LE NUOVE POTENZE MONDIALI E IL DOPOGUERRA

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Testo


Guerra Fredda

1.PREMESSA
Il termine "Guerra Fredda", coniato dal giornalista americano Walter Lippmann, designa una particolare fase storica caratterizzata da uno stato generalizzato di tensione nei rapporti internazionali, in cui la forte contrapposizione tra i paesi occidentali (a orientamento capitalista, fondati sulla libertà dell'individuo e dell'economia) ed i paesi appartenenti al blocco sovietico (a regime comunista, basati su un'economia di stato volta alla ricerca dell'autosufficienza) diede origine ad un'aperta ostilità paragonabile ad un vero e proprio conflitto, combattuto prevalentemente nei campi dello spionaggio e della politica.
Le radici della Guerra Fredda sono da ricercarsi già nei primi decenni del '900 allorché, in seguito alla Rivoluzione d'Ottobre e al crollo del regime zarista, vi fu un fremito antisocialista che spinse la maggior parte dei paesi occidentali ad inviare aiuti più o meno scoperti alle forze controrivoluzionarie: se il Marxismo, già fortemente radicato in tutta Europa, fosse dalla Russia dilagato ad Ovest, questo avrebbe significato il crollo dei vari governi conservatori allora al potere e la fine dell'egemonia dell'alta borghesia che li sosteneva.
Stabilizzatasi la situazione in Russia, sorse quindi un'avversione profonda fra questo paese e l'Occidente. Ciò, nella II Guerra Mondiale, fu un serio ostacolo alle trattative fra Unione Sovietica, Stati Uniti e Inghilterra. Fu solo grazie alla minaccia costituita dal Reich che una cauta alleanza poté instaurarsi, ma con la vittoria degli Alleati i contrasti, ben lungi dall'appianarsi, si riaffermarono in tutta la loro drammaticità.



2. LE NUOVE POTENZE MONDIALI E IL DOPOGUERRA.
Al termine della II Guerra Mondiale, l'Europa aveva ormai perso la sua egemonia mondiale, che ora apparteneva alle due Superpotenze, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Esse, oltre alla indubbia superiorità bellica ed economica, avevano per di più un grande peso nella neonata Organizzazione delle Nazioni Unite, in quanto occupavano (ed occupano) due dei cinque seggi permanenti del Consiglio di Sicurezza. La loro accesa rivalità fu spesso di grande ostacolo alle funzioni dell'Organizzazione, la cui politica fu volta soprattutto al mantenimento dell'equilibrio, ed ebbe in genere scarsa efficacia.
Nel corso della Conferenza di Yalta (4-11 Febbraio 1945) e della successiva di Potsdam (17 Luglio - 2 Agosto 1945) le tre nazioni vincitrici (USA, GB e URSS), forti della loro supremazia, decisero di fatto le sorti dell'Europa e del mondo. Questa arbitrarietà venne aspramente criticata da De Gaulle, che vide il fatto come «una vera e propria suddivisione del mondo in due ben distinte zone di influenza, ad esclusivo vantaggio dell'URSS e degli USA». Alla sua opinione si contrappongono altri pareri, come ad esempio quello dello storico Marcel Mourre: «La divisione dell'Europa in due blocchi non risultò dagli accordi di Yalta, ma piuttosto dalla non osservanza di questi accordi da parte di Stalin, che dal 1945 cominciò ad imporre strutture "socialiste" ai paesi dell'Europa Orientale occupati dall'Armata Rossa».





Effettivamente Stalin scelse di forzare la situazione. Al termine del conflitto infatti l'esercito sovietico occupava tutti i territori ad est della linea Stettino - Trieste, controllando tutto il mondo slavo e balcanico. Stalin, che d'altronde non aveva mai nascosto le sue aspirazioni, precedette alla "comunistizzazione" integrale dei Paesi dell'Est, favorita tra l'altro dalla mancanza di tradizioni democratiche e dalla mancanza di una borghesia imprenditoriale (eccezion fatta per la Boemia). Ciò non poté che suscitare un sensibile mutamento nel clima dei rapporti con l'Occidente.
La politica di Mosca era frutto di una duplice e contraddittoria motivazione: da una parte quella espansionistica, giustificata dal mito della rivoluzione mondiale e sostenuta dalla potenza militare raggiunta nel corso della guerra; dall'altra quella di un complesso difensivo che nasceva sia dalla concezione, anch'essa ispirata al Marxismo, di un capitalismo inevitabilmente imperialista e aggressivo, sia da una precisa valutazione della superiorità economica, tecnologica e militare degli USA, forti fra l'altro dell'arma nucleare, che l'URSS otterrà solo in seguito. Altro motivo di tensione fu poi la Germania, in quanto il controllo sull'Europa dipendeva, in larga misura, da essa. La Conferenza di Yalta ne sancì la divisione in zone di occupazione (poi diventate zone di influenza) rispettivamente controllate da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica. Dal 1947 le zone USA e GB furono integrate, ma la Francia osteggiò una riunificazione tedesca, peraltro auspicata dall'URSS, che sperava di portarla nel blocco comunista (e in effetti nella parte orientale, sotto il controllo sovietico, salì inevitabilmente al potere il partito comunista).
La strategia seguita dai partiti comunisti (tutti finanziati da Mosca) per conquistare il potere, pur con qualche variazione richiesta dalla diversità delle specifiche situazioni, fu praticamente la stessa in tutti i paesi dell'Est europeo. Mentre venivano lanciate campagne di reclutamento per allargare le basi di partito, si operava sulle forze politiche socialiste per distaccarne le correnti di sinistra, o sui partiti borghesi per attirare piccoli gruppi disposti alla collaborazione. Parallelamente, si attuavano vaste riforme (ad esempio agrarie) per ottenere consensi da parte di larghe fasce di popolazione. Sarebbero seguite la nazionalizzazione dell'industria, l'insediamento di simpatizzanti del partito nei posti chiave (burocrazia, polizia, comunicazioni, esercito). Gradualmente la presenza di elementi borghesi veniva ridotta, fino ad arrivare a governi dominati dai comunisti,e alla successiva instaurazione del monopartitismo. Ad un anno e mezzo dal termine del conflitto, in tutti i Paesi dell'Est i partiti comunisti erano al potere, e il processo che avrebbe portato alla liquidazione delle altre forza politiche era ormai irreversibile.







3. I PRIMI CONTRASTI APERTI E
LA DOTTRINA TRUMAN






Nel corso del 1947 la politica estera sovietica suscitò la reazione diplomatica dell'Occidente in due situazioni: in Iran, dove Stalin si rifiutò di ritirare le truppe sperando di "convincere" il governo locale a costituire una compagnia petrolifera a capitale misto sovietico - iraniano; ed in Turchia, dove l'URSS rivendicò alcune regioni e tentò (inutilmente) di assicurarsi il controllo degli stretti, al fine di porre il governo di Ankara nella sua orbita.
A questi aperti tentativi di egemonia l'Occidente non rimase indifferente: storico è il discorso di Truman che ebbe luogo il 13 Marzo 1947 davanti al Congresso, in cui ufficialmente gli Stati Uniti dichiararono di voler «sostenere i popoli liberi che stanno resistendo ai tentativi di sottomissione portati avanti da minoranze armate o da pressioni esterne» poiché si poneva, a livello mondiale, «una scelta tra modi di vita alternativi, uno basato sulla volontà della maggioranza e su libere istituzioni, e l'altro sul terrore e sull'oppressione, [...] sulle elezioni guidate e sulla soppressione delle libertà personali.» Il sostegno degli Stati Uniti doveva dunque «manifestarsi soprattutto attraverso l'aiuto economico». Venne insomma ad affermarsi, anche in seguito ad analoghi concetti espressi da Winston Churchill, la cosiddetta "Dottrina Truman": essa partiva dal presupposto (messo in luce all'ambasciatore statunitense a Mosca, Kennan) che il dominio sovietico nell'Europa Orientale era instabile, e che perciò difficilmente Stalin avrebbe tentato di allargare i confini ad Ovest. Le priorità del Presidente divennero perciò:
1. osteggiare i partiti comunisti operanti all'interno della società occidentale
2. continuare il potenziamento dell'esercito statunitense
3. condurre una politica estera volta al mantenimento dell'equilibrio
e fondata sul riconoscimento delle sfere d'influenza
4. osteggiare qualunque iniziativa sovietica diretta a turbare l'ordine
internazionale, con contromosse e conflitti episodici mantenuti sul
piano politico.
Tale dottrina di contenimento si fondava ovviamente sul dato di fatto costituito dalla superiorità economica e militare degli Stati Uniti.


4. IL PIANO MARSHALL E LA REAZIONE SOVIETICA.
Importante corollario della Dottrina Truman fu il Piano Marshall (European Recovery Program). In cambio di particolari concessioni e di diritti di controllo sulle economie nazionali dei paesi fruitori, gli Stati Uniti fecero stanziamenti annui che permisero ai vari governi di ricostruire l'economia e riparare i danni causati dalla guerra. Gli stanziamenti furono amministrati dall'ECA (Economic Cohoperation Administration), che vagliava le richieste inoltrate dall'OECE (Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica), formulava i programmi di ricostruzione su larga scala e ne controllava l'esecuzione.
Questa mossa, oltre ad avvantaggiare gli USA sul piano economico, portò di fatto l'Europa nelle sua sfera di influenza, e costituì una valida propaganda e un metodo per contenere il progresso dei partiti comunisti,vere e proprie "quinte colonne" di Mosca. Un'Europa economicamente e politicamente risanata poteva infatti costituire una barriera insormontabile alla diffusione del comunismo.
La risposta sovietica al Piano Marshall fu inizialmente ambigua: nonostante la dura posizione assunta dal Presidente Truman, e di cui si è detto sopra, Sovietici si presentarono alla conferenza preparatoria, nel tentativo di non rompere tutti i ponti con l'Occidente (inoltre Polonia e Cecoslovacchia erano già beneficiarie di aiuti americani), e soprattutto sperando (piuttosto ingenuamente) di partecipare ai benefici del Piano. Ma tale illusione durò poco: a sei giorni dall'apertura della conferenza, Molotov l'abbandonò, denunciando il Piano Marshall come un tentativo di imporre ai Paesi europei «una serie di controlli che avrebbero inevitabilmente portato alla perdita dell'indipendenza politica ed economica».
Qualche settimana dopo venne creato il COMINFORM, organo deputato a coordinare i programmi e le politiche dei partiti comunisti in Europa. La zona di influenza sovietica venne quindi trasformata in un blocco politico
ed ideologico; i PC di Francia e Italia vennero inoltre utilizzati per ostacolare il processo di integrazione occidentale. Seguirono poi interventi atti ad assolutizzare l'egemonia sovietica nell'Europa Orientale: l'esempio più eclatante in questo senso è costituito dal colpo di stato cecoslovacco del Febbraio 1948, allorché un PC forte ma in declino si impadronì delle leve del potere quasi senza colpo ferire, grazie all'appoggio di polizia, propaganda e masse operaie.
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5. LA CRISI DI BERLINO.

Soldati francesi in una zona di occupazione di Berlino
Apparve subito chiaro che la Germania era la chiave del controllo sull'Europa, non solo per la posizione trategica, ma soprattutto in virtù della della ricchezza della zona della Ruhr, e più in generale a causa delle grandi potenzialità economiche del paese. Ci furono svariati tentativi di entrambi gli schieramenti per farla passare sotto la propria influenza, in particolar modo da parte sovietica: fallita l'azione diplomatica e apparso ormai sterile ogni sforzo propagandistico, Stalin scelse di impegnarsi attivamente per costringere l'Occidente ad abbandonare Berlino.
La città, divisa come il resto del paese in quattro settori di occupazione, si trovava collocata al centro della Germania Orientale, circondata quindi da territori controllati dall'Armata Rossa e amministrati dai comunisti tedeschi. Era pertanto un vero avamposto nell'Europa comunista. Già dal Gennaio '48, i Sovietici avevano intralciato le comunicazioni tra la città e le zone occidentali della Germania, fino a giungere al totale blocco ferroviario e stradale. Gli Stati Uniti organizzarono quindi un gigantesco ponte aereo, in quanto il ritiro occidentale da Berlino sarebbe stato interpretato dal mondo come un segno di estrema debolezza.


Separazioni a Berlino ca.1940

Due donne si parlano cautamente attraverso un reticolo di filo spinato e si scambiano un confortante gesto d'affetto durante la guerra fredda .


La situazione fu pervasa da grande tensione: se il ponte aereo fosse stato ostacolato dall'URSS ne sarebbe potuto nascere un incidente che poteva aprire la strada alla Terza Guerra Mondiale. Fortunatamente i contatti tra le due parti e i tentativi per risolvere la crisi non furono mai interrotti, ed il ponte aereo fu un completo successo, tecnico e psicologico, per l'Occidente, e si concluse dopo oltre un anno con una evidente sconfitta dei sovietici. L'impegno americano, per di più, avvantaggiò i partiti democratici, che ottennero importanti vittorie elettorali nella Germania Occidentale.
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6. IL BLOCCO OCCIDENTALE.
Proprio nel corso della Crisi di Berlino veniva negoziato il Patto Atlantico, l'ultimo atto che completava la creazione del Blocco Occidentale. Mentre gli USA spingevano per una Confederazione Europea l'Inghilterra, diffidente verso le partner continentali, si prodigò per una soluzione più pragmatica, volta fra l'altro a legare più durevolmente gli Stati Uniti al Vecchio Continente, nel quadro di un'alleanza militare che avrebbe consentito al Regno Unito di fare da mediatore e da collegamento fra le parti in causa.
Dopo varie fasi progressive, grazie all'entusiastico appoggio di Truman, si approdò il 4 Aprile 1949 alla firma del Patto Atlantico, che riuniva Francia, Gran Bretagna, BENELUX, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Danimarca,Islanda, Portogallo, Italia. Il trattato, costituito da 14 articoli, oltre a riconfermare la fiducia nei principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite, nella libertà, nella comune tradizione politica dei contraenti e nella loro volontà di mantenere la pace, prevedeva, in caso di pericolo per l'integrità territoriale, l'indipendenza politica e la sicurezza di ciascuno dei paesi contraenti, l'appoggio degli altri membri aderenti. Un attacco armato contro uno di essi inoltre sarebbe stato considerato come diretto contro TUTTI gli altri e conseguentemente ognuno di essi sarebbe stato autorizzato ad adottare, «individualmente e d'accordo con le altri parti quell'azione che riterrà necessaria, ivi compreso l'invio della forza armata per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione Nord Atlantica».





Si noti che il trattato, consentendo ma non imponendo l'intervento armato, non dava la certezza di un coinvolgimento americano in caso di attacco sovietico. Gli Europei, inoltre, consideravano il Patto valido solo all'interno dei confini predefiniti, e non vincolante riguardo alle altre zone, come invece auspicavano gli Stati Uniti.
Per quanto concerneva il processo di unificazione europea, esso era ritenuto prioritario da fasce consistenti (specie cattolici e socialisti), fautori di una "Terza Forza" europea, volta alla propria autonomia e all'instaurazione di un modello politico e sociale diverso sia da quello capitalistico che da quello comunista.






7. IL BLOCCO SOVIETICO.



Dopo il golpe cecoslovacco la fase di comunistizzazione dell'Est poteva dirsi conclusa: l'opposizione borghese era ormai completamente liquidata, i suoi leaer fuggiti all'estero, imprigionati o giustiziati. Entro il 1948 anche i partiti socialisti e socialdemocratici vennero assorbiti completamente: rimanevano gruppi minori, privi di ogni indipendenza dal partito dominante.
Il processo di identificazione tra Stato e Partito era dunque in fase avanzata, com'era dimostrato fra l'altro dalla prassi diffusa del cumulo, nella stessa persona, delle cariche di Segretario di Partito e di Presidente (del Consiglio o della Repubblica).
Contemporaneamente si sviluppava l'integrazione politica, economica, ideologica tra i Paesi dell'Est e l'Unione Sovietica. La nazionalizzazione dell'industria veniva rapidamente completata, era imposta una parziale e cauta collettivizzazione dell'agricoltura, venivano ostacolate le iniziative degli agricoltori-proprietari. Vennero inoltre create compagnie di sviluppo industriale a capitale misto, di cui l'URSS diventava socio di maggioranza con capacità di controllo su interi settori dell'economia del paese satellite. Per rafforzare tale controllo, venne istituito il COMECON (Comitato di Assistenza Economica).
Ma l'URSS, pur disponendo del più potente esercito del mondo (forte, dal 1949 in poi, dell'arma atomica) aveva una capacità industriale inadeguata a sostenere una politica di grande potenza. Le esigenze ell'industrializzazione forzata furono una delle principali cause che portarono al ritorno al regime poliziesco e al ristabilimento del controllo politico su ogni aspetto della vita associata. La svolta autoritaria portò inoltre ad un vero e proprio culto della personalità di Stalin , che accentrò in sé ogni potere.
La Guerra Fredda venne sapientemente utilizzata come mezzo di propaganda, sfruttando la minaccia capitalista per giustificare ogni rinuncia dovuta ad esigenze militari e ogni limitazione della libertà personale, finendo per galvanizzare le masse popolari e rafforzare il regime. Va però detto che anche in Occidente il "Pericolo Rosso" fu largamente strumentalizzato, come osserva acutamente Michail Gorbaciov: «Noi vediamo quanto siano forti le posizioni della parte aggressiva e militarista della classe dirigente nei più importanti paesi capitalisti. Il loro sostegno principale proviene dall'apparato militare-industriale, i cui interessi hanno le radici nella natura stessa del sistema capitalistico e che traggono profitti enormi dalla produzione delle armi a spese dei contribuenti. E per convincere la gente che non è denaro speso invano, devono convincerla dell'esistenza di un "nemico eterno" che minaccia il suo benessere e gli interessi nazionali in generale».
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8. LA GUERRA DI COREA E GLI INFLUSSI SULL'OCCIDENTE.


Nel 1950 l'esercito nordcoreano (filocomunista) invase la Corea del Sud. Truman interpretò il fatto come il chiaro segno di un ritorno aggressivo nella politica di Mosca, a cui sarebbero probabilmente seguiti altri episodi, forse anche in Europa. L'opinione di molti storici invece propende, con il senno di poi, a considerare il fatto alla stregua di una concessione fatta dal Cremlino (che permise e sostenne l'avventura coreana) alle aspirazioni espansionistiche e allo zelo rivoluzionario cinese e nordcoreano.
L'Occidente reagì con il varo della "Forward Strategy", che spostava ad Est la linea di difesa atlantica fino ad includervi tutto il territorio tedesco. Il Patto Atlantico inoltre si dotò di un comitato militare, la NATO (North Atlantic Treaty Organization), che organizzava e riuniva una parte degli eserciti nazionali dei paesi aderenti in una forza militare integrata, a capo della quale venne designato il Generale Eisenhower. Vennero annesse, per motivi strategici, anche Grecia e Turchia. Da questo momento in avanti, la quasi totalità delle somme stanziate nell'ambito del Piano Marshall verrà assorbita dalle spese di riarmo.
Nel caso specifico della situazione coreana, gli interventi statunitensi furono massicci, ma ancora più imponenti furono quelli dei "volontari" cinesi, che respinsero le truppe occidentali a sud del 38° Parallelo. Le autorità militari si trovarono così di fronte a due alternative: la ritirata, o il ricorso all'arma atomica. Nel Dicembre del 1950 il mondo si trovò sull'orlo della III Guerra Mondiale, e ci vollero alcune settimane prima che la situazione si stabilizzasse. L'opinione pubblica americana, già preoccupata dall'arma atomica Sovietica (fatta detonare nel deserto del Kazakhstan il 29 Agosto del 1949, anticipando di quindici - vent'anni le previsioni della CIA), fu fortemente scossa da questi avvenimenti, e negli USA iniziò il periodo della cosiddetta "Caccia alle Streghe", propugnata dal Sen. McCarthy, che assunse gli aspetti di una vera e propria purga anticomunista. Durante il Maccartismo non mancarono nemmeno pene capitali, comminate a "spie atomiche" in base a prove quantomeno traballanti.
La Guerra di Corea segnò inoltre un mutamento di atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dell'Europa: si affermò infatti la formula dell'"Uguale attenzione e uguali mezzi" sia sul fronte europeo che su quello asiatico. Parallelamente la NATO passò alla strategia della "Massive Retaliation" basata sulla dottrina del "Deterrente Atomico", che partiva dal presupposto che, oltre alla difesa contro i conflitti locali, era necessario sfruttare la superiorità nucleare statunitense per mantenere la pace, grazie alla "capacità di rappresaglia immediata con mezzi di nostra scelta", come sottolineò il Segretario di Stato F. Dulles. Si era giunti, insomma, all'equilibrio del terrore.
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9. IL DOPO-STALIN E IL DISGELO.

La folla abbatte una statua di Stalin .

Dopo la morte di Stalin, avvenuta il 5 Marzo 1953, l'Unione Sovietica venne a perdere le caratteristiche dittatoriali di regime di polizia e si stabilizzò in una società paternalistico-autoritaria dove il dissenso, pur venendo ancora perseguito, non dava comunque luogo agli arbitri e alle violenze tipiche del periodo stalinista.
Nel 1951, stabilizzatasi la situazione coreana, Mosca compì una serie di gesti distensivi, giungendo persino a formulare la "Dottrina della Coesistenza" di Krusciov, nuovo capo sovietico, che escludeva l'inevitabilità di uno scontro tra comunismo e capitalismo. Certamente questo fatto fu determinato anche dalla netta superiorità militare americana, accentuata dalla iconversione dell'Armata Rossa , che dalle strategie fondate sugli armamenti convenzionali passava a quelle legate all'arma atomica. Importante fu anche l'esigenza di ristabilire i contatti commerciali con l'Occidente.
Il processo di distensione non fu scosso dalla nascita del Patto di Varsavia (firmato il 14 Maggio 1955), che non fece che legalizzare una situazione preesistente di collaborazione tra i paesi contraenti, oltre che una già consolidata linea di interventismo dell'esercito sovietico nelle vicende dell'Europa Orientale, configurandosi come risposta politica alla NATO e alla rimilitarizzazione della Germania Occidentale.


Ai primi segni di disgelo fecero eco in Occidente (ed in particolare in Europa, per di più attraversata in quel periodo da un rapido processo di decolonializzazione) manifestazioni sempre più vaste di movimenti pacifisti e antinucleari (a cui appartennero intellettuali del calibro di Bertrand Russel) che, se da un lato espressero le paure e le aspirazioni popolari, furono comunque sobillate dai partiti comunisti e dal KGB, che fornì fondi e propaganda.
Simbolo del KGB
In ultima analisi, la distensione rese l'Europa più autonoma dalla protezione militare americana, ma la corsa agli armamenti che contrapporrà le due Superpotenze, accompagnata dalla graduale ricostruzione di un rapporto diretto USA-URSS, darà al Vecchio Continente la fondata sensazione di essere esclusa dal dialogo Est- Ovest, e di essere trascurata e insufficientemente protetta dall'alleato americano. In particolare la tesi statunitense del "Roll Back", mirante a creare le condizioni di un riflusso comunista dall'Europa Orientale, era vista come una pericolosa destabilizzazione dell'equilibrio consolidato, mentre la strategia della
"Massive Retaliation" dal punto di vista europeo, oltre ad aumentare le possibilità di scoppio di una guerra nucleare, rendeva scettici sull'eventualità di una risposta statunitense nel caso l'URSS avesse condotto campagne limitate all'area europea: sembrava improbabile una reazione americana, in quanto essa avrebbe scatenato una guerra atomica globale, estesa allo stesso territorio degli USA. La dottrina della "Liberation" (roll back) si limitò così alla pura propaganda, e la "Massive Retaliation" venne sostituita dalla "Graduated Deterrence", basata su risposte misurate e graduali ad eventuali iniziative sovietiche, e prevedendo fra l'altro l'uso delle nuove armi nucleari tattiche, dal minor potenziale distruttivo.



Bambini americani si riparano sotto i banchi durante un'esercitazione in caso d'attacco nucleare da parte della Russia . In questi anni il terrore per lo scoppio di una guerra nucleare é dilagante e coinvolge soprattutto la popolazione civile.
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10. L'INCIDENTE DI SUEZ E L'INDEBOLIMENTO DEL BLOCCO OCCIDENTALE.
In seguito al processo di decolonializzazione, generalmente furono gli Stati Uniti a colmare i vuoti lasciati dalle potenze europee, estendendo la loro potenza economica e militare laddove Francia e Gran Bretagna si ritiravano. L'intervento della CIA assicurò spesso nuovi orizzonti economici al proprio paese, anche se attraverso colpi di stato e rivoluzioni talvolta sanguinose (è il caso dell'Iran). Parallelamente, l'Unione Sovietica vendette armi e tecnologia ai paesi arabi, e il KGB diede largo sostegno alla causa araba contro Israele.
Nel 1956 il Presidente egiziano Nasser, urtato dalla revoca degli stanziamenti americani per la diga di Assuan, nazionalizzò la compagnia che gestiva il Canale di Suez (con il pretesto di autofinanziarsi). Tale compagnia era però controllata al 44% dal governo britannico, e al 50% da azionisti francesi. Fallito il ricorso all'ONU e il boicottaggio tecnico (vanificato dall'URSS) Francia, Gran Bretagna e Israele attuarono un intervento militare che spinse Krusciov a minacciare il lancio di missili su Londra e Parigi, e trovò un riluttante appoggio diplomatico da parte degli USA, portando di fatto alla rottura del blocco occidentale. Ciò spinse in ultima analisi la Francia di De Gaulle a uscire dalla NATO (pur mantenendo rapporti formali di collaborazione) e a sviluppare un deterrente atomico individuale, in ossequio alla dottrina della "Terza Forza". Anche la Germania di Adenauer, che in base ad attendibili simulazioni sarebbe stata la nazione più colpita in caso di guerra (335 ordigni atomici sarebbero verosimilmente stati scagliati sul suo territorio), nonostante l'integrazione paritaria nella NATO, avvenuta nel 1952, ebbe sempre più spiccate tendenze neutraliste, tanto da porla al centro della politica sovietica di disimpegno. Krusciov manovrò sottilmente per convincere il Cancelliere Adenauer a bloccare il riarmo e a ridurre la presenza americana, promettendo in cambio la smilitarizzazione e denuclearizzazione dell'Europa Centrale (Polonia e DDR). In questo modo Krusciov, che in questo periodo mise a segno le più grandi vittorie strategiche nella storia dell'URSS, vanificò o quanto meno contenne la "Forward Strategy", impedendo agli occidentali di estendere la loro difesa sulla linea più esterna. Era nei suoi piani anche favorire la nascita di una Germania unificata e neutrale, che avrebbe fatto la funzione di una vera e propria nazione cuscinetto. Ma la NATO fece blocco compatto contro la smilitarizzazione, dando per di più precise garanzie alla Germania Occidentale, tanto che nemmeno gli oceanici movimenti pacifisti sobillati un po' ovunque da Mosca ebbero conseguenze tangibili: nel 1958 la politica sovietica dovette così cambiare bruscamente tattica, mirando al rafforzamento delle posizioni nella DDR.
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11. LA SECONDA CRISI DI BERLINO.

Dopo la prima crisi Berlino, vero avamposto del Capitalismo nell'Europa Orientale, era diventata il centro da cui si diramavano una serie di iniziative di informazione e di propaganda soprattutto radiofonica verso l'Est e, inevitabilmente, data la sua collocazione geografica, il terreno di azione dei servizi segreti di ambedue gli schieramenti. Approfittando della facilità di comunicazione tra la parte orientale (capitale della DDR) e la parte occidentale (integrata nell'economia della Germania Federale, anche se ancora presidiata dagli Alleati), migliaia di cittadini della parte Est, ed in particolar modo tecnici ed operai specializzati, lasciavano il loro paese per riparare in Occidente. La quota dei transfughi raggiunse ritmi sempre più intensi (fino al 2000 al giorno!) e il danno economico (oltre che politico) divenne per la DDR insostenibile.
Il governo sovietico chiese all'occidente la smilitarizzazione di Berlino, la confederazione delle due Germanie e la neutralizzazione dello stato tedesco così riunificato. Stati Uniti ed Europa Occidentale volevano invece libere elezioni per decidere il destino di Berlino e della Germania, gestite in modo che Bonn avesse la maggioranza (25 tedeschi occidentali contro dieci orientali). Per risolvere l'impasse, il Presidente Eisenhower invitò Krusciov negli USA. Durante le trattative di Camp David l'atmosfera si rilassò, e si fissò la data per un congresso risolutivo a Parigi. Proprio alla sua vigilia Krusciov rese noto l'abbattimento di un aereo spia
americano U2, intercettato nello spazio aereo sovietico. E' parere di alcuni storici che Krusciov, facendo scoppiare proprio in quel momento un simile scandalo internazionale, evitò elegantemente di dover prendere parte ad un vertice che difficilmente avrebbe portato conseguenze positive per il suo paese. Secondo altre interpretazioni, invece, egli utilizzò ed ingigantì l'episodio per dare soddisfazione al fronte antidistensivo di Mosca e alla Cina, poco soddisfatti e critici verso le affermazioni di amicizia e i riconoscimenti fatti dal leader sovietico nel corso della sua visita a Washington.
Immagine d'epoca della costruzione del Muro di Berlino e del suo abbattimento .
Riprese dunque la tensione (tanto da convincere il Presidente Kennedy a sostenere nuove spese militari) e il 13 Agosto del 1961 la DDR chiuse la frontiera tra le due Berlino: in una sola notte venne costruito un muro di blocchi di cemento che separava la zona orientale dal resto della città, bloccando così lo stillicidio delle fughe in occidente. Non mancarono incidenti anche gravi, e la tensione salì alle stelle: il 23 ottobre, ad esempio, un mezzo americano che tentava di entrare a Est (in corrispondenza del famoso Checkpoint Charlie, uno dei tanti posti di blocco) venne bloccato e poi liberato da due camionette pesantemente armate. Due giorni dopo alla frontiera si presentarono carri armati americani, con l'incarico di garantire agli Alleati il diritto d'accesso nella parte orientale della città. Il 27 Ottobre l'Armata Rossa schierò i propri carri armati dall'altra parte del posto di controllo: i mezzi corazzati delle due superpotenze si fronteggiarono a pochi metri di distanza, fino a che, il giorno dopo, la tensione si sciolse e alla missione americana venne accordato l'ingresso (che, vada detto a onor del vero, non ci pare fosse particolarmente legittimo...).
A parte questo grave incidente, dovuto più che altro a cocciutaggine e rigidità di vedute, il muro di Berlino dispensò Krusciov dal fare ricorso a misure drastiche, e permise una coperta ritirata politica dei Sovietici, che comunque risolsero in modo brutale, shoccante ma efficace il problema dell'esodo di massa da Berlino Est.

Risolto, almeno temporaneamente, il fronte europeo, le due Superpotenze spostarono sempre di più l'attenzione verso il Terzo Mondo (gli USA crearono nuove alleanze come la S.E.A.T.O., "South East Asia Treaty Organization", e l'A.N.Z.U.S., che univa Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda) disperdendo però su uno scacchiere troppo vasto risorse militari ed economiche.
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12. IL BLOCCO SOVIETICO NEL DOPO - STALIN.
Il XX Congresso del PCUS, tenutosi nel 1956, oltre a negare l'inevitabilità di un conflitto tra comunismo e capitalismo, fu teatro di una fiera requisitoria contro Stalin; nel corso di questo meeting, venne anche ammesso il "policentrismo", nell'ambito del quale pur venendo riconosciuta una funzione di guida al comunismo sovietico, venivano tollerate le cosiddette "Vie nazionali al Socialismo", che avrebbero potuto in una certa misura discostarsi dalla struttura moscovita. Questo per riflettere le esigenze di personaggi quali Palmiro Togliatti, leader del PCI, e Tito, che rifiutò di far entrare la Jugoslavia nell'orbita di Mosca, ed esercitò una politica estera nei Balcani assolutamente indipendente (quando non in competizione) con quella sovietica.
In seguito alla destalinizzazione, l'URSS sembrò allentare la pressione economica e militare sui suoi satelliti. In alcuni casi tuttavia scoppiarono delle rivolte, dovute alle dure condizioni di vita delle popolazioni.
In Polonia i Sovietici furono costretti ad acconsentire alla nomina al vertice del partito di Gomulka, già vittima delle epurazioni staliniste, ed anche all'apertura dei commerci con l'Occidente. In seguito a ciò si ebbero sollevazioni popolari in Ungheria, anche come forma di protesta contro il regime poliziesco e la collettivizzazione forzata delle terre. L'URSS ritirò le truppe da Budapest e favorì l'elezione di Nagy e Kadar, altre vittime dello Stalinismo, che crearono un governo di coalizione tra i partiti democratici, e chiesero di abbandonare il Patto di Varsavia. La risposta di Krusciov fu l'intervento dell'esercito e la fucilazione di Nagy. Nonostante
l'immediata vittoria, l'URSS uscì da questa situazione molto indebolito politicamente e il Comunismo perse terreno sia nel Blocco Orientale sia, soprattutto, in Occidente.
Altro grande elemento destabilizzante per lo schieramento sovietico fu la Cina di Mao Zedong, che proponeva una versione della dittatura del proletariato molto diversa da quella moscovita: in particolare il Timoniere paragonava l'Occidente capitalista ad una "Tigre di Carta", dotata di una forza militare solo apparente e comunque in rapido declino. Mao esigeva dunque che le potenze comuniste intensificassero l'offensiva, arrivando anche alla guerra atomica. Secondo i suoi calcoli infatti se essa fosse scoppiata i sopravvissuti del blocco sovietico, superiore demograficamente, sarebbero stai più numerosi degli occidentali. Queste teorie trovarono il sostegno solo dell'ala più estremista del PCUS, capeggiata da Molotov.
Verso la fine del 1960 però tali divergenze di opinione degenerarono: il contrasto, da ideologico, divenne politico, fino a sfociare in scontri episodici di confine tra Cina e URSS.



13. LA CRISI DI CUBA (1962).

Il cargo russo Kasimov sta trasportando dei missili a Cuba durante la crisi.
ca. Settembre 1962

La CIA condusse diverse operazioni illegali mirate a rovesciare regimi di sinistra in Asia e in America Meridionale e Centrale: la maggior parte (Guatemala, Iran, Nicaragua, Indonesia, Cile) furono coronate da successo; una disastrosa disfatta ebbe invece luogo a Cuba. Nel corso del governo del Presidente Kennedy (spinto da ragioni di politica interna ad assumere posizioni di risolutezza verso il Comunismo) venne organizzata un'operazione clandestina che avrebbe dovuto permettere lo sbarco di profughi anticastristi sulle spiagge della Baia dei Porci. Il fallimento dell'operazione, oltre a ridicolizzare gli Stati Uniti davanti al mondo
intero, spinse Fidel Castro a ricorrere all'URSS, che accettò di installare sull'isola armamenti nucleari strategici. Krusciov fece una mossa tanto incauta, secondo la più parte degli storici, per verificare la teoria della "Tigre di Carta" di Mao e per assecondare gli estremisti di Mosca. L'atteggiamento di Kennedy fu estremamente deciso: ordinò il blocco navale a Cuba e lanciò un ultimatum all'Unione Sovietica, intimando di rimuovere le rampe missilistiche, di richiamare le navi sovietiche e di permettere
un'ispezione americana.
Secondo molti tale risolutezza fu dovuta soprattutto alle rivelazioni di un Colonnello del KGB, Oleg Penkovskij, che proprio in quel momento scelse di disertare: nel corso degli interrogatori, gli Stati Uniti trovarono conferma della propria superiorità nucleare. Alcuni ritengono addirittura che la defezione del Colonnello Penkovskij sia stata orchestrata dallo stesso KGB, controllato da frange moderate del PCUS preoccupate di scongiurare un eventuale scontro diretto tra le due Superpotenze.
Infine, i Sovietici furono costretti a cedere, in cambio di una generica assicurazione americana di non invadere Cuba. Fu una vera e propria sconfitta che segnò la fine politica di Krusciov.
L'Europa visse con grande sconforto i fatti della crisi, che confermarono i sospetti del Presidente De Gaulle riguardo all'inaffidabilità degli Stati Uniti: essi non avevano esitato a portare il mondo sull'orlo della III Guerra Mondiale, senza tener conto del fatto che uno scontro con l'Unione Sovietica sarebbe avvenuto proprio sul territorio europeo e a spese della popolazione europea. Ciò diede slancio a rapporti di più stretta cooperazione tra gli Stati del Vecchio Continente.
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14. LA NUOVA STRATEGIA N.A.T.O. ALLE SOGLIE DEGLI ANNI '60.
Di fronte ai progressi sovietici nel settore missilistico e alla crescente importanza economico-strategica dei paesi decolonizzati del Terzo Mondo si rese necessaria una revisione delle tattiche del Patto Atlantico.
Oltre all'adozione delle armi atomiche tattiche e all'installazione in Europa di missili strategici a media gittata (regolati dal sistema delle "due chiavi" e perciò di difficile rapido impiego) si procedette all'impostazione di una nuova dottrina, la "Risposta Flessibile", che non si basava su un attacco volto alla distruzione totale, ma prevedeva la distruzione "chirurgica" di basi militari e centri missilistici, in modo da mettersi in una posizione di vantaggio senza dover cancellare il nemico con un attacco nucleare su larga scala, limitando così i danni di ambo le parti. Tale strategia implicò anche il rafforzamento delle forze militari convenzionali e l'accentramento delle varie operazioni strategiche in un comando unico. Per gli Europei ciò indeboliva il deterrente atomico e, in
caso di conflitto, li avrebbe costretti a sostenere le maggiori conseguenze. Poco valevano le giustificazioni degli americani, secondo i quali proprio la maggior flessibilità, svincolandosi dalla minaccia poco credibile di una risposta massiccia, aumentava l'efficacia globale del deterrente.
Francia e Inghilterra però rifiutarono il comando centralizzato, e De Gaulle non fece che rinforzare le opinioni già maturate in precedenza (pur rimanendo nell'orbita politica della NATO).






15. LA SITUAZIONE GENERALE ALLA FINE DEGLI ANNI '60.

LA PRIMAVERA DI PRAGA
Il processo distensivo proseguì nonostante alcuni incidenti: uno dei più gravi fu la Guerra del Vietnam, dove gli USA condussero una escalation economica e militare di sempre più vaste proporzioni che li contrappose, al fianco del Vietnam del Sud, ai Vietcong, guerriglieri comunisti vietnamiti. Gli Stati Uniti, oltre ai danni economici e alle enormi perdite umane, non riuscirono a conseguire gli obiettivi politici preposti, ed anzi la loro azione fu vista come una prevaricazione.
Lo schieramento sovietico, capeggiato da Breznev, si rinforzò dal punto di vista navale e promosse alcuni interventi in Medioriente, appoggiando senza successo la causa araba nella "Guerra dei Sei Giorni" del 1967. Le maggiori difficoltà vennero dai partiti revisionisti cinese, rumeno, jugoslavo (Tito ricevette persino armamenti dagli USA) e cecoslovacco: in quest'ultimo paese il Partito Comunista, capeggiato da Dubcek, diede il via alla cosiddetta "Primavera di Praga" per instaurare un "Comunismo dal volto umano", ovvero un limitato processo di liberalizzazione che rovesciava la lettura verticista e burocratica del comunismo tipica del PCUS, abolendo tra l'altro la censura, garantendo il diritto di sciopero e giungendo persino a promuovere delle vere e proprie purghe antistaliniste. Tali propositi ebbero larga risonanza in tutta l'Europa Orientale; Breznev agì, prima con pressioni politiche, suggerendo collusioni con l'Occidente, poi militari, tenendo proprio in Cecoslovacchia le esercitazioni del Patto di Varsavia. Di fronte alla fermezza di Dubcek e alla stabilità del suo governo, però, Breznev ordinò all'Armata Rossa l'invasione del Paese, con 6300 carri armati: era il 21 Agosto 1968. Poco dopo Dubcek, convinto da compagni di partito fra cui il Presidente Svoboda (oltre che da 500 carri armati per le
vie di Praga...) volò a Mosca per la capitolazione ufficiale. Ma il popolo boemo continuava a resistere, non mancarono i gesti eroici come il suicidio dello studente del Karolinum Jan Palach, che si diede fuoco per protesta in Piazza San Venceslao il 16 Gennaio 1969: ai funerali parteciparono 500.000 persone, senza che si vedesse traccia di divise del KGB o dell'esercito sovietico, ma ormai la Primavera di Praga era fallita, e la libertà ancora da venire.



16.GLI ANNI '70.
La crescente potenza militare delle due Superpotenze, se da un lato portò ad un quasi assoluto bipolarismo militare, dall'altro lato non riuscì ad evitare un multipolarismo politico sempre più accentuato: la potenza militare e l'influenza politica, per la prima volta nella storia mondiale, diventarono almeno in una certa misura indipendenti.
Il multipolarismo, pur minacciando di aumentare l'instabilità internazionale, spinse d'altra parte le due Superpotenze ad una sempre più stretta collaborazione, onde mantenere il controllo delle rispettive zone d'influenza. La distensione, che aveva già portato al Trattato di Mosca (1963) che vietava esperimenti atomici nell'atmosfera, al trattato contro la disseminazione degli armamenti atomici (1968) e all'installazione di un telefono rosso che collegava la Casa Bianca al Cremlino, diede nuovi importanti frutti. Il trattato SALT I, firmato nel 1972, congelò la potenza militare delle due superpotenze, equiparandone potenziale e caratteristiche in base al mantenimento dell'ormai raggiunta Politica dell'Equilibrio. Tale trattato tuttavia non impediva che le superpotenze tentassero di avvantaggiarsi l'una sull'altra, come avvenne nella Guerra del Kippur (1973), in cui l'URSS appoggiò Siria ed Egitto, e gli USA parteggiarono per Israele. Il pericolo di uno scontro diretto fu scongiurato da un compromesso politico, attraverso l'invio di una forza di interposizione costituita da Caschi Blu. L'Occidente, artefice di una riconciliazione tra Egitto ed Israele che fece perdere terreno internazionale all'URSS, fu però colpito da una pesante quanto effimera crisi dovuta all'embargo imposto dai Paesi Arabi. In seguito a questo episodio le posizioni europee assunsero persino contorni filo-palestinesi...



Nello scacchiere mediterraneo vi fu però un notevole indebolimento dell'Occidente con l'uscita della Grecia dalla NATO, come risposta politica alla pesante ingerenza della CIA che aveva nel '67 appoggiato un colpo di stato militare e nel '73 aveva spinto i dittatori ad invadere la Turchia (la quale meno ancora apprezzò l'intervento statunitense): ancora oggi la rivalità fra questi due paesi rischia continuamente di degenerare.
L'Unione Sovietica mise viceversa a segno alcuni successi, in Angola e in Afghanistan; inoltre mirò in generale ad una penetrazione nei Paesi in via di sviluppo, dove facendo leva sulle classi intermedie tentava di sottrarre importanti fonti di risorse allo schieramento capitalista. Con Breznev tuttavia vi fu un sensibile ritorno all'autoritarismo, che non fece che alimentare la dissidenza (Sacharov, Solzenitsyn), non solo a Mosca, ma soprattutto nei Paesi Satellite. Ciò portò ad un irrigidimento sovietico, che mise in pericolo il processo distensivo, specie dopo il riconoscimento statunitense della Cina, che comunque non compromise gli accordi SALT II,
del 1979.



17. GLI ANNI '80.
Il nuovo decennio si aprì con un'atmosfera di rinnovata tensione, dovuta alla destabilizzazione della situazione iraniana, ai nuovi missili sovietici SS-20 puntati sull'Europa e sul Mediterraneo, e all'imperialismo sovietico in Afghanistan. Se alcuni storici valutano quest'ultima situazione come il tentativo di ergere uno scudo contro l'integralismo islamico, altri lo considerano come una semplice tappa nell'avvicinamento al Golfo Persico.
Nel Novembre del 1980, dopo una campagna elettorale condotta con toni aggressivi nei confronti dell'URSS, Ronald Reagan divenne Presidente degli Stati Uniti, e dichiarò di voler ristabilire la supremazia americana, opponendosi con decisione al cosiddetto "Impero del Male". Dall'altra parte degli schieramenti prevalsero invece tendenze molto più moderate, specie con la salita al potere, nel 1985, di Michail Gorbaciov, succeduto al breve regno di Andropov prima e di Cernenko dopo. Gorbaciov introdusse vaste riforme che si riassumono nei due aspetti di "Perestrojka" (cioè un complesso di politiche riformiste volte a salvare l'URSS dalla stagnazione economica e dalla crisi nell'apparato produttivo) e "Glasnost" (ovvero chiarezza e trasparenza dei processi politici di ogni tipo e lotta alla corruzione) dai quali era inscindibile un processo di parziale liberalizzazione nei campi dell'economia e dell'informazione. Tuttavia, dopo i primi provvedimenti, la spinta riformista dovette arrestarsi senza raggiungere risultati consistenti. A questa indecisione interna si contrappose un forte dinamismo in politica estera. L'URSS infatti non era più in grado di sostenere economicamente l'apparato militare, specie dopo la nuova costosissima sfida delle "Guerre Stellari". Ciò imponeva dunque un drastico ridimensionamento della politica estera, a partire dal disarmo atomico: nel 1987 Reagan e Gorbaciov, con l'accordo di Washington, sancirono il blocco di nuove installazioni missilistiche in Europa e lo smantellamento, entro sette anni, dei 364 missili NATO (molti dei quali però a testata multipla) e dei 683 del Patto di Varsavia. (Per inciso, ancora oggi la Duma Russa, controllata dai Comunisti, deve ratificare il trattato SALT II , a vent'anni dalla sua stesura...). Il processo distensivo fu comunque coronato dallo sgombero sovietico dell'Afghanistan, da molti interpretato come una vera e propria disfatta militare, che andò a sommarsi a risultati altrettanto deludenti avuti in Angola (1981) e in Nicaragua (1989).




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