Persepoli

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Persepoli

All’epoca dell’Impero Persiano l’accesso a Persepoli era proibito agli stranieri.
Una sola volta l’anno, i Re Achemenidi tenevano un sontuoso ricevimento durante il quale gli emissari di rango più alto delle popolazioni sottomesse avevano il privilegio di inchinarsi davanti al trono, offrendo doni e tributi. Questo avvenimento è scolpito sui muri di Persepoli, a memoria dei posteri.
Fu Alessandro Magno per primo ad entrare a Persepoli, ma con intenzioni bellicose: la città venne incendiata e ridotta in cenere. Tuttavia Persepoli, come poche città dell’antichità, ha conservato un aspetto maestoso e tangibile.
Sugli altipiani iraniani, all’inizio dell’Età del Ferro, avviene una graduale penetrazione di tribù indoariane e indoiraniche, provenienti dall’Asia centrale. Tra il IX e l’VIII sec. a.C. la popolazione dei Medi si stabilisce nelle terre intorno a Ecbatana, l’odierna Hamadan, mentre la stirpe dei Parsua - nome dato dagli Assiri ai Persiani - occupa le sponde del lago Urmia, nella zona settentrionale.
A quell’epoca i regni della Mesopotamia, tutti confinanti con le terre della futura Persia, sono ancora forti: a nord comandano gli Assiri e gli Urartei, al centro i Babilonesi e a sud gli Elamiti. Più volte aggrediti e vinti dagli Assiri, i Medi si uniscono nel VII sec. a.C. in una confederazione e, alleandosi con i Babilonesi, riescono ad invadere il suolo assiro e a distruggere Assur e Ninive, ponendo fine alla supremazia degli Assiri.
In quel periodo, a sud dei monti Bakhtiari, nasce il piccolo regno di Parsumash dei Persiani, fondato da un re di nome Achemene, dapprima vassallo degli Elamiti e poi dei Medi. Da lui discenderà Ciro che sconfiggerà nel 550 a.C. l’ultimo re dei Medi, Astiage, e fonderà l’Impero Persiano.
Nel 559 a.C. sale sul trono il principe achemenide Ciro II, grande Re dei Persiani e dei Medi, che stabilisce la sua capitale a Ecbatana (in persiano Hagmatan, “luogo di riunione”). Grande stratega, Ciro riesce ad inglobare nel Regno i popoli confinanti ormai esauriti e indeboliti, senza spargere troppo sangue: Assiria, Urartu, Cilicia e Anatolia orientale sono assoggettate come stati vassalli in breve tempo.
Deciso ad espandere il suo Impero verso Occidente, Ciro parte alla conquista della Lidia e nel 546 a.C. il suo esercito vince la cavalleria del re Creso, celebre per la sua immensa ricchezza. L’occupazione della capitale Sardi permette a Ciro di diventare padrone di quasi tutte le città dell’Asia Minore. Creso, dopo la disfatta, sceglie il suicidio e Ciro prosegue vittorioso verso Mileto, assicurandosi così anche un porto sul Mediterraneo.
Dopo aver fortificato i confini anche ad Oriente, Ciro sferra l’attacco decisivo a Babilonia. La città cade nel 537 a.C. e il Re persiano viene celebrato come un liberatore dai molti ebrei deportati a Babilonia dopo la distruzione, cinquant’anni prima, del Tempio di Gerusalemme per mano di Nabucodonosor. Ciro promette libertà di culto e 40.000 ebrei possono tornare a Gerusalemme per ricostruire il Tempio, finanziato dallo stesso Re.
Successivamente Ciro occupa la Siria, la Fenicia, la Palestina e prepara l’invasione dell’Egitto, che però verrà realizzata dai suoi eredi: Ciro muore nel 529 a.C. in un combattimento contro dei popoli nomadi ed è seppellito a Pasargade.
Nel 528 a.C., un anno dopo la sua ascesa al trono, il figlio di Ciro, Cambise, marcia vittoriosamente attraverso il deserto del Sinai verso il Nilo: la terra dei Faraoni viene sottomessa, per la prima volta nella storia, nella sua totalità. Meno tollerante di suo padre, Cambise abbatte gli Dei dell’Egitto e di Babilonia, commettendo un grave errore politico. Conflitti dinastici all’interno della Persia portano ad un “colpo di stato” dai risvolti drammatici - il suicidio di Cambise e l’uccisione dell’usurpatore del trono, il mago Gaumata.
Alla morte di Cambise accede al potere nel 521 a.C. il principe achemenide Dario I, detto il Grande. Egli è comandante dell’esercito dei “Diecimila Immortali”, la guardia dei fedelissimi che verrà scolpita per gratitudine sulle mura di Persepoli, capitale segreta ed espressione massima del potere achemenide, che Dario fonda nel 520 a.C. Dario realizza un Impero fortemente centralizzato, con tre capitali: Susa funge da residenza invernale, Ecbatana viene usata come reggia estiva, mentre Persepoli diventa il più importante centro cerimoniale.
Vaste campagne militari fanno della Persia un Impero dalle proporzioni colossali che si estende dall’India alle isole greche, dal Nilo al Danubio. Dopo aver sistemato la politica interna, dando al paese un nuovo codice amministrativo e religioso - lo zoroastrismo - e creando nuove città e una vasta rete di vie carovaniere dall’Estremo Oriente al Mediterraneo, Dario rivolge la sua attenzione verso la Grecia, partendo da Mileto. Lo scontro è terribile: Mileto viene distrutta, la Tracia e la Macedonia vengono occupate, Eretria viene data alle fiamme e la popolazione ridotta in schiavitù.
Nel 490 a.C. Dario viene battuto a Maratona dalle forze congiunte di Ateniesi e Spartani. Il re achemenide abbandona la Grecia e muore nel 485 a.C., facendosi seppellire nella tomba rupestre di Naqsh-e Rostam, non lontano da Persepoli.
Il figlio di Dario, Serse, che era stato viceré di Babilonia, sale nel 485 a.C. sul trono di Persia ed è incline a regnare nella tranquilla fastosità del suo paese, dedicandosi alle arti e all’ampliamento di Persepoli. Ma presto è costretto a seguire le orme del padre, che aveva lasciato in sospeso la questione della Grecia. Formando un esercito di soldati e mercenari provenienti da 46 nazioni, Serse decide di attaccare, nel 480 a.C., la Grecia da terra: Macedonia e Tessaglia si arrendono senza resistenza ed i Persiani, vincendo alle Termopili, invadono l’Attica e Atene dove bruciano i templi sull’Acropoli.
Nello stesso anno i Greci riescono a sconfiggere la flotta persiana nei pressi dell’isola di Salamina: l’esercito persiano va allo sbando e, incalzato dai Greci alleati con le città ioniche dell’Anatolia, è costretto ad abbandonare l’Europa. Serse, ormai debole e offuscato “Re dei Re”, si ritira nel suo palazzo di Persepoli, dove viene assassinato nel 465 a.C.
L’ultimo periodo dell’Impero Persiano è convulso. Il figlio di Serse, Artaserse I, inizia il suo regno nel 465 a.C. uccidendo tutti i fratelli rivali. Il potere si riduce ed il re è costretto a rispettare un patto di non aggressione con i Greci, che in realtà proibisce ai Persiani di superare i confini dell’Anatolia orientale.
Il suo successore, Dario II, si dimostra un re debole e ambiguo, che cerca di sfruttare le rivalità tra Atene e Sparta senza cavarne benefici per la Persia.
Artaserse II, che sale sul trono nel 405 a.C., prosegue l’opera di corruzione presso i Greci coinvolgendo anche Tebe ed alcune città della Ionia, che si sottomettono ai satrapi persiani per convenienza economica. Fenicia, Siria, Egitto e Cipro si proclamano indipendenti e Artaserse II, alla sua morte, lascia un paese in tumulto.
Artaserse III, a metà del IV sec. a.C., riconquista una parte dell’Egitto e, nel 338 a.C., tenta un’alleanza con i Macedoni di Filippo, ma nello stesso anno il re persiano viene avvelenato. Non avendo eredi, sul trono sale un lontano parente della famiglia degli Achemenidi, Dario III Codoman, che dovrà affrontare l’esercito di Alessandro Magno il quale, nel 334 a.C., passa l’Ellesponto.
Nel 334 a.C., un secolo e mezzo dopo l’invasione della Grecia da parte dei Persiani, Alessandro Magno passa l’Ellesponto con un esercito di circa 40.000 uomini per liberare le città ioniche dell’Asia Minore. La prima vittoria a Granicos permette ad Alessandro di proseguire indisturbato la marcia attraverso tutta l’Anatolia.
Dario III raccoglie le sue truppe a Isso, in Siria, dove si svolge la battaglia decisiva tra i due eserciti: nel 333 a.C. Alessandro sconfigge Dario che fugge e rifiuta ogni trattativa di pace. Sicuro di sé, Alessandro parte alla conquista della Fenicia, della Palestina e dell’Egitto.
Dario ha tempo per raccogliere le sue forze e, nel 331 a.C., Macedoni e Persiani si scontrano nuovamente a Gaugamela sul fiume Tigri dove Alessandro riporta la vittoria. Entra in trionfo a Babilonia e a Susa, senza che gli venga opposta resistenza. I tesori delle città vengono saccheggiati e i familiari di Dario presi in ostaggio: Alessandro decide di inseguire il Re Achemenide fin nel cuore dell’Impero Persiano.
Alla fine dell’inverno del 331 a.C. Alessandro giunge stremato a Pasargade, dove rende omaggio alla tomba di Ciro il Grande, ma poi prosegue per la misteriosa Persepoli, definita dal Macedone “la città più detestabile dell’Asia”. Quando vi arriverà la città sarà messa a ferro e fuoco.
Dopo la distruzione di Persepoli Alessandro riprende l’inseguimento dell’ultimo Re Achemenide, Dario III, prigioniero del satrapo della Battriana. Il Macedone raggiunge Dario nel Khorassan, ormai morente a causa delle ferite inflitte da un traditore della sua stessa corte. Si dice che Alessandro abbia coperto il re con il suo manto di porpora, trasportando la salma nella tomba degli antenati a Naqsh-e Rostam.
Alessandro sposa la figlio di un satrapo persiano, Roxane, e prosegue la sua marcia verso l’Indo. Sulla via del ritorno il Macedone si ferma a lungo in Persia, adottando i costumi e i cerimoniali di corte orientali, seppur criticato dai suoi più fedeli sostenitori. Per simboleggiare la fusione tra Oriente e Occidente, Alessandro sposa anche la figlia di Dario III e celebra a Susa un matrimonio di massa tra 10.000 fanciulle persiane e guerrieri greci. Nel 323 a.C. il grande condottiero muore a Babilonia. La Persia diventa un paese feudale, spartito tra le satrapie seleucide.
L’ellenizzazione delle città persiane è lenta e non profonda. Con i Seleucidi l’Iran diventa fornitore dell’Occidente di materie prime e prodotti agricoli: le carovane partono cariche di oro, piombo, pietre preziose, tessuti, tappeti, cotone, grano, frutti e spezie.
Nel III sec. a.C. i Parti, una popolazione proveniente dal Mar Caspio, iniziano l’occupazione della Persia. Nel II sec. a.C. Mitridate I domina dall’Indo a Babilonia, impedendo alla crescente potenza romana di attraversare l’Eufrate. Nel III sec. d.C. la dinastia dei Sassanidi libera il paese dal dominio dei Parti e fonda, con Ardashir I, un nuovo regno persiano, nemico giurato dei Romani che subiscono numerose sconfitte.
I Sassanidi recuperano gran parte delle tradizioni achemenidi - il titolo di “Re dei Re”, i cerimoniali di corte, la religione zoroastriana e l’arte dei rilievi - e regnano con autorità sull’Iran fino all’inizio del VII sec. d.C., al sorgere del primo Islam.
Nel 546 a.C. Ciro vince il re della Lidia, Creso, a Sardi in Anatolia e da allora, per circa 65 anni, le satrapie persiane domineranno sulle colonie ioniche dell’Asia Minore. Le prime spedizioni punitive dei Persiani contro i Greci, nel 499 a.C., sono causate dalla sollevazione delle città ioniche, guidate dal tiranno di Mileto, Aristagora. Mileto viene rasa al suolo nel 498 a.C., l’oracolo di Apollo viene dato alle fiamme ed il tesoro e la statua del Dio vengono portate in trionfo a Susa.
I conflitti interni della Grecia - la lotta tra Sparta e Atene - impediscono lo schieramento compatto delle truppe elleniche ed i Greci subiscono una grave disfatta nella battaglia navale di Lade, nel 494 a.C.
La Prima Guerra Persiana (490 a.C.) viene condotta dal generale Mardonio, genero di Dario, che riesce ad avanzare, indisturbato, dalla Macedonia alla Tessaglia. La vittoria dei Greci a Maratona conclude il primo conflitto. Ci vorranno dieci anni prima che l’esercito di Mardonio possa riorganizzarsi.
Nel 480 a.C. ha inizio la Seconda Guerra Persiana che vede Serse schierare una forza di diecimila uomini e mille navi contro la Grecia. I Persiani travolgono i territori greci, distruggono Atene e incendiano i templi dell’Acropoli. Serse vince la battaglia delle Termopili contro il generale Leonida, ma perde la guerra nelle acque di Salamina: si dice che Serse, seduto sul trono in cima ad una collina, assistette immobile alla disfatta della sua flotta. Battuti nel 479 a.C. anche a Platea e a Micale, i Persiani sono costretti alla ritirata, anche se la loro influenza sulle vicende politiche ed economiche della Grecia e dell’Asia Minore era tutt’altro che superata.
Nonostante le modeste proporzioni del primo regno di Parsumash, i primi sovrani, con grande preveggenza, introducono il titolo “Shahinshah”, Re dei Re, che avrà realmente senso con Ciro, Dario e Serse.
I Persiani si accingono a conquistare il mondo: la Mesopotamia, la Siria, l’Egitto, l’Asia Minore, le isole e gran parte del continente greco, e vaste aree dell’India e della Transoxania, la storica regione dell’Asia centrale, situata tra i fiumi Amudar’ja e Sirdar’ja e oggi divisa tra Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Gli Achemenidi perseguono una politica molto diversa da quella di altri imperi: alle grandi civiltà sottomesse, molte delle quali superiori ai Persiani, i sovrani concedono larga autonomia in campo culturale, religioso e sociale.
I gesti di tolleranza mostrati da Ciro e da Dario, in stridente contrasto con l’implacabile marcia di conquista militare, creeranno degli squilibri politici e apriranno la strada a continue ribellioni e sollevazioni, difficili da domare. La “Pax Persiana” dei popoli non avrà mai la capacità di controllo che nei secoli successivi verrà esercitata ad esempio dai Romani. Non la guerra, ma la pace sarà una delle cause del declino e della caduta dell’Impero Persiano, troppo esteso per concedere una relativa indipendenza alle popolazioni conquistate.
Nel 520 a.C. Dario il Grande fonda Persepoli. L’area comprende una vasta piattaforma artificiale alta dagli 8 ai 18 metri, che si estende per 450 metri di lunghezza e 300 metri di larghezza. Alla terrazza si accede attraverso una duplice rampa di 111 scalini ciascuna, che portano ai propilei, con un atrio che misura 25 metri per lato e ha una porta alta 10 metri. L’Apadana, quadrata, misura 60 metri per lato e poggia su una piattaforma alta 2,60 metri. La Sala delle Udienze possiede 36 colonne disposte in 6 file, alte 20 metri e sormontate da capitelli zoomorfi. Al podio del centro cerimoniale del Now-Rouz - il Capodanno persiano - si arriva salendo delle scalinate che recano scolpiti i dignitari della corte, la guardia personale del Re, formata da i “Diecimila Immortali” - chiamati così perché ogni volta che moriva un soldato veniva immediatamente sostituito - e i rappresentanti di tutte le nazioni. La costruzione del complesso, mai completato, si protrasse per 180 anni.
I popoli delle nazioni che onorano i Re dell’Impero Persiano e sono rappresentati sulle grandi scalinate dell’Apadana, vengono enumerati nelle cronache antiche, spesso discordi sul numero dei paesi: sono 23 o 28 o 32. Sicuramente sono stati identificati i seguenti portatori di tributi: Sogdiani - Parti - Elamiti - Medi - Armeni - Drangiani - Battriani - Egiziani - Cilici - Babilonesi - Ioni - Sciti - Lidii - Cappadociani - Fenici - Macedoni - Gandhari - Arachosiani - Etiopi - Libi - Assiri - Arabi - abitanti di Samarcanda e genti dal copricapo a punta.
I doni comprendono tessuti, armi, pelli, gioielli, barche, carri, vasellame, portaprofumi, utensili e vari animali come asini, cammelli, montoni, leoni, tori, cavalli e gazzelle.
Giunto a Persepoli alla fine del 331 a.C. l’esercito di Alessandro saccheggia la città, trucida gli abitanti e - secondo lo scrittore latino Quinto Curzio Rufo - molte famiglie preferiscono la morte per suicidio, gettandosi dalle mura dell’Apadana, pur di non cadere nelle mani dei Greci. I tesori accumulati di generazione in generazione dagli Achemenidi vengono razziati: 120.000 talenti d’oro, argenti, pietre preziose e vasellame d’oro vengono caricati su 5.000 muli e 3.000 cammelli e trasferiti al sicuro a Susa.
Una notte, dopo abbondanti libagioni, Alessandro dà alle fiamme Persepoli. Fu un incidente o un rogo intenzionale? Gli autori antichi sono discordi. L’incendio viene descritto con particolari voluttuosi - torce che brillano, soffitti che bruciano, danze orgiastiche, ubriachezza e schiamazzi - ma la vera ragione di questo atto, contrario al carattere di Alessandro, rimane oscura.
Lo scrittore greco Arriano parla di una “vendetta per l’incendio dell’Acropoli e il vilipendio dei suoi templi” e questa è una delle tesi più credibili. Lo storico Plutarco, invece, preferisce dare la colpa ad una donna, la cortigiana ateniese Taide, che avrebbe istigato la folla contro gli abitanti della città “per vendicare la Grecia, perché si diffondesse tra la gente la voce che le donne venute con Alessandro avevano inflitto ai Persiani un colpo più grave di quanti ne avevano inferti strateghi di terra e di mare”.
Persepoli è in cenere: l’Impero persiano degli Achemenidi è morto.
Nel giorno del Now-Rouz, il Capodanno persiano, i dignitari, i nobili e i rappresentanti delle nazioni conquistate dai Re Achemenidi, dopo aver oltrepassato i propilei, giungevano davanti all’Apadana, dove il Re dei Re riceveva gli ospiti che dovevano prosternarsi davanti a lui.
Il Re e la corte assistevano dall’alto del podio alla processione dei sudditi, muniti di doni, animali e carri, riuniti sul piazzale, poiché non era possibile che tutti salissero sull’Apadana. Al termine della sfilata, il Re e il suo seguito si recavano nel Tripylon per ricevere gli ospiti di riguardo in udienza privata. Ai cerimoniali seguiva un sontuoso banchetto, allestito nella reggia di Dario e più tardi nel palazzo di Serse, come testimoniano i rilievi lungo le scalinate che raffigurano i portatori di piatti, animali e cibi destinati al ricevimento.
Dopo il pasto il Re si recava nuovamente nel Tripylon con i più alti rappresentanti delle nazioni. Quando la giornata svolgeva al termine i capi delle delegazioni e i portatori di doni muovevano in corteo, fiancheggiati dalla guardia dei “Diecimila Immortali”, verso la Sala delle Cento Colonne, dove venivano depositati, ai piedi del trono, i tributi offerti al Re dei Re. Qui il Re rimaneva da solo per contemplare i regali, mentre gli ospiti ritornavano sulla “via delle processioni” ed uscivano dai propilei monumentali di Serse.
L’antica religione iranica è dominata da un principio dualistico: il “bene” e il “male”. Il Dio del Bene è Ahuramazda, il grande “Dio creatore” e “Signore Universale”, mentre le Forze del Male sono concentrate nella figura del demone Ahriman. Nelle iscrizioni achemenidi viene nominato sempre un solo Dio, Ahuramazda, e ciò fa pensare ad un monoteismo acccentuato. Tuttavia, oltre al Dio Supremo, vi erano altre divinità, entità positive come Spenta Manyu (lo Spirito Sacro), Asha (la Giustizia), Vohu Manu (il Buon Pensiero) e Armaiti (l’Applicazione). Venivano venerati anche gli spiriti della Luna (Mah), della Terra (Zam), del Fuoco (Atar), dell’Acqua (Apam Napat) e del Vento (Vahyu).
A questi Dei venivano offerti sacrifici di sangue animale ed i rituali, con processioni e canti, venivano celebrati da una casta sacerdotale, composta da magi e indovini, tenuti in alta considerazione, che seguivano gli eserciti in guerra, ricevendo un terzo di ogni bottino.
Il Zoroastrismo, che ha dominato la religione persiana dagli Achemenidi fino all’arrivo degli Arabi, deve il suo nome al profeta Zarathustra, nato in un luogo imprecisato della Media o dell’Afganistan prima del VII sec. a.C. La triade del pensiero zoroastriano si può riassumere in questi tre principi: pensare bene, parlare bene, agire bene.
Zarathustra predica la vittoria del Bene, il Dio Ahuramazda, sulle forze del Male, il demone Ahriman, e vieta i sacrifici degli animali in quanto sono creature a servizio dell’uomo. L’ideologia zoroastriana delle origini vieta anche i rituali del fuoco, poiché gli elementi dell’universo - le piante, l’acqua, la terra e il fuoco stesso - non devono essere contaminati dall’uomo. In epoca achemenide il culto zoroastriano subisce dei mutamenti e viene introdotto il cerimoniale dell’ “haoma”, la purificazione attraverso il fuoco ed i sacrifici animali.
Il sacro testo dell’insegnamento di Zarathustra, il libro dell’ “Avesta”, andò perduto durante il periodo della conquista della Persia da parte di Alessandro Magno e venne recuperato e modificato all’epoca dei Sassanidi, nel III sec. d.C., quando il zoroastrismo divenne religione di Stato. A tutt’oggi, sparse per il mondo, sopravvivono delle minoranze dedicate al culto di Zarathustra. In Occidente la figura di Zarathustra divenne celebre grazie a due opere (una musicale e una letteraria), il “Flauto Magico” di Wolfgang Amadeus Mozart e “Così parlò Zarathustra” di Friedrich Nietzsche.
Nell’arte achemenide, dalle forti connotazioni celebrative, predominano gli influssi assiri e babilonesi - basti pensare agli ortostati scolpiti con giganteschi tori androcefali e ai mattoni smaltati. Dopo le guerre di conquista di Cambise e Serse, vengono introdotti anche degli elementi egizi e greci.
Con il tempo si sviluppa un’arte autenticamente achemenide, che trova la sua massima espressione nell’architettura e nella scultura a rilievo. Tra i materiali impiegati vi erano principalmente la pietra, levigata e scolpita, ed il legno dipinto in azzurro, verde, rosso o giallo. Le colonne possedevano dei basamenti floriformi ed erano sormontate da capitelli a forma di cavalli, tori e leoni. L’immagine del Dio Ahuramazda era simboleggiata da un Disco Solare alato e non si conoscono raffigurazioni di altre divinità.
Molti studiosi sono propensi ad attribuire i rilievi dei palazzi achemenidi ad artisti greci, deportati dal cantiere dell’Acropoli di Atene. Che vi sia stato il contributo di una moltitudine di artisti e artigiani da tutte le province persiane è indubbio ed è testimoniato da un’iscrizione del re Dario I, databile al periodo della costruzione di Susa, che parla di “travi di legno del Libano, oro di Sardi e della Battriana, lapislazzuli e corniole della Sogdiana, turchesi della Corasmia, argento, ebano e marmo dall’Egitto, pietre e colonne da Elam, scultori e tagliatori della Ionia, mattoni fabbricati in Babilonia e oreficeria lavorata da Egiziani e Medi.”

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