Storia degli Stati Uniti D'America

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Testo

LE COLONIE INGLESI D'AMERICA
L' espansione coloniale britannica aveva avuto inizio e sviluppo nel XVII secolo.
Nel 1607 i coloni dei primi stanziamenti della Virginia cominciarono ad applicarsi alla coltivazione del
tabacco all' allevamento. Il secondo stanziamento ebbe luogo nel 1620 più a nord nella regione del Massachusetts. Nel 1634 gli aristocratici cattolici inglesi fondarono la colonia del Maryland, verso il 1650, i coloni della Virginia, spintisi a S, avevano occupato il territorio della Carolina.
Nel 1664 gli inglesi fecero loro il distretto alla foce del fiume Hudson, dove si erano stanziati, nel 1624, i mercanti olandesi fondando la città di Nieuwe Amsterdam, ribattezzata dagli inglesi New York.
Negli ultimi anni del secolo William Penn fondò la colonia della Pennsylvania. L' afflusso di emigrati inglesi sulla costa americana fu determinato e regolato in due modi: il primo fu quello delle compagnie commerciali a cui la Corona dava l' autorità per creare colonie entro limiti prestabiliti; il secondo fu quello della concessione di proprietà ad una singola persona di un territorio giuridicamente sottoposto alla Corona.
Le compagnie e i proprietari potevano trasportare nuovi coloni in America, distribuire terre, fondare città, coniare monete e organizzare le forme di governo locale.
Verso la fine del secolo nacque nelle colonie l' autorità regia rappresentata da un governatore; nelle colonie che avevano ottenuto il privilegio di autogovernarsi il governatore era eletto dalla colonia stessa; ogni colonia ebbe dunque una sua assemblea legislativa composta da un corpo di rappresentanti eletti dal consiglio esecutivo.
Nelle colonie del S prevaleva una ristretta casta di ricchi proprietari attorniati da piantatori più modesti, da braccianti e schiavi, solo i proprietari terrieri avevano diritti politici.
In quelle del N accanto all' agricoltura fiorivano la pesca e il commercio, aveva preso vigore una più intensa vita cittadina, oltre ai proprietari terrieri anche i mercanti e i professionisti avevano diritti politici.
Nelle colonie la gerarchia sociale conosceva una fluidità ignota in Europa e l' intraprendenza fortunata poteva portare in poco tempo un emigrato giunto con capitali esigui o nulli ad inserirsi nelle file del ceto dominante.
Già nel XVII secolo dagli stanziamenti costieri partì un continuo flusso migratorio verso l' entroterra, che divenne il campo di espansione soprattutto della nuova emigrazione europea infatti scozzesi, olandesi, tedeschi e svizzeri varcarono l' Atlantico e si portarono verso l' interno del paese. I coloni che si stanziavano lontano dalla costa in un ambiente selvaggio dovevano lottare non solo contro la natura ma anche contro gli indiani, finirono così per far riconoscere, sia alla società coloniale e costiera sia al governo di Londra l' espansione verso l' interno come una necessità politica ed economica.
IL DISSIDIO TRA LE COLONIE E L'INGHILTERRA
Nel XVIII secolo le colonie inglesi del Nord America conobbero uno straordinario sviluppo demografico ed economico. Nella Nuova Inghilterra e nelle colonie centrali fioriva un agricoltura di tipo europeo attuata in piccole e medie fattorie; nelle colonie meridionali, invece, prevalevano le grandi piantagioni monocolturali. La cospicua produzione agricola del S era incanalata nelle strutture del sistema mercantilista (il tabacco, l' indaco e il cotone erano avviati in Inghilterra per la trasformazione o la redistribuzione ad altri Paesi europei e i capitali inglesi trovavano vantaggioso investimento nelle piantagioni e nella tratta dei negri che forniva loro la mano d' opera).
Ciò non avveniva per le altre colonie i cui prodotti (cereali, lana, carni) non erano interamente assorbiti dalla madre patria. Contravvenendo alle proibizioni degli Atti di Navigazione, il sovrappiù della produzione era venduto nelle colonie spagnole, portoghesi e francesi da cui si importavano prodotti esotici e la melassa per la fabbricazione del rhum. Solo il commercio abusivo con altri paesi non britannici poteva fornire alle colonie del centro e del N la moneta con cui acquistare i manufatti di cui aveva bisogno.
Il commercio illegale era la valvola di sfogo della colonie ed è ovvio che, qualora Londra avesse voluto stroncarlo, il risentimento della popolazione per la madre patria sarebbe stato vivacissimo.
Verso la metà del secolo il protezionismo si stava rivelando insopportabile per l' economia delle colonie, comprese quelle del S. Infatti anche i grandi piantatori, obbligati a cedere la loro produzione solo ai mercanti inglesi, si trovarono alla loro mercè per quel che riguardava il prezzo dei loro prodotti.
Infatti il tabacco della Virginia e della Carolina, sbarcato nei porti inglesi prendeva la via dell' Europa continentale consentendo ai mercanti di Londra profitti enormi, che avrebbero potuto essere realizzati direttamente dai piantatori, se fosse stata loro concessa la libertà di commercio.
Come si è detto i coloni spingendosi verso l' interno incontravano gli indiani, ma ci si accorse che dietro ad essi stavano i francesi il cui dominio coloniale avvolgeva i possessi britannici della costa atlantica.
Già verso la meta del '700 divenne convincimento comune nelle colonie che l' espansione verso O implicava l' eliminazione dei francesi dal Nord America: obbiettivo in parte realizzato alla Pace di Parigi del 1763, quando l' Inghilterra si fece cedere il Canada dai francesi.
Il governo di Londra aveva giudicato necessario che i francesi venissero privati di ogni rifornimento esterno e a tal fine diede ordini perchè cessasse il traffico tra le colonie francesi e quelle inglesi. I mercanti di New York videro pendere su di loro la minaccia di una completa paralisi dei traffici con le Antille francesi, fonte prima dei loro guadagni:
Quindi, pur avvertendosi nelle colonie che la guerra contro i francesi avrebbe assicurato una più agevole espansione verso O, i controlli sui traffici esasperavano i coloni, soprattutto nelle cità della costa dove si svolgeva la loro vita politica, culturale e commerciale.
A tre anni dalla Pace di Parigi si diffuse la convinzione che Londra non volesse comprendere quali erano gli interessi reali dei coloni. La guerra era costata molto; per far fronte alle spese in Inghilterra erano state aumentate le tasse e lo stato aveva dovuto fare ricorso a prestiti; il governo inglese nel 1763 decise di limitare le spese per la difesa delle colonie e di far pagare le tasse anche agli americani. Per limitare le spese bisognava impedire che le forze inglesi fossero impegnate in operazioni contro gli indiani e per questo si proibì ogni ulteriore emigrazione verso O, questa proibizione toglieva alle colonie l' unico vantaggio che si erano ripromesse dalla guerra. Londra poi intese riordinare il sistema delle dogane, volendo troncare l' attività dei contrabbandieri, e infine, nel 1765, impose una tassa (Stamp duty) su ogni atto legale compiuto in America, destinandone il ricavato alle spese per la difesa delle colonie.' imposizione della tassa fu accolta in America come un atto di tirannia
LA RIVOLUZIONE E L'INDIPENDENZA
DELLE COLONIE
Le proteste delle colonie indussero il governo inglese a sopprimere la tassa sugli atti legali, ma il parlamento approvò una dichiarazione in cui affermava il suo diritto a gravare le colonie di imposte.
Gli americani argomentavano che il parlamento inglese poteva legiferare per gli abitanti delle isole britanniche, perchè da loro eletto, ma non per quelli delle colonie che non avevano rappresentanti nè alla Camera dei Comuni nè a quella dei Lords.
Per alcuni anni tra le due sponde dell' Atlantico si svolse una disputa giuridica che aveva per effetto quello di rafforzare nell' animo dei coloni la convinzione del loro buon diritto e la volontà di resistere ad interferenze del Parlamento e del governo di Londra. Ma nel 1767 il governo inglese ottenne dal parlamento l' approvazione a stabilire speciali diritti doganali sulle merci esportate nelle colonie. Si rinnovarono allora ancor più vigorose le proteste americane e i mercati delle colonie decisero di boicottare le merci tassate con la conseguenza che, nel giro di due anni, le importazioni inglesi diminuirono del 50%.
Ancora una volta Londra abrogò le imposte, fatta eccezione per il dazio sul tè.
Si pensava così che l' agitazione si sarebbe calmata, ma oltreatlantico perdurava l' eccitazione degli animi orchestrata da un gruppo di propagandisti, primo tra essi Sam Adams, i quali misero in funzione comitati di corrispondenza.
I comitati chiamavano a raccolta i coloni contro la tirannia britannica e finirono per promuovere delle assemblee volontarie dette congressi provinciali.
L' occasione che fece passare le colonie dalla rivoluzione latente a quella aperta si ebbe nel 1773.
Le colonie avevano boicottato l' importazione di tè inglese recando un danno enorme alla londinese Compagnia delle Indie Orientali.
Il governo inglese per aiutarla le concesse il monopolio dell' esportazione del tè in America, conservando su di esso il dazio del 1770.
Inizio allora il boicottaggio del tè che arrivava dall' Inghilterra. Poi, la notte del 16 dicembre 1773 fu compiuto l' atto più clamoroso: Sam Adams salì con 50 uomini sulle navi ancorate e, aperte 340 casse di tè, ne gettarono il contenuto in mare.
Il re e il parlamento erano furenti e vollero punire l' atto sospendendo la Carta del Massachusetts. Ordinarono, poi, che i funzionari colpevoli fossero mandati in Inghilterra per essere processati e, infine, si dispose il blocco del porto di Boston fino a che non fossero stati indennizzati i danni recati alla Compagnia delle Indie.
Come se questo non bastasse fu emanata una legge che attribuiva alla nuova colonia del Canada il territorio ad O degli Allegheny: un' altra offesa per le colonie.
L' INSURREZIONE E I SUOI PRIMI SVILUPPI
Conosciuti i provvedimenti inglesi, scoppiò la tempesta: comizi, libelli e giornali invitarono la popolazione alla resistenza attiva. Poi venne convocato un congresso continentale che si riunì a Filadelfia nel 1774.
A Londra si dava per scontato che mai le colonie sarebbero riuscite a stabilire l' unione delle loro forze. Era un calcolo errato. Il congresso di Filadelfia disconobbe in modo formale l' autorità del parlamento inglese e, riaffermati i diritti delle colonie all' autogoverno, si appello direttamente al re e ai popoli d' Inghilterra e d' America.
Veniva confermato il blocco sulle merci inglesi e formulata la minaccia di scendere in armi a difesa del Massachusetts, se Londra non avesse ritirato le sue recenti ordinanze punitive.
Il governo inglese promise di sopprimere le imposte votate dal parlamento in quelle colonie che avessero deciso di provvedere da solo alle spese amministrative e militari, ma la proposta del governo giunse in America quando la rivolta armata aveva avuto inizio.
Nel maggio del 1775 si riuniva a Filadelfia il secondo congresso continentale e questo si diede ad organizzare un esercito americano sotto il comando di George Washington.
Nel gennaio del 1776 George Washington sosteneva che gli americani volevano liberarsi da ogni interferenza del governo e del parlamento di Londra, ma non sottrarsi alla sovranità della monarchia britannica. A loro avviso il re doveva essere il capo di un corpo politico articolato in stati autonomi tra loro uniti da vincoli federali, ma senza sottomissione.
Giorgio III non capì che una sua personale benevolenza verso gli Americani avrebbe consolidato il prestigio di tutti coloro che non volevano separarsi dalla nazione britannica.
Il re sostenne e stimolò la reazione repressiva del parlamento, come se la ribellione offrisse l' occasione di ridurre le colonie a province inglesi e come se gli sembrasse ridicolo aggiungere ai suoi titoli di re d' Inghilterra, di Scozia e d' Irlanda, quello , per esempio, di re del Massachusetts o della Virginia.
Nelle colonie erano tre i gruppi politicamente attivi: i lealisti ad oltranza, disposti ad accettare la subordinazione a Londra, i moderati; che limitavano i vincoli con l' Inghilterra alla sudditanza al sovrano; i patrioti, che volevano con la libertà politica la piena indipendenza.
Prevalsero i patrioti, con i quali i moderati fecero causa comune.
L' esautoramento delle autorità britanniche aveva scatenato in varie colonie la sollevazione dei coltivatori poveri, per i quali la libertà significava l' acquisizione di diritti politici contro lo strapotere dei piantatori ricchi, delle cui prepotenze, più che di quelle inglesi, si sentivano vittime.
Nei primi mesi del 1776 i capi rivoluzionari conclusero che ormai l' obbiettivo della loro lotta doveva essere l' indipendenza assoluta.
Era apparso nel gennaio di quell' anno uno scritto rivoluzionario, intitolato Il senso comune, opera di Tom Paine, in cui, condannato il regime monarchico come un' invenzione diabolica, auspicava un regime repubblicano. Diffuso a migliaia di copie causò un profondo mutamento nell' animo di molta gente. Infatti i rappresentanti delle colonie, riunitisi ancora a congresso accettarono la proposta di un delegato della Virginia che diceva: "...queste colonie unite sono e devono essere giuridicamente degli stati liberi e indipendenti".
LA DICHIARAZIONE D'INDIPENDENZA E
LA GUERRA AGLI INGLESI
Un comitato fu costituito per stendere l' atto giustificativo della deliberazione e nacque così la Dichiarazione d' indipendenza, il cui testo fu opera del virginiano Thomas Jefferson.
La dichiarazione elencava in ventotto punti le ingiustizie perpetrate da Londra a danno dei coloni, ma, non si faceva quasi menzione del parlamento inglese contro il quale i coloni avevano protestato per oltre un decennio.
Era invece l' inequità del re ad essere indicata come causa principale del distacco americano dall' Inghilterra. Era proposito di Jefferson gettare ogni discredito sul sovrano.
La dichiarazione proponeva alla loro indipendenza il fondamento politico- filosofico secondo il quale ogni ordinamento della società politica presuppone il consenso dei suoi membri.
Proprio nei giorni in cui l' indipendenza veniva proclamata e si precisava che la lotta aveva come ultimo fine la creazione di una società di uomini liberi e uguali, le forze britanniche si apprestavano a muovere contro gli insorti.
Gli inglesi avevano truppe regolari e ben addestrate, anche se erano a loro svantaggio la scarsa conoscenza del paese, l'ostilità delle popolazioni, le difficoltà dei rifornimenti.
L' esercito americano, rinforzato da simpatizzanti accorsi dall' Europa, era composto da volontari privi di esperienza e passò di sconfitta in sconfitta.
Il piano degli inglesi era questo: facendo base a N. nel territorio di New York, e a S, in Georgia, pensavano di stringere le forze americane in una morsa.
L' operazione sarebbe forse riuscita, se non fossero venuti in soccorso degli americani i francesi.
La Francia , sollecitata dall' emissario in Europa delle colonie ribelli, Benjamin Franklin, scese in guerra contro l' Inghilterra nel 1778, imitata, nell' anno seguente, dalla Spagna.
Altre potenze europee formarono una lega di neutralità armata per opporsi alla pretesa britannica di controllare le navi neutrali, su cui Londra pensava fossero imbarcate armi per gli insorti americani.
La flotta francese riuscì a sbloccare le coste americane, facendovi affluire aiuti in armi e materiali per le truppe degli insorti e bloccando i rifornimenti a quelli inglesi che passarono alla difensiva.
La resa dei 7000 uomini del generale Cornwallis fu per gli inglesi il principio della fine. Le forze britanniche avevano sì avuto dei successi ma il governo di Londra giudicò che, caduta Yorktown, non valesse la pena di impegnarsi ulteriormente in una guerra che si rivelava finanziariamente onerosa e di esito incerto.
I negoziati a Parigi furono abbastanza rapidi e nel 1783 tutto era finito. Con la pace di Parigi le tredici colonie erano riconosciute indipendenti col nome di Stati Uniti d' America, con un territorio che andava dall' Atlantico al Missouri e dai Grandi Laghi alla Florida.
Questa restava alla Spagna, mentre la Francia si teneva la Louisiana ad O del Mississippi e recuperava le Antille, perdute nel 1736, nonchè i possedimenti costieri che in Africa e India gli inglesi avevano occupato. Questi si tenevano il Canada e Gibilterra

LA NASCITA DEGLI STATI UNITI D'AMERICA E
LA COSTITUZIONE DEL 1787
Dopo la dichiarazione d' indipendenza del 1776 occorreva decidere il tipo di ordinamento che le ex colonie dovevano avere. Notiamo subito che esse si chiamarono "Stati": ognuna affermava la propria autonomia e insieme la propria singolarità rispetto alle altre.
Poichè urgeva mobilitarne le risorse per la guerra, cercare aiuti all' estero, mettere in piedi un nuovo apparato amministrativo, si imponeva che i nuovi Stati fossero tra loro coordinati e che della loro coordinazione fosse responsabile un organo centrale abilitato a prendere decisioni valide per tutti.
Il Congresso, pur attribuendosi ed esercitando di fatto i poteri propri di un governo centrale, comprese che era necessario dare un fondamento costituzionale all' unione degli Stati.
Un progetto di costituzione vedeva che gli Stati Uniti d' America regolassero, ognuno a modo suo, i propri affari interni e che il Congresso, formato dai loro delegati, avesse il potere di dirigere la politica estera, di legiferare in materia di commercio, di regolare le questioni di frontiera, di imporre ai singoli Stati un contributo finanziario, proporzionale alla loro popolazione, per le spese comuni.
Poichè il progetto prevedeva che il Congresso fosse composto di delegati che votavano per Stati, incontrò l' opposizione degli Stati più grandi che si credevano ingiustamente sottorappresentati.
Nel 1777 fu raggiunto l' accordo negli Articoli di confederazione, in cui era accentuata la piena sovranità dei singoli Stati e lasciato cadere il diritto del Congresso ad occuparsi dei confini occidentali, ma per ottenere l' adesione di tutti gli stati occorsero più di tre anni.
Nel frattempo il Congresso doveva curare la colonizzazione e creare nuovi stati autonomi e uguali per diritti ai tredici originari.
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STATO: organizzazione politico- giuridica di un popolo su un territorio, contraddistinta dal monopolio del potere coattivo legittimo.
In campo giuridico viene genericamente definito Stato un soggetto di diritto internazionale costituito dai tre elementi basilari: territorio, popolo e governo.
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In realtà la Confederazione degli stati appariva un organismo debole: ogni stato prese a regolarsi a suo genio e tra stato e stato si moltiplicarono dissensi e conflitti d' interesse. Basti pensare che ognuno poteva emettere una sua moneta e che ognuno regolava i rapporti commerciali con altri paesi senza consultare gli altri e che il Congresso poteva emanare leggi e disposizioni, ma non aveva i mezzi e le forze per renderle esecutive e neppure per farsi dare con regolarità i fondi finanziari necessari al suo normale funzionamento: infatti, anche la tassazione e il reclutamento di truppe erano fuori dalla sua giurisdizione.
Dopo la vittoria sugli inglesi la pace di Parigi i litigi tra gli stati si acuirono soprattutto per questioni di frontiera e per il fatto che taluni di essi davano valore legale a una moneta cartacea che altri si rifiutavano di riconoscere. Inoltre alcuni singoli stati, per risanare la loro economia, si diedero ad imporre dazi sulle merci degli altri.
Si ebbe allora una generale depressione economica poichè il debole Congresso non era riuscito a riattivare i traffici con l' impero britannico, molti furono allora i debitori insolventi e verticale la caduta dei prezzi agricoli.
La generale depressione economica favorì l' esplosione di moti sociali. L' indipendenza infatti aveva allontanato gli inglesi, ma il ceto sociale dominante restava quello dei possessori di grandi fortune, i quali trovavano naturale limitare l' accesso alla cosa pubblica legando il diritto di voto al censo.
In questo modo gli agricoltori poveri o modesti, gli artigiani e i piccoli mercanti, che si vedevano colpiti da imposte, non avevano rappresentanti che ne potessero difendere le ragioni, ed entrarono quindi in fermento.
Per di più le terre confiscate ai fautori degli inglesi, la cui assegnazione dipendeva dal Congresso, andavano nelle mani di speculatori invece di essere equamente distribuite.
Se in taluni casi si adotarono misure pacificatrici (estensione del diritto di voto), il ceto dominante si allineava in genere all' opinione di quanti pensavano che occorreva un forte governo centrale per eliminare "i materiali incendiari esistenti in ogni stato che una sola favilla potrebbe infiammare".
Si decise allora di adunare i delegati dei vari stati in una convenzione che avesse il compito di redigere una nuova costituzione.
La Convenzione si riunì a Filadelfia nel maggio del 1787 e a metà di settembre aveva terminato i suoi lavori concretati nel testo di quella costituzione che ancora oggi regge la vita politica degli Stati Uniti.
Gli estensori della costituzione mirarono a creare un governo centrale forte e nello stesso tempo a rendere indipendenti le sue tre funzioni: legislativa, esecutiva e giudiziaria.
Il potere legislativo fu attribuito ad un congresso bicamerale: la Camera dei rappresentanti eletti in ogni stato -grande o piccolo- designava due delegati. Il potere esecutivo era affidato ad un presidente, eletto direttamente dal popolo, e quello giudiziario ad una Corte Suprema i cui membri venivano designati a vita dal presidente con il concorso del senato.
La coordinazione dei tre poteri si attuava con un sistema di reciproci controlli: ogni legge votata dal Congresso doveva essere approvata dal presidente e questi, a sua volta, doveva avere l'approvazione del senato per i suoi atti.
La Corte decideva, infine, se le leggi e la loro applicazione fossero conformi alla costituzione.
La costituzione fu ratificata nel 1788. Primo presidente fu eletto George Washington e nel 1789 il nuovo ordinamento entrava in funzione rivelandosi strumento idoneo a secondare quello sviluppo straordinario che avrebbe portato gli Stati Uniti ad entrare nel rango delle grandi potenze.
Caratteristiche peculiari del nuovo ordinamento furono la tolleranza religiosa (lo stato eralaico) e la creazione di strumenti di espressione della volontà democratica e una politica estera ispirata al proposito di essere in buoni rapporti con tutti e determinata in primo luogo da interessi commerciali. Gli Stati Uniti, salvo brevi conflitti con l' Inghilterra, praticarono, nella fase iniziale della loro storia, una politica di pace.

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