Rapporti fra europei e popolazioni indigene

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Rapporti fra europei e popolazioni indigene
Nell’espansione coloniale del XVII sec.

Dalla fine del Cinquecento assistiamo al verificarsi di un’espansione coloniale via via più aggressiva ed insistente nei territori del Nuovo Mondo, dell’Africa e dell’Asia. Queste spinte, provenienti da Francia, Inghilterra e Olanda (ma anche, in misura ridotta, Danimarca, Svezia e Germania), portarono ad inedite modalità di colonizzazione e ad una nuova configurazione del possedimenti europei nel mondo. La nuova espansione coloniale riprende lo schema portoghese, piuttosto che quello spagnolo: vengono infatti sfruttate commercialmente, o meglio insaziabilmente prelevate, le risorse economiche dei Paesi conquistati, o nei casi migliori, i colonizzatori instaurano una rete commerciale che pian piano si sostituisce a quella locale (vedi il commercia Sahariano).

Gli “articoli” di questo mercato su scala mondiale spaziavano dagli schiavi negri, alle spezie asiatiche, fino alle stoffe di cotone indiane. Ciò che importava ai commercianti europei era principalmente di impossessarsi del maggior numero possibile di merci da rivendere sui mercati americani ed europei, traendone il massimo profitto possibile. Cambiarono i profitti, si ampliarono i rapporti economici, ma il sistema rimase quello tradizionale: si compravano merci locali a prezzi bassi e si rivendevano questi beni a prezzi più alti. L’intervento sulla produzione era dunque minimo, se non nullo, e questo fu da un lato una grossa limitazione al possibile sviluppo economico delle nuove aree conquistate o dei nuovi mercati instauratisi. L’unica eccezione fu rappresentata dalle Molucche, direttamente controllate dagli Olandesi, dove essi organizzarono in prima persona il sistema produttivo delle piantagioni, costringendo le popolazioni indigene a dedicarsi ad un solo tipo di coltivazione. Questa scelta fu forse ancor più limitante di un intervento “mancato”, poiché rese solamente più sfruttabili i nuovi territori, senza migliorarne di fatto le potenzialità produttive.

Il fatto che in generale gli interventi in campo produttivo fossero molto modesti contribuì ad evitare l’insorgere di occasioni di gravi conflitti con le popolazione locali. Quando invece gli Europei vennero in contatto con costruzioni politiche di notevole solidità (come Cina e Giappone), gli Europei cercarono di ingraziarsi i poteri locali, adattandosi anche a versare loro tributi e ad adularli, in cambio di ottenere il permesso di condurre in pace i propri affari e di risolvere tra loro le proprie rivalità.

La “non ingerenza” europea negli affari interni dei paesi con i quali si commerciava era facilitata anche dal progressivo abbandono delle motivazioni religiose di evangelizzazione. Gli sforzi in questa direzione, comunque, non portarono a risultati evidenti , e la presenza missionaria fu più importante sul piano dell’incontro fra differenti culture. Questo fu particolarmente vero in Asia, dove ordini come i Gesuiti favorirono un inserirsi graduale (e per questo duraturo) della civiltà europea, riconoscendo al contempo la grandezza ed il livello delle culture locali.

EUROPEI ED AFRICA

Fino ad allora, il Sahara costituiva una barriera insormontabile, al di sotto della quale si erano sviluppati regni che assicuravano l’ordine e la pace su territori immensi, traendo la loro prosperità dai tributi dei sudditi e dell’esazione di imposte sui commerci carovanieri sahariani. L’arrivo degli Europei provocò uno spostamento sulla costa delle vie commerciali, a scapito delle antiche piste del Sahara, con la conseguente decadenza dei grandi Imperi dell’interno.
Inizialmente l’interesse Europeo per l’Africa era stato motivato dall’esplorazione di una nuova via per le Indie e dalla ricerca dell’oro e di altri prodotti esotici come l’avorio. Con i progres-si della colonizzazione europea in America, l’Africa divenne importante soprattutto come fornitrice di schiavi. La schiavitù esisteva da tempo immemorabile, ma mai essa assunse le dimensioni e la brutalità che raggiunse in questo periodo.

EUROPEI ED ASIA

Uno dei primi insediamenti commerciali portoghesi, fondato nell’Impero Cinese, fu quello di Macao, intorno al 1550. Con i portoghesi i Cinesi intrattennero rapporti economici abbastanza cordiali, ma non impegnativi.
Nello stesso periodo sbarcarono in Giappone le prime navi occidentali e le missioni cristiane cominciarono a far breccia nel preesistente tessuto religioso. Il Giappone era in questo periodo in uno stato di anarchia che ne aveva minato la stabilità;inoltre, quando i giapponesi appresero dagli europei l’uso delle armi da fuoco, gli scontri intestini divennero ancor più violenti, e vi si scontrarono centinaia di migliaia di soldati.
La storia dei rapporti fra Europei ed Asiatici subirà poche mutazioni fino alla fine della seconda Guerra Mondiale; rimarranno caratteri come la superiorità delle potenze marittime europee su quelle locali, l’ingerenza sempre maggiore degli Stati Europei negli affari interni dell’Asia, la sottomissione alle esigenze dell’economia mercantile europea e il tentativo (fallito, in parte) di piegare lo popolazioni alla cultura e alla religione europee.

IL PIANO FILOSOFICO

Sul piano etico-filosofico assistiamo a due correnti di pensiero differenti, nate sin dalla pri-ma colonizzazione portoghese. Una si approccia al selvaggio considerandolo come un animale, o qualcosa di molto vicino ad esso, in quanto non gli è stata rivelata la religione cristiana. Questo giustifica, e serve per giustificare, il disumano trattamento che gli viene dato. L’altra corrente diametralmente opposta riporta l’immagine del “buon selvaggio”. A questo proposito ricordiamo lo scritto del domenicano Bartolomé de Las Casa, “Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie” ,del 1542, scritto che si presenta all’imperatore Carlo V come resoconto della situazione degli indigeni nella provincia del Nicaragua, nel quale condanna duramente la condizione degli indios nei paesi dell'America centromeridionale colonizzati dalla Spagna. “[…]Erano di lor natura genti molto mansuete e pacifiche, e sopportavano fino all'estremo le tirannie e la servitù cui li riducevano i cristiani. […]”. Queste denunce non vennero tuttavia ascoltate da chi, privo di scrupoli, pensò esclusivamente al proprio guadagno, a scapito di popolazioni più deboli, ma non meno degne.

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