scrittura e simbologia egizia

Materie:Tesina
Categoria:Storia

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Testo

L'ANTICO EGITTO
Breve introduzione
LA SCRITTURA
Geroglifico viene dal greco hieroglyphicòs, formato da hieròs (sacro) e glyphein (scrivere). La scrittura era, infatti, appannaggio dei sacerdoti; dunque era sacra.
La scrittura geroglifica è detta "monumentale", poiché era usata soprattutto per le iscrizioni scolpite sulle pareti dei templi e delle tombe. Per semplificare le iscrizioni a penna su papiro si adottò una scrittura corsiva, detta "ieratica". Nel VII secolo a.C. fece poi la sua apparizione sui papiri un’altra forma di scrittura ancora, il demotico o "scrittura popolare", che permetteva una redazione più rapida dei documenti.
La scrittura egiziana è "ideografica", cioè composta d’ideogrammi, figure che rappresentano tanto l’uomo e le sue azioni, quanto animali, piante, oggetti domestici, e ogni sorta di rappresentazione della realtà.
I SEGNI
Il sistema geroglifico era in parte pittorico e in parte fonetico. Un solo segno poteva avere valori differenti, a seconda che fosse utilizzato in funzione di ciò che rappresentava, cioè come ideogramma, o per il suo valore fonetico, ovvero come fonogramma. Per esempio, l’occhio poteva significare letteralmente "occhio", oppure avere il valore fonetico iri.
All'origine della scrittura, ogni segno svolgeva la funzione di pittogramma; in altre parole, il senso era rappresentato in maniera figurata dal segno stesso. Un pesce significava "pesce", una casa voleva dire "casa". Gli egiziani disegnavano un oggetto sempre nella stessa maniera convenzionale, in modo da non suscitare ambiguità. Per tradurre un’azione, la rappresentavano per mezzo di una figura umana semplificata, oppure per mezzo della parte del corpo che compiva l’azione stessa (un braccio, una mano, la bocca, ecc.).
Con il passare del tempo, l’esigenza di esprimere concetti astratti e nomi propri condusse ad utilizzare i segni per il loro valore fonetico.

LA SCRITTURA
Che dire dell’importazione o della comparsa spontanea della scrittura in una civiltà? L’ipotesi dell’importazione non sembra rivestire un peso particolare in Egitto, quando si considerano le raffigurazioni sui vasi nagadiani, mediante le quali si può seguire il cammino di stilizzazione progressiva, dai vegetali agli animali, passando per le scene di danza rituale, sino a giungere alle riproduzioni delle insegne divine che sono già dei veri e propri geroglifici.
Queste ultime riflettono già, in effetti, il principio fondamentale della scrittura egiziana, che non muterà per tutta la durata della civiltà faraonica: la combinazione del pittogramma e del fonogramma. E’ difficile determinare il momento di passaggio dal primo al secondo, se pur tale momento è mai esistito, il solo argomento in suo favore è la concisione delle prime iscrizioni: il fatto che esse impieghino spesso un segno unico, senza quei complementi fonetici cui la scrittura egiziana ricorrerà in seguito, lascia supporre che agli inizi si procedesse per rappresentazione diretta. Questo porta a considerare la notazione fonetica un progresso tecnico tendente ad accelerarsi con il tempo, il cui esito, infine, fu un sovraccarico grafico sempre più esplicito, che sarebbe in un certo modo il preludio alla scrittura alfabetica. Si può avere una tale impressione paragonando i testi dell’Antico regno con quelli del 1°millennio a.C.: ma è quella giusta?
La scrittura geroglifica combina il pittogramma, l’ideogramma e il fonogramma. Il pittogramma è la rappresentazione diretta: il disegno di un uomo, di una casa, di un uccello equivale a pronunciarne il nome. Il principio è quello delle raffigurazioni parietali preistoriche, ed è tanto semplice che se ne comprendono immediatamente i limiti, che sono quelli della realtà delle cose. La rappresentazione diretta dei concetti non sembra semplice, anche se si ricorre a processi di metonimia: rappresentare l’effetto per la causa – il vento per mezzo di una vela rigonfia – ovvero il contenuto mediante il contenente – la giara da birra significa “birra”, il rotolo di papiro qualsiasi operazione che abbia attinenza con la scrittura e via dicendo. Rimane ancora il problema degli omofoni: “Sa”, che si scrive mediante l’immagine di un’anatra di profilo, indica sia il termine “anatra” che il termine “figlio”. E’ dunque necessario togliere ad alcuni segni di valore ideogrammatico e conservarne soltanto quello fonetico: il geroglifico dell’anatra perciò servirà a trascrivere il suono bilittero sa, sia nel caso in cui si voglia indicare il concetto “figlio” che in quello in cui s’intendeva designare il concetto di “anatra”. La differenza tra i due verrà fatta mediante l’utilizzo di un segno con il valore di determinativo generico aggiunto al fonema: un uomo quando si tratta di “figlio”, un volatile quando si tratta di “anatra”. Nel secondo caso, poiché l’incontro di due volatili potrebbe causare confusione, si sostituisce il determinativo con un trattino verticale, il quale indica che il segno è impiegato per rappresentare il proprio valore originale.
Se, in via di principio, ogni fonogramma conserva il proprio valore ideogrammatico, alcuni segni si specializzano, in effetti, per rappresentare i fonemi più comuni. Sono soprattutto segni monolitteri, che costituiscono una sorta d’alfabeto di 26 lettere, mediante il qual è teoricamente possibile riprodurre tutti i suoni. Nella pratica, l’Egiziano ricorreva ad altri segni, che da soli riproducono fonemi da due a sei lettere, conservando, tuttavia, il proprio valore ideogrammatico. La scrittura utilizza così un insieme composto da ideogrammi, fonogrammi e determinativi, che può spaziare, secondo la ricchezza delle espressioni e delle epoche, da un migliaio a diverse migliaia di segni.
Il carattere geroglifico è riservato specialmente alle iscrizioni lapidarie e, più generalmente, murali, incise, a bassorilievo o dipinte. Il suo principio di base non si evolve dalle più antiche iscrizioni a quelle dei templi d’epoca romana. Le sole varianti riguardano la grafia: stilizzazione più o meno accentuata, ovvero, al contrario, arricchimento, realismo, tendenze arcanizzanti o innovative, a seconda di quanto si proponevano coloro che le dirigevano.
Per i documenti amministrativi, contabili, giuridici e per i testi destinati alla conservazione in archivio, dalle composizioni letterarie ai rituali religiosi e funerari, si fece ricorso molto presto ad un genere di scrittura corsivo, che i turisti greci d’epoca tarda hanno chiamato “ieratica”, perché pensavano, secondo era dato loro di vedere, che fosse riservata ai membri del clero, in opposto al ”demotico”, che sembrava loro diffuso soltanto tra il popolo. In realtà, quest’ultimo è solo una forma nuova dello ieratico apparsa verso il VII sec. a.C. Il principio dello ieratico è semplice: esso riproduce i geroglifici abbreviati, presi singolarmente ovvero, per i segni che compaiono più frequentemente, in gruppo. Questo tipo di scrittura stenografica evolve, dall’Antico Regno agli ultimi secoli della cultura faraonica, verso una semplificazione sempre maggiore, le cui ultime tappe sono, per l’appunto, il demotico ed un genere di scrittura tebana d’epoca etiopica e persiana, che conobbe l’apogeo verso la metà del 1°millennio a.C. ed è chiamata “ieratico anormale”. Sotto l’influsso degli scambi con il Mediterraneo e della dominazione prima greca e poi romana, la scrittura, da ultimo, si avvicina sempre più al sistema alfabetico con il copto il quale non è altro che l’alfabeto greco, cui cono state aggiunte sette lettere necessarie per rendere dei fonemi che il greco non possiede. Il copto, che riproduce lo stato della lingua egiziana verso il III° sec. A.C., divenne con l’abbandono del politeismo la scrittura della Chiesa, ma solo di essa, poiché l’alfabeto ufficiale rimase sempre il greco e, dopo la conquista, venne sostituito dall’arabo. Da quel tempo il copto è rimasta la lingua comunitaria ei cristiani d’Egitto; oggi è la lingua liturgica, ed è proprio grazie alla conoscenza del copto che Champollion poté ricostruire la base fonetica egiziana antica.
Lo ieratico è una scrittura utilitaria per eccellenza: di conseguenza, era quella che s’insegnava per prima nelle scuole ai giovani scribi. Lo studente tracciava in ieratico, su cocci di vasi o su scaglie di calcare, chiamate oggi “ostrica” con termine greco, con le sue prime lettere. Questo supporto, che è il più modesto tra tutti, poiché si può trovare in un mucchio di vasellame rotto o tra i frammenti di una cava di pietra, poteva esser sostituito dall’argilla, con cui si modellava una tavoletta sulla quale si poteva scrivere mediante uno stilo. L’impiego del papiro, più costoso, era riservato ai testi importanti: materiale da archiviare, liste di conti, testi religiosi, testi magici, opere scientifiche, opere letterarie, che potevano essere trascritte anche su rotoli di cuoio e su tavolette lignee stuccate. Libro dei Morti
Il più antico esempio di testo illustrato è un papiro egizio manoscritto, conosciuto come Libro dei Morti; in esso, preghiere, formule magiche e inni vergati in geroglifici si accompagnano a illustrazioni di scene del viaggio dell'anima dopo la morte.
Jillbest91

Esempio



  


  1. ca

    dovreste mettere delle immagini dei geroglifici