Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia |
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Data: | 25.06.2001 |
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Il significato culturale della rivoluzione scientifica.Parlate di quel passaggio cruciale che porta dal “mondo del pressappoco” all’”universo della precisione” dall’”accumulazione”e “imitazione” all’”innovazione” e al ribaltamento di conoscenze attestate da millenni, dalla centralità dell’uomo nell’universo alla sua marginalità.
Per circa 2000 anni fu considerata valida la teoria cosmologica formulata da Aristotele, successivamente approfondita da Eudosso di Cnido e da Tolomeo d’Alessandria e infine adattata al pensiero cristiano da Tommaso d’Aquino.
Lo storico contemporaneo Paolo Rossi, nell’opera “La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton”, ci illustra la struttura dell’universo aristotelico.
In esso coesistono due mondi:quello terrestre, o sublunare, e quello celeste, o superlunare.
Il primo di questi è nato dalla mescolanza dei quattro elementi ed è proprio a causa di questo fattore dinamico che il mondo terrestre risulta caratterizzato dal mutamento e dal divenire. I corpi presenti in esso sono perciò corruttibili e si muovono di moto rettilineo, difforme e sempre limitato nel tempo.
Il mondo superlunare è invece immutabile ed eterno. La materia che compone i corpi celesti è infatti l’etere, elemento perfetto e incorruttibile, che ne determina il moto circolare.
Aristotele eleva dunque una barriera invalicabile tra mondo celeste e mondo sublunare, immaginandoli costituiti di elementi irriducibilmente diversi. Sarà proprio questa frattura dell’unità del mondo ad avere un peso assai rilevante sulle filosofie della natura sino al sorgere del pensiero moderno.
Nel periodo che va dal 1530 al 1620 studiosi quali Copernico, Brahe, Keplero e Galilei
formularono una nuova concezione astronomica dell’ universo fisico in grado di sconvolgere idee e credenze radicate da sempre nell’animo umano.
La nuova cosmologia che privava l’umanita della sua posizione centrale nell’universo, non poteva non incidere profondamente sulla concezione filosofica dell’uomo e dei suoi rapporti con la natura; essa costituiva inoltre una tappa necessaria per liberare lo scienziato dal peso del “sapere” tradizionale, “sapere” che la scienza deve essere in grado di mettere in discussione come qualunque altra ipotesi, rifiutandosi nel modo più assoluto di vedere in esso una barriera invalicabile alle proprie indagini.
Nei secoli precedenti le conoscenze scientifiche si sviluppavano per “accumulazione e imitazione”; esse erano infatti considerate una sorta di verità dogmatiche di fronte alle quali perfino allo scienziato stesso non era concesso la loro messa in discussione.
Il sapere si fossilizzava alla semplice constatazione o, tutto al più, nella formulazione di leggi e teorie in perfetto accordo e armonia con il pensiero religioso. Per migliaia di anni si è creduto che la Terra fosse immobile al centro dell’universo e che intorno ad essa ruotasse il sole. Nelle Sacre Scritture infatti si narra che Giosuè, uno dei grandi condottieri di Israele, avesse chiesto a Dio di fermare il tempo dicendo “Fermati, o sole!”.
La rivoluzione astronomica ha determinato oltre ad una evoluzione nel pensiero scientifico, una vera e propria rivoluzione in campo culturale.
Infatti partendo dal presupposto che la scienza non può ammettere nessuna limitazione aprioristica alla propria indagine e quindi deve essere libera di ripudiare qualunque teoria, per quanto antica e autorevole, qualora i fatti osservati non si inquadrino in essa, si dà un grosso impulso al metodo dell’osservazione che impone scrupolo e sistematicità, spirito critico e esclusione di pregiudizi.
I progressi realizzati da tutte le scienze con l’applicazione rigorosa del metodo sperimentale dimostrarono ampiamente che la via da esso aperta era quella giusta: era una via capace di farci penetrare i segreti della natura, incomparabilmente meglio sia della scienza tradizionale di tipo aristotelico sia di qualunque magia e stregoneria.
Con la nuova scienza l’uomo non si sente più possessore di verità preconfezionate e
valide in assoluto e viene spinto all’accettazione di un relativismo culturale che si va a sostituire alle certezze dogmatiche del tempo. Essa determina il passaggio da una conoscenza approssimativa e incerta ad una visione precisa dell’universo regolato da leggi matematiche
Lo scopo della rivoluzione astronomica era quello di sgombrare la via della ricerca scientifica dagli ostacoli della tradizione culturale e teologica. Galilei, nella Lettera alla Granduchessa Cristina, dice: “…la Sacra Scrittura e la natura procedono entrambe dal Verbo divino, la prima come dettatura dello Spirito Santo, la seconda come esecutrice degli ordini di Dio; ma la parola di Dio ha dovuto adattarsi al limitato intendimento degli uomini ai quali si rivolgeva, mentre la natura è inesorabile e immutabile e mai non trascende i termini delle leggi impostegli, perché non si cura che le sue recondite ragioni siano comprese dagli uomini.”
Soltanto il libro della natura è l’oggetto proprio della scienza e questo libro può essere interpretato e letto soltanto dall’esperienza che è la rivelazione diretta della natura nella sua verità. In questa affermazione rivoluzionaria si coglie appieno il nuovo clima culturale, la nuova visione dell’uomo e della civiltà.
Galilei ha sottratto l’indagine culturale ad ogni preoccupazione finalistica o antropologica e ha realizzato la riduzione della natura a oggettività misurabile portando la scienza moderna alla sua maturità.
Infine di fronte alla pluralità dei mondi e alla marginalità della Terra e dell’uomo all’interno di un universo in gran parte sconosciuto, sorge un importante problema di carattere morale e religioso che pone in discussione il rapporto uomo-Dio.
All’interno di un universo infinito ci si pone l’interrogativo di come l’uomo può entrare in contatto con Dio e la presenza di altri pianeti presuppone l’esistenza di altre forme di vita. La risposta a questi interrogativi costituisce forse la molla che sin dalle origini dell’umanità spinge l’uomo alla ricerca.
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