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Categoria: | Storia |
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Data: | 22.01.2001 |
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Testo
La Francia fra "Stato Sovrano"
e complotti nobiliari
Le guerre d'Italia e il tremendo conflitto con gli Asburgo avevano esaurito le risorse finanziarie dello stato francese, l'inflazione aveva rovinato la piccola nobiltà e il popolo minuto, il calvinismo era profondamente penetrato in intere regioni della Francia, nonostante le persecuzioni messe in atto da Francesco I e da Enrico II. In questa situazione, già di per sé estremamente complessa e difficile, nello stesso anno della pace di Cateau-Cambrèsis era morto Enrico II, lasciando dietro di sé tre figli giovanissimi e inesperti: Francesco II, Carlo IX ed Enrico III, che per la loro inettitudine o perché saliti al trono ancora fanciulli rimasero sotto la tutela della madre Caterina de' Medici.
Per quanto colta ed intelligente questa italiana dall'ingegno tortuoso, meritò il soprannome di Madame la serpente, ma non fu la persona più adatta a risolvere la terribile crisi di crescenza dello stato e della società francese, crisi che avrebbe richiesto la capacità di realizzare una formula politica nuova ed originale, come farà più tardi Enrico IV.
La grande famiglia dei Guisa, potente per i suoi domini in Lorena e per i vincolo di parentela che la legavano agli Stuart scozzesi (Giacomo I Stuart era sposato con Maria di Guisa), pretendeva di governare effettivamente il paese, imponendosi alla formale autorità regia. I Guisa, nei territori da loro dominati, favoriscono i loro amici e i loro protetti, e si apprestano a risanare il bilancio inasprendo le tasse e falcidiando le spese che la corte sosteneva per donativi e provvigioni alla piccola nobiltà, inoltre le imposte sono particolarmente gravose per i contadini: tutto ciò alimenta le file dei calvinisti (che in Francia si fanno chiamare ugonotti e che hanno ottenuto un primo riconoscimento con l'Editto di Amboise nel 1560).
Un altro grande casato, quello dei Borboni, domina la Navarra ed esercita una grande influenza sulle regioni dell'Ovest e del Sud-Ovest, e assume la guida di del partito ugonotto, la cui influenza prevale nelle campagne, nelle città marinare e presso la piccola nobiltà, contrapponendosi al partito cattolico di Guisa che prevale presso le borghesie cittadine dell'entroterra. Ed è proprio in queste condizioni che la regina madre esercita il suo potere, operando una politica dell'equilibrio, volta ad indebolire quella delle due parti avverse che sarebbe divenuta di volta in volta più pericolosa per la monarchia. Così dopo un primo periodo di prevalenza dei Guisa, Caterina de medici si affida alla collaborazione di Michel de l'Hopital, il quale, convinto che il compito di un governo sia quello di consolidare uno stato e non di fondare una religione, fa emanare l'Editto di San Germano, che garantisce la libertà di culto agli ugonotti fuori dalle mura cittadine. Ma il partito cattolico risponde all'Editto con il massacro di Wassy, contro gli ugonotti, col quale la lotta degenera in un'aperta guerra civile, destinata a concludersi solo dopo alcuni decenni. Il partito cattolico di Guisa godette dell'appoggio della Spagna, come il partito ugonotto dei Borboni fu sostenuto dall'Inghilterra. Caterina de Medici, fedele al principio dell'equilibrio, passò dalla parte dei Borboni, ma quando le fu chiaro che costoro intendevano spadroneggiare non meno dei loro antagonisti (e le nozze tra Enrico di Borbone e Margherita di Valois, sorella di Carlo IX, rinsaldarono il potere dalla loro parte), non esitò a scatenare contro di essi le forze cattoliche, che, nella notte di san Bartolomeo (24 agosto 1572), massacrarono, nella sola Parigi, più di tremila ugonotti. Questo eccidio suscitò lo sdegno universale e spinse gli ugonotti a una lotta ad oltranza. Il vero problema non era quello di neutralizzare una parte con l'altra, ma di superarle entrambe con una politica capace di avviare a una soluzione le difficoltà nelle quali la Francia si dibatteva. Nel 1573 si forma una Unione Protestante con magistrature e milizie proprie, a questa si contrappone la Lega Cattolica, che non si dimostra certamente meno riottosa della sua avversaria e che minaccia pericolosamente l'esistenza dello stato. E, mentre la piccola e la grande nobiltà si sono gettate a fondo nella guerra civile e si dissanguano, il popolo minuto subisce ogni sorta di angherie senza potersi difendere, la borghesia più ricca continua a prosperare e le circostanze militari rendono ancora più fruttuosa l'attività affaristica. La borghesia ricca acquista cariche pubbliche e inizia a sentire come proprie le necessità dello Stato, esigendo ordine e vastità di mercato, e rivendicando l'abolizione delle dogane interne. In quegli stessi anni la Francia raggiunge il massimo di disgregazione e viene divisa in regioni semiautonome, dipendenti rispettivamente da Francoise d'Alençon (fratello di Enrico III), da Enrico di Navarra-Borbone e da altri signori; viene pubblicata un'opera Sulla Repubblica, nella quale il filosofo Jean Bodin configura sul piano teorico le necessità della borghesia e il programma del partito dei politici. Egli riafferma la concezione assolutistica della sovranità regia, considerata come condizione imprescindibile della pace e dell'ordine; ma vuole contemporaneamente che il potere assoluto dei re trovi un limite nel rispetto delle leggi naturali e divine, che implicano l'inviolabilità della proprietà privata e della libertà personale dei sudditi. Egli ritiene necessario che il monarca si faccia assistere, sia pure a titolo meramente consultivo, da un Consiglio che lo illumini sulle vere esigenze dello Stato. Bodin, quindi, propone un regime assolutistico non più fondato sul diritto divino dei re, ma concepito come strumento di sviluppo e di progresso sociale.
Nel paese queste idee sono destinate a farsi gradualmente strada e ad assicurarsi quel consenso che le farà diventare forza realizzatrice.
Intanto la guerra civile continua, anzi, morto Francoise d'Alençon, mentre Enrico III non ha eredi, si complica la questione della successione, alla quale aspirano Enrico di Guisa (capo della Lega Cattolica), Enrico di Navarra-Borbone (cognato del re, esponente ugonotto), e Filippo II che la rivendica per una figlia, natagli dal matrimonio con Isabella di Valois, sorella del re di Francia.
Ogni soluzione implicava fatti politici diversi e quella di Filippo II addirittura, metteva in serio pericolo la stessa esistenza della Francia come stato autonomo; perciò la lotta prosegue, assumendo la denominazione di guerra dei tre Enrichi, dal nome dei tre aspiranti al trono di Francia.
Enrico II di Valois, che ha cercato di accattivarsi le simpatie della Lega, si rende conto dell'irriducibile ostilità dei Guisa, e nel 1588 ne fa pugnalare il massimo esponente, Enrico "re di Parigi" (com'egli irosamente lo chiama alludendo al potere indiscusso che esercitava sulla capitale del regno); ma l'anno dopo anche lui cade a sua volta, vittima di un monaco fanatico cattolico, Jacques Clément.
Morti i rivali, il nuovo re dovrebbe essere naturalmente Enrico di Navarra-Borbone, che lo stesso Enrico II in punto di morte ha designato come suo successore; il nuovo re, sconfigge i cattolici ad Ivry e pone l'assedio a Parigi; neutralizza l'attacco spagnolo dai Paesi Bassi e, per essere riconosciuto re legittimo dagli altri sovrani europei, nel 1593 si converte al cattolicesimo (a lui è attribuito il famoso detto "Parigi val bene una messa"). In tal modo anche Parigi, sede dell'ostruzionismo cattolico, gli apre le porte e Filippo II deve ormai combattere contro un re che gode anche dell'appoggio del Papa. Ma la sua è un'impresa disperata: pochi anni dopo (13 aprile-2 maggio 1598) il trattato di Vervins ristabilisce le condizioni della Pace di Cateau-Cambresis, concludendo nell'insuccesso anche quest'iniziativa della Spagna controriformista. Nello stesso anno (2 maggio 1598) Enrico IV prende un provvedimento d'altissimo significato, non solo francese, ma universale: con l'Editto di Nantes egli riconosce, sia pure entro i limiti imposti dalla situazione storica, il principio della libertà di coscienza. Per questo a tutti i cittadini del regno era riconosciuta la pienezza dei diritti civili, indipendentemente dalla loro professione religiosa. Agli ugonotti veniva concessa, tranne che in Parigi e nelle altre città episcopali, completa libertà di culto, in pegno della quale essi avrebbero conservato La Rochelle ed altre piazzeforti. Era questa una soluzione profondamente originale, che superava il principio germanico del cuius regio, eius regio, l'identificazione spagnola di nazionalità e cattolicesimo, e l'analoga identificazione dell'Inghilterra con la religione anglicana.