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Testo
I russi erano convinti che il sistema autocratico sarebbe finito sotto il regno di Nicola II
A metà febbraio del 1914 il ministro dell’interno tracciava in un memoriale indirizzato allo zar le seguenti prognosi: >.
Il 1° agosto 1914 scoppiò la prima guerra mondiale
Nel 1917 cominciò la crisi interna
La guerra rappresentava per la debole Russia un grave colpo per l’economia e per le perdite umane: due milioni di morti, quattro milioni di feriti, due milioni catturati dai tedeschi, strade ingombre di profughi che abbandonavano le terre occupate dal nemico, le fabbriche della Polonia, Russia e della Lituana erano in mani nemiche, erano cessate le importazioni dall’Europa occidentale, mar Baltico, mar Nero inaccessibili alle navi alleate. Raddoppiarono gli operai occupati nell’industria bellica ma nonostante ciò la produzione era diminuita: l’industria bellica soddisfala solo parzialmente le risorse dell’esercito. L’agricoltura viene messa da parte. Nonostante l’attività ferroviaria cresceva non bastava ad assicurare il trasporto delle truppe, dei profughi, delle munizioni, dei viveri e a rifornire le città di generi alimentari. Infine il sovraccarico paralizzò completamente l’attività ferroviaria. Durante l’inverno il trasporto dei generi alimentari avveniva tramite le slitte, come nei tempi antichi. I militari acquistavano i generi alimentari dalle province occidentali, poco lontane dal fronte, lasciando ai politici il compito di provvedere per la popolazione civile. Aumentarono i prezzi (per la salita di richiesta), infatti non esisteva un controllo unitario dei prezzi. Alcuni governatori chiusero i confini della loro regione amministrativa per impedire l’esportazione del grano esistente. Gli agricoltori ridussero la produzione del grano insoddisfatti dei prezzi massimi consentiti. Gli sforzi imposti dalla guerra fecero crollare rapidamente la moneta russa e le finanze, la banca riduceva al minimo la concessioni dei crediti ai settori non militari dell’economia.
Si sosteneva che la direzione della politica economica doveva essere sottratta al governo e alla burocrazia, ed essere assunta dalle organizzazioni autonome degli imprenditori delle città dei semstvo. Ma la borghesia russa era numericamente troppo debole e storicamente troppo giovane per poter svolgere e controllare importanti funzioni amministrative. Lo zarismo, dal canto suo, si rifiutava di cedere funzioni importanti e con queste parte del suo potere; cerco quindi di ostacolare gli organi amministrativi autonomi della borghesia: ricorrendo a giustificazioni che richiamavano la corruzione di cui si era macchiata parte della borghesia con le forniture militari durante la guerra russo-giapponese. Nicola II non aveva una sua volontà ma era molto influenzato dalla moglie Alessandra Fëdorovna( Alix Von Hessen) che a sua volta si faceva guidare da un ciarlatano: Rasputin. Senza il minimo presentimento dei pericoli ai quali esponeva la sopravvivenza della monarchia e senza prestare attenzione alle critiche dei deputati della Duma, lo zar si circondò di ministri che propugnavano una politica interna ciecamente reazionaria.
A partire dalla primavera del 1915 si ebbero tra gli operai ondate di scioperi sempre più imponenti. Durante gli scioperi si ebbero perfino dimostrazioni con la bandiera rossa, sanguinosi furono gli interventi della polizia e delle truppe incaricate di mantenere l’ordine.
Nell’Ottobre del 1916 si sentiva gridare dalle degli oprai: “abbasso la guerra, abbasso l’autocrazia!!”. Alla fine di novembre si presentò al presidente della Duma Rodzianko, una delegazione eletta da 10000 operai delle officine Putilov ( una delle maggiori industrie di armamenti) per offrirgli un aiuto armato nella battaglia contro il regime. Per la prima volta interi reggimenti di contadini si rifiutavano di andare all’assalto. “Perché combattere” dicevano”se questo governo non ci darà mai la terra?”
Lo zar non cedeva, isolato dal popolo, egli sembrava non rendersi conto di nulla.
Circolavano già voci di un imminente colpo di stato, per costringere lo zar ad abdicare, alcuni ufficiali cospiravano in questo senso con il presidente del comitato per l’industria bellica, il banchiere Gučkov. Il fermento ribolliva tra gli operai. Il 3(22) gennaio, anniversario della domenica di sangue(pag. 122 del libro) (1905) ebbero luogo in diverse città varie dimostrazioni contro la guerra.
La rivoluzione era nell’aria
Il governo britannico compì mediante Lord Miller un tentativo per persuadere lo zar a precedere dalla sua politica. Ma Nicola II e la zarina non accettarono consigli.
Lo zar nel 1906 dopo aver concluso la pace con il Giappone sciolse il parlamento(Duma). Il 14(27) febbraio1917 la Duma fu riaperta e si rinnovarono gli attacchi al governo con un’asprezza senza precedenti.
Intanto la carestia assunse il carattere di una catastrofe, gente affamata ed eccitata riempiva le strade. Cominciavano i saccheggi dei negozi. La polizia dispose mitragliatrici sui tetti. Gli operai occuparono le fabbriche(sciopero all’italiana) e gli industriali reagirono con la serrata:30.000 operai rimasero senza lavoro.
Il popolo ondeggiava avanti e indietro cantando canzoni rivoluzionarie. Qua e là reparti di cosacchi e di soldati fraternizzavano già con la massa. Il comando del reggimento della guardia di Polonia sotto il comando dello zar aprì il fuoco sulla prospettiva Nevskij. Sessanta dimostranti caddero morti sulla piazza. In altre località invece alcuni soldati fecero fuoco sulla polizia.
Il presidente della Duma che voleva salvare la monarchia pregò lo zar di rinunciare all’autocrazia. Non ebbe risposte.
I soldati presero parte alla rivoluzione, saccheggiarono fucili e munizioni che caddero in mano anche agli operai. Una parte del reggimento di Mosca si oppose agli insorti ma fu presto ridotto al silenzio e finì per unirsi alla rivolta. Il palazzo di giustizia, le prigioni , le caserme della polizia e della gendarmeria furono prese d’assalto e, dopo la liberazione di tutti i detenuti, vennero date alle fiamme. Il blocco borghese della Duma tentava di frenare la rivoluzione affinché il potere non cadesse nelle mani della sinistra socialista, si creò un comitato della Duma incaricato di preparare la formazione di un nuovo governo e di ristabilire l’ordine( ne facevano parte Rodzianko, il presidente, Miljukov e Kerenskij).
Nel pomeriggio del 27 febbraio(12 marzo) soldati e operai armati occuparono la sede della Duma. Alla sera si riunì nella sala delle sedute il primo soviet dei lavoratori e dei soldati. Il soviet contava nel complesso più di mille membri. Il consiglio degli operai e dei soldati non riuscì tuttavia a strappare il potere al comitato della Duma, lanciò un appello alla popolazione di tutta la Russia nel quale si affermava che il popolo doveva creare una propria organizzazione armata.il potere di decidere sulla futura politica della Russia era riservato a un’assemblea nazionale costituente da eleggere con il metodo democratico.
Il soviet non accennava ancora a una dittatura del proletariato ma si limitava a rappresentare gli interessi dei soldati e degli operai, infatti Lenin e altri membri importanti del partito bolscevico si trovavano ancora all’estero in esilio in Siberia. Il governo dello zar ordinò l’assedio di Pietrogrado. In alcune località la popolazione fu mitragliata. Ma i soldati rivoluzionari incominciarono già ad arrestare dignitari del regime zarista e a consegnarli al soviet.
Nicola II nominò il generale Ivanov dittatore militare e gli ordinò di recarsi nella capitale per reprimere le agitazioni. Il sovrano decise di raggiungere la famiglia a Zarskoe Selo. L’imperatrice aveva constatato che molte truppe erano con i rivoluzionari e lo zar decise di concedere al popolo una costituzione, ma ormai era troppo tardi. Zarskoe Selo fu occupata dai ribelli (28 febbraio)l’imperatrice fu sottoposta a sorveglianza. Il treno dello zar fu deviato verso Pskov dove però fu fermato dal generale Russkij che voleva rendersi utile per essere risparmiato dai nuovi padroni. Dal 1° al 2° marzo lo zar firmò un manifesto che prometteva la convocazione di un gabinetto ministeriale responsabile davanti al parlamento ma Rodzianko che ne fu informato per telefono disse che ormai si voleva l’abdicazione dello zar.
A Pietrogrado il soviet cominciò a pubblicare un proprio giornale le” izvestija”. Su questo foglio fu pubblicato l’ordine n° 1:” ogni unità militare doveva eleggere comitati formati dalla truppa; bisognava obbedire agli ordini della commissione militare dalla Duma soltanto se non contrastavano con l’ordine del soviet; bisognava sottrarre agli ufficiali il controllo delle armi; i soldati fuori servizio dovevano godere di tutti i diritti degli altri cittadini; era abolito il saluto militare fuori servizio; era proibito da quel momento agli ufficiali di dare del tu ai soldati”.Il soviet e la Duma concordavano sul fatto che lo zar doveva essere deposto, che occorreva formare un governo provvisorio e convocare un’assemblea nazionale costituente. Il governo era dominato da rappresentanti della proprietà fondiaria e del capitale. La sinistra era rappresentata soltanto da Kerenskij social -rivoluzionario cui toccò il Ministero della giustizia. Ai capi della borghesia liberale ciò conveniva perché Kerenskij era assai popolare tra operai e soldati. Kerenskij membro del soviet e del governo si trovò a controllare il governo da una parte, come incaricato del soviet, e dall’altra, sostenere davanti alla politica del governo il soviet. Da principio prevalse la prima, in seguito la seconda funzione. Quando Miljukov rese nota la composizione del governo provvisorio alcuni chiesero quale destino sarebbe toccato alla dinastia dei Romanov. Egli rispose che la corona sarebbe passata al principe ereditario.La sua dichiarazione provocò burrascose e prolungate proteste. Alla notizia che si intendeva conservare la monarchia, la popolazione di Pietrogrado reagì con imponenti manifestazioni chiedendo la proclamazione della Repubblica. L’agitazione rivoluzionaria era così impetuosa da far temere il massacro dei monarchici. Due delegati del comitato della Duma Gučkov e Šulgin chiesero allo zar di abdicare in favore del figlio Aleksej.Gučkov disse al sovrano che doveva trasferirsi senza indugio all’estero. Per non essere costretto a separarsi dal figlio lo zar abdicò in favore del fratello il granduca Michele( il documento di abdicazione era illegale: Nicola aveva diritto di rinunciare al trono solo il suo nome e non anche in nome del figlio). Lo zar partì per Zarskoe Selo dove fu sottoposto a rigorosa sorveglianza insieme con la moglie e i figli. L’autorizzazione a emigrare in Inghilterra era stata fatta annullare da Kerenskij in nome del soviet. Kerenskij chiese in nome degli operai e dei soldati l’abolizione della monarchia minacciando in caso contrario di rovesciare il governo provvisorio. Il 3 marzo anche il granduca Michele firma l’abdicazione.
Lo varismo era abbattuto. La Russia assume la forma di Repubblica democratico- borghese.
Durante la Rivoluzione che nel febbraio 1917 spazzò via l’ancien regime furono uccise o ferite a Pietrogrado 1443 persone, a Mosca ancora meno. >In rapporto alla popolazione totale della Russia la cifra era modesta. Il nuovo sistema politico era destinato ad avere breve durata. Nell’ottobre dello stesso anno crollò.
L’ORDINE DEL MARXISMO IN RUSSIA
Nei circoli intellettuali russi l’interesse per le teorie marxistiche fu destato e accresciuto dall’evidente espansione dei sistemi di produzione capitalistici. Alcuni cominciarono a capire che il sistema capitalista poteva affermarsi anche in Russia e che avrebbe portato il paese verso l’evoluzione sociale che aveva sperimentato l’Europa occidentale. Se le cose stavano così le analisi e i pronostici di Marx sul futuro del capitalismo acquistavano per la Russia grande importanza. Il primo socialista russo che applicò i metodi dell’analisi marxista alle condizioni della Russia fu Georgij Plechanov. Egli predisse che la borghesia e la classe operaia si sarebbero sviluppate in Russia con la stessa ineluttabilità del capitalismo.
Mentre Plechanov aveva caratterizzato i contadini come un elemento reazionario, conservatore e prendeva in considerazione ai fini della rivoluzione soltanto la borghesia –liberale e il proletariato, Vladmir Ilič Uljanov(che sarebbe passato alla storia come “Lenin”) stimava che la grande maggioranza dei contadini avrebbe partecipato, sotto la guida degli operai. Alla rivoluzione imminente. Lenin riteneva quindi che la rivoluzione socialista era vicina, mentre Plechanov era propenso a giudicare necessario ancora un lungo periodo di attesa.
Verso la fine del XIX secolo più dell’80% della popolazione Russa era ancora contadina. Questi dati rapportati a quelli della Germania e dell’Inghilterra di un tempo fanno capire che in Russia il capitalismo industriale era limitato, mentre l’agricoltura era di gran lunga prevalente.
Con analisi approfondite Lenin dimostrò che la popolazione agricola si differenziava:
- i Kulaki
-
Egli dedusse dalle statistiche della popolazione Russa questa struttura sociale:
- I grandi possidenti, alta borghesia, alti funzionari 3.3 milioni
- I contadini e imprenditori facoltosi 23.1 milioni
- I contadini e imprenditori poveri 35.8 milioni
- Semiproletari 4.7 milioni
- Proletari 22.0 milioni
Oltre all’avanguardia rivoluzionaria del proletariato di fabbrica, concentrato in pochi centri industriali, Lenin voleva comprendere nella sua valutazione politica anche il potenziale rivoluzionario dei contadini russi immiseriti. Mentre Plechanov voleva attendere sino a quando i ceti più miserabili e sradicati della popolazione rurale fossero assorbiti nella classe operaia, Lenin riteneva possibile guidare proletariato e contadini insieme in una rivoluzione comune contro lo varismo e la borghesia.
Secondo questo piano, i socialisti russi non dovevano cedere alla borghesia, il compito principale nella trasformazione dello stato russo, ma scatenare essi stesi, al più presto possibile, una rivoluzione.Agli ordini dei rivoluzionari russi, gli operai dovevano scendere in campo contro gli imprenditori capitalistici, i contadini contro i grandi possidenti, contadini facoltosi e gli altri sfruttatori del proletariato rurale, e tutti insieme impadronirsi, con un’azione comune, dell’apparato statale zarista. Soltanto una parte dei socialisti russi approvava i principi sostenuti da Lenin.
Quando i socialisti russi tennero a Londra un congresso, nei mesi di luglio e agosto del 1903, per fissare il programma e gli statuti del partito, si manifestarono fra i quarantatre delegati contrasti insuperabili. Il programma massimo indicava come
meta del partito la rivoluzione socialista e l’istituzione della dittatura del proletariato. Il programma minimo proponeva di istituire una repubblica democratica, di attuare le libertà civili e di introdurre la giornata lavorativa di otto ore per gli operai e presentava altre richieste analoghe.
Il congresso si scisse in due gruppi: i “bolscevichi” e i “menscevichi”. Guidati da Plechanov, Martov e Akselrod, i menscevichi si trasformarono in un partito socialista democratico, mentre i bolscevichi, guidati da Lenin intrapresero la via che doveva condurre alla instaurazione del regime sovietico, ala “terza internazionale” alle “democrazie popolari” dell’Europa orientale.
Lenin e i suoi sostenitori dedussero che era possibile indurre operai e contadini alla ribellione armata comune, coalizzando così le classi rivoluzionarie. L’alleanza fra proletariato e contadini doveva far sorgere in Russia una forza che poteva attuare immediatamente la trasformazione della rivoluzione liberale -borghese in una rivoluzione socialista. Raggiunta questa meta era possibile-secondo la tesi di Lenin- scatenare la rivoluzione socialista anche nell’Europa occidentale.
I socialisti democratici russi(menscevichi) invece credevano che la Russia doveva maturare prima una rivoluzione democratico -borghese e che non si poteva ancora parlare di una rivoluzione socialista. Lenin attaccò i menscevichi accusandoli di essere intenzionati ad arrestare a metà strada la rivoluzione.
Nell’ottobre 1905 si ebbero scioperi e insurrezioni armate da parte degli operai e dei contadini in tutta l Russia. Furono organizzati soviet a Pietroburgo, Mosca, Kiev, Odesso e in altre città. Il 17 ottobre lo zar promise al popolo il suffragio universale e che nessuna legge sarebbe entrata in vigore se non approvata dalla Duma; Ma il manifesto non ebbe effetto. Nel 1906 tutte le insurrezioni furono soffocate, seguirono esecuzioni in massa, arresti e deportazioni. Intere divisioni dell’esercito sfogarono i loro istinti più crudeli. Ci furono impiccagioni, fucilazioni, assassini, si ordinarono punizioni collettive, interi paesi furono rasi al suolo.
Nobiltà e borghesia, terrorizzati si schierarono in blocco a favore dello varismo, proclamando la necessità di più dure rappresaglie.
Lenin capì, dopo aver studiato la nuova organizzazione rivoluzionaria, che i soviet dovevano essere impiegati come centri di preparazione all’insurrezione armata e, dopo la vittoria, come del nuovo potere. Anche dopo la sconfitta della rivoluzione Lenin no si lasciò sconcertare, e tenne ferme le sue tesi, aspettando la prossima occasione per scardinare la struttura sociale capitalistica in Russia. Continuò a combattere in prima linea i menscevichi(intellettuali) accusandoli di tradimento verso la classe operaia.
Il più importante avversario di Lenin era il presidente del consiglio Stolypin. Nell’autunno del 1906 esso istituì un tribunale militare che in pochi mesi condannò a morte più di mille rivoluzionari. La corda del boia era chiamata in Russia la “cravatta di Stolypin”. Tuttavia capì che il pericolo più grave per il regime zarista erano la miseria cronica e il malcontento dei contadini. Su questo punto, Lenin e Stolypin erano dello stesso parere. Per accontentare almeno una parte della popolazione rurale e per interessarla alla conservazione dello varismo, Stolypin decise di avviare una grande riforma fondiaria. La proprietà collettiva di fondi e terreni delle comunità dette doveva essere dissolta gradualmente in tutto l’impero zarista. Si doveva permettere a ogni singolo contadino di ritirarsi dalla comunità del e di chiedere che la sua parte di terra gli fosse assegnata a titolo di proprietà privata individuale. Come prima misura si incaricò la banca rurale di acquistare i terreni offerti dai proprietari fondiari e di rivenderli a lotti ai contadini, concedendo crediti su ipoteche. Tutto ciò per riuscire a placare a poco a poco la fame di terra di una parte della popolazione rurale. Il resto dei contadini, Stolypin intendeva proletarizzarlo senza riguardo. Egli mirava a distruggere la proprietà collettiva del in modo da arrestare il riflusso di operai dalle industrie all’agricoltura, e di contenere così la propagazione delle idee rivoluzionarie nelle campagne. Egli voleva impedire la “coalizione delle classi rivoluzionarie” vagheggiata da Lenin.
Il sessanta per cento circa dei contadini usciti dalla comunità del si vide presto costretto a vendere i suoi poderi. Questo rispondeva perfettamente alle intenzioni di Stolypin. La popolazione rurale completamente impoverita, doveva essere impiegata nel lavoro dei campi con paghe minime oppure accrescere il proletariato industriale. I contadini rimasti sulla loro terra dovevano ampliare la proprietà e sostenere, come conservatori, lo zarismo.
Stolypin riuscì davvero a scindere socialmente la popolazione rurale russa, al punto che nel dicembre 1909, Lenin non nascondeva la sua inquietudine.
Con ferrea energia, Stolypin spingeva tutti gli interessati ad affrettare l’attuazione della riforma agraria.Però nel 1914 appena un quinto dei contadini era uscito dal e passato ala proprietà privata. La riforma giunse troppo tardi. Finché si trovò nella fase iniziale migliorò la situazione economica di una minoranza di contadini, ma aggravò tanto più la miseria della stragrande maggioranza. Essa faceva risaltare sempre più chiaramente il contrasto tra “Kulaki” e il “proletariato rurale”, e accrebbe così la possibilità di un’alleanza del proletariato rurale con il proletariato industriale favorendo la rivoluzione.
Ogni tanto i terroristi rivoluzionari effettuavano attentati contro Stolypin, per porre fine ai suoi metodi crudeli. Infine, il 1°(14) settembre 1911, Stolypin cadde vittima del settimo attentato a Kiev; nel 1912 si ebbero di nuovo grandi scioperi tra il proletariato russo.
Nel giugno1914 il numero degli scioperanti toccava già il milione e mezzo
I menscevichi, come i socialdemocratici in Germania, si schierarono a favore della difesa nazionale, ma essi non godevano di molto seguito tra gli operai. Lenin e il suo partito invece dichiararono che il compito della classe operaia consisteva nel trasformare la guerra in una rivoluzione per battere il capitalismo. Nella quarta Duma il gruppo dei bolscevichi sostenne che si doveva mirare non alla vittoria, ma alla sconfitta dello zarismo, perché solo così il proletariato avrebbe potuto conquistare il potere in Russia.
Quando all’inizio del 1917, lo zarismo crollò, Lenin decise di rientrare in patria al più presto possibile. Francia e Inghilterra gli rifiutarono il visto di transito, perché sapevano che egli avrebbe fatto di tutto per indurre la Russia a staccarsi dall’Intesa e concludere immediatamente una pace separata con la Germania. Per la stessa ragione, però, la Germania era interessata a favorire il ritorno di Lenin in Russia. Secondo un accordo stipulato con Ludernorff, il governo tedesco s’impegnò a permettere a Lenin e ad altri trenta emigranti il transito verso la Svezia. Lenin sapeva che correva il pericolo di essere incolpato davanti all’opinione pubblica russa di “intesa col nemico”, e differmato come “agente pagato dai tedeschi” ma era l’unico modo per rientrare in Russia.
La sera del 3(16) aprile 1917 Lenin giunse alla stazione finnica di Pietrogrado.Il menscevico Čchéidse lo salutò in nome del soviet di Pietrogrado e lo esortò a “difendere con noi la democrazia rivoluzionaria”. Lenin trascurò totalmente l’oratore: Si scostò bruscamente da lui e si rivolse ai presenti le seguenti parole:”Compagni!Soldati!marinai e lavoratori!Sono felice di salutare in voi la rivoluzione russa vittoriosa, l’avanguardia dell’armata proletaria mondiale…..Non è lontana l’ora in cui i popoli, rispondendo all’appello del compagno Karl Liebknetch, punteranno le armi contro i loro sfruttatori, i capitalisti…la rivoluzione russa compiuta da voi ha dato inizio a una nuova epoca. Evviva la rivoluzione mondiale socialista!Davanti alla stazione premeva una folla enorme. Lenin fu issato su un carro armato e tenne davanti al proletariato di Pietrogrado il suo primo discorso, accolto da ovazioni.
L’indomani Lenin espose alla conferenza del partito bolscecvico le sue tesi chiedendo che il proletariato abbattesse il governo provvisorio, affidasse l’intero potere al soviet e affrontasse il passaggio dalla rivoluzione borghese a quella socialista. Propose di chiamare in futuro il partito dei bolscevichi con il nome di partito comunista, per segnare chiaramente il distacco dalla “Seconda Internazionale”, che approvava la difesa della patria e la “tregua civile”
Lenin era convintissimo che il proseguimento della guerra avrebbe creato nelle masse lo stato d’animo necessario alla realizzazione del suo programma.
Il ministro degli esteri Miljukov aveva dichiarato delle possibili future annessioni (Contastinopoli, Armenia, Persia settentrionale, Austria e Turchia), programma chiaramente irrealizzabile con le forze ancora disponibili.
I soldati e gli operai che volevano la pace, furono rappresentati nella loro indignazione dai menscevichi, disposti a sostenere solo una guerra di difesa e non di conquista. Il governo provvisorio cedette alle pressioni e assicurò che la Russia non aspirava né ad assoggettare altri popoli, né a conquistare altri territori stranieri, ma che avrebbe rispettato fino in fondo, anche sotto il nuovo regime, gli impegni contratti dallo zar verso gli alleati. Una nota analoga fu inviata dalle potenze dell’intesa. Il governo provvisorio credeva ormai prossima la sconfitta della Germania, non voleva tradire la parola data all’intesa anche perché a guerra finita il paese avrebbe avuto bisogno dei loro per la ricostruzione.
La popolazione era schierata in due: la borghesia favorevole alla guerra e gli operai contro. Ci fu un cambiamento dei rappresentanti al governo, ma rimasero per la maggior parte borghesi. In Russia arrivarono socialisti occidentali che dovevano rappresentare l’Intesa, per contrastare la volontà del Paese che si stava ormai diffondendo in Russia.
Kerenskij nel 1917 aveva espresso la sua opinione a favore della pace; ora però assicurava ai diplomatici occidentali che il governo provvisorio si sarebbe consolidato, che i soviet sarebbero morti in breve tempo e che l’esercito russo avrebbe compiuto ben presto atti di valore. Tenne discorsi al fronte per suscitare l’entusiasmo delle truppe, entusiasmo più che altro effimero.
Un altro errore del governo fu quello di rifiutare ostinatamente le proposte, anche le più moderate di riforma agraria (essendo costituito in buona parte da latifondisti). Aumentarono i problemi, il governo perse il suo prestigio e i bolscevichi ne trassero vantaggio. Si andava diffondendo l’idea di affidare l’economia alla direzione statale.
Il 18 giugno fu organizzata una grande manifestazione a favore del governo nella quale vennero declamati tutta una serie di slogan filogovernativi diffusi da fonte ufficiale. Alla manifestazione non parteciparono né operai, né reggenti. Secondo le istituzioni dei bolscevichi la dimostrazione assunse una caratteristica ostile al governo, dappertutto cartelli come “tutto il potere ai soviet”, “basta con la guerra”, “abbasso i dieci ministri capitalisti!” ( 19 ministri più Kerenskij).
Al fronte iniziò l’offensiva contro i tedeschi, ma i discorsi retorici di Kerenskij non potevano sostituire le munizioni mancanti, l’entusiasmo si spense, i russi indietreggiarono. Crescevano le simpatie dei bolscevichi che promettevano la pace. Gli ufficiali che volevano costringere all’obbedienza le truppe furono minacciati o addirittura fucilati dai loro soldati.
Nelle campagne aumentarono le espropriazioni illegali, in marzo dodici, in aprile 163, in giugno 865!
LA rapida disorganizzazione dell’economia era particolarmente sensibile nelle città. Il costo della guerra ammontava a 40 milioni di rubli al giorno, la circolazione aumentava, e così i prezzi. La disoccupazione aumentava. L’esasperazione delle masse aumentava di pari passo con le statistiche che attestavano gli inauditi di guerra degli industriali e dei fornitori dell’esercito.
Il governo provvisorio si sentiva minacciato dalla psicosi rivoluzionaria, decise di mandare al fronte le truppe di istanza nella capitale e progettò di disarmare la classe operaia come prima misura per lo scioglimento del soviet. Le truppe capirono cosa stava accadendo e si rifiutarono di partire, insieme agli operai si recarono alla sede del partito bolscevico, chiesero l’abbattimento del governo e il passaggio di tutto il potere politico al soviet. I bolscevichi ritenevano che l’iniziativa fosse prematura perché non disponevano della maggioranza.
Era chiaramente avvertibile il cambiamento i umori a favore della destra, furono emessi mandati d’arresto contro capi eminenti del partito bolscevico, Lenin fuggì in Finlandia travestito da operaio, per alcune settimane abitò in una capanna primitiva di rami secchi e di paglia e poté tornare clandestinamente a Pietrogrado solo all’inizio di Ottobre. Molti uomini borghesi consideravano il bolscevismo spacciato. Ma il governo provvisorio non era in grado di placare il desiderio di pace dei soldati e del popolo, né di soddisfare le richieste di terra dei contadini. Intanto il fronte continuava a indietreggiare.
Il governo provvisorio non seppe sfruttare l’aumento di prestigio, i cosacchi caduti nelle insurrezioni ebbero un funerale a spese dello stato mentre gli operai furono sepolti senza segni di cordoglio pubblico, i reggimenti che avevano combattuto con gli insorti furono disastrati pubblicamente. Aumentarono di nuovo i soldati filobolscevichi operanti su tutto il fronte di guerra, dove fu reintrodotta la pena capitale.
Kerenskij si presentava come l’uomo di fiducia della sinistra, quando in realtà aiutava la politica della destra.
Suscitava scandalo tra il popolo perché abitava ora al palazzo d’Inverno, ora a Zaskoe Selo, e a teatro compariva sul palco una volta riservato alo zar.
I partiti di destra richiedevano con insistenza una dittatura militare.
Al fronte i russi erano in ritirata, non volevano sacrificarsi né per gli scopi di guerra della Russia, né per quelli degli alleati occidentali.
Kerenskij si dibatteva nell’incertezza: non sapeva se temere prima una sollevazione di Lenin a sinistra o un colpo di stato militare a destra.
Lenin riteneva impensabile, per quello che era accaduto in luglio, una conquista del potere per via pacifica, secondo lui le alternative per il popolo russo erano tra una vittoria borghese o bolscevica. Si iniziò a preparare un’insurrezione armata per capovolgere il potere.
Trotzki disse che si doveva intraprendere la via del socialismo quando fosse scoppiata anche nell’Europa occidentale una rivoluzione proletaria, ma questa proposta fu respinta. Stalin cominciò a sostenere l’idea del “socialismo in un solo paese”.
Se la rivoluzione avesse avuto successo i beni padronali sarebbero stati confiscati e sarebbero stati distribuiti dagli operai.
Il popolo chiedeva pace e terra, solo il bolscevismo era in grado di prometterle. Le classi possidenti, intimorite dall’idea di perdere le loro proprietà, temevano più gli operai che i tedeschi.
La via per Pietrogrado era aperta ai tedeschi, accanto ai quali combattevano i borghesi che volevano spazzare via il bolscevismo. I bolscevichi organizzarono una guardia rossa, arrivarono marinai, soldati da tutto il paese per aiutarli.
I bolscevichi ebbero la meglio.
Kerenskij si suicidò. La fame aumentava di pari passo con le agitazioni.
Il 10 ottobre Lenin rientrò a Pietrogrado dalla Finlandia e preparò la rivoluzione. Fu creato un “comitato militare rivoluzionario” con il compito di dirigere le operazioni, la cui presidenza fu affidata a Trotzki. Gli operai delle industrie belliche fornirono le armi. Furono chiamate a rafforzare il bolscevismo le navi da guerra della flotta del Baltico. Non v’era il minimo segno di una difesa civile antibolscevica.
Durante la notte del 24 ottobre le guardie rosse occuparono, durante la notte, i punti più importanti della capitale senza incontrare resistenza: la centrale telefonica, le stazioni, la banca nazionale. Il palazzo d’Inverno fu accerchiato, i ministri al suo interno speravano in un intervento di truppe fedeli al governo, che però non si fecero vedere. Il governo ricevette l’ordine di arrendersi entro mezz’ora, in caso contrario i cannoni delle navi da guerra avrebbero fatto fuoco. L’ultimatum non ebbe risposta, i bolscevichi occuparono il palazzo, Alle cinque del mattino fu decretato il passaggio del potere al soviet.
Lenin salì sul podio. Dopo l tripudio delle ovazioni, egli disse: “Oggi incominciamo a edificare l’ordine socialista”. Poi espresse la sua speranza in una “rivoluzione socialista mondiale”, il cui processo si andava già delineando in Germania, in Italia e in altri paesi europei. Sopraffatta da incontenibile entusiasmo, l’Assemblea intonò l’”internazionale”. In ricordo dei combattenti della rivoluzione caduti fu eseguita la marcia funebre: “Vittime immortali, voi dispariste lontano”. Poi Lenin lesse e illustrò il decreto di esplorazione della Terra: le terre confiscate, circa centosettanta milioni di ettari, comprendenti anche i beni della corna e dei conventi, furono dichiarate patrimonio del popolo. Le terre dei contadini che le coltivavano personalmente non furono colpite dalla confisca. (Delle creazione di aziende rurali collettive non si faceva parola nel decreto. L’organizzazione collettivista dell’agricoltura era riservata a una fase successiva della rivoluzione).
I contadini furono esonerati dall’affitto delle terre, per le quali avevano pagato fino ad allora cinquecento milioni di rubli d’oro all’anno. Tutte le risorse della terra (petrolio, carbone, minerali), tutti i boschi e le acque dovevano diventare a loro volta proprietà del popolo. Il congresso approvò, e votò inoltre una risoluzione che proclamava impegno d’onore per tutti i soviet, quello di non tollerare alcun pogrom.
I capitalisti privati non si resero conto per lungo tempo che la loro sorte era ormai segnata. Ci furono dei banchieri che cedettero di poter sabotare le misure di controllo del governo sovietico mediante il “ rifiuto dei crediti”. Ci furono industriali e direttori di fabbriche che si dimisero a scopo dimostrativo delle loro cariche direttive, nell’intento di convincere i marxisti dell’indispensabilità dell’iniziativa privata. In varie località il nuovo governo fu praticamente costretto a nazionalizzare le imprese industriali. D’altra parte, gli operai occuparono con azioni spontanee parecchie industrie prima ancora che lo stato ne avesse ordinato la nazionalizzazione.
L’AVVENTO E IL CONSOLIDAMENTO MILITARE DELLA DITTATURA BOLSCEVICA
Tra i membri dell’ala destra del partito bolscevico si ebbero dubbi sulla solidità del nuovo regime e alcuni partiti di sinistra(menscevichi e socialrivoluzionari) si pronunciarono contro la conquista del potere. Ma i bolscevichi assunsero il potere da soli, “sostenuti dai voti del paese e in attesa dell’aiuto amichevole del proletariato europeo”. Il nuovo governo fu chiamato “Soviet dei commissari del popolo” La presidenza andò a Lenin, il commissariato degli esteri a Trotzki. Stalin dovette accontentarsi della presidenza della commissione per le questioni riguardanti le nazionalità.
Di democrazia nel significato occidentale del termine non vi fu traccia fin dal principio.
Il governo sovietico liquidò anzitutto le istituzioni del vecchio stato. Il vecchio sistema giudiziario fu soppiantato dai cosiddetti tribunali del popolo. La polizia venne sostituita da una milizia reclutata in prevalenza tra gli operai. La Chiesa fu separata dallo Stato e la scuola dalla Chiesa. Si introdusse il matrimonio civile e la donna fu equiparata legalmente sotto ogni aspetto all’uomo. Fu introdotta la giornata lavorativa di otto ore. La gestione delle industrie fu sottoposta al controllo degli operai o assunta integralmente dagli operai stessi.
Tutte le banche private furono nazionalizzate e fuse con la Banca di Stato. La libertà di stampa subì limitazioni decisive: soltanto i giornali bolscevichi ottennero il permesso di continuare la pubblicazione.
Per difendere la “dittatura del proletariato” si creò una “commissione straordinaria” (Čeka), sotto la guida di Feliks Dseršinskij, che divenne uno strumento del terrore rosso, diretto all’annientamento fisico di tutti i “nemici della classe operaia”.
I generi di prima necessità erano scarsissimi, i prezzi aumentavano continuamente, si istituì il razionamento dei generi alimentari, favorendo gli operai, i funzionari dei soviet e dello stato.
Il 5 ( 18 ) gennaio 1918 si radunò l’assemblea nazionale costituente. Alle elezioni i bolscevichi ottennero soltanto nove milioni di voti, contro ventun milioni raccolti da altri partiti. Sorgeva così per il nuovo governo il pericolo di essere sconfessato e deposto dai rappresentanti del popolo.
Quando l’Assemblea nazionale costituente si rifiutò di approvare le misure rivoluzionarie del governo sovietico, i bolscevichi abbandonarono clamorosamente la seduta, affermando che la maggioranza dei deputati rappresentava il passato. In seguito l’Assemblea approvò l’abolizione della proprietà terriera privata, ma il provvedimento giunse troppo tardi. Il giorno dopo la sala delle riunioni fu trovata chiusa. Il palazzo di Taurine era sorvegliato da soldati, la Costituente fu sciolta senza la minima difficoltà.
Se voleva salvare dal crollo la giovane repubblica sovietica, il governo bolscevico doveva stipulare al più presto la pace con i tedeschi. Alle trattative di pace di Brest-Litovsk si presentò, al fianco di quella tedesca, anche una delegazione ucraina. Appoggiata dalla Germania e dall’Austria, la “rada” ucraina proclamò il 9 (22) gennaio 1918 la sovranità dello stato ucraino. La Germania non voleva sgombrare i territori occupati a est e la delegazione russa dal canto suo , non volle cedere l’Ucraina, la Polonia, la Lituania, la Lettonia e parti della Russia Bianca, così interruppe per una settimana le trattative fece ritorno a Pietrogrado. Nella capitale Lenin si adoperò per indurre i suoi compagni ad accettare le condizioni di pace dettate dai tedeschi.
Ma Trotzki riuscì a far convergere i voti della maggioranza del comitato centrale sulla formula “né guerra né pace”, si recò a Brest-Litovsk allo scopo di aggiornare il più possibile le trattative e i discorsi con discorsi propagandistici, respinse le richieste tedesche, dichiarò terminato lo stato di guerra e abbandonò la conferenza. Ma le truppe tedesche avanzarono fin quando furono fermate il 23 febbraio 1918 dall’Armata Rossa. Lenin riuscì a far prevalere il proprio punto di vista, e il 3 marzo Sokolnikov, divenuto capo della delegazione russa al posto di Trotzki firmò a brest-Litovsk il trattato di pace. I socialrivoluzionari, per sottrarsi alla responsabilità di questa decisione, abbandonarono definitivamente il governo. La Russia perdeva un quarto del suo territorio,un quarto della terra coltivabile, un quarto della sua rete ferroviaria, un terzo dell’industria tessile, tre quarti delle miniere di minerali di ferro e di carbone. Nei mesi che seguirono, l’esistenza della repubblica sovietica fu minacciata da più parti. In Ucraina si costituì, sotto il protettorato tedesco, il governo dell’etmano Skoropadskij
Sotto il comando di Vorošilovsi formarono dei battaglioni bolscevichi costituiti da operai e contadini del territorio del Don. La resistenza antibolscevica fu organizzata sul Don dai generali Alekseev e Kornilov e dall’etmano Kaledin. Gli avversari del bolscevismo trovarono però scarso appoggio presso la popolazione e furono costretti a ritirarsi verso il Caucaso settentrionale.
Allo scopo di tagliare al governo sovietico il rifornimento di viveri e di petrolio del Caucaso, Krasnov )successore di Kaledin) occupò la linea ferroviaria Caricyn- Mosca, così che il governo sovietico dovette affrontare una situazione estremamente critica.
Stalin riuscì a respingere Krasnoov e ristabilire, nel luglio 1918, le comunicazioni con Mosca.
Un secondo centro di resistenza contro il governo sovietico si formò in Siberia. Le legioni cecoslovacche si impossessarono della ferrovia siberiana e, penetrando in direzione Est-Ovest, attraversando gli Urali.
Le loro imprese vittoriose scatenarono fra gli Urali e il Volga un movimento antibolscevico (sostenuto dai rivoluzionari e dai ceti conservatori) che ebbe il suo centro a Samara prima, a Ufa poi.
In Siberia tutti i decreti del governo bolscevico furono annullati; i “Rossi” furono perseguitati e in parte debellati. La direzione della guerra contro la Mosca rossa fu assunta dall’ammiraglio Kolčak.
I bolscevichi, il 16 luglio 1918, all’avvicinarsi dei cechi, fecero assassinare a Ekaterinburg lo zar prigioniero e la sua famiglia.
I socialrivoluzionari, nell’intento di sabotare la pace di Brest-Litovsk e di coinvolgere di nuovo i bolscevichi in un conflitto con i tedeschi, si lasciarono indurre da una serie di attentati che accrebbero sensibilmente il nervosismo del governo sovietico.
La situazione dello stato sovietico si aggravava ogni giorno di più. A oriente operavano legioni cecoslovacche e le truppe della Guardia Bianca dell’ammiraglio Kolčak. Dal Sud Krasnov avanzava nuovamente su Caricyn (oggi Stalingrado). L’Ucraina era in mano ai tedeschi. Ad Archangelsk erano sbarcati gli inglesi: si profilava imminente il pericolo di un attacco concentrico di questi nemici.
Poiché non esisteva ancora un corpo d’ufficiali proletari sufficientemente numeroso, Trotzki, abilmente, arruolò nell’Armata Rossa migliaia di ufficiali zaristi, allo scopo di fornirla di quadri esperti. Quindi, per rafforzare la disciplina, introdusse nell’esercito “commissari” bolscevichi, politicamente educati, con il compito di tenere alto lo slancio rivoluzionario delle truppe.
In linea di massima le misure adottate d a Trotzki si dimostrarono opportune, e, dopo alcune esitazioni, Lenin le approvò. I soldati russi, e specialmente i contadini, combatterono con coraggio e tenacia, perché temevano il ristabilimento della grande proprietà fondiaria e la vendetta dei loro nemici di classe.
Nell’ottobre 1918, grazie alle misure difensive adottate da Stalin e all’impeto della divisione di cavalleria comandata da Budënnyj (un ex cosacco), Caricyn fu liberata definitivamente dall’assedio delle Guardie Bianche.
Nel novembre la situazione della Russia sovietica migliorò, anche per il crollo dell’Impero tedesco.
Il comunismo andava sempre di più diffondendosi in Germania.
Ma più tarsi si capì che il movimento comunista in Germania era destinato al fallimento. L’Espansione dell’influenza bolscevica in Europa non era evidentemente gradita alle potenze occidentali.
Una volta sciolto l’impero tedesco, i governi alleati erano ora i grado di rafforzare il loro intervento in Russia.
Il pseudosocialista Petljiura assunse il potere e cominciò a combattere contro l’Armata Rossa con l’aiuto di materiale bellico francese e di divisioni francesi, greche e polacche. Ma i soldati stranieri, privi di alcun entusiasmo per questa causa, chiesero d’essere rimandati in patria.
Nell’aprile del 1919 i francesi si videro costretti a sgombrare l’Ucraina e la Crimea.
Il generale delle Guardie Bianche Miller instaurò una dittatura militare e deportò molti seguaci del governo sovietico in isole lontane.
Nella primavera del 1919 Kolčak disponeva in Siberia di oltre trecentomila uomini (compresi inglesi, francesi, americani e giapponesi); le sue operazioni erano coordinate con quelle delle legioni cecoslovacche. La sua offensiva rappresentava un grande pericolo per il governo sovietico.
Per ordine di Stalin, i reparti dell’Armata Rossa che combattevano sul fronte orientale contro Kolčak furono rafforzati con soldati di origine proletaria( a capo di una divisione vittoriosa si distinse Čapaev, figlio di un povero contadino.) Kolčak fu battuto e si ritirò prima verso Ufa, poi al di là degli Urali. L’Armata Rossa occupò nel novembre 1919 la città di Omsk, sede del governo bianco.
Nell’estate del 1919 i regime bolscevico nel Baltico era crollato. Intanto Uomini delle Guardie Bianche tentarono gli ultimi attacchi contro il governo sovietico ma furono respinti da potenti da potenti nuclei di resistenza.
Il terrore rosso seguì al terrore bianco; da ambo le parti furono compiuti atti di estrema crudeltà.
L’esercito polacco, nell’aprile del 1920, penetrò in Ucraina senza dichiarazione di guerra cercando di estendere il proprio territorio. L’invasione polacca sollevò in Ucraina e nella Russia sovietica un’enorme ondata di patriottismo. Perfino Brussilov, l’ultimo comandante supremo di Nicola II, scongiurò gli ufficiali zaristi di mettersi a disposizione dell’Armata Rossa, accantonando tutti i contrasti politici.
Attraverso un’offensiva condotta rapidamente fino in Polonia Lenin sperava di provocare una rivoluzione comunista che si sarebbe forse estesa alla Germania. Il piano per scatenare la “rivoluzione mondiale fallì”.
Considerando l’indebolimento del paese, il governo polacco concluse il 12 ottobre un armistizio, al quale seguì il 18 marzo 1921 la pace di Riga. Il confine fu fissato in sostanza lungo la linea Curzon; alcune regioni occidentali della Russia Bianca e dell’Ucraina restarono ai polacchi.
Nel corso del 1920 l?armata Rossa sconfisse nel Turkmeinstan e a Buchara la Guardia Bianca, rafforzata dagli inglesi. Anche in Georgia, dove s’era instaurato un governo menscevico, il regime sovietico riuscì a imporsi. Anche in Armenia e nell’Azerbaigian i Bianche non riuscirono a scacciare i bolscevichi.
Trotzki e Stalin ricevettero l’Ordine della Bandiera Rossa. L’instaurazione e il consolidamento della dittatura bolscevica era un fatto compiuto. I controrivoluzionari erano incapaci di riconoscere le forze propulsive della rivoluzione, le necessità più urgenti e le aspirazioni sociali del popolo; difendevano la restaurazione dello zarismo, si ostinavano a ristabilire la grande proprietà terriera e di conseguenza furono gettati, secondo l’espressione di Hegel, “nel mucchio delle spazzature della storia mondiale”.
“COMUNISMO MILITARE” E “NUOVA POLITICA ECONOMICA”
La guerra civile e la lotta contro l’intervento straniero diminuirono ulteriormente la produttività della Russia. L’agricoltura non riusciva a soddisfare tutta la popolazione: molti contadini preferivano seminare solamente quanto bastava al proprio consumo, le superfici coltivabili furono ridotte.
Nell’estete del 1920 in alcune regioni della Russia sovietica scoppiò una tremenda carestia.
Nel 1919 la produzione industriale non raggiunse neppure in quarto di quella dell’ultimo anno di pace.
Nelle fabbriche il personale era scarso.
Di fronte alle necessità militari( Armata Rossa), l’approvvigionamento della popolazione civile passò in seconda linea. Il governo sovietico impose un rigoroso razionamento. I parenti dei “borghesi non impegnati in un’attività produttiva” ricevevano una razione quattro volte inferiore a quella degli operai, in base al principio: “Chi non lavora non mangia”. In seguito fu decretato per tutti i ceti il lavoro obbligatorio.
In prossimità dei fronti i “comitati” rivoluzionari” esercitavano un potere dittatoriale.
L’insieme di queste misure, determinate in parte dalla guerra civile, in parte dall’intento di livellare lo standard di vita e di fondare una “società senza classi”, fu chiamato “comunismo militare”.
Nelle città il proletariato si stabilì nelle abitazioni della borghesia. La gioventù proletaria ottenne borse di studio e poté accedere senza esami alle scuole medie e all’università. L’assistenza medica fu nazionalizzata. Il commercio privato fu proibito. Nelle campagne sorsero circa novecento tenute statali e seimila cooperative. La stragrande maggioranza dei contadini tuttavia si mantenne estranea alle forme di proprietà collettiva.
Gli esperimenti di socializzazione si susseguivano senza coordinamento e un ritmo preciso.
Data la situazione disperata dell’economia, lo stato si vide costretto a esercitare sui lavoratori una pressione sempre più forte. Molti operai furono colti da un senso di profonda delusione. La rivoluzione non aveva realizzato le loro speranze. La nazionalizzazione aveva attribuito allo stato poteri assai maggiori nei confronti degli individui. Nel febbraio del 1921 si ebbero scioperi e manifestazioni a Pietrogrado: I partiti d’opposizione sfruttarono il malcontento per scatenare una campagna di propaganda antisovietica. Ai primi di marzo scoppiò una sommossa a Kronstadt di marinai e contadini. Le proteste degli insorti erano dirette contro la crudeltà della dittatura bolscevica. Il mattino del 18 marzo l’insurrezione dei marinai era domata, e cadeva l’ultima speranza di abbattere la dittatura bolscevica. I ribelli trovati ancora in vita furono fucilati o deportati.
Fin quando la Russia sovietica aveva dovuto difendersi contro la Guardia Bianca e le armate interventiste straniere, Lenin credette di poter esigere gravi sacrifici dai suoi seguaci. Ma cessata la guerra civile ed essendo ormai impossibile diffondere il comunismo in Europa, i sacrifici imposti al proletariato russo non erano più giustificati nemmeno dal punto di vista bolscevico: bisognava ora salvare il paese dal caos incombente e concedere alla popolazione, dopo gli sforzi inauditi imposti dal “comunismo militare”, una pausa di respiro.
Alla fine del 1920 si erano già accese all’interno del partito violente discussioni sulla via da seguire per attuare questa politica. Trotzki, che vedeva la causa principale di tutte le difficoltà economiche del regime nel predominio della burocrazia sovietica, propose di trasformare i sindacati in organi dello stato, e di affidare ad essi la gestione delle attività industriali. Šliapnikov e la Kollontaj erano invece del parere di conservare l’indipendenza dei sindacati dallo stato, ai quali poteva essere affidata la gestione delle industrie nel quadro di una “democrazia operaia”. Entrambi miravano a ridurre la dittatura dell’apparato di partito.
A questa tesi Lenin obiettò che la Russia sovietica non era uno stato di operai, ma di operai e contadini.
Era assolutamente necessario per il momento offrire ai contadini uno stimolo perché aumentassero le superfici coltivabili e le forniture alle città.
Occorreva saper rinunciare momentaneamente a determinati obiettivi del programma rivoluzionario per poterli attuare più sicuramente in futuro.
Lenin riuscì ad attirare il partito sulle sue posizioni. I gruppi e le frazioni furono proibiti. A metà del marzo del 1921 il partito comunista approvò, su proposta di Lenin, i principi di una nuova politica economica, che passò alla storia col nome di “NEP” (Novaja Ekonomičeskaja Politika).
Anzitutto migliorò sensibilmente la situazione delle aziende agricole. Lo stato ridusse le tasse del quaranta per cento. I contadini ebbero riconosciuto il diritto di venere sul mercato grano, patate, e altre eccedenze del raccolto a prezzi liberi.
Il commercio fu liberalizzato.
Artigiani e commercianti tornavano a offrire liberamente in vendita le loro merci: Medici e avvocati ripresero la loro attività professionale. Nel settore dell’industri leggera fabbriche inattive e danneggiate furono restituite agli antichi proprietari con l’incarico di rinnovarle al più presto e di rimetterle in funzione.
La NEP promosse la formazione di un’area d’iniziativa privata nell’economia russa.
Tutti i settori economici importanti, cioè le miniere e gli altiforni, le fabbriche di macchinari e altre aziende dell’industria pesante restarono tuttavia proprietà dello stato.
Le aziende di stato incominciarono ad applicare sistemi razionali nei settori tecnici e commerciali, in stretta analogia con quelli adottati nelle imprese capitalistiche.
Il sistema annonario del “comunismo militare” scomparve.
La razione uguale per tutti( “ pajòk”), fu abolita.
La NEP aveva ridato slancio all’industria e al commercio. Nell’agricoltura il miglioramento della situazione non era ancora sensibile. Ma a partire dal 1922 anche l’agricoltura cominciò a progredire.
La disponibilità di generi alimentari aumentava sempre di più. La valuta fu stabilizzata. Si stipularono accordi commerciali con paesi stranieri. Il periodo della carestia assoluta era superato.
Per raggiungere questo risultato Lenin aveva rinunciato al “comunismo militare”, accettando quindi la prospettiva che si ricreassero in Russia condizioni tipiche del capitalismo.
Il 20 novembre 1922 Lenin annunciò, in un discorso davanti al soviet di Mosca, che era ormai tempo di tornare a dedicare i propri sforzi alla costruzione del socialismo. “Senza dubbio noi abbiamo fatto alcuni passi indietro” dichiarò Lenin, “ma solo per prendere la rincorsa prima di compiere un nuovo, maggiore balzo in avanti.”
Il potere statale era saldamente in mano al proletariato, la cui forza sarebbe ancora cresciuta procedendo spalla a spalla con i contadini. Le attività economiche dei capitalisti dovevano essere sorvegliate rigorosamente. Il bolscevismo doveva sforzarsi in primo luogo di estendere il più possibile l’intervento dello stato nel settore dell’industria. La Russia doveva recuperare rapidamente il tempo perduto in secoli di abulía e di arretratezza.
Il popolo russo avrebbe affrontato le più dure privazioni e gli sforzi più aspri per dar vita a una futura comunità socialista ricca e indipendente.
Un costante accrescimento dell’apparato produttivo avrebbe permesso alla imprese di stato di superare l’industria privata risorta all’epoca della NEP.
Quando questa meta fosse stata raggiunta , si sarebbe attuata un’industrializzazione generale dei metodi di produzione in uso nell’agricoltura. (Marx aveva già previsto nel Manifesto Comunista) una “unificazione delle imprese agricole e industriali.) I contadini a poco a poco avrebbero dovuto constatare la superiorità delle grandi aziende agricole organizzate su base collettivistica. Esse si sarebbero industrializzate e meccanizzate e i contadini avrebbero capito allora che era più vantaggioso associarsi in organizzazioni collettive. In questo modo i principi produttivi del socialismo si sarebbero imposti anche nelle campagne, e la gestione privata dei poderi sarebbe scomparsa gradualmente. L’industria “socializzata” avrebbe dato vita a un’unione con l’agricoltura, a sua volta socializzata, e il popolo russo avrebbe attuato così il socialismo.
LA FONDAZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA
Nell’inverno del 1921-1922 Lenin manifestò i primi segni di arteriosclerosi. Il 26 maggiofu colto da un attacco di apoplessia, accompagnato da disturbi alla parola e da paralisi alle estremità destre. Su consiglio dei medici fu trasferito da Mosca a Gotkij. Nel mese di ottobre si registrò un miglioramento che gli permise di fare ritorno al Cremlino e di riprendere l’attività. Il 16 dicembre fu colto da un secondo attacco proplettico e il 9 marzo 1923 Lenin subì il terzo attacco e fu condotto nuovamente a Gorkij. Lottando energicamente contro la malattia, nell’ottobre egli era di nuovo in grado di camminare con l’aiuto di un bastone.
In questo periodo ritornò un’ultima volta nel suo studio a Cremlino. Il 21 gennaio 1924 lo colse il quarto attacco, al quale soccombette nel giro di un’ora. Negli ultimi due anni di vita, quindi, Lenin intervenne sempre meno nella direzione dello stato sovietico, e da ultimo non vi partecipò affatto.
Tra i problemi più urgenti emerge, in questo periodo, quello della costituzione federativa delle repubbliche sovietiche.
Terminata la guerra civile, esistevano sdul territorio dell’ex impero zarista “repubbliche autonome socialiste sovietiche” e “territori autonomi nazionali”. Di queste formazioni la più importante era la “Repubblica Federativa Socialista Sovietica Russa” (R.S.F.S.R.). La seconda repubblica sovietica in ordine di grandezza era l’Ucraina, seguivano la Russia Bianca, la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaigian. Nel marzo 1922 tutti questi territori furono costituiti in Repubbliche federative sociliste sovietiche transcaucasiche.
All’inizio del 1922 la politica estera e la diplomazia furono unificate in maniera analoga. Gli organi dirigenti della R.S.F.S.R. accolsero rappresentanti di tutte le altre repubbliche sovietiche.
Dopo la vittoria sulle armate bianche e sugli eserciti interventisti stranieri cominciarono a diffondersi tendenze autonomiste, soprattutto in Ucraina e in Georgia. Lenin voleva evitare una repressione brutale delle nazionalità non russe. Alla fine del settembre 1922 proclamò quindi una “lotta per la vita e per la morte dello sciovinismo della Grande Russia”. Egli propose che le repubbliche sovietiche non russe fossero liberate dal loro rapporto di parziale dipendenza verso la Repubblica sovietica russa e che fosse fondato uno stato federale al quale avrebbero aderito, in qualità di membri dotati di uguali diritti, tutte le repubbliche sovietiche. Il 6 ottobre 1922 il comitato centrale del partito comunista russo, sentito il rapporto letto da Stalin in rappresentanza di Lenin assente, adottò una decisione in questo senso. Il 27 dicembre il progetto fu accolto dal X Congresso sovietico di tutte le Russie, che fu trasformato, con l’immissione di delegazioni delle nazionalità non russe, in primo congresso dell’Unione Sovietica, e il 30 dicembre approvò definitivamente la fondazione del nuovo stato. Il 6 luglio 1923 entrò in vigore la prima Costituzione dell’Unione Sovietica.
La struttura dell’Unione Sovietica conobbe in seguito molti cambiamenti. Molte repubbliche furono riconosciute come membri autonomi dell’Unione.
La Costituzione federale dell’Unione Sovietica si fonda sulla suddivisione delle competenze tra gli organi federali e i singoli stati membri. Politica estera , commercio estero, pianificazione dell’economia, difesa, giustizia, istruzione e sanità rientrano nelle competenze dell’Unione. La competenza riconosciuta alle singole repubbliche si limita alla politica interna, alla procedura giudiziaria, all’istruzione, all’agricoltura e a qualunque altra questione tocchi consuetudini, lingua, folclore delle singole nazionalità. Ogni suddito di uno stato membro dell’Unione è al tempo stesso cittadino diretto dell’Unione sovietica. L’organo supremo di potere è il Soviet Supremo. E’ costituito da due assemblee: il Soviet dell’Unione e il Soviet delle Nazionalità. Nel Soviet delle Nazionalità siedono cinque rappresentanti per ogni repubblica e uno ogni territorio autonomo. Il comitato esecutivo, il Consiglio dei commissari del popolo. È eletto tra i membri del Soviet Supremo L’apparato statale riceve le vere e proprie direttive politiche dagli organi superiori del partito comunista. All’entrata in vigore della nuova Costituzione il commissario del popolo per le nazionalità, che era diretto da Stalin, fu soppresso.
LA POLITICA CULTURALE BOLSCEVICA
La rivoluzione bolscevica dichiarò guerra alla religione e alla Chiesa, considerate un “residuo ideologico” del regime zarista.
Quando Lenin salì al potere, la Chiesa russa cerco di resistere alla concezioni atee del bolscevismo: attaccò con durezza il nuovo regime e scomunicò i suoi seguaci. L’8 novembre 1917 lo stato confiscò i beni della Chiesa e dei conventi. Il 23 gennaio 1918 fu decretata la separazione totale tra Chiesa e Stato. I religiosi persero addirittura i diritti civili. Nel 1921 si proibì l’insegnamento della religione ai giovani. Conventi e seminari furono chiusi. I tesori accumulati dalla Chiesa nel corso dei secoli passarono allo Stato. Molti monaci e religiosi furono perseguitati e morirono in prigione.
In seguito lo stato consentì che fossero nuovamente celebrati servizi divini in misura assai limitata, e concesse alcune libertà alla “Chiesa vivente”. Lo stato ordinò ai fedeli di compiere tutti i loro doveri verso il nuovo stato, e dispose che venisse ricordato nelle preghiere della Chiesa il nuovo governo, così come un tempo si ricordava lo zar.
A partire dalla fine del 1917 fu riconosciuto valido soltanto il matrimonio civile. Il matrimonio sovietico si fonda sulla completa parità dei coniugi. La donna è completamente autonoma dal punto di vista patrimoniale. I coniugi portano un nome comune: quello dell’uomo, oppure quello della donna, oppure i due nomi insieme. I genitori esercitano insieme la patria potestà, che cessa quando i ragazzi hanno compiuto i diciottenni , e le ragazze i sedici (l’età minima consentita per il matrimonio). I genitori sono tenuti a provvedere al nutrimento e al sostentamento dei minori inabili al lavoro. I figli sono tenuti a provvedere al sostentamento dei genitori inabili al lavoro o bisognosi, e che non usufruiscono di una pensione statale nel quadro delle assicurazioni o delle previdenze sociali. Il divorzio è decretato dal tribunale o, nel caso che le due parti siano d’accordo, dall’ufficio di stato civile.
Nel 1920 l’aborto compiuto con il consenso della donna incinta fu dichiarato non perseguibile penalmente. Soltanto nel 1927 un congresso di ginecologi sovietici si pronunciò contro questa disposizione, e le loro obiezioni furono tenute presenti dai legislatori del 1936.
L’organizzazione giovanile comunista, il “Komsomol” educava i giovani all’idea bolscevica. Nel 1923 un censimento accertò che ventisette milioni di uomini di età tra gli undici e i quarant’anni non sapevano né leggere né scrivere. Lo stato bolscevico mirava a risolvere con urgenza il problema dell’analfabetismo. Si sostituirono quindi, con l’aiuto dei sindacati, dell’Armata Rossa e di altre organizzazioni, numerosi corsi per operai e contadini, che appresero così a leggere e a scrivere. Nei giorni dedicati all’insegnamento i partecipanti a questi corsi ricevevano durante l’orario di lavoro due ore di permesso pagato.
Alòl’inizio degli anni venti l’istruzione scolastica subì nell’Unione Sovietica una trasformazione radicale. Furono introdotti metodi d’insegnamento moderni, si esclusero dai programmi le lingue classiche, poi si tornò a inserirle; le scienze furono subordinate alle esigenze pratiche dell’economia, la storia politica e la storia letteraria interpretate come manifestazioni della lotta di classe.
Gli esperimenti condotti sino allora nelle scuole furono contenuti in termini più ragionevoli; nelle scuole medie e secondarie si richiese un maggio gradoni preparazione. Negli anni successivi, cioè durante il regime staliniano, si ristabilì nella scuola russa una disciplina assai severa.
Il predominio del proletariato della scuola fu consolidato mediante l’allontanamento graduale del corpo insegnante degli elementi borghesi, sostituiti da insegnanti provenienti da classe operaia e dal ceto contadino. I figli di operai e di contadini furono favoriti nell’accesso agli studi superiori.
A Mosca e a Pietrogrado si istituirono “cattedre rosse” destinate alla formazione di docenti marxisti.
Furono pochi i professori di origine non proletaria che riuscirono a conservare la loro cattedra nelle scuole superiori russe.
Lo studio della tradizione marxista fu promosso con la fondazione a Mosca dell’ Istituto Marx- Engels, diretto da Rjsanov. Nel 1923 fu fondato l’istituto Lenin, che curò l’edizione di tutte le opere di Lenin.
Un in incremento notevole conobbe,poco dopo il 1920, la stampa periodica. Le critiche di fondo al sistema comunista erano naturalmente vietate, ma non le critiche alle inadeguatezze e alle deficienze che si riscontravano nell’attuazione del comunismo. Oltre la “Prava”, fondata nel 1912, e alle “Izvestija”, fondate nel 1917, comparvero nel 1922 il “Giornale degli operai”, nel 1923 il “Giornale dei contadini”, nel 1924 l’organo centrale dell’esercito “Stella Rossa” e molti altri. Anche se aumentò la quantità delle riviste la loro qualità non poté diminuire perché il livello medio d’istruzione dei redattori lasciava molto a desiderare, la lingua era trascurata, e il contenuto non poteva essere altro che monotono, per la pressione esercitata da una severa censura.
Il partito comunista considerava la letteratura come il mezzo più efficace per influenzare ideologicamente le masse, e cercò quindi ben presto di farsene un docile strumento, esigendo la produzione di una poesia programmatica, di tendenza anticapitalistica e bolscevica.
Molti scrittori russi, per i quali la costrizione significava la fine di ogni attività creatrice, emigrarono. Quelli che restarono si videro quasi tutti costretti dopo qualche tempo al silenzio.
Nacque una serie di movimenti di avanguardia: espressionisti, simbolisti,immaginasti, futuristi. Ma mancavano autentici talenti, destinati a inaugurare una nuova epoca nella letteratura russa.
I tentativi di creare una poesia e una cultura “proletaria” fallirono tutti. Occorse del tempo prima che i rivoluzionari prendessero coscienza del fatto una cultura “proletaria” era pensabile solo se al proletariato si contrapponeva una “borghesia”, e che parlare di cultura proletaria era cosa priva di senso in una “società aclassista” .
Durante la rivoluzione bolscevica il teatro russo continuò da un lato a coltivare la tradizione propria del teatro zarista, dall’altro cercò di sviluppare nuove idee.
Il principio fondamentale della nuova scuola teatrale risiedeva nella disciplina che legava tutti i componenti della troupe: tutti, dall’ultimo caratterista al protagonista, si impegnavano in eguale misura nel loro lavoro.
Il pubblico, composto ora in prevalenza da operai, mostrava grande entusiasmo per il teatro. Glinka, Glasunov, Musorgskij, Verdi, Bizet, Gounod erano gli autori più seguiti.
L’arditezza della messa in scena si spinse fino al punto di ripetere, nel 1920, l’assalto al palazzo d’Inverno sul luogo dello stesso storico avvenimento, avanti a sessantamila spettatori.
Anche la cinematografia russa ottenne in questo periodo risultati eccezionalmente innovatori, con opere di altissimo livello. Nel 1925 fu girato sotto la guida di Esenstein L’Incrociatore Potëmkin, che celebrava l’ammutinamento di alcuni equipaggi della flotta del mar Nero(1905).
Con una deliberazione resa nota il 18 giugno 1925 il comitato centrale del partito si arrogò il diritto di mobilitare tutti gli scrittori e gli artisti dell’Unione Sovietica nella lotta contro le ideologie ostili al comunismo.
IL RICONOSCIMENTO DELL’UNIONE SOVIETICA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Mosso dalla speranza di porre fine al dominio capitalista in tutto il mondo, Lenin propose nella primavera del 1919 di creare la “Terza Internazionale”.
La “Seconda Internazionale” lo aveva profondamente deluso, dimostrando allo scoppio della guerra mondiale di non saper far fronte ai suoi compiti: si era infatti lasciata irretire dalle argomentazioni patriottiche, minando l’unità internazionale dei lavoratori, che era appunto il suo obiettivo principale.
Il 2 marzo delegati di numerosi paesi si riunirono al cremino per dar vita al congresso costituente. La direzione della Terza Internazionale comunista(Comintern) fu affidata a Sinovev.
Furono precisate in ventun punti le condizioni che dovevano essere sottoscritte da tutti i partiti comunisti all’atto della loro adesione alla Terza Internazionale.
Le istruzioni dell’Internazionale dovevano essere eseguiti con ferrea disciplina. L’obiettivo dei comunisti di tutti i paesi era di conquistare la maggior influenza possibile nei sindacati e di diffondere le concezioni rivoluzionarie anche negli eserciti mediante la formazione di cellule comuniste.
Nei primi mesi del 1921 era ormai chiaro che la vittoria della rivoluzione mondiale era tutt’altro che imminente, e Lenin si decise a orientare anche la politica estera sovietica verso nuovi indirizzi. Dopo la rinuncia ad abbattere con la forza i governi degli stati capitalisti, non restava altra soluzione se non quella di ristabilire normali relazioni. La politica sovietica tendeva ad appoggiare popoli coloniali o semicoloniali nella lotta per l’emancipazione contro le grandi potenze imperialistiche.
Nel 1922 il Giappone riconobbe il governo sovietico, e la Cina accolse, sia pure con qualche esitazione, l’offerta di un accordo avanzata già nel 1920 dall’Unione Sovietica.
Il 16 marzo 1921 Inghilterra e Unione Sovietica sottoscrissero un accordo commerciale.
All’inizio del settembre 1921 si ebbe la firma di un accordo commerciale con la Norvegia, e nel dicembre con l’Italia e l’Austria. Con la Germania l’Unione Sovietica firmò un accordo per la reciproca liberazione di prigionieri in guerra e di civili internati, seguito poi il 6 maggio 1921 da un accordo commerciale russo-tedesco.
Benché il ristabilimento dei rapporti normali con la Russia sovietica rispondesse agli interessi del commercio europeo, parecchi paesi -Finlandia, Cecoslovacchia, Iugoslavia e Romania -continuavano a boicottare il governo sovietico. Anche la Polonia e gli stati del Baltico si mostrarono poco sensibili ai tentativi di riavvicinamento diplomatico compiuti dai sovietici.
Nel 1934 fu avanzata istanza per l’accoglimento dell’Unione Sovietica nella Società delle Nazioni.
L’8 febbraio 1924 l?unione Sovietica fu riconosciuta de iure da Mussolini. L’esempio dell’Italia fu seguito dalla Norvegia, dall’Austria, dalla Grecia e dalla Svezia. Particolare importanza ebbero i riconoscimenti de iure dell’’Inghilterra e della Francia.
Da parte degli Stati Uniti d’America, infine, il riconoscimento de iure dell’ Unione Sovietica venne nel 1933, durante l presidenza di Roosevelt.
LA LOTTA PER IL POTERE DOPO LA MORTE DI LENIN
Quando Lenin morì a Gorkij, il 21 gennaio 1924, il suo corpo fu imbalsamato e deposto in un sarcofago. Nonostante la rigidissima temperatura, per cinque giorni consecutivi centinaia di persone sfilarono giorno e notte davanti al sarcofago aperto per dare l’ultimo saluto al capo della rivoluzione. Lenin ricevette l’ultimo saluto la domenica 27 gennaio. La cerimonia ebbe inizio alle nove del mattino. Alle quattro del pomeriggio la salma fu deposta in un mausoleo provvisorio di legno, sostituito più tardi da uno di marmo e di granito. In tutta l’Unione Sovietica il lavoro fu sospeso per cinque minuti. Il cielo fu scosso da salve di artiglieria. Le sirene di tutte le fabbriche, delle locomotive e delle navi urlarono. In memoria di Lenin, Pietrogrado prese il nome di Leningrado.
La cerimonia solenne con la quale Lenin fu salutato alla sua morte era stata voluta da Stalin, e non senza motivo. L’ex seminarista di Tiflis sapeva quanta influenza avesse sulla massa del popolo, e specialmente sui contadini, l’imitazione di riti originariamente religiosi. Stalin era deciso a trasformare il mausoleo di Lenin in una sorta di Mecca, a mitizzarne il ricordo, e a sfruttare entrambi questi elementi per dare la scalata al potere..
Josif Vissarionič Džugašvili, chiamato anche dagli intimi “Sosso” o “Koba” e noto in seguito con lo pseudonimo di “Stalin”(l”uomo d’acciaio”), nacque il 21 dicembre 1878 a Gori, nel Caucaso, da un povero calzolaio e da una lavandaia.
Una condotta di vita estremamente severa, gli anni passati in carcere e in Siberia avevano temprato il carattere di Stalin. Dal punto di vista intellettuale, egli sapeva comprendere gli istinti e i bisogni della gente semplice molto meglio di quanto non sapessero gli altri membri del partito che provenivano dai ceti intellettuali e possidenti.
Durante la guerra civile Stalin era stato inviato a Caricyn, con l’incarico di difendere l’importante linea ferroviaria che collegava Mosca col Caucaso settentrionale. In seguito Stalin s’intromise anche nella direzione strategica delle operazioni. E’ in questo periodo che la sua rivalità con Trotzki, capo delle forze armate si fece acutissima.
Col passare del tempo, Stalin ottenne all’interno del partito attribuzioni sempre maggiori.
Poco prima della morte di Lenin, Stalin fu coinvolto in un conflitto che rischiò di costargli la carriera, costruita con tanta fatica.
Dopo il secondo attacco (16 dicembre), Lenin dettò una sorta di testamento in cui si toccava tra l’altro la questione di chi gli sarebbe succeduto alla guida del partito. Lenin indicò Stalin e Trotzki “i due membri più capaci” del comitato centrale. Trotzki era “indubbiamente il cervello più capace”, ma aveva una tendenza individualistica che lo portava a opporsi alle decisioni del comitato centrale. “Da quando ha assunto la carica di segretario generale”, prosegue il testamento di Lenin, “il compagno Stalin ha in mano un enorme potere, e non sono convinto che saprà sempre usarlo con la prudenza necessaria. Stalin è troppo ruvido, e questo difetto è intollerabile in chi ricopre la carica di segretario generale. Propongo quindi ai compagni di cercare una via che permetta di allontanare Stalin da questo posto.”
Il 4 marzo 1923 la “Prava” pubblicò un articolo in cui si muovevano aspre critiche al commissario ispettivo degli operai e contadini diretto da Stalin. Il giorno seguente ci fu uno scontro tra Lenin e Stalin, al termine del quale Lenin dichiarò per iscritto a Stalin che troncava tutti i rapporti con lui. Quindi mise Trotzki e Kamanev al corrente del suo grave conflitto con Stalin. Prima però che potesse prendere altre iniziative, Lenin fu colpito per la terza volta da un collasso, che lo pose nell’impossibilità di proseguire l’azione intrapresa contro Stalin. Trotzki, sperando forse che Lenin si sarebbe presto ripreso, trascurò di agire subito, e Stalin sfruttò le esitazioni del suo rivale per allearsi con Kamenev e Sinovev. I tre uomini erano concordi nel voler impedire a Trotzki, considerato generalmente l’erede presuntivo di Lenin, di assumere la direzione del partito.
Le competenze della Čeka furono allargate: tutti, anche i membri del partito bolscevico che rifiutavano di collaborare alle indagini, potevano essere perseguiti.
Occorreva in futuro, come aveva già proposto lo stesso Lenin, attribuire al comitato centrale la facoltà di espellere dal partito, se necessario, anche i membri del comitato colpevoli di svolgere attività dannose al partito.
In occasione dei funerali di Lenin, Stalin cominciò a dar vita al culto leninista. Quindi si eresse a interpretare autentico del leninismo, divulgandone la dottrina in forma semplificata, Adatta a una mentalità primitiva.
Trotzki perse molto del suo prestigio presso la massa degli aderenti al partito. Parecchi compagni avevano incominciato a staccarsi da lui prima ancora della morte de Lenin, isolandolo sempre di più. Stalin, che gli era assai superiore in quanto a tattica, non durò fatica a far condannare l’opposizione trotkista dal Quinto congresso dell’Internazionale Comunista.
Nel gennaio 1925 Trotzki fu costretto da Stalin a dimettersi dalla carica di commissario alla guerra. Trotzki non fece resistenza. La sua intenzione era forse di attendere che Stalin si compromettesse palesemente con errori di natura politica per abbattere poi decisamente il georgiano.
Il punto centrale della controversia in corso tra Stalin e l’opposizione trotzkista dal 1925 era il seguente: bisognava percorrere la via che portava alla “rivoluzione permanente”, o bisognava invece costruire il “socialismo in un solo paese”?
Trotzki sosteneva che la Russia non sarebbe stata in grado di edificare da sola una società economica socialista. Occorreva che il suo sforzo fosse appoggiato da quello di altri stati, soprattutto dell’Europa occidentale.
La Russia, paese agricolo arretrato, non era in grado-secondo Trotzki- di raggiungere il livello tecnico de paesi capitalistici più progrediti, e meno che mai di superarlo. L’Unione Sovietica nonp oteva quindi limitarsi a condurre da sola l’esperimento nella costruzione del socialismo.
Ma che cosa accadrà- replicava Stalin - se la rivoluzione internazionale giungerà troppo tardi? L’Unione Sovietica è tenuta a creare sul suo territorio un baluardo morale e materiale in difesa della causa del proletariato, secondo l’ultimo programma di Lenin.La precedenza sarà data allo sfruttamento delle risorse naturali e alla trasformazioni dell’industria; la socializzazione dell’agricoltura verrà in seguito. Senza dubbio sarebbe stato necessario tollerare, almeno in un primo periodo, un certo rafforzamento dei kulaki, per garantire al mercato il grano necessario, ma al momento opportuno i kulaki sarebbero stati liquidati, tanto più che non avrebbero potuto resistere alla prevista industrializzazione dell’agricoltura.
La politica proposta da Stalin era nettamente superiore, sotto l’aspetto psicologico e propagandistico a quella difesa da Trotzki.
Trotzki rimandava a un futuro remoto la fine della rivoluzione e il godimento delle sue conquiste: per questo la sua influenza sulle masse declinò.
La relazione di Stalin era basata sul presupposto che l’attuazione del “socialismo in un solo paese” doveva incominciare con una rapida industrializzazione dell’Unione Sovietica, promossa e attuata dallo stato. Dopo lunghi, accesi dibattiti il congresso l’approvò con 459 voti favorevoli contro 65; gli astenuti furono 41.
Nel decimo anniversario dell’ascesa al potere dei bolscevichi ci furono sfilate e cortei a Mosca e a Leningrado. Trotzki, Sinovev e i loro seguaci parteciparono alle sfilate agitando i propri cartelli: una settimana dopo furono espulsi dal partito.
Trotzki fu deportato ad Alma Ata, nel Kazachstan, Neppure come deportato rinunciò all’attività di opposizione.
Nel gennaio 1929 Stalin dispose quindi ch’egli fosse espulso in turchia. Dopo molte difficoltà Trotzki ottenne un visto d’ingresso dal governo messicano. Fondò la “Quarta Internazionale” e pubblicò alcuni libri contro il regime di Stalin. Il 21 agosto 1940 fu assassinato dal suo segretario privato.
GLI ESORDI DELLA PIANIFICAZIONE ECONOMICA
Il primo abbozzo di pianificazione economica guidata dallo stato fu tracciato quando Lenin era ancora in vita. Dopo la sua morte si elaborò in via sperimentale un piano quinquennale, destinato a regolare l’economia nel periodo compreso tra il 1925 e il 1930, ma non si andò oltre la sua formulazione.
Si avviò un processo di accumulazione di capitali: le paghe degli operai furono tenute basse per favorire l’incremento dei capitali. La popolazione dovette rinunciare a produrre beni di consumo per accelerare la dotazione del paese in strumenti di produzione. Le imprese private ancora esistenti nel settore industriale e commerciale dovevano essere gradualmente eliminate.
L’ostacolo maggiore che l?unione Sovietica dovette superare durante il periodo di industrializzazione fu la mancanza di operai qualificati, di tecnici, ingegneri e direttori. Lo stato sovietico era costretto a contare in misura considerevole sulla collaborazione di elementi politicamente neutrali o addirittura di origine borghese. A poco a poco, questi elementi furono sostituiti da comunisti addottrinati nelle scuole popolai e nelle facoltà operaie.
Gli operai che presentavano qualche nuova invenzione o avanzavano proposte di miglioramenti tecnici o amministrativi ricevevano speciali premi.
Nell’aprile 1927 il governo si Mosca lanciò una nuova parola d’ordine: l’Unione Sovietica doveva “raggiungere e superare “ i paesi più progrediti d?Europa e d?America. L’industria pesante non dava adito a preoccupazioni: Diversa era la situazione dell’agricoltura, la cui produzione sebbene avesse raggiunto il livello del 1913, forniva al mercato appena la metà delle derrate fornite nell’ultimo anno d’anteguerra.
Tornava a profilarsi lo spettro di una nuova carestia. I contadini furono accusati di rifornire il mercato in maniera insufficiente. In realtà la colpa era da attribuire all’arretratezza delle tecniche e degli strumenti utilizzati dall’agricoltura, e alla mancanza di capitali per l’industrializzazione.
Non restava che accelerare la creazione di organizzazioni collettive( Sovchoz e kolchoz).
I sovchoz mettevano i loro trattori e il loro personale a disposizione dei contadini privati, a patto che fondessero le loro piccole proprietà in kolchoz.
E’ da questa iniziativa che che si sviluppò in seguito il sistema di centri statali di macchine e trattori, che giovò senza dubbio a far progredire la tecnica di produzione nel settore agricolo, ma anche a rinsaldare la dipendenza dei contadini dallo stato.
Molti grossi possidenti che si rifiutavano di consegnare allo stato la quota di raccolta stabilita al prezzo ufficiale. Il governo sovietico reagì alle manovre speculative dei kulaki con provvedimenti penali severissimi:confiscò il grano sottratto e sottopose i kulaki una massiccia pressione fiscale, alleggerendo contemporaneamente il peso fiscale dei piccoli contadini.
L’ala destra del partito bolscevico si oppose a questa politica agraria ostile ai kulaki. Bucharin in particolare si spinse fino al punto di incoraggiare i kulaki con lo slogan : “Arricchitevi!”. Bucharin, Rykov e Tomskij furono privati delle loro cariche. L’”opposizione” di destra era disfatta.
Nel dicembre 1927 il quindicesimo congressoaveva approvato un abbozzo di massima del primo piano quinquennale, che fu elaborato nei mesi seguenti ed entrò in vigore il 1° ottobre 1928.
IL PRIMO PIANO QUINQUIENNALE
La commissione statale per la pianificazione economica era costituita da alcune centinaia di economici e di esperti.
Come prima misura la commissione fece l’inventario di tutti gli strumenti di produzione esistenti in Russia e della loro capacità produttiva annua.Subito dopo si analizzarono le possibilità di espansione presumibili per ogni singolo settore economico. Infine si prescrisse con disposizioni assai particolareggiate quale doveva essere il tasso d’incremento annuo nel quinquennio seguente per ognuno dei settori economici.
L’audaci dell’esperimento colpì perfino gli americani, che ne seguirono le singole fasi ora con un certo scetticismo ora con stupefatta ammirazione. Gran parte della popolazione sovietica fu presa da un autentico entusiasmo.
L’obiettivo del piano quinquennale era di aumentare il capitale sociale complessivo dell’Unione Sovietica.
Per i nuovi investimenti si stabilì di dare la precedenza alle imprese statali e collettivistiche a scapito dell’economia privata. Lo scopo era quello di espandere l’economia nazionalizzata, e di limitare l’area riservata agli imprenditori privati. L’incremento dei mezzi di produzione doveva avetre una netta precedenza rispetto a quello dei beni consumo e delle abitazioni.
La popolazione urbana godeva una quota di consumo sensibilmente maggiore di quella concessa ai contadini, e i processo di accumulazione del capitale nazionale fu pagato più dai contadini che dagli operai.
L’attuazione del primo piano quinquennale urtò contro grandi difficoltà.
La collettivizzazione dell’agricoltura fu condotta in un primo tempo con molta cautela. Ai contadini fu consentito dapprima di mettere in comune soltanto i campi, conservando la proprietà individuale del bestiame e degli strumenti di lavoro.Questo sistema progressivo preparò e facilitò il passaggio a una forma di collettivizzazione più accentuata, quella dei kolchoz.
L’iniziativa si scontrò dappertutto con la resistenza di molti grossi contadini e dei kulaki, tutt’altro che disposti a rinunciare alla loro proprietà privata. I kolchoz furono incendiati, le macchine agricole distrutte, i sabotaggi non si contavano più.Alla fine del 1929 il partito bolscvico decise, su proposta di Stalin, di “sbarazzare integralmente i villaggi dalla presenza dei kulaki”, di “liquidare i kulaki come classe”. I proletari delle campagne furono chiamati alla lotta contro i kulaki, la polizia e l’esercito furono impiegati nella repressione. L’espropriazione radicale dei kulaki era considerata assolutamente necessaria dal governo sovietico per raggiungere nel termine più breve gli obiettivi fissati all’agricoltura dal piano quinquennale.
In alcune regioni i medi proprietari furono trattati come kulaki: tutti i loro beni furono confiscati, persero diritto di voto e molti furono deportati in campi di lavoro coatto.
L’insofferenza cresceva tra i contadini, e il governo fu costretto a tenerne conto. Furono presi provvedimenti in favore dei contadini per evitare che si schierassero con i kulaki. In questo modo il governo sovietico riuscì a contenere la crisi scoppiata nell’agricoltura e a superarla.
Per riuscire a imporsi i kolchoz dovevano essere sostenuti da un’adeguata produzione industriale. I trattori di cui potevano disporre all’inizio del piano quinquennale erano 6.000, ma alla fine dei cinque anni erano già saliti a 150.000. La fabbricazione di seminatrici e di trebbiatrici progrediva sempre di più.
Nell’estate 1930 Stalin proclamò una nuova parola d’ordine: il piano quinquennale doveva essere realizzato in quattro anni, e per certi settori industriali addirittura in tre. Tutti gli strumenti propagandistici furono impiegati per destare l’entusiasmo e l’orgoglio dei lavoratori per le realizzazioni anticipate del piano.
L’industria fu spronata con tutti i mezzi possibili, messa alla frusta. I primati individuali di produttività furono ricompensati con l’attribuzione di premi e di onorificenze come quella di “eroe del lavoro”. Le imprese più meritevoli ricevettero l’Ordine di Lenin”.
L’Unione Sovietica si trasformò con rapidità vertiginosa in un paese in cui la produzione industriale superava quanto a valore la produzione del settore agricolo.
Mentre l’occidente era afflitto nel 1929 da una crisi economica che progrediva implacabilmente, l’Unione Sovietica non riusciva a soddisfare il fabbisogno di manodopera. Tra il 1928 e il 1932 l’indice della produzione industriale scese in Europa del 27,6 per cento mentre nell’Unione Sovietica salì del 98 per cento.
Alla fine del 1932 fu annunciato ufficialmente che, grazie all’impegno di tutte le energie del paese, gli obiettivi del primo piano quinquennale erano stati raggiunti in soli quattro anni, e che il 1° gennaio 1933 sarebbe entrato in vigore il secondo piano quinquennale, che doveva essere realizzato entro il 31 dicembre 1937.
L’affermazione che il primo piano quinquennale era stato attuato “in anticipo” non rispondeva interamente alla realtà. Alcuni settori dell’industria erano rimasti indietro rispetto alle quote fissate dal piano. In seguito l’Unione Sovietica riconobbe essa stessa di aver preteso troppo da certi settori economici, ai quali occorreva fissare degli obiettivi assai più modesti nel secondo piano quinquennale.
I settori in anticipo erano frenati, e spesso paralizzati da quelli “zoppicanti”, perché il distacco tra la “pronta” realizzazione del piano e l’attuazione “ritardata” aumentava ogni quadrimestre. Di qui derivava l’urgente necessità di una nuova “sincronizzazione” tra i diversi settori economici.
Durante il quinquennio era rimasto in vigore il razionamento dei generi alimentari..
Soltanto nel corso del secondo piano quinquennale si ebbe un leggero miglioramento della situazione, specie per alcuni ceti privilegiati della popolazione, quali gli stacanovisti, gli specialisti tecnici, gli scienziati e gli artisti.
I risultati del primo piano quinquennale confermarono Stalin nella sua tesi circa la possibilità di costruire il “socialismo in un solo paese”.
LO SVILUPPO DELL’ECONOMIA PIANIFICATA SINO ALLO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE.
Il secondo piano quinquennale mirava a distruggere definitivamente la struttura classista, ad aumentare la produzione di beni di consumo e a risolvere il problema dell’alimentazione. Si voleva inoltre sincronizzare i vari settori industriali concentrandosi su quelli rimasti indietro rispetto agli obiettivi del primo piano quinquennale.
La fondazione di un’industria bellica in Siberia avrebbe facilitato la difesa della Russia contro il Giappone, il Manchukuo e la Cina.
L’Unione Sovietica sarebbe senza dubbio crollata, nel 1941-45, di fronte alle armate tedesche, se non avesse provveduto a gettare le basi per la produzione industriale e di materie prime in Siberia.
Nel 1937 la nuova struttura sociale dell’U.R.S.S. aveva raggiunto una considerevole solidità.
Nei kolchoz il partito bolscevico inviò un esercito di funzionari politici i quali, svolgendo opera di “chiarificazione” e intensificando i controlli, ottennero che l’agricoltura accrescesse la sua produzione.
Gli ex kulaki potevano essere accolti come membri dei kolchoz solo dopo che avessero “lavorato e appoggiato lealmente per tre anni la politica del governo sovietico”.
Fu fissata per ogni tipo di lavoro una “norma giornaliera”; chi riusciva a superarla aveva diritto a un compenso supplementare.
Il 31 agosto 1935 Stachanov, un minatore, riuscì a estrarre in un solo turno di lavoro a estrarre 102 tonnellate di carbone. L’8 settembre stabilì un nuovo primato con 175 tonnellate. Poco dopo Stachanov fu battuto da Isotov, il quale riuscì a estrarre 240 tonnellate. Il “movimento stacanovista” si allargò quindi con straordinaria rapidità ad altri settori dell’industria.
Dopo la fine del secondo piano quinquennale lUnione Sovietica fu in grado di riununciare all’importazione di macchinari dall’estero e anche alla collaborazione di specialisti occidentali.
Neanche questa volta, però, gli obiettivi voluti da Stalin e dal governo non furono pienamente raggiunti. Il governo sovietico si vide quindi costretto a rinunciare per il terzo piano quinquennalema eccessive pretese e speranze circa l’incremento della produzione.
I piani quinquennali bolscevichi resero inevitabile l’introduzione di una disciplina severissima all’interno della nazione, e provocarono quindi il ricorso a misure dittatoriali ancora più dure che in passato.
Tutti senza eccezione dovevano adeguarsi alla “linea generale”, allineandosi ogni volta che la “linea” andava riveduta in base a considerazioni tattiche.
Durante l’attuazione del secondo piano Stalin acquisto agli occhi del popolo un’autorità enorme come capo del partito e dello Stato. Il culto di Stalin si diffuse in maniera irresistibile per tutta l’Unione Sovietica.
La glorificazione e idolatrica esaltazione dell’uomo assunsero forme incredibili.
D’altra aprte il culto di Stalin provocò un’ondata di servilismo e un “allineamento” che portò danni incommensurabili alla vita spirituale dell’Unione Sovietica”. Gli scrittori furono esortati aispirare nei loro lettori un “ottimismo standardizzato”.
I centri di controllo del partito s’intromettevano nel lavoro creativo e lo distorcevano a fini politici, a tutto scapito della qualità artistica, oppure esigevano che l’autore si adeguasse al gusto dominante della massa promuovendo il “realismo socialista”.
LA COSTITUZIONE SOVIETICA DEL 1936
Mentre i lpotere di Stalin, sostenuto dai suoi seguaci, assumeva sempre più chiaramente un carattere totalitario, l’abbozzo di una nuova Costituzione, pubblicata nella “Pravda” il 12 giugno 1936, fece sperare i sudditi sovietici in un ampliamento delle libertà personali e politiche riconosciute dalla legge.
Nella terra sovietica l’economia socialista si sviluppa, la sicurezza economica di tutta la popolazione cresce, non ci sono disoccupati, non esistono guerrafondai ne provocatori.
Stalin non era affatto interessato a una democrazia viva e operante. Per lui l’“autogoverno del popolo” rappresentava soltanto una finzione propagandistica.
L’idea direttiva della nuova Costituzione era derivata dal Manifesto Comunista del 1848. Il primo passo nella rivoluzione operai, dice il Manifesto, sarà l’ascesa del proletariato a classe dominante. Quando nel corso dell’evoluzione le differenze di classe saranno scomparse, e tutta la produzione sarà concentrata nelle mani di individui associati tra loro, il potere pubblico perderà il suo carattere politico, vale a dire cesserà di servire a una classe come forza organizzata per opprimere un’altra classe. Scomparse le classi, cessa anche il dominio di classe del proletariato per lasciar posto ad un’associazione in cui il libero sviluppo di ognuno è la condizione di libero sviluppo di tutti.
Con la Costituzione del 1936 Stalin, riferendosi ai passi citati citati del Manifesto Comunista, voleva annunciare solennemente la fine della prima tappa della rivoluzione e l’inizio della seconda.
Il piano economico statale mira all’accrescimento della ricchezza sociale, al miglioramento del livello materiale e culturale dei lavoratori, al consolidamento dell’indipendenza dell’U.R.S.S. e al rafforzamento delle sue capacità difensive.
Accanto alla proprietà statale c’è la proprietà delle imprese collettive e delle cooperative. La piccola economia privata è consentita dalla legge nel settore agricolo e industriale, purché si fondi sul lavoro personale ed escluda lo sfruttamento del lavoro altrui.
Ogni persona è tenuta a lavorare secondo le sue capacità e dev’essere pagata secondo il lavoro compiuto. I cittadini sovietici hanno diritto al lavoro, vale a dire a un lavoro garantito e retribuito secondo la qualità e la quantità.
I cittadini sovietici hanno diritto inoltre al riposo, assicurato dalla limitazione dell’orario di lavoro a sette ore, da una vacanza annuale completamente pagata per tutti i lavoratori e da una fitta rete di case di riposo. Sono garantite anche le cure in caso di malattia e la pensione durante la vecchiaia o l’invalidità.
I cittadini sovietici godono del diritto all’istruzione , che comprende l’istruzione superiore gratutita.
Le donne godono sostanzialmente degli stessi diritti degli uomini usufruendo inoltre di una licenza pagata nel periodo della gravidanza e di prestazioni completamente gratuite in caso di parto.
La Chiesa è separata dallo Stato, e la scuola dalla Chiesa. Tutti i cittadini sono liberi di professare culti religiosi, come pure di esercitare propaganda antireligiosa. Sono garantite la libertà di parola, di stampa, di riunione e di formare cortei e manifestazioni, ma solo quando “corrispondano agli interessi dei lavoratori e allo scopo di rafforzare il sistema socialista”.
Per tutte le elezioni di rappresentanti popolari è obbligatorio il suffraggio universale, uguale, diretto e segreto. Tutti i cittadini di entrambi i sessi, che compiono i diciotto anni nell’anno i n cui si svolgono le elezioni, godono del diritto elettorale attivo e passivo. “Il diritto di voto spetta a chiunque indipendentemente dalla razza e dalla nazionalità dalla confessione, dal grado di istruzione, dalla residenza, dall’origine sociale, dal censo e dalla sua precedente attività”. Di conseguenza i membri o i discendenti dell’ex borghesia, della nobiltà e del clero tornano a godere dei loro diritti politici.Nell’Unione Sovietica è ammesso un solo partito: quello comunista.
E’ previsto che la Costituzione dell’U.R.S.S. possa essere sottoposta a revisione soltanto in base a una deliberazione del Soviet Supremo; occorre a questo proposito una maggioranza di due terzi in ognuna delle due camere (Consiglio deel’Unione e Consiglio delle Nazionalità).
Il popolo non dispone né del referendum né del diritto di iniziativa legislativa.
La Costituzione del 1936 non ha apportato nessuna radicale innovazione nell’organizzazione burocratica dello stato federale sovietico.
Una serie di processi-farsa dimostrò in seguito chiaramente quanto l?unione Sovietica fosse ancora lontana, anche dopo la nuova Costituzione , dall’essere realmente uno stato di diritto.
EPURAZIONI E PROCESSI PROPAGANDISTICI
Mai la crudeltà deò regime staliniano emerse più chiaramente come nel periodo dal 1934 al 1938. il terrore, organizzato con fredda determinazione con brutalità, fece la sua comparsa nel giugno 1934, quando uscì un decreto che stabiliva l’arresto collettivo di tutta la famiglia qualora uno dei membri avesse agito in maniera dannosa per lo stato.
Un mese più tardi fu adottata una misura diretta ad attenuare il regime dispotico imperante: la G.P.U.(Amministrazione politica dello Stato), la famigerata polizia segreta succeduta nel 1922 alla Čeka, fu sciolta e sostituita dalla N.K.V.D.(Commissario del popolo per gli Affari interni).
Il 1° dicembre 1934 il segretario del partito comunista di leningrado, Sergej Mironovič Kirov, cadde vittima di un attentato. Kirov, che aveva respinto la protezione della polizia, fu ucciso nel suo ufficio da uno studente di nome Leonid Nikolaev.
Il processo contro gli assassini di Kirov fu celebrato a porte chiuse. Gli accusati, ai quali non fu concesso di nominare dei difensori, furono condannati a morte e giustiziati.
Stalin incaricò la N.K.V.D. di dare una caccia spietata.
La condanna segnò l’iniziop di una caccia senza precedenti a supposti terroristi e ad altri elememtri sospetti nelle file del partito e della gioventù comunista.
Andrej Ždanov, il successore di kirov, fu incaricato di Epirare Leningrado degli elementi sospetti. Decine di migliaia di persone furono deportate con le loro famiglie.
Sinovev, Kamanev e compagni furono incolpati di aver intrattenuto rapporti con Trotzki, di aver assassinato Kirov e di aver preparato degli attentati contro Stali, Vorošilov, e Kaganovič. Nel corso dell’udienza gli imputati confermarono le dichiarazioni fatte in sede d’inchiesta preliminare.
Nessun difensore fu ammesso al processo. Tutti gli accusati furono condannati dal supremo tribunale militare alla pena massima, la fucilazione, e giustiziati il 25 agosto 1936.
Mentre la nuova Costituzione del 1936 dava alla òpopolazione sovietica l’illusione di maggiroi garanzie giuridiche per l’individuo, la serie di processi contro i traditori trotzkisti continuò, accompagnata da nuove esplosioni di terrore.
Alla fine del settembre 1936 Jagoda fu rimosso dalla carica di capo della N.K.V.D. A succedergli fu chiamato Nikolaj Isanovič Ješov. Sotto Ješov la campagna di epurazioni, inquisizioni e processi raggiunse il culmina. Gli anni dal 1936 al 1938 sono passati alla storia come l’era della “Ješovščina”.
Il successivo salasso che raggiunse proporzioni terribili, toccò all’Armata Rossa.Essa subì epurazioni catastrofiche. Ventimila ufficiali circa furono arrestati, alcune migliaia, tra i quali millecinquecento di grado superiore vennero fucilati , gli altri deportati.
Mentre era in corso l’epurazione dell’Armata Rossa, la N.K.V.D. allestì il più clamoroso di tutti i processi politici, “la causa penale contro il blocco antisovieticodelle destre e dei trotzkisti”. Il processo è noto anche col nome di “processo dei ventuno” o “terzo processo contro i trotzkisti”.
Sul banco degli imputati sedevano: Bucharin,, Rykov, ex presidente del Consiglio dei commissari del popolo; Jagoda, Krestinskij,lungotenente del commissario del popolo degli Esteri; Rakovskij, Rosengolz, Černov, ex commissario del popolo per il commercio in Ucraina; Levin, medico dello scrittore Maksim gorkij e altri.
Diciotto imputati furono condannati a morte e giustiziati il 15 marzo. Gli altri tre furono condannati a 15,20 25 anni di carcere.
Il terzo processo a carico dei trotzkisti dimostrò probailmente a Stalin che non ci si poteva fidare totalmente della “messinscena” preparata in anticipo, perché era impossibile eliminare del tutto il pericolo di scontri verbali imprevisti e di incidenti, a dispetto delle pressioni esercitate. E’ forse per questo che in seguito non vennero più inscenati grandi processi politici.
Durante le epurazioni, innumerevoli cittadini sovietici furono imprigionati: tutti coloro cioé che sembravano sospetti o per aver espresso una sia pur timidissima opposizione o per aver mantenuto un qualsiasi contatto con l’estero. Si valuta che dal 1936 al 1938, il numero degli arrestati sia salito a sei, sette milioni.
Solo una piccola percentuale degli arrestati fu giudicata da tribunali ordinari: la maggior parte fu spedita nei campi di punizione della Russia settentrionale e della Siberia in base al giudizio di semplici commissioni amministrative.
L’alto indice di mortalità nei campi rendeva spesso la regime gli sytessi servigi del plotone d’esecuzione.
Prevedendo i pericoli che minacciavano l’esistenza dell’Unione Sovietica, egli decise di prevenirli, liberandosi barbaramente di tutti gli avversari anche solo potenziali.
Stalin ordinò a un gruppo di storici fedeli alla linea ufficiale del partito diretto da Ždanov a elaborare una “Storia del partito comunista dell’Unione Sovietica”. In questa “Storia” Stalin appare come il più strettp amico di Lenin e il più fedele persecutore della sua opera, mentre Trotzki, Sinovev, Kamnev, Bucharin e altri sono bollati come traditori della Rivoluzione Russa, che sarebbe finita in un precipizio se Stalin non avesse sgomitato i ltrotzkismo. Il libro divenne la bibbia del partito, la sua infallibilità un dogma di fede. Tutte le precedenti versioni della storia furono screditate come falsificazioni della realtà storica e, nei limiti del possibile, ritirate dalla circolazione: tutta la storiografia fu riadattata alle nuove direttive.
Stalin seppe interessare a tal punto la società sovietica agli obiettivi e ai successi dell’evoluzione economica che tutte le crudeltà del suo regime furono presto dimenticate.
Stalin valorizzò l’idea della “Grande patria del socialismo”, che aveva avuto il coraggio di rompere i ceppi del capitalismo e dsi spianare la strada a tutta l’umanità. Si diffuse un nuovo patriottismo sovietico, non esente da una ingenua arroganza nei confronti dell’Occidente.
I metodi violenti del regime staliniano avevano divorato la vecchia guardia del bolscevismo.
Se le epurazioni avevano colpito milioni di uomini, le ferite si cicatrizzarono. Dal tramonto della vecchia classe trassero beneficio i nuovi managers dello stato sovietico, gli appartenenti alla generazione nuova, i membri della “Gioventù Comunista”.
Nel 1939 fu convocato, per la prima volta dopo cinque anni, un congresso del partito. “Possiamo essere certi” disse Stalin, “che non occorreranno in futuro altre epurazioni in massa”.
Alla vigilia della seconda guerra kondiale Stalin poteva dirsi sicuro che sotto la sua guida il partito era diventato un blocco dalla compattezza monolitica.