Storia del '600

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Testo

Storia
Riforma e Controriforma
Dopo gli sconvolgimenti verificatisi dopo la Riforma protestante la Chiesa dovette intervenire con provvedimenti politici, istituzionali e teologici. Questa reazione si chiama Controriforma e prende luogo dal 1550 al 1660. Questo termine si trova per la prima volta in un testo di un giurista tedesco e già qui ha l’aspetto negativo e la caratteristica di forza repressiva di ritorno alla religione cristiana. Secondo i primi storici cristiani che poterono analizzare il problema essa invece sarebbe iniziata già prima e per questo la sua forma precedente e parallela alla Riforma protestante sarebbe da chiamare Riforma cattolica. La situazione si era infatti fatta impossibile per la Chiesa che, se da una parte otteneva con uccisioni e guerre una specie di freno al protestantesimo, sentiva che anche il suo interno necessitava di una riforma. Paolo III aveva capito questa situazione e anche continuando la repressione contro i protestanti decise di indire un concilio, il concilio di Trento del 1542. Questo concilio fu indetto così tardi per la paura dei papi del ‘400 del ritorno dei conciliaristi, e cioè di quelli che vedevano nel concilio un potere più forte di quello del papa. Dopo essere stato indetto (e con una posticipazione di 2 anni a causa della guerra fra Carlo V e Francesco I per il Ducato di Milano) i lavori cominciarono protraendosi fino al 1563 dopo una pausa decennale (1552-1562), per l’ostilità verso il concilio di papa Paolo IV. Il concilio fu indetto a Trento per non dispiacere né a protestanti né a cristiani ma risultò alla fine solo interno ai cristiani, poiché i protestanti non accettarono il ruolo predominante nel concilio del papa e il fatto che potevano parteciparvi solo gli ecclesiastici (cosa che andava contro il sacerdozio universale protestante). All’inizio i partecipanti si divisero in due “fazioni”: la prima voleva che si trattasse degli aspetti prettamente disciplinari, per non aumentare le discordie con i protestanti e provocare la formalizzazione della frattura, l’altra invece voleva discutere quest’aspetto. Il concilio decise di portare avanti tutte e due le discussioni per non creare discordie iniziali. I quattro aspetti erano: l’istituzionale e il disciplinare, quello dogmatico e quello teologico. Dal punto di vista dottrinale il concilio decise la chiusura verso i protestanti, ribadendo la validità dei sacramenti, la presenza di Cristo nell’Eucarestia, la supremazia del clero sui laici (per la loro ordinazione decisa da Gesù), la Vulgata di San Gerolamo come unico testo biblico esatto, la sua critica affidata esclusivamente ai clerici, il principio della salvezza derivante sia dalla fede che dalle opere, che sono controllate dalla Chiesa. Dal punto di vista della disciplina si decise di fermare il malcostume della Chiesa con dei provvedimenti che riguardavano il celibato da mantenere, e la residenza fissa nelle proprie circoscrizioni (questo ai sacerdoti con compiti pastorali). In più si obbligò i vescovi alle visite pastorali, alle proprie parrocchie, e l’abolizione del cumulo dei benefici ecclesiastici. Il latino fu dichiarato lingua ufficiale della Chiesa. Per combattere l’ignoranza del clero furono fondati seminari (con la funzione di scuole e in più di creare uno spirito ecclesiastico grazie a meditazioni, preghiere e incontri spirituali). La superiorità degli uomini di Chiesa era ribadita anche qui: infatti per entrare bisognava affidarsi con la vocazione sacerdotale alla Chiesa e non si poteva comunicare con l’esterno. Fu istituito poi il catechismo, come forma di insegnamento per cittadini della religione. Per dare un quadro di cosa bisognava imparare fu stampato un libro dal vescovo Carlo Borromeo che conteneva gli aspetti maggiori della dottrina del concilio e fu chiamato con il nome di Catechismo cristiano (1566). Così, come avevano fatto i protestanti, anche qui la stampa fu messa al servizio della Chiesa. I provvedimenti attuati contro il malcostume erano comunque già iniziati: già prima infatti alcuni papi erano intervenuti con provvedimenti personali contro nepotismo, simonia e concubinaggio. Ma accompagnati dalle riforme arrivarono i procedimenti repressivi contro i protestanti. Già Paolo III aveva aumentato il potere dell’Inquisizione (guidato dal cardinale Carafa, diventato poi Paolo IV), creando la Congregazione del Sant’Uffizio, guidata da alcuni cardinali, che crearono quindi un’unità politica. Anche Paolo IV attuò una forma di repressione simile, e decise anche di fermare il concilio, ritenendolo inutile, per dedicarsi a decisioni personali, come la lista dell’Indice dei Libri proibiti, dove si censuravano i libri protestanti. Dall’altra parte si affermarono delle figure contro questa repressione dei protestanti e aperte invece al dialogo; una di queste figure è quella del frate domenicano Giordano Bruno, che si oppose alla repressione e alla mentalità della Chiesa. La Chiesa rispose condannandolo dopo diverse torture al rogo nel 1600. Un altro esponente di questa “fazione” è Tommaso Campanella, altro frate domenicano, che in un suo libro, La Città del Sole, descrive un’utopia di città comunista-ascetica sotto un dominio monarchico che avrebbe portato ordine alla Chiesa. Ma anche lui fu condannato al rogo a cui scampò fingendosi pazzo ma restando in prigione. Il dualismo del comportamento della Chiesa, che vede da una parte la riforma nelle sue strutture e dall’altra la repressione continua del “diverso”, porta a capire il perché si formarono nuovi ordini, anche prima del concilio, che miravano ad una riforma. Uno di questi ordini è quello della Compagnia di Gesù, fondata nel 1540 da Ignazio di Loyola, ufficiale spagnolo preso da una crisi mistica, che si basava su una grande cultura, data da due anni di noviziato e dallo studio della filosofia, della letteratura, delle scienze, della teologia. Ogni gesuita diventava prete dopo i trent’anni ma doveva affrontare ancora un anno di noviziato. La struttura interna è di tipo gerarchico, e al capo del convento si ha il generale. I sacerdoti, oltre alla grande cultura, sono anche abituati ad un’obbedienza di tipo militare. Alla rigidità interna si contrapponeva la flessibilità esterna nel comportamento diverso rispetto alle varie aree geografiche e alle religioni già presenti nel posto. Il compito dei gesuiti era quello di aumentare i credenti cristiani, e per fare ciò si aiutarono con la loro cultura, creando molte scuole cattoliche che attiravano i nobili per la grande cultura impartita (inoltre erano presenti in queste scuole anche giochi, teatro e danza, per rendere più impegnati e disinibiti i ragazzi). Anche gli analfabeti furono avvicinati alla religione grazie al culto delle immagini sacre, portate nelle numerose processioni. Alla tensione fra cristiani e protestanti si accompagnò dal 1550 al 1650 la caccia alle streghe, a cui partecipavano tutti, sia cattolici che protestanti, che accusavano migliaia di persone di essere seguaci del demonio. Questo fatto storico è scaturito dalla crisi religiosa: in ogni città in cui si era instaurato una forma del protestantesimo una qualsiasi forma di resistenza era subito presa come forma di stregoneria; così era anche nelle città cattoliche. La caccia alle streghe nei secoli precedenti era stata molto meno massiccia e incentrata solo in alcune zone: queste zone erano quelle dei villaggi, ancora estranei alla vita di quel tempo, che mantenevano credenze antichissime. La divulgazione della religione era qui molto difficile, per questo si ricorse spesso, ma solo in piccole aree, alla condanna per stregoneria, che si attaccò poi all’eresia. La demonologia è la “scienza” che studia ogni tipo di stregoneria; ogni uomo che poteva essere considerato diverso poteva essere messo al rogo in un attimo. Si crearono libri, cacciatori di streghe, e soprattutto in Germania e Francia questa caccia ebbe proporzioni enormi. La tortura poi faceva che questo ciclo non si fermasse: venivano fatte confermare sotto tortura infatti le accuse e venivano fatti dire alcuni complici. La psicolabilità di alcuni soggetti faceva in modo che alcuni uomini credevano di avere veri e propri poteri demoniaci e perfino gli intellettuali credevano nell’esistenza delle streghe.
L’età di Filippo II e di Elisabetta
Il campione della Controriforma nel XVI secolo fu il re di Spagna Filippo II, detto re prudente, per la sua cura maniacale nelle decisioni da prendere. Filippo (regna dal ’56 al ’98) spostò la corte a Madrid, piccola cittadina con l’unica caratteristica di essere al centro della penisola. Dal suo palazzo-convento di Escorial coordinò le sue truppe e il suo paese. La Spagna in questo periodo è il paese più dispotico di Europa, tanto che la Chiesa poteva essere considerata un braccio della burocrazia del paese. Filippo da buon cristiano riconosceva il ruolo del papa ma grazie al diritto di presentazione poteva scegliere i vescovi, soprattutto quelli casigliani, e quindi decidere per mezzo loro tutto il clero della regione. Inoltre l’Inquisizione nei suoi paesi era coordinata da lui stesso, e questo gli dà fama di grande persecutore. L’attività governativa vedeva come aiuto al sovrano alcuni Consigli e un grande numero di impiegati al loro interno. Per arrivare a questi posti i candidati pagavano e per questo cercavano sempre un tornaconto dalla loro attività: infatti percepiva dai privati altri emolumenti. Anche in America si ebbe questa struttura, con la differenza che gli indigeni non entravano in guerra; inoltre il clero nelle Americhe era possibile solo agli spagnoli, segno di una dominazione e non di un paese libero come lo sarà l’America per molto tempo. Per quanto riguarda l’economia del paese la grande abbondanza di oro e argento preso dalle miniere messicane e peruviane non bastò per creare una grande economia: infatti la mentalità dei nobili, atti più al lusso che al commercio, che stimavano ancora come un’attività non principale, non favorì sviluppo, anche perché il commercio e l’agricoltura, insieme all’artigianato non erano neanche all’altezza di placare il fabbisogno del paese. Ci fu un aumento dei prezzi e un addebitamento del paese, che portò anche più volte alla bancarotta. Oltre a questo il commercio era controllato dal monopolio regio: ogni singolo carico doveva essere portato al porto di Siviglia, per poi essere smistato. Le colonie non potevano infatti né commerciare fra di loro né con altri paesi se non indirettamente. In più altre difficoltà per la monarchia spagnola erano date dalla grande estensione del territorio in suo possesso: infatti i viaggi duravano ancora molto, le variabili del tempo potevano spesso impedirle e le notizie e gli uomini erano pagati quindi a peso d’oro per i rischi che prendevano e per il tempo del loro compito (un viaggio verso l’America durava ancora 2 mesi). Quindi la Spagna si trovava in una situazione difficilmente governabile per la difficile condizione economica e per la vastità del suo impero. In più anche la vecchia guerra con i mussulmani, che avevano un regno praticamente uguale a quello spagnolo, si protraeva, soprattutto nel fenomeno della pirateria. I più temuti pirati erano infatti i mussulmani, i pirati barbareschi, che con vere e proprie flotte passavano per il Mediterraneo fino ad arrivare all’Oceano Atlantico. La loro base era Algeri, città in grande sviluppo (grazie soprattutto ai beni portati dalle razzie), grande centro commerciale. Ma non solo i mussulmani avevano i propri pirati: c’era infatti una pirateria cristiana, che aveva come centri maggiori Livorno e Malta e che depredava senza problemi le navi cristiane. In più durante le guerre c’era il fenomeno della Corsa, la pirateria “ufficializzata” dai paesi per indebolire gli avversari. Le tensioni fra mussulmani e spagnoli però sfociò in guerra dopo che Selim II attaccò e conquistò l’isola di Cipro, appartenente ai veneziani. La Spagna cercò allora di creare un’alleanza ma solo con la mediazione di papa Pio V si creò questa lega santa che comprendeva Spagna, Venezia e lo stato Pontificio. Fu creato un esercito che aveva come comandante il fratello di Filippo, Giovanni d’Austria. Nella battaglia di Lepanto si sfidarono nel 1571 centinaia di navi e i turchi furono duramente sconfitti; ma la loro potenza fece sì che ricostruirono in fretta una flotta e decisero di trattare una pace con Venezia, che dovette rinunciare a Cipro. Ma la forza dell’artiglieria europea aveva dimostrato come anche i turchi potevano essere battuti (anche se arrivarono alla battaglia stanchi per le vecchie scorribande) e per molto tempo i mussulmani non fecero più sentire la loro presenza nel Mediterraneo, combattendo con la Persia. La guerra contro i turchi riaccese gli animi di crociati degli spagnoli che attaccarono con accuse e passarono poi ai fatti con i Moriscos, gli arabi battezzati di Spagna. Ma la loro deportazione (finirono di esistere in Spagna nel 1609) portò ad un crollo dell’economia artigianale, che poggiava proprio su questi cittadini. Intanto Filippo II riuscì ad impossessarsi dello stato portoghese in quanto zio di Sebastiano di Braganza, che morì in una battaglia suicida contro i mussulmani marocchini. Filippo, grazie all’appoggio di clero, nobiltà e commercianti portoghesi e la sua condizione di zio prese il trono (1580). Oltre a ciò firmò un armistizio con la Turchia per potersi dedicare alla zona dei Paesi Bassi, che dava problemi per la sua eterogeneità di economie, lingue e stati (erano 17 organizzati autonomamente ma con un organo in comune, gli Stati Generali). Ma la loro avversione al potere spagnolo rese non pochi problemi: infatti dal punto di vista politico i nobili non accettavano le ingerenze del re, dal punto di vista economico il popolo non accettava la pressione fiscale e infine essendo calvinisti vedevano gli spagnoli come popolo da combattere. Filippo attuò una politica molto rigida: chiese al papa l’istituzione, poi ottenuta, di 14 nuovi episcopati di ordinazione regia; con essi avrebbe preso il controllo politico del paese, mettendo alcuni suoi uomini come vescovi. Ma la rigidità con cui si comportò fece sfociare sempre più rivolte che finirono con l’essere una vera e propria guerra. Si creò uno spirito nazionale, e il popolo spinto da ideali calvinisti distrusse abbazie e uccise preti e suore. Filippo rispose mandando il suo generale più forte, il duca d’Alba, a reprimere i rivoltosi e riportare il potere spagnolo sui territori dei paesi bassi, eliminando gli eretici e ricostituendo le tasse e la struttura fiscale. Ma i nobili cominciarono ad appoggiare il popolo e anche i nobili cristiani si rivoltarono al re, sotto la guida di Guglielmo I di Nassau, principe di Orange, in Francia. Le province del Nord si staccarono dal dominio spagnolo grazie all’aiuto dato loro dal territorio, coperto da acquitrini che creavano rifugi naturali. Una flotta poi riusciva a fermare gli spagnoli. Le province del Sud restarono invece sotto la Spagna. Filippo cambiò comandanti ma la situazione non cambiò in meglio ma fece aumentare solo lo spargimento di sangue. Dopo che i soldati spagnoli saccheggiarono Anversa però l’indignazione salì tanto che si creò l’Unione di Gand (1576), antispagnola. Ma la politica del governatore spagnolo Alessandro Farnese fermò questa rivolta e fece ritornare le province del sud sotto la Spagna. Ottenne questo grazie ad una politica duplice: da una parte fermò i paesi del Sud aggrappandosi al loro dovere di cristiani (c’erano discordie fra calvinisti e cristiani che non volevano lasciarsi a vicenda la possibilità di professare la propria religione), dall’altra cambiò modo di combattere, rendendolo più efficace. Si formarono due unioni dopo il 1579: l’Unione di Arras, cattolica, e l’Unione di Utrecht, protestante, chiamata anche Repubblica delle Sette Province Unite, che guidata dal figlio di Guglielmo, Maurizio d’Orange, combatté per un altro triennio (Guglielmo fu ucciso da un sicario spagnolo nel ’84). Si era verificato come ormai qualsiasi scontro prendesse unica valenza come scontro religioso. Ma è ero anche che con orientamenti uguali di fede si ebbero dissensi. La morte di Edoardo VI riaprì la lotta per la successione. Salì al trono Maria Tudor, Maria la Cattolica, figlia di Enrico VIII e Caterina d’Aragona; Carlo V vide la possibilità di far sposare suo figlio Filippo alla nuova sovrana e così fece, ammettendo l’Inghilterra al dominio spagnolo-asburgico. Il re di Francia Enrico II non stette a guardare e fece sposare suo figlio Francesco con Maria Stuart, successore della corona scozzese. Maria la Cattolica si dedicò alla ricostruzione del cristianesimo con tribunali e roghi in Inghilterra. Ma la breve durata del suo regno le impedì di procedere nella sua opera, considerata negativa (venne chiamata Maria la Sanguinaria). Le succedette Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena (seconda moglie, dopo aver ripudiato Caterina d’Aragona). I suoi genitori erano stati scomunicati e quindi si attendeva dai preti cattolici una mossa di Filippo II che però non intervenne per toglierla dal trono; infatti la probabile regina sarebbe diventata Maria Stuart, che avrebbe unito Scozia e Inghilterra, mettendo in condizione Francesco II di governare Francia e Inghilterra. Per evitare ciò chiese addirittura la mano di Elisabetta che però la rifiutò, come rifiutò quella di molti altri nobili. Molto scaltra e intelligente, sotto il mezzo secolo del suo regno l’Inghilterra conobbe una grande fioritura che diede i presupposti per creare la grande potenza che sarebbe poi diventato questo paese. Elisabetta rifiutava i fanatismi religiosi e più per sicurezza del suo trono (le pressioni del trono cattolico scozzese, di Spagna e papato) decise di dichiarare religione ufficiale il protestantesimo: i suoi sudditi avevano bisogno di pace. Con la Legge di Supremazia impose il suo potere sul clero, con la Legge di Uniformità rese di nuovo legale il Book of Common Prayer di Edoardo VI, nel 1571 alcuni articoli dichiararono l’impronta calvinista della Chiesa anglicana, che aveva però caratteri episcopali. Annientò i puritani che chiedevano di seguire alla lettera le leggi date da Calvino e si occupò dei rapporti con la Scozia. Maria Stuart, regina di questo paese, ebbe una vita sfortunata: Francesco II morì prematuramente e lasciò al moglie in una situazione difficile: nel suo paese infatti i calvinisti avevano la maggior parte del territorio sotto il loro potere; Maria cercò di riportare il cattolicesimo in questi luoghi, riuscendoci con l’aiuto della Spagna, ma le accuse di omicidio del secondo marito, Lord Darnley, ricaddero su di lei (sposò infatti l’assassino, il conte di Bothwell), i Lord protestanti, intransigenti, la fecero abdicare nel 1567 e Giacomo, suo figlio, prese il suo posto. La regina fu infine rinchiusa in una cella dorata da Elisabetta. Quest’ultima attuò nel suo paese una politica di modernizzazione, guidata dal suo consigliere Thomas Gresham. Sul piano politico minacciò la nascita di una monarchia attirando a corte la nobiltà e strappandola dalle proprie terre. Dal punto di vista economico, da paese di second’ordine, produttore di solo materie prime, passò ad essere un produttore di manufatti, soprattutto riguardanti lana e poi ferro; in più gli immigrati calvinisti dalla Francia e dai Paesi Bassi crearono produzione artigianale (vetro, orologi, seta). Aumento di liquidi arrivava anche dalla pirateria che toglieva soldi ed oro a paesi come la Spagna con azioni che ufficialmente erano dette di singoli ma che erano di grande aiuto ad Elisabetta. Questi avventurieri sotto il comando della regina cercarono anche di fondare in America la Virginia e una colonia sull’isola di Terra Nuova. Il tentativo non riuscì ma la flotta inglese ebbe sempre più spazio nelle rotte prima dominate da Spagna, Italia e Turchia. Si creò la Compagnia di Moscovita per il commercio con i territori russi, la Compagnia del Levante per cercare di distruggere il predominio Spagnolo e Turco nei commerci in oriente, la Compagnia delle Indie orientali che crearono nuove colonie. Mentre l’economia inglese aumentava la Spagna e il papato cominciarono ad ordire sempre più piani contro Elisabetta, a favore di Maria Stuart, che non aveva rinunciato ancora al trono inglese. L’odio per Roma e per la Spagna aumentarono sempre di più fino a quando si attuarono repressioni verso i gesuiti e i cattolici. Gli Irlandesi si lamentarono con gli Inglesi e furono repressi duramente con la messa a fuoco dei campi. Su Maria Stuart caddero sempre più colpe di combutte e congiure. Spinta dal volere di molti alla fine Elisabetta la condannò a morte e nel 1587 fu eseguita la sentenza del taglio della testa. A questo punto la guerra fu inevitabile. Filippo era guidato dalla Controriforma che vedeva come primo nemico proprio l’impero inglese. Fu allestita la così detta Invincibile Armata e dopo molti ritardi dovuti alle incursioni dei corsari inglesi come Francis Drake avvenne la più maestosa guerra navale. Vinse l’Inghilterra per le sue navi più veloci e dai cannoni di gittata più lunga e per colpa anche del tempo la flotta spagnola si dovette ritirare. In Francia invece le divisioni religiose e il malessere sociale ed economico sfociarono in una guerra civile. Enrico II, durante i festeggiamenti per la pace di Cateau-Cambresis morì tragicamente e anche il suo figlio quindicenne Francesco II morì dopo un anno. Gli succedette Clemente IX, che aveva dieci anni. Assunse quindi il potere Caterina dei Medici, che fu però insicura nel fermare gli ugonotti, che finirono con l’essere rappresentati a livello nazionale dai nobili di Coligny.Si crearono due fazioni, una ugonotta e l’altra cristiana guidata dai Guisa. Caterina cercò di attuare una rappacificazione ma temendo sia i Guisa (filo spagnoli) che i Coligny (che si appoggiavano a Inghilterra e Paesi Bassi) non mantenne il controllo della situazione. Nel 1562 i Guisa sventarono un colpo di stato organizzato dagli ugonotti e li massacrarono a Vassy. Nel 1572 ci fu la notte di San Bartolomeo dove i parigini, antiprotestanti, guidati dal duca d’Angiò, il futuro Enrico III, massacrarono nobili e tutti coloro che si erano riuniti per una cerimonia. Morì anche il capo degli ugonotti, l’ammiraglio di Coligny. Ma la morte di Clemente IX e l’ascesa di Enrico III non cambiarono la situazione. Prese il comando degli ugonotti Enrico il Barone, Mentre Enrico il Guisa costituì una Lega Santa. Essa si legò alla Spagna e dopo la distruzione della Invincibile Armata si trovò in difficoltà tanto che Enrico III fece assassinare Enrico il Guisa e si alleo con gli ugonotti. L’affronto non restò impunito ed Enrico fu colpito a morte. Lasciò il trono a Enrico il Barone, con il presupposto che lui diventasse cristiano. Ma la Spagna e Roma restarono preoccupati e decisero di attaccare con le truppe di Alessandro Farnese Enrico IV, il Barone, con l’appoggio anche del papa Sisto V che dichiarò nulla la successione al trono francese. Ma le truppe di Alessandro non riuscirono a penetrare con forza in Francia. Enrico intanto si convertì e alla fine, dopo il riconoscimento del suo trono da parte del papa Clemente VIII nel 1598 Francia e Spagna firmarono la Pace di Vervins. In più la pacificazione interna avvenne con l’Editto di Nantes, mediazione fra calvinisti e cristiani. Per quanto riguarda l’Europa orientale, questi territori erano dominati dalla potenza polacca, formata dal Regno di Polonia e dal Granducato di Lituania, che avevano in comune un re e una Dieta di nobili, anche se mantenevano una propria autonomia. Era un paese composito, dove si trovavano diverse razze e religioni, ma il cattolicesimo dominava: questo paese era infatti chiamato baluardo del cristianesimo perché doveva fronteggiare il luteranesimo svedese, l’ortodossia russa, i mussulmani. Il cristianesimo quindi legava la maggior parte della popolazione. Per quanto riguarda la politica si può più parlare di repubblica nobiliare: infatti il re doveva sempre firmare un patto con la nobiltà che godeva di grande potere. La nobiltà infatti manteneva grande autonomia perché unita, compatta, con lo stesso credo, il samaritismo: essi credevano di discendere dai samariti, quelli che avevano assoggettato le popolazioni antecedenti e si erano instaurati in questi luoghi. Solo la nobiltà si sentiva quindi polacca e negava ciò al resto della popolazione. Ma l’economia di questo paese portava alla sua disorganizzazione: i nobili usavano ancora le corvees, e favorirono i commerci dall’estero, sfavorendo artigianato e agricoltura interna. A oriente del Regno di Polonia si ha il Regno di Russia, anch’esso prettamente nobiliare, ancora guidato dai boiari, discendenti dei comites del principe di Kiev. Il fondatore della potenza russa fu Ivan IV il Terribile che aumentò il potere centrale diminuendo quello dei nobili. Prese il nome di zar, che diventerà abituale d’ora in poi, per indicare la continuazione dell’impero bizantino grazie al loro regno. Lo zar divise il regno in opričnina, che era alle sue dipendenze, nella zona centrale vicino a Mosca, e in zemščina, a dipendenza dei nobili. I territori dei nobili nei pressi di Mosca furono cambiarti con quelli esterni. In più la posizione dei boiari fu diminuita per l’aggiunta di nuovi nobili che erano fedeli allo zar. I nobili furono anche giustiziati e vissero nel terrore. Ma dopo il suo regno, che portò un grande ampliamento dei confini, ci fu un periodo torbido che fu terminato solo nel 1613 (Ivan era morto nel 1584) con Michele Romanov, fondatore di una grande dinastia. La situazione all’est comunque continuerà a vedere il servilismo degli agricoltori, sfruttati e malpagati dai nobili sia boiari che della nuova schiera.
La Rivoluzione inglese e le rivolte del ‘600
Dopo Elisabetta la dinastia dei Tudor si estinse e salì al potere Giacomo I Stuart, figlio di Maria Stuart. Egli propose un programma accentratore con la riaffermazione della Chiesa anglicana, sul prelievo per mezzo di tasse sulla scomparsa di poteri che riguardassero persone a lui non fidate (anche nella giustizia). Ma al contrario di Elisabetta sia in politica estera si in quella interna non seppe mantenere una buona organizzazione: entrò in collisione con Francia e Spagna e le rotte commerciali persero alcune importanti compagnie. Non riuscì a trovare una organizzazione interna tanto che sia cattolici (delusi per non essere ritornati al cattolicesimo come religione ufficiale, tentarono anche una congiura [la congiura delle polveri]) che puritani non videro in Giacomo una figura da seguire. Iniziarono di nuovo le persecuzioni e molte persone, come i padri pellegrini che sbarcarono in Massachusetts, emigrarono appunto in altri paesi. Nacquero dissidi fra Giacomo e il Parlamento, unico rappresentante essendo la nobiltà finita dopo la guerra delle due rose. Carlo I Stuart succedette a Giacomo. La gentry inglese, la piccola borghesia fu la prima a scontrarsi con il nuovo re che come il suo predecessore attuo una pressione fiscale asfissiante e represse anche il Parlamento, non considerando la Petition of Rights del 1628. Il tesoro regio aumentò a dismisura e chi ne faceva le spese erano i cittadini. In più anche i puritani si lamentavano dei vescovi scelti dal re e dalla Chiesa. Intanto l’arcivescovo William Laud aumentò i dissapori interni riformando la chiesa scozzese, di stampo calvinista ortodosso. Era la goccia che fa traboccare il vaso. Gli scozzesi decisero di muovere guerra con un patto, il Covenant, di difesa della loro religione. Gli scozzesi sconfissero gli inglesi. Carlo I riconvocò il Parlamento per l’approvazione di nuove tasse per le spese per la guerra ma i dissidi interni fecero sì che solo dopo un mese il Parlamento fu sciolto ( aprile 1640) è questo il Corto Parlamento. Ma nel novembre dello stesso anno fu convocato quello che si dice il Lungo Parlamento (fino al 1653). Carlo I voleva manipolare le sue decisioni ma guidato da Pym e Hampden il parlamento si oppose e fece sancire molte leggi contro il re: fu detto no ai tribunali speciali, all’imposizione di nuovi tributi, all’arresto dei sudditi senza processo e alle persecuzioni. Il conte di Strafford fu condannato a morte. All’inizio del ’41 il Parlamento non pensava all’instaurazione di una Repubblica ma questo avvenne per colpa del precipitare della situazione con Carlo I: in Irlanda infatti si era generata una rivolta con l’uccisione di inglesi e scozzesi e i sospetti del fautore di questa rivolta caddero sul re. Il Parlamento si sentiva in pericolo e chiese con la Grande Rimostranza di fermare Carlo I. Ma la situazione degenerò. Il re tentò un colpo di stato che non gli riuscì. Il popolo, aizzato dai puritani, si ribellò e Carlo dovette lasciare la città. Gli schieramenti si delinearono: da una parte i cavalieri, i nobili, la gentry che non vedeva nella riforma radicale del parlamento la salvezza, dall’altra i puritani (nobili, anche della gentry, artigiani, commercianti, detti le Teste Tonde, perché la loro religione li portava a tagliare i capelli, che voleva più libertà e vicinanza all’opera parlamentare. Tra il ’42 e il ’43 la guerra si protrasse fino a quando al posto di Pym e Hampden salì come capo dei parlamentari Oliver Cromwell, esponente della gentry. Grande stratega, costituì la New Model Army e grazie ad ispirazioni religiose sconfisse due volte il re che fu consegnato al Parlamento nel 1647, mentre la Chiesa anglicana fu distrutta e Laud fu condannato a morte. Lo schieramento puritano però si spezzò a questo punto nella maggioranza parlamentare formata da chi voleva un orientamento presbiteriano (smantellamento chiesa anglicana) e l’introduzione di un’unica confessione calvinista, governata dalle singole comunità di credenti. L’altra, appoggiata all’esercito di Cromwell si inspiravano agli indipendenti che vedevano come opzione una libertà di culto e organizzazione nelle varie comunità. I levellers, parte dell’esercito, volevano una democrazia guidata da un parlamento a suffragio universale, mentre in genere si tendeva a volere la diminuzione drastica del potere del re. Intanto Carlo I continuò a tramare con le due fazioni e con gli scozzesi, decidendo alla fine di attaccare con loro (avversi a Cromwell) l’Inghilterra. Nacquero rivolte realiste (cristiane) e “comunisti” (non volevano proprietà privata, i diggers) fra i soldati. Si crearono anche pacifisti, i quaccheri. Cromwell ruppe gli indugi, sconfisse gli scozzesi e espulse realisti, presbiteriani e moderati creando il Rump Parliament e il Commonwealth, la Repubblica Inglese. Mise poi a tacere i levellers e i diggers, sconfisse i cattolici in Irlanda e riappacificò la Scozia. All’estero prese provvedimenti per aumentare il potere economico del paese: fece l’Atto di Navigazione dove dava diritto di commercio con le colonie solo all’Inghilterra. Gli olandesi che furono danneggiati da questa legge si ribellarono ma furono repressi. Stipulò accordi con Svezia e Danimarca assicurandosi il commercio con il Baltico e con il Portogallo, che concesse libero accesso agli Inglesi. Nel 1657 si alleò con la Francia contro la Spagna. Quindi la politica estera aumento il potere inglese. Nell’interno però non riuscì a dare una buona organizzazione a causa delle discordie con il Parlamento, che fu ancora diminuito (Barebone Parliament) e alla fine nel ’53 disciolto, mentre Cromwell divenne Lord protettore di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Ma dopo la morte di Cromwell nel 1658 la fragilità interna eruppe e il figlio Richard non mantenne il potere che per pochi mesi. Iniziò una serie di lotte fra cromwelliani, stuartisti, Parlamento,esercito e armate del sud e del nord che finì con la messa in trono di Carlo II Stuart, dopo che Gorge Monk era entrato a Londra con il suo esercito. Fu ricostruita la Chiesa anglicana, la Camera dei Lord, e i privilegi nobiliari. Ma la mentalità borghese era cambiata, non si crearono più tribunali speciali ma la centralità del Parlamento prese forma. Parlamento e monarchia risultarono da ora due organi a sé, complementari per lo stato.

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