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Categoria: | Storia |
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SINISTRA STORICA : 1876-83 liberal-progressisti di origine mazziniana, democratica e garibaldina, guidati da Depretis assunse il potere dopo aver contrastato il governo Minghetti sul nodo delle concessioni ferroviarie e sulla questione dell'imposta sul macinato (Tributo medievale sulla macinazione dei cereali; abolito da tempo, fu ripristinato in Italia su suggerimento di Quintino Sella, dal 69 al 84 per far fronte al disavanzo del bilancio dissanguato dalle spese militari. Provocò nelle campagne violenti moti di rivolta). La Sinistra si batté per: allargare il suffragio elettorale (raggiunto nel 1882), per decentrare i poteri amministrativi, per l'istruzione elementare gratuita e obbligatoria (legge Coppino, 1877), per un'attenuazione dell'imposizione fiscale, per una prima legislazione sociale. Politica estera: nonostante forti simpatie filofrancesi di una parte della Sinistra, l’avvio del processo coloniale spinse l'Italia verso la Triplice con gli imperi centrali (1882). La fase riformatrice si concluse nel 1882. Nel 1883 il governo Depretis comprendeva, infatti, elementi della vecchia Destra e inaugurava la stagione del trasformismo.
TRASFORMISMO Annullamento della tradizionale dialettica fra maggioranza e opposizione nel regime parlamentare. L'esito delle elezioni politiche del 1882, le prime a suffragio allargato, offrì a Depretis l'occasione per assorbire nella maggioranza una parte dei conservatori (utilizzando una strategia già applicata da Cavour col connubio), che contribuirono a bloccare la debole azione riformatrice dei progressisti. Corruzione diffusa, degrado morale, scarsa partecipazione dell'opinione pubblica alle vicende del paese.
DEPRETIS, AGOSTINO (1813-1887). Mazziniano in gioventù, abbandonò l'avvocatura per dedicarsi all'amministrazione dei beni di famiglia. Nel 1848 fu eletto deputato al parlamento subalpino, dove sedette all'opposizione. Avversario di Cavour, fu prodittatore della Sicilia nel 1860. Ministro con Rattazzi (1862) e con Ricasoli (1866-1867), divenne capo della Sinistra parlamentare nel 1873 e nel 1876 succedette a Minghetti alla guida del governo. Nonostante una larga maggioranza, il suo programma riformatore trovò però un'attuazione solo parziale, con l'abolizione del corso forzoso e dell'imposta sul macinato. Sostituito per breve tempo da B. Cairoli (1878 e 1879-1881), nel 1881 varò una coalizione meno omogenea, con la quale realizzò la riforma elettorale che allargava la base censitaria (1882) e concluse il trattato della Triplice alleanza con gli imperi centrali (maggio 1882). Nel 1883 avviò la politica detta del trasformismo, che gli permise, tra l'altro, di sostenere la prima espansione coloniale, mercé la costituzione di un forte gruppo politico-finanziario di tendenza moderata, estraneo alla tradizionale dialettica fra partiti contrapposti. Dopo la sconfitta di Dogali (1887), cooptò nel governo F. Crispi, suo principale oppositore, ma la morte lo colse nel pieno di questa nuova "trasformazione".
TRIPLICE ALLEANZA (1882-1915). Patto militare difensivo firmato il 20 maggio 1882 a Vienna da AU, GRM e IT. Per la GRM di Bismarck rappresentò il completamento del sistema di alleanze antifrancese, dopo la lega dei tre imperatori (1873). L'IT colse l'opportunità di uscire dal proprio isolamento internazionale, aggravato dal congresso di Berlino (1878) e dal protettorato francese sulla Tunisia (1881). L'alleanza fu minata dai contrasti fra austriaci e italiani per le terre "irredente" (Trentino, Venezia Giulia) e all'espansionismo asburgico nei Balcani (annessione della Bosnia-Erzegovina, 1908). Allo scoppio della prima guerra mondiale, l'Italia poté rivendicare il carattere difensivo dell'alleanza e non intervenire, fino a quando, avvicinatasi all'Intesa col patto di Londra, denunciò ufficialmente la Triplice alleanza (3 maggio 1915).
PATTO DI LONDRA (26 aprile 1915). Patto segreto fra GB, FR, RS e IT, con il quale l'Italia aderiva all'Intesa e si impegnava a entrare in guerra contro gli imperi centrali. Gli accordi prevedevano come compensi territoriali a favore dell'IT il Trentino, il Tirolo del Sud (Alto Adige), Trieste, Gorizia, l'Istria e la Dalmazia, ma escludevano Fiume, non riuscendo a immaginare un disfacimento totale dell'Austria-Ungheria. Il patto prevedeva inoltre una partecipazione italiana alla spartizione dell'Albania e all'eventuale spartizione della Turchia e delle colonie tedesche in Africa.
DESTRA STORICA 1861 al 1876 liberal-moderata. I ministeri della Destra: Cavour (1860-1861), artefice dell'unità nazionale e Marco Minghetti (1873-1876), crearono le basi del nuovo stato: unificarono le diverse tradizioni legislative, imponendo al paese i codici piemontesi; inaugurarono un indirizzo fortemente centralistico, dislocando in periferia le prefetture; drenarono attraverso un pesante fiscalismo le risorse prodotte dalla rendita fondiaria e immobiliare per finanziare la modernizzazione delle infrastrutture e l'avvio di grandi opere pubbliche; resero omogeneo il sistema scolastico. Sul versante della politica internazionale, la Destra mantenne la tradizionale alleanza con la Francia, pur battendosi per l'annessione di Venezia e Roma, ottenute tra il 1866 e il 1870.
MINGHETTI, MARCO (1818-1886). Politico italiano. Già ministro nel governo costituzionale di Pio IX, fu vicino a Cavour. Ministro dell'Interno (1860-1861) e delle Finanze (1862-1864), come presidente del consiglio firmò la Convenzione di settembre (1864). Presidente del consiglio e ministro delle Finanze nell'ultimo governo della Destra (1873-1876), capeggiò dal 1876 l'opposizione.
CONVENZIONE DI SETTEMBRE (1864). Accordo tra il governo italiano e quello francese che prevedeva il graduale ritiro (nell'arco di un biennio) delle truppe di Parigi da Roma e il contestuale rispetto del principio del non intervento, l'impegno italiano a impedire qualsiasi attentato contro l'integrità dello Stato della chiesa e a trasferire la capitale da Torino a Firenze entro sei mesi.
IMPERIALISMO Tendenza di uno stato o di un popolo ad acquisire il dominio e il controllo politico o economico, diretto o indiretto, su un altro stato o popolo. Più specificamente s'intende l'indirizzo degli stati che si trovavano nella fase di grande espansione del capitalismo soprattutto a partire dagli anni ottanta dell'Ottocento. Il termine trae infatti origine dall'assetto "imperiale" dato dal 1877 dalla GB alle relazioni con i possedimenti coloniali, quando la regina Vittoria assunse il titolo di "imperatrice delle Indie". Nel periodo compreso tra l'ultimo ventennio dell'Ottocento e la prima guerra mondiale, che già i contemporanei definirono "età dell'imperialismo", l'espansione coloniale procedette a un ritmo assai più rapido che nel passato, determinando gli orientamenti delle relazioni diplomatiche e delle alleanze tra gli stati ed esercitando un peso senza precedenti anche nella politica interna dei singoli paesi. Ampi riflessi si ebbero nel mondo della cultura e sull'opinione pubblica, presso le quali le tendenze espansive degli stati alimentarono ideologie nazionaliste xenofobe e razziste che caratterizzarono ampia parte della società europea e ne furono alimentate. GB: Motivi strategici (dominio dei mari) spinsero nel corso dell'Ottocento all'acquisizione di una catena di piazzeforti marittime che collegasse i domini britannici: Gibilterra, Malta, Suez, Aden, Città del capo, Singapore, Seychelles, Figi, Falkland e altre ancora. Tra il 1882 e la prima guerra mondiale la GB assunse il controllo di vasti territori in Africa (Egitto, Sudan, Kenia, Nigeria, Rhodesia, il cono meridionale del continente più altri territori sparsi); incentivò il popolamento nelle colonie d'Australia e Nuova Zelanda; in Sudafrica, completò la sottomissione del subcontinente indiano. Gli inglesi adottarono modelli di gestione coloniale molto articolati: le colonie di popolamento (cioè meta di emigrazione dalla madrepatria) abitate da bianchi furono presto avviate verso l'autonomia amministrativa e l'autogoverno, mentre nei domini abitati da indigeni si introdussero forme di governo indiretto di tipo autoritario-paternalistico che non sopprimevano gli istituti indigeni ma li utilizzavano affidandoli direttamente o indirettamente a funzionari inglesi. FR: non realizzò grosse colonie di popolamento, si mosse soprattutto per questioni di prestigio, conquistando tra il 1830 e la prima guerra mondiale la quasi totalità dell'Africa occidentale e il Madagascar e formando nel 1887 l'Unione indocinese (penisola Indocinese). L'amministrazione francese fu caratterizzata da forme di gestione diretta e autoritaria delle colonie. GRM: tardi anni ottanta Africa centrorientale (Camerun, Tanganica), motivi d prestigio. IT: cono etiopico dal 1885 e occupò una prima volta la Libia nel 1911-1912; durante il fascismo riconquista della Libia, 1922-1932; Etiopia, 1935-1936; proclamazione dell'impero, 1936. GIAP: si realizzò a spese della Corea RUS: assoggettò nel corso dell'Ottocento numerose popolazioni dell'Asia orientale e centrale BELGIO: nel 1908 acquisì ufficialmente il Congo USA: all'occupazione dei territori preferirono la "diplomazia del dollaro"=creazione di un’egemonia sia economica che militare su tutto il continente americano (tranne Canada), realizzata attraverso la penetrazione delle grandi società commerciali statunitensi che giunsero a esercitare un pesante controllo, in parte tuttora esistente, su gran parte dell'America latina.
CONGRESSO DI BERLINO (13 giugno - 13 luglio 1878). Conferenza delle potenze europee, sotto la direzione di Bismarck, con lo scopo di allentare le tensioni nelle regioni balcaniche soggette al dominio turco (Bosnia, Erzegovina, Bulgaria), sfociate nella guerra tra Russia e ottomani (1877). Col trattato di Santo Stefano i russi vittoriosi avevano appena posto un'ipoteca politica sui Balcani, a cui reagirono austriaci e inglesi, spingendo Bismarck a convocare il congresso. Protagonisti ne furono, oltre al cancelliere tedesco, G. Andrassy (Austria-Ungheria), A.M. Gorcakov (Russia) e B. Disraeli (Gran Bretagna) che presero le reali decisioni, scavalcando Francia, Turchia e Italia. I successi russi furono ridimensionati; Romania, Serbia, Montenegro e Bulgaria rimasero indipendenti, con perdite territoriali dei bulgari, filorussi; la Bosnia-Erzegovina fu affidata all'Austria in "amministrazione temporanea" e Cipro agli inglesi; la Russia si accontentò della Bessarabia. L'Italia ebbe il ruolo di comparsa. L'accordo incrinò il patto dei tre imperatori e preparò l'avvicinamento tra Russia, Francia e Gran Bretagna.
GIOLITTI, GIOVANNI (1842-1928). Deputato dal 1882, fu ministro del Tesoro (1889-1890) nel gabinetto Crispi. Nel maggio 92 formò il suo primo ministero, che cadde nel novembre 1893 per il suo coinvolgimento nello scandalo della Banca romana. Fu ministro dell'Interno nel gabinetto Zanardelli (1901-1903), guidò quindi tre ministeri quasi ininterrottamente dal novembre 1903 al marzo 1914 (età giolittiana), durante i quali adottò posizioni di equilibrio centrista, cercò l'appoggio della sinistra radicale e socialriformista, allargando la legislazione sociale e incoraggiando il movimento sindacale e cooperativo; dopo l'introduzione del suffragio universale maschile nel 1912 preferì appoggiarsi ai cattolici per contrastare l'avanzata elettorale delle sinistre (patto Gentiloni). Fu un abile e spregiudicato manipolatore elettorale, tanto da guadagnarsi l'epiteto di "ministro della malavita" (G. Salvemini). Difensore dell'impresa di Libia (1911-1912), avversò invece la partecipazione italiana nella prima guerra mondiale, divenendo per questo oggetto delle ire degli interventisti. Nuovamente presidente del consiglio dal giugno 1920 al giugno 1921, adottò un atteggiamento tollerante per il fascismo.
ZANARDELLI (1826-1903). Deputato della Sinistra dal 1860, ministro dei Lavori pubblici (1878), di Grazia e giustizia (1881-1883), fu relatore del codice penale del 1890 e presidente della Camera (1892-1894; 1897-1899). Si oppose alla politica coloniale e si dimise dopo le agitazioni del 1898. Fu presidente del consiglio nel governo di svolta democratica d'inizio secolo (1901-1903).
CRISPI, FRANCESCO (1818-1901). Partecipò alla rivoluzione palermitana del 1848 su posizioni democratiche e autonomiste. Nel 1860, dopo aver preparato la spedizione dei Mille, fu la mente politica della dittatura garibaldina nel meridione. Deputato della sinistra dal 1861, andò progressivamente distaccandosi dal mazzinismo fino a divenire convinto monarchico; nel 1877 divenne ministro degli Interni con Depretis (1877-1878), ma fu costretto a dimettersi nel 1878 perché processato per bigamia. Dal 1887 al 1891 diresse il suo primo governo durante il quale fu ispiratore dell'ammodernamento dello stato tramite una direzione più energica ed efficiente della cosa pubblica (rafforzamento delle competenze del presidente del consiglio; codice sanitario e riforma dell'ordinamento degli enti locali, 1888; legge sulle opere pie e nuovo codice penale, 1890). Nel suo secondo ministero (1893-1896) represse duramente i Fasci siciliani e colpì l'opposizione di sinistra con le leggi antianarchiche (luglio 1894). Fedele alla Triplice alleanza, fu assertore di una politica estera energica, in grado di far valere nel mondo il prestigio dell'Italia; nel 1889 iniziò quindi l'occupazione dell'Eritrea, prima colonia italiana, ma la disfatta delle truppe italiane contro le forze eritree presso Adua (1896) lo costrinse ad abbandonare la vita politica.
ETÀ GIOLITTIANA (1901-1913) Periodo di storia italiana dominato dalla figura dello statista Giovanni Giolitti, prima come ministro dell'Interno nel gabinetto Zanardelli, poi quasi ininterrottamente presidente del consiglio fino alla vigilia della guerra. Il periodo ha tuttavia una importanza centrale nella storia d'Italia indipendentemente dal ruolo di Giolitti; quegli anni infatti rappresentarono una svolta con la quale si affermarono nuove linee di sviluppo economico, sociale e politico. Venne rispettato il diritto di sciopero e sindacato mediatore sociale nei conflitti di lavoro (istituzione dell'Ufficio del lavoro), protetto e facilitato lo sviluppo delle cooperative. Estesa l'assicurazione obbligatoria contro infortuni sul lavoro del 98; limitato il lavoro notturno delle donne, elevata a dodici anni l'età minima per il lavoro; legge Daneo-Credaro 1911 addossò allo stato le spese per le scuole elementari; nel 1912 fu istituito il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita, che avrebbe dovuto permettere alla finanza pubblica di reperire i capitali per finanziare la cassa pensioni per l'invalidità e la vecchiaia dei lavoratori, ma l'attuazione del provvedimento fu rimandata di dieci anni. Sulla stessa linea di sviluppo dello stato moderno si collocarono la statalizzazione del servizio telefonico (1903) e delle ferrovie (1905), mentre la legge sulle municipalizzazioni (1903) aprì la strada all'esercizio diretto dei servizi pubblici cittadini da parte dei comuni. L'innovazione politica più importante fu l'istituzione nel 1912 del suffragio universale maschile che, estendendo tra l'altro il diritto di voto anche agli analfabeti che avessero compiuto i trent'anni, permise per la prima volta l'ingresso delle masse contadine nel corpo elettorale, che risultò quasi triplicato fino a coinvolgere oltre il 24% della popolazione italiana. L'aspetto più rilevante dell'età giolittiana fu l'intensificazione dell'industrializzazione tra il 1896 e il 1907 ma solo dove si era già avviata (nord). L'unico sbocco occupazionale cospicuo per i meridionali cominciò a essere il pubblico impiego, le cui fila si ampliarono moltissimo in età giolittiana. Nascita della Confederazione Generale del Lavoro1906 e Confindustria 1910.
destra sinistra al potere 1860