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Categoria: | Storia |
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Testo
LA RIVOLUZIONE RUSSA
Nel 1917 la Russia viveva ancora in una condizione feudale, era molto arretrata economicamente ed era dominata dai grandi latifondisti (prima fase della teoria marxista). A quel tempo i tre partiti socialisti erano:
• Menscevichi → erano disposti a collaborare con i Partiti borghesi poiché volevano, secondo la dottrina ortodossa marxista, realizzare in Russia una società progredita e industriale dalla quale fare emergere uno Stato socialista; Marx sosteneva infatti che ogni società doveva vivere tre fasi:
( Fase aristocratica → dominio della classe nobiliare dei grandi proprietari terrieri;
( Fase borghese → dominio della classe degli industriali, dei banchieri e dei ricchi in contrapposizione alla nuova classe operaia (proletariato);
( Fase proletaria → dominio della classe del proletariato su tutte le altre classi.
• Bolscevichi → ritenevano che la Russia potesse attuare una rivoluzione socialista anche partendo da una condizione arretrata quale era quella russa del 1917; la Russia infatti non possedeva una classe borghese e un vero proletariato se non nella città di Pietrogrado; ciò significava non attenersi alla dottrina marxista (viene saltata la seconda fase). Inoltre il Partito bolscevico non intendeva collaborare con i Partiti di matrice borghese (liberal democratici);
• Socialisti Rivoluzionari → erano interessati al problema dei lavoratori rurali, avevano come obiettivo prioritario la divisione del grande latifondo di proprietà della Chiesa e della nobiltà.
All’inizio di marzo 1917, l’insurrezione (sciopero generale) degli operai della città di Pietrogrado, a cui si unirono i militari (che rifiutarono l’ordine dello Zar di sparare sulla folla manifestante), costrinse lo zar ad abdicare (15 marzo).
Viene così istituito un governo provvisorio di orientamento liberale, i cui obiettivi erano il proseguimento della guerra a fianco dell’intesa e l’occidentalizzazione politico-economica della Russia; questo governo provvisorio era formato da:
• Partito liberal-democratici (moderati, di matrice borghese) → partito dei cadetti (costituzionali democratici);
• Partito dei Menscevichi;
• Socialisti rivoluzionari.
Da questo governo erano esclusi i Bolscevichi.
Nell’aprile 1917 Lenin rientra in patria partendo dalla Svizzera (dove si era stato costretto all’esilio) e compiendo un avventuroso viaggio attraverso l’Europa in guerra, grazie alla copertura della Germania che lo vedeva come un elemento di destabilizzazione che avrebbe potuto indebolire i sostenitori della guerra in Russia.
Giunto a Pietrogrado, Lenin scrive le Tesi di aprile, secondo cui il marxismo ortodosso può essere superato passando direttamente dalla prima alla terza fase (saltando la fase borghese); dunque il proletariato avrebbe soppiantato la borghesia acquisendo anche i mezzi di produzione (gestendo anche le fabbriche); si formarono così i Soviet, i parlamenti proletari (ogni città era governata da un Soviet).
A ottobre i bolscevichi decidono di rovesciare con la forza il governo e prendono il potere grazie all’esercito guidato da Trotzkij (proveniente dalla sinistra menscevica e presidente del soviet di Pietrogrado); il 7 novembre i soldati rivoluzionari e le guardie rosse (milizie operaie) occupano il Palazzo d’Inverno (sede del governo provvisorio ed ex residenza dello Zar). Dunque viene costituito un nuovo governo rivoluzionario chiamato Consiglio dei commissari del popolo, composto esclusivamente dai bolscevichi e di cui Lenin era presidente.
Tutte le altre forze politiche rimangono disorientate, non si oppongono apertamente al nuovo governo (protestano solo vivacemente contro l’atto di forza) e preferiscono puntare sulle elezioni per l’Assemblea costituente (fissate per la fine di novembre); i vincitori di queste elezioni risultarono i socialisti rivoluzionari (ottengono 400 seggi su 700 grazie al sostegno dell’elettorato rurale), mentre i bolscevichi uscirono sconfitti con circa 175 seggi.
L’Assemblea costituente si riunisce in gennaio, ma viene immediatamente sciolta grazie all’intervento dei militari bolscevichi (che avevano ubbidito al congresso dei Soviet); dunque Lenin non credeva alle regole della democrazia borghese e riconosceva solo al proletariato il diritto di guidare il processo rivoluzionario, attraverso le sue espressioni dirette (Soviet e partiti); con questo atto di forza, Lenin rompe definitivamente con gli altri partiti (sia socialisti che democratici).
I bolscevichi si trovarono a governare un paese immenso, molto arretrato e con molti problemi (tra cui la guerra); Lenin prevedeva che, dopo aver abbattuto il dominio borghese, il governo avrebbe dovuto scomparire e le masse stesse si sarebbero autogovernate secondo i principi di democrazia diretta (il potere dovrebbe passare nelle singole comunità che si sarebbero dovute organizzare attraverso i propri Soviet).
Per la guerra, Lenin puntava su una sollevazione di tutti i popoli europei, da cui sarebbe scaturita una pace equa (senza annessioni e senza indennità); ciò non si realizzò e i capi rivoluzionari (in contrasto con le altre forze politiche e con alcuni membri interni al partito) dovettero firmare una pace separata con la Germania (le cui truppe occupavano vaste zone dell’ex Impero russo), che fu conclusa a Brest-Litovsk (3 marzo 1918).
Per fare fronte agli oppositori, il regime rivoluzionario dovette accentuare i suoi tratti autoritari e aumentare il potere centrale (escludendo i progetti di autogoverno popolare e i propositi antimilitaristi); nel giugno 1918 vengono messi fuori legge tutti i partiti oppositori e viene reintrodotta la pena di morte (abolita in seguito alla rivoluzione d’ottobre); anche lo Zar e la sua famiglia vengono giustiziati (si teme una reazione nobiliare).
Inoltre per evitare reazioni da parte degli oppositori, nel febbraio 1918 Trotzkij procede alla riorganizzazione dell’esercito, che prende il nome di Armata rossa degli operai e dei contadini (formato anche da ufficiali del vecchio regime zarista e fondato su una rigida disciplina); in questo periodo vi fu una violenta guerra civile che contrappose l’Armata rossa all’Armata bianca, l’esercito degli oppositori composto da:
• Socialisti rivoluzionari;
• Menscevichi;
• Partiti cadetti (liberal moderati);
• Forze dell’Intesa, che aveva considerato l’armistizio russo come un tradimento e aveva inviato contingenti militari allo scopo di alimentare la guerra civile e sostenere le forze antibolsceviche.
La creazione di questo efficiente esercito consentì al regime bolscevico di mantenere il potere e nella primavera del 1920 la guerra civile si concluse con la vittoria dell’Armata rossa.
Nel 1918 i bolscevichi (che prima erano il Partito socialdemocratico) fondano il Partito comunista (bolscevico) di Russia.
Per volontà di Lenin viene costituita l’Internazionale comunista (Comintern), la riunione che riunisce tutti i partiti comunisti del mondo; per farne parte, i singoli partiti avrebbero dovuto sottostare a determinate condizioni (indicate in un documento scritto da Lenin e suddiviso in 21 punti), tra cui:
• Ispirarsi al modello bolscevico;
• Difendere in tutte le sedi possibili la causa della Russia sovietica;
• Cambiare il proprio nome in quello di Partito comunista;
• Rompere con le correnti riformiste espellendone i sostenitori.
Tuttavia queste rigide condizioni suscitarono accesi dibattiti in tutti i partiti socialisti (solo una minoranza aderisce a questi principi espellendo le correnti riformiste); comunque tra il 1920-21 il Partito comunista russo raggiunge l’obiettivo di creare in tutto il mondo una rete di partiti che si ispirano al modello bolscevico e che seguono le direttive del partito-guida. La Russia diventava così il centro del comunismo mondiale (in Europa solo pochi movimenti operai aderirono al modello bolscevico, la maggior parte rimase nel Partito socialista).
Sul piano politico, il Partito comunista, già dal 1918, cercò di attuare una politica più energica e autoritaria, definita comunismo di guerra; nei centri rurali vennero istituiti comitati che provvedevano alla distribuzione degli alimenti (il problema della fame era sempre maggiore) e in campo industriale furono nazionalizzati i settori più importanti.
Sul piano economico questa politica si dimostrò un fallimento; infatti alla fine del 1920 la produzione industriale era in forte calo, le grandi città erano spopolate a causa della disoccupazione e della fame, il fenomeno della borsa nera si diffondeva sempre più (il commercio privato era vietato) e nella primavera del 1921 la crisi raggiunse il culmine (a causa della guerra civile e della carestia che colpì le campagne russe).
Per far fronte a questa situazione, nel X congresso del Partito comunista venne istituita la Nep (Nuova Politica Economica), con cui fu avviata una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi; la Nep prevedeva:
• Per il contadino:
- Può trattenere solo beni di autoconsumo;
- Deve versare una quantità fissa di beni allo Stato (per il mantenimento dell’esercito);
- I beni eccedenti possono essere venduti (in questo modo si stimola la produzione).
• Per le Piccole Industrie → possono commerciare i beni eccedenti (viene stimolata la produzione).
La Nep venne accolta con favore ed ebbe conseguenze benefiche sull’economia; nelle campagne venne stimolata la ripresa produttiva ed emerse il ceto dei contadini ricchi che controllava il mercato agricolo (Kulaki), mentre la liberalizzazione del commercio per le industri favorì la nascita di una nuova classe di trafficanti (Nepmen).
La prima costituzione russa (rivoluzionaria) è stata emanata nel 1918 (durante la guerra civile); essa sosteneva che il potere dovesse appartenere unicamente alle classi lavoratrici e ai loro organismi rappresentativi (i Soviet). Con questa costituzione la Russia si proclama Stato federale; il progetto a lungo termine era quello di creare un’unica repubblica socialista mondiale, mentre, tra il 1920 e 1922, alla Repubblica russa (che comprendeva la Siberia) si unirono le altre province dell’Ex Impero zarista (Ucraina, Bielorussia, Azerbaigian, Armenia e Georgia → erano diventate indipendenti dopo la rivoluzione, rimanendo legate ai partiti menscevichi e liberal moderati) grazie al decisivo intervento dell’Armata rossa.
Nel dicembre 1922 i congressi dei Soviet delle singole Repubbliche decisero la creazione dell’Urss (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche).
La nuova costituzione del 1924 stabilisce il potere supremo venga affidato al Congresso dei Soviet dell’Unione (formato da operai, contadini e soldati); il Soviet supremo dovrebbe essere il Parlamento con autonomia decisionale, tuttavia il potere reale resta nelle mani del Partito comunista (la costituzione prevede solo l’esistenza del Partito comunista) che:
- Fornisce le direttive e le linee politiche-ideologiche;
- Decide i candidati della lista unica, per le elezioni del Soviet supremo;
- Controlla la potentissima polizia politica.
Il Partito comunista è quindi organizzato secondo un rigido centralismo (lo Stato, che si era proclamava fondato sulla democrazia sovietica, era quindi controllato, grazie ad un apparato fortemente centralizzato, dal gruppo dirigente del Partito bolscevico).
Gli sforzi del Partito comunista sono orientati in due direzioni:
• Educazione della gioventù → viene introdotta l’istruzione obbligatoria fino a 15 anni; viene privilegiata la cultura tecnica (per il futuro sviluppo industriale); inoltre viene introdotta l’educazione politica (si cerca di diffondere la cultura marxista ) e si incoraggia l’iscrizione in massa nell’organizzazione giovanile del partito;
• Controllo sulla Chiesa ortodossa → la Chiesa è vista come forma di controllo sociale e viene quindi condotta una dura lotta per la scristianizzazione del paese (confisca dei beni ecclesiastici, chiusura delle chiese e arresti di capi religiosi); in seguito a questa lotta, l’influenza della Chiesa permane solo nelle campagne; il contrasto aumenta maggiormente quando la Russia decide di introdurre: il matrimonio civile (1918), il divorzio (1918), la legalizzazione dell’aborto (1920), la parità fra i sessi e la condizione dei figli illegittimi fu equiparata a quella dei legittimi.
Nell’aprile del 1922 Stalin (ex commissario alle Nazionalità) viene nominato segretario generale del Partito comunista dell’Urss, succedendo a Lenin (gravemente malato, morirà nel 1924); fino ad allora la Russia aveva seguito la linea politica sostenuta da Lenin grazie alla sua indiscussa autorità (e carisma), ma con la sua scomparsa nascono vari conflitti per la successione all’interno del partito comunista:
• Stalin – Trotzkij → quest’ultimo condanna il centralismo del partito (tra cui il problema della burocratizzazione) e sostiene che, per evitare questo fenomeno, si deve attuare l’estensione del comunismo agli altri stati (in particolare all’occidente capitalistico) e la forzata industrializzazione.
La risposta di Stalin fu che l’Unione Sovietica aveva in sé le forze necessarie a fronteggiare l’ostilità del mondo capitalista (sostiene la teoria del socialismo in un solo paese che rappresenta una rottura con quanto affermato dai bolscevichi, ma aveva il vantaggio di adattarsi alla situazione reale) e la tesi di Stalin è rafforzata nel 1924-25, quando gli Stati europei riconoscono la Russia sovietica.
Dal punto di vista economico Stalin decide che dev’essere attuata l’industrializzazione forzata (la Russia era troppo arretrata) e tutte le energie saranno orientate all’industrializzazione; Trotzkij (in quanto dissidente) viene emarginato, deportato e in seguito espulso dal paese.
• Stalin – Opposizione di sinistra → lo scontro sulla politica economica prosegue e nel 1925 alcuni seguaci di Trotzkij chiedono l’interruzione della Nep e chiedono che i costi dell’industrializzazione forzata ricadano sulla popolazione più ricca: i Nepmen e i Kulaki; la risposta di Stalin sarà negativa, in quanto per avere una produzione elevata bisogna mantenere la Nep.