dalla fine del Settecento la rivoluzione industriale cambiò l’intera vita sociale nei vari paesi.
In Italia le proprietà agrarie dominavano nel Sud, mentre nel Nord si creò un principio di industria e circolazione dei capitali, ma sicuramente più in ritardo rispetto agli altri paesi europei.
Quando in Inghilterra nascevano le Trade Unions, in Italia non erano ancora ammesse le libertà di riunione e di associazione.
Dopo l’unificazione, in Italia si posero due gravosi problemi: la situazione del bilancio statale e i rapporti tra Nord e Sud.
Le casse statali erano vuote mentre l’Italia era un unico Stato solo dal punto di vista politico, poiché tradizioni, lingue e culture erano diverse per ogni regione.
La situazione era quindi molto precaria sia da un punto di vista economico sia da quello sociale e molte persone si trasferirono all’estero.
Per far fronte ai problemi, nacquero le prime aggregazione di lavoratori, le Società di Mutuo Soccorso, costituite da operai e da contadini che si impegnavano ad assistere gli iscritti in caso di malattia, infortunio, vecchiaia, licenziamento.
Nelle fabbriche le condizioni di lavoro erano insostenibili.
I regolamenti di fabbrica erano stati definiti addirittura “barbari” dalla stampa cattolica, ma almeno riconoscevano il diritto al salario.
Si trattava di un diritto ancora molto sanzionato, multe per ritardi, per lavori non perfettamente eseguiti, valorizzazione del “migliore”, ma penalizzazione per donne e fanciulli (a parità di lavoro il salario di una donna era comunque più basso di quello di un uomo).
Gli scioperi che rivendicavano orari di lavoro meno pesanti e salari dignitosi vennero repressi dalla forza pubblica.
Nel 1894 il numero di società di mutuo soccorso arrivò a 6722.
Nel 1853 si svolse il primo Congresso Operaio.
Questi incontri segnarono, anno per anno, il cammino di organizzazioni che, faticosamente, conquistavano il diritto di esistere e aiutavano a maturare la classe operaia che era oramai convinta della possibilità di autoemancipazione.
Nel 1891 nacque la prima Camera del Lavoro a Milano.
Le organizzazioni territoriali in Italia acquistarono velocemente importanza, diversamente da altri paesi europei dove la caratteristica unificante era il mestiere.
Gli scopi di queste associazioni erano discutere e trattare le questioni salariali e di orario con i capitalisti, diventare soggetti riconosciuti come entità rappresentativa di una classe nella società, e impegnarsi per una migliore formazione professionale al fine di aumentare il livello e l’importanza del lavoro svolto.
La legislazione vigente era, però, in pesante contrasto con le rivendicazioni di una vita dignitosa in tutti gli ambienti.
La Costituzione del Regno prevedeva il diritto di riunione, ma non di associazione.
Il codice penale proibiva lo sciopero salvo che la presenza di una “ragionevole causa”.
Il codice penale Zanardelli del 1889 avrebbe riconosciuto il diritto di sciopero se esercitato senza “violenza o minaccia”.
Purtroppo per minaccia spesso la magistratura intendeva anche solo l’assembramento di più persone rendendo legittimo quindi l’intervento delle forze pubbliche.
Il 1898 fu un anno di tumulti per Milano: l’insurrezione della popolazione affamata venne repressa nel sangue dalle forze “dell’ordine”.
Verso la fine dell’ottocento era ormai chiaro che la lotta di classe non era eludibile o palliabile con i sistemi di controllo messi in atto sino ad allora dai ceti dirigenti.
Le misure repressive peraltro aumentarono la rabbia e lo strazio delle masse lavoratrici e le spinsero a emigrare o a ribellarsi.
Le leggi sociali approvate alla fine dell’800 furono l’istituzione dei probiviri nell’industria e l’obbligo di assicurazione per infortuni sul lavoro, facoltativa per invalidità e vecchiaia.
Tra il 1900 e il 1903 si verificò un significativo aumento degli scioperi e della loro durata, e degli scioperanti.
Il significato di questo aumento di scioperi fu la formazione di una classe cosciente del suo importante ruolo nella società (in Inghilterra era stata riconosciuta la funzione costruttiva della classe lavoratrice).
Questa nuova classe lavoratrice cosciente, adottò valori diversi da quelli della classe padronale e scelse una formazione scolastica tecnica per poter salire nella scala del lavoro.
Le Camere del Lavoro furono conquistate dal socialismo rivoluzionario: il partito socialista per anni continuerà a dividersi tra riformisti e massimalisti.
I massimalisti difendevano lo sciopero e la lotta ad oltranza seguendo la teoria di Sorel che indicava due momenti della lotta: organizzare il proletariato e quindi organizzare la rivoluzione.
Se si rinuncia a lottare in favore di un compromesso con la classe padronale, l’ideologia e il credo di Marx non possono essere realizzati.
Nacquero le Leghe, i cui iscritti aderivano al socialismo massimalista (o rivoluzionario).
I riformisti, invece, pensavano che lo sciopero si dovesse fermare nel momento in cui si sarebbe potuto ottenere un compromesso con i capitalisti.
Tra il 1900 e il 1905 si ebbe uno sviluppo delle Camere del Lavoro a cui corrispose il rafforzamento dell’associazionismo di categoria.
La Federazione delle Società di mutuo Soccorso, la Federazione delle Camere del Lavoro e la Lega delle Cooperative crearono l’Alleanza del Lavoro con il solo scopo di coordinarne l’azione.
Nel 1906 nacque la Confederazione Generale del Lavoro (CGL che diventerà CGIL) il cui scopo era raccogliere tutte le forze operaie.
In questi anni prevalse la politica riformista per cui il nuovo “organismo centrale” avrebbe guidato una “politica di classe” allo scopo di “arrivare all’intero conseguimento del programma di rivendicazioni” per “elevare gradualmente le condizioni materiali e morali del proletariato” (citazioni dal documento costitutivo e programmatico della CGL).
Si incaricò la CGL di scegliere i metodi e i tempi di attuazione di questo programma per assicurare una certa continuità nelle azioni di rivendicazione.
La funzione delle varie federazioni, invece, era quella di tutelare gli interessi delle singole categorie.
La CGL si proponeva di risolvere i conflitti fra le varie strutture del sindacato, impostare la politica del sindacato, garantire con la cassa centrale l’autonomia finanziaria e trasformare le richieste immediate dei lavoratori in una protesta politica.
La sua attività sindacale era quella di contrastare l’imprenditore quando opponeva resistenza, ma saper contrattare con la classe capitalista quando vi era la possibilità.
Nacquero in questo periodo le Commissioni interne aziendali riconosciute ufficialmente nel 1906.
La funzione di queste Commissioni era quella di negoziare con il proprietario della fabbrica per le eventuali controversie aziendali.
Nel 1907 la crisi economica perdurante portò a moltissimi scioperi.
In questo momento Camere del Lavoro e Confederazione scelsero la linea di azione meno conflittuale: la contrattazione in luogo di un atteggiamento più rivoluzionario.
Nel 1908 i sindacalisti massimalisti furono espulsi dal Psi e ostacolati nella CGL.
La prima lacerazione nel movimento a difesa dei lavoratori si ebbe quando i sindacalisti rivoluzionari e gli anarchici uscirono dal sindacato.
Nel frattempo i cattolici si erano avvicinati al mondo dei lavoratori, era stato abrogato il divieto di voto per i cattolici ad opera del Papa, lo Stato liberale aveva introdotto l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
Papa Leone XIII emanò la Rerum Novarum, enciclica con cui la Chiesa affermò la propria posizione sociale e la propria teoria per risolvere la questione sociale.
Nell’enciclica fu affermato il principio della collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro nel rispetto dei diritti di entrambi.
La Chiesa condannò l’avidità dei capitalisti e lo sfruttamento degli operai, ma anche la lotta di classe e l’egualitarismo socialista.
Nell’enciclica, infatti, si ritenne che la proprietà privata dovesse esistere, ma che si dovesse arrivare a una maggiore giustizia sociale attraverso la collaborazione tra le classi.
Nel 1908 nacque l’Unione Cattolica delle istituzioni economiche e sociali che iniziò a intervenire nella vita dei lavoratori in modo più attivo.
Nacquero le Leghe Bianche che operarono soprattutto in Lombardia e nel Veneto.
Don Luigi Sturzo ne fu uno dei maggiori esponenti, con il suo Partito Popolare.
Alla fine dell’800 nacquero i primi organismi di tutela degli interessi padronali in forma sindacale per ottenere dal governo provvedimenti in proprio favore.
Nel 1906 nacque il primo organismo in contrapposizione al sindacato dei lavoratori, la Lega Industriale di Torino.
Nel 1910 venne creata la Confederazione Generale dell’Industria a cui erano iscritte 2000 aziende.
Gli scopi della Confederazione erano quelli di promuovere un unione con le associazioni padronali esistenti, fondarne di nuove per tutelare con ogni mezzo gli interessi degli industriali e instaurare “buoni rapporti” con gli operai.
Le associazioni si impegnarono a informare i proprietari delle fabbriche su scioperi, serrate e boicottaggi che riguardavano i loro soci, per applicare il divieto di assunzione degli operai scioperanti o responsabili di boicottaggi.
Nel 1912 nacque un’associazione contro il riformismo, l’Unione Sindacale Italiana (USI) che rivendicava un piano di azione in cui i lavoratori potessero continuare la lotta diretta.
Molti aderirono perché delusi dalle contrattazioni dei riformisti che non sembravano dare risultati.
Quando scoppiò la Guerra nel 1914, la Confederazione si dichiarò contraria all’intervento italiano.
La FIOM (Federazione Italiana Operai Metalmeccanici) assunse una posizione molto delicata poiché i lavoratori metalmeccanici erano i più impegnati nella “produzione di guerra”.
Le commesse dello Stato mobilitarono l’attività industriale e quindi vennero sospesi gli scioperi, aumentarono le assunzioni da parte degli imprenditori e i sindacati decisero di “collaborare” con l’industria bellica e con il governo scatenando i dissensi di una grande parte degli iscritti che avrebbe voluto una presa di posizione più decisa nei confronti della guerra.
Al termine del conflitto la povertà e i drammi sociali si inasprirono e le rivendicazioni aumentarono.
Il sindacato riuscì a mantenere una posizione fortissima perché guida della lotta operaia.
Furono ottenuti alcuni vantaggi come la riduzione dell’orario di lavoro, la riforma sui salari e una legislazione sociale.
Gli scioperi registrarono partecipazioni altissime sotto l’impulso dell’Unione Sovietica.
A Torino con Umberto Terracini e Antonio Gramsci nacque l’Ordine Nuovo che progettava l’istituzione del Consiglio di fabbrica come nuovo strumento capace di aggregare l’organizzazione operaia sul luogo di lavoro.
Nella contrattazione sulla sicurezza nell’ambiente di lavoro gli operai adottarono uno sciopero ostruzionistico, applicando rigorosamente le norme richieste per la sicurezza personale e ritardando il processo produttivo.
Gli industriali adottarono il sistema delle serrate.
Durante il periodo fascista i sindacati furono dichiarati fuori legge e furono sciolti.
Essi furono sostituiti dai sindacati corporativi fascisti che riunivano i lavoratori nelle Corporazioni, associazioni di mestieri affini (legge Bottai).
Il diritto allo sciopero fu abolito e, senza sindacati, i grandi gruppi della finanza, dell’industria e dell’agricoltura poterono ottenere dal regime una politica a loro favorevole senza l’opposizione della classe operaia e contadina.
L’organizzazione unitaria sindacale rinacque il 3 giugno 1944 con il patto di Roma, accordo siglato da Buozzi, Di Vittorio e Grandi, che sancì la nascita del sindacalismo democratico nella nuova Italia.
La Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL ex CGL) fu indicata come unico organismo sindacale per tutto il territorio.
Inoltre il patto di Roma stabilì che dovesse esistere una sola federazione nazionale per ogni attività produttiva, una sola camera del lavoro in ogni provincia e un solo sindacato locale per ogni categoria.
La CGIL è la maggiormente rappresentativa associazione sindacale italiana, con i suoi oltre cinque milioni e mezzo d'iscritti, tra lavoratori, pensionati e giovani che entrano nel mondo del lavoro.
Quando è nata, nel 1906, aveva duecentomila iscritti.
Da allora ha mantenuto la doppia struttura: verticale delle federazioni di categoria e orizzontale delle camere del lavoro.
Funzione delle federazioni è occuparsi degli interessi delle categorie di lavoratori, mentre le singole camere del lavoro si occupano delle questioni locali.
Attualmente le federazioni di categoria nazionali sono 15 mentre le Camere del Lavoro in tutto il territorio nazionale sono 134. La CGIL nazionale ha sede a Roma.
Nel 1947 l’attentato a Togliatti, leader del partito comunista, fu la causa occasionale della scissione all’interno della CGIL.
Infatti la componente comunista del sindacato si pronunciò per indire uno sciopero generale, ma la parte democristiana si oppose.
Si può parlare di vera e propria “rottura dell’unità sindacale” in occasione di questo fatto, ma le vere cause furono altre e antecedenti all’attentato.
Le questioni principali si erano poste sull’accettare o no il piano di aiuti economici dagli Stati Uniti, il Piano Marshall, e quindi di entrare a far parte del patto Atlantico, ma la componente comunista e socialista si scontrava spesso con quella democristiana per decisioni riguardanti scelte politiche o l’istituzione di uno sciopero.
Dalla prima scissione nacque la Libera Confederazione Generale Italiana del Lavoro (16 ottobre 1947).
La componente repubblicana si staccò dalla CGIL per creare la Federazione Italiana del Lavoro e l’1 maggio 1950, LCGIL e FIL crearono la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL).
Nei suoi primi anni di vita l’intento della CISL fu quello di costruire un’organizzazione realmente autonoma dalla politica e aconfessionale.
Un’altra parte di sindacalisti formata da un gruppo di ex socialisti, una parte della FIL e un gruppo di sindacalisti riformisti, crearono un organismo che comprendeva tutti gli usciti dalla CGIL.
Nasce la UIL, Unione Italiana del lavoro, più vicina agli ambienti padronali e con una spiccata tendenza alla trattativa.
Nella dichiarazione programmatica approvata erano indicati i punti che caratterizzarono e qualificarono l'azione della UIL sin dai suoi primi anni.
Venne rivendicata l'indipendenza dai partiti, dai governi e dalle confessioni e venne valorizzata l'autonomia delle federazioni di categoria; la UIL si dichiarò favorevole alla ricerca dell'unità d'azione con le altre due organizzazioni sindacali ed all'intervento su tutti i problemi di politica sociale ed economica.
Il 25 luglio 1972 nacque la Federazione Unitaria CGIL, CISL e UIL e dal 1975 la CGIL, affiancata a CISL e UIL, fa parte della Confederazione europea dei sindacati.
Gli articoli 39 e 40 della Costituzione Italiana stabiliscono i principi fondamentali relativi ai sindacati:
Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.

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