Storia del Kosovo

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La Storia del Kosovo

Il Kosovo con la Slovenia, la Croazia, la Bosnia-Erzegovina, la serbia, il Montenegro e la Macedonia, costituisce la Iugoslavia.
Durante la I guerra mondiale il Kosovo era conteso dall'Austria-Ungheria e dalla Bulgaria. Dopo che, nel 1915-16, i due alleati lo occuparono e se lo divisero, entrambi miravano alla conquista dell'Albania; ma una conferenza degli ambasciatori di Londra raggiunse un accordo che lasciava i confini albanesi sostanzialmente invariati. L'Italia ottenne come base militare l'isola di Sasseno, nel Golfo di Valona, mentre il Kosovo e le zone della Macedonia, abitate in maggioranza da albanesi, rimasero alla Serbia. La popolazione interessata non venne mai interpellata.
Nel Kosovo sottomesso alla Serbia non cessarono né il banditismo né le incursioni contro i coloni serbi; spesso la guerriglia veniva guidata dall'Albania, che, con la sua azione cercava di istigare alla rivolta gli albanesi del Kosovo, del Montenegro e della Macedonia.
Il regno della Serbia, della Croazia e della Slovenia si dividevano sulla questione se agli Albanesi spettassero o meno i diritti di minoranza previsti dal trattato di pace di Saint Germain. Ne uscì una discriminazione profonda nell'ambito della cultura e dell'istruzione perché, a differenza delle altre minoranze meno consistenti, gli albanesi non godevano di alcun diritto allo sviluppo della propria cultura. Le autorità serbe non tentarono nemmeno una politica di assimiliazione; consideravano gli albanesi un corpo estraneo nel proprio territorio, da controllare e da opprimere. I serbi dunque puntarono alla deportazione collettiva, volendo creare un clima di drammatica psicosi in tutto il gruppo albanese, rendendogli impossibile la convivenza. Fu proprio questa politica serba a spingere gli albanesi ad attività sovversive per difendere un minimo di diritti civili e politci. I serbi non aspettavano altro: ogni forma di resistena veniva considerata attività terroristica cui rispondere con atroce brutalità. Dopo che la 'Dzemjet', una specie di associazione per la difesa dei musulmani che partecipava anche alle elezioni rivendicando un'autonomia per il Kosovo, fu vietata, gli albanesi non ebbero alcuna rappresentanza politica e il Kosovo era nei fatti una regione sotto regime coloniale.
Quando Mussolini, il 7 Aprile 1939, occupò l'Albania, questa era diventata un protettorato italiano. Lo smembramento della Iugoslaviada parte della Germania e dell'Italia modificò anche il destino del Kosovo. Questo infatti fu occupato dall'esercito italiano ed unificato sul piano amministrativo e politico con l'Albania: nacque così una specie di "Grande Albania", che rimase in piedi anche quando le unità italiane furono disarmate dall'esercito tedesco. La creazione della Grande Albania per gli albanesi del Kosovo significò soprattutto la liberazione immediata dall'oppressione serba; ottennero infatti amministrazione, polizia e giuristizione autonome, proprie scuole ed istituzioni politiche. Per i serbi del Kosovo, invece, s'aggravò la persecuzione già inziata nel 1941 con lo smembramento della Iugoslavia. Il movimento dei partigiani comunisti albanesi stentava a prendere piede nel Kosovo, anche a causa della linea poco chiara del partito comunista iugoslavo (Pcj) sulla questione delle nazionalità. Fino al '42 non c'è alcun contatto fra il Pcj e i partigiani di Tito, che quando si riuniscono nel 1943 pongono le fondamenta per un nuovo stato federale jugoslavo; per i comunisti del Kosovo, invece, loro desiderio da sempre è quello di essere unificati con l'Albania e l'unica via per realizzarlo era la lotta comune con gli altri popoli jugoslavi contro gli invasori. Tutto ciò è visto da Tito come un atto antijugoslavo e nel gennaio 1945 i governi di Iugoslavia e Albania stipularono un trattato nel quale si prevedeva che il Kosovo restasse alla Iugoslavia. Ancora una volta la popolazione non viene consultata.
Il conflitto del 1948 fra Tito e Stalin comporta l'interruzione di ogni rapporto fra i partiti comunisti serbo e albanese; di questa situazione ne approfittano agenti e gruppi armati albanesi che cercano di infiltrarsi nel Kosovo per operazioni di sabotaggio. La Iugoslavia reagisce rafforzando il proprio regime poliziesco e avviando una vera e propria campagna di terrorismo di stato, terrorismo che si attenuerà solo all'inizio degli anni 60, quando al Kosovo viene riconosciuto lo status di provincia autonoma. Tre anni più tardi nel 1966, con la riunione di Brioni, si ebbero nuovi impulsi per la federalizzazione della struttura statale, per la liberalizzazione e la democratizzazione della vita pubblica. Gli albanesi del Kosovo, liberati dalla pressione, cercavano in questa riunione di tradurre in pratica alcune rivendicazioni nazionali e di estendere lo spazio di autonomia. Sempre a Brioni fu ridefinita la posizione giuridica della "provincia autonoma del Kosovo", il che determinò nuove polemiche fra serbi, che sottolineavano l'appartenenza del Kosovo alla Serbia, e albanesi, che lo ritenevano fattore costitutivo della federazione iugoslava. Il Kosovo ottenne la piena equiparazione alle repubblche, ossia importanti competenze legislative ed esecutive; nel 1947 si diede inoltre una propria costituzione, che non derivava più dalle leggi della repubblica serba. La posizione della Serbia era ambigua: il partito nazionalista era contrario all'equiparazione del Kosovo, tuttavia non riuscì ad avere la meglio fino alla morte di Tito, dopo di cui salì al potere Slobodan Milosevic. Intanto il Kosovo aspirava sempre di più a diventare repubblica a tutti gi effetti all'interno della federazione iugoslava.
Il periodo che va dal 1966 al 1981 rappresenta per la nuova provincia autonoma una fase di grande sviluppo positivo, cculminato nel 1974, con la costituzione federale. Tuttavia questo splendore era destinato a finire nel Marzo dell'81, quando ci furono diverse manifestazioni studentesche, che protestavano per le loro condizioni di studio; nei loro cortei gli studenti pronunciavano slogan nazionalisti e anti-serbi: questo portò ad una durissima repressione da parte della polizia che serba, la quale cercava di contenere una situazione che andava aggravandosi sempre di più. Per la prima volta a Prishtina si fece uso di carri armati contro pacifici manifestanti.
Da questo momento si susseguirono diverse rappresaglie e contestazioni, fino ad avere nel novembre del 1988 la più grande manifestazione di albanesi a Prishtina. Un anno più tardi, il movimento autonomista della minoranza albanese venne stroncato militarmente: ciò significava un'approvazione da parte del parlamento del Kosovo per una riforma della costituzione serba, la quale riforma limitava i diritti degli albanesi.
Il 28 giugno 1989 ricorreva il seicentesimo anniversario della battaglia della Piana dei Merli (piana a nord di Prishtina); questa fu una vera e propria celebrazione del nazionalismo serbo, arricchita perfino dalla presenza del presidente della Repubblica serba, Slobodan Milosevic. Nello stesso giorno di seicento anni prima stava per cominciare la conquista dei Balcani da parte degli ottomani, i quali si scontrarono contro i serbi proprio su questa piana. L'esercito serbo subì una pesantissima sconfitta, la quale significò il disfacimento del regno serbo.
I serbi hanno sempre reagito questa sconfitta storica con particolari atteggiamenti. Difatti, durante la celebrazione, Milosevic commentò l'avvenimento in chiave moderna, definendo la battaglia persa nel 1389 una nefasta conseguenza della discordia e del tradimento all'interno delle fila serbe.

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