LA RIVOLUZIONE AMERICANA

Materie:Riassunto
Categoria:Storia
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LA RIVOLUZIONE AMERICANA Mariotti Paolo

LA SITUAZIONE
Contrariamente a quelle francesi e spagnole, le tredici colonie inglesi non erano state create soltanto per sfruttare le ricchezze naturali. Al contrario, vi venne anche insediata stabilmente una popolazione destinata a svilupparsi. Alla metà del Settecento circa due milioni e mezzo erano i bianchi che vi risiedevano.
Le cinque colonie del Sud (Virginia, Maryiand, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Georgia), erano caratterizzate da un’economia agricola, organizzata con grandi piantagioni di cotone, riso, zucchero e tabacco. La mano d’opera era formata quasi tutta da schiavi provenienti dall’Africa: oltre 300.000 alla metà del Settecento.
Le quattro colonie del Centro (New York, New Jersey, Pennsylvania e Delaware) erano le più abitate, ricche di città e di porti. La popolazione era formata in prevalenza da Inglesi, con forti minoranze di Olandesi, Tedeschi, Irlandesi e Scozzesi. Anche in queste colonie vi era una ricca agricoltura, ma le terre erano divise in piccole e medie proprietà, coltivate direttamente dalle famiglie dei proprietari.
Le quattro colonie del Nord (Massachusetts, Connecticut, New Hampshire e Rhode Island) erano abitate da Inglesi e Scozzesi e costituivano la regione chiamata New England (Nuova Inghilterra). Esse traevano i loro guadagni soprattutto dal commercio con l’Inghilterra e con l’Europa. Commerciavano anche in schiavi che rivendevano alle colonie del Sud. Avevano una notevole flotta di navi da pesca e possedevano manifatture e fabbriche che vendevano i loro prodotti alle altre colonie.
L'economia delle colonie inglesi era strettamente integrata con quella della madrepatria, che si riservava il monopolio sui commerci. Solo le navi inglesi potevano accedere ai porti del Nordamerica e tutte le merci dirette alle colonie dovevano passare per la Gran Bretagna. La quasi totalità della produzione coloniale (tabacco-riso-legname-pesce-olio di balena-rhum-pellicce) era destinata ai mercati inglesi. L'industria locale era spesso ostacolata per evitare che entrasse in concorrenza con quella della madrepatria. Le colonie però avevano sviluppato anche un fiorente commercio clandestino con i Caraibi.
Sul piano politico, le colonie erano poste sotto il controllo di un Governatore di nomina regia, affiancato da Consigli anch'essi nominati dall'alto. Ma ogni colonia ben presto costituì una propria assemblea legislativa, eletta dai cittadini, con cui cercava di rivendicare una libertà d'iniziativa economica e di condizionare i poteri del governatore (ad es. controllandone la politica finanziaria e tributaria). Analoghe esperienze di governo rappresentativo non esistevano in alcuna parte del mondo. Naturalmente i valori politici che queste colonie professavano: pluralismo e tolleranza, non si applicavano ai negri né agli indiani. I coloni si consideravano come una sorta di “popolo eletto”, destinato a realizzare il “vero cristianesimo”. Pur essendo fuggiti dall'Inghilterra per motivi politici o religiosi, essi si sentivano ancora legati alla madrepatria, anche perché i legami reciproci delle 13 colonie erano ancora troppo deboli perché potesse svilupparsi un'identità americana.

DALLE PRIME AVVISAGLIE ALLA RIVOLUZIONE
Queste colonie, in seguito allo sviluppo della popolazione, vennero a trovarsi in lotta con le vicine colonie francesi del Canada e della Luisiana. Durante le guerra di successione spagnola in Europa (1700-14) e dei sette anni (1756-63), i coloni inglesi riuscirono a conquistare il Canada e la Luisiana. Tuttavia, i rapporti tra le colonie e la madrepatria peggiorarono proprio dopo la pace di Parigi del 1763. Il governo inglese, infatti, cercò di riservarsi tutti i vantaggi della vittoria riportata sulla Francia, vietando ai coloni lo sfruttamento dei territori conquistati, che vennero sottoposti al diretto controllo della Corona. Non solo, ma la Corona fece ricadere sui propri domini coloniali le spese occorrenti alla difesa e all'amministrazione dei territori conquistati aumentando imposte e dazi doganali: in particolare istituì una tassa di bollo per tutti gli atti pubblici, i documenti notarili e i contratti commerciali. In tal modo poteva rimpinguare le casse dell'erario, svuotatesi propria a causa delle guerra antifrancesi.
I coloni naturalmente reagirono, anche perché, vinta la dominazione francese in Canada e Luisiana, non avevano più bisogno di protezione da parte della madrepatria. Essi, avendo da tempo ottenuto ilo riconoscimento del diritto di votare in proprio le tasse che dovevano pagare, si sentivano in dovere di pretendere una loro rappresentanza nel parlamento inglese. Ma il governo inglese, piuttosto che concedere tale rappresentanza, ritirò la tassa di bollo. Sennonché, nel 1767, il Parlamento inglese, per sostituire il mancato gettito del bollo, impose forti dazi su the - carta - vetro-materie coloranti. I coloni decisero di boicottare tali merci, evitandone l'import e il consumo. Il governo inglese nel '73 assegnò alla Compagnia delle Indie il monopolio della vendita del the nel continente americano: essa, per stroncare il contrabbando, ricorse al dumping (vendere sottocosto). I coloni assalirono alcune navi della Compagnia gettandone il carico in mare. Londra reagì chiudendo il porto di Boston e sostituendo in tutte le colonie i giudici americani con propri funzionari.
La ribellione divenne aperte e generalizzata. In due Congressi continentali a Filadelfia ('74 e '76) i delegati di tutte le colonie decisero di boicottare tutte le merci inglesi e di istituite un esercito comune, affidandone il comando a George Washington. Inoltre emanarono la Dichiarazione d'Indipendenza ('76), che sancì la definitiva rottura con la madrepatria
L’esercito inglese era superiore e meglio armato. I coloni, tuttavia, combattevano per le loro case e la loro terra. Ciononostante, Washington adottò una tattica militare prudente, tesa a evitare grandi battaglie e a guadagnare tempo. Poiché molti uomini politici inglesi erano contrari alla guerra, egli cercò soprattutto di prolungarla, rendendola così più costosa per l’Inghilterra, che doveva mantenere oltre oceano un esercito.
Nel frattempo il Congresso inviò in Europa diversi ambasciatori tra i quali Benjamin Franklin, per ottenere l’appoggio di altre nazioni.
Nel 1778 la Francia, tradizionale nemica dell'Inghilterra entrò in guerra, inviando un corpo di spedizione e una flotta. L’intervento francese si rivelò determinante: gli inglesi furono sconfitti a Yorktown, nel 1781.
Con il trattato di Versailles, firmato nel 1783, l’Inghilterra riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti e cedette alla Francia alcune isole delle Antille e la colonia africana del Senegal.
Erano nati gli Stati Uniti d'America. In Europa il conflitto trovò Francia-Spagna-Olanda apertamente favorevoli ai coloni. Con Trattato di pace di Versailles ('83), l'Inghilterra riconosce l'indipendenza alle 13 colonie.

LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA
Nel 1776 i delegati del secondo Congresso di Filadelfia avevano approvato, insieme alla Dichiarazione d’Indipendenza anche un preambolo politico, preparato da Thomas Jefferson, nel quale erano enunciati alcuni principi fondamentali che dovevano essere alla base di nuovi stati indipendenti : i diritti naturali degli uomini (“alla vita, alla libertà, alla ricerca della felicità”) la sovranità popolare ed il diritto dei sudditi di destituire i governanti che non rispettassero la libertà del popolo. Alla fine della guerra tutte le tredici colonie diventate stati indipendenti si diedero una nuova Costituzione in alcune di queste era inserita una Dichiarazione dei Diritti che ricalcava il preambolo del 1776, inoltre le Costituzioni introdussero il principio,di derivazione illuministica della separazione dei tre poteri e della elettività di tutte le cariche pubbliche. Il discorso preliminare che apre la Dichiarazione d’Indipendenza è commosso e solenne. La decisione dei coloni di separarsi dalla madrepatria è sofferta,meditata,discussa e si vuole portare fino in fondo “Quando nel corso degli umani eventi si rende necessario ad un popolo sciogliere i legami politici che lo avevano unito ad un altro e assumere tra le potenze della terra quel posto separato ed uguale al quale gli danno diritto le leggi della natura e di dio, un giusto rispetto per le opinioni dell’umanità esige che esso renda note le cause che lo costringono alla separazione”. Il 4 luglio 1776 il Congresso di Filadelfia approvò la Dichiarazione d’Indipendenza che proclamava:”Noi riteniamo che tutti gli uomini sono creati uguali;che essi sono dal Creatore dotati di certi inviolabili diritti:che fra questi diritti sono la vita,la libertà e la ricerca della felicità”. Essa affermava inoltre il diritto dei popoli alla rivoluzione quando il sovrano calpestava questi diritti:”Ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla ed istituire un nuovo governo fondato su tale principi”. Dal diritto alla libertà rimasero esclusi gli schiavi e all’ultimo fu cancellato dalla Dichiarazione il divieto alla tratta dei negri. In nome dei principi sopra enunciati “…queste colonie sono e per diritto devono essere stati liberi e indipendenti, sciolti da ogni fedeltà alla Corona Britannica…” e come tali “…hanno pieno potere di muovere guerra,concludere pace, stringere alleanze, stabilire rapporti commerciali e compiere tutti gli atti e le cose che gli stati indipendenti possono fare di diritto…”. Pur con i suoi limiti, la Dichiarazione ebbe un’importanza ed un eco enorme :per la prima volta dopo secoli d’assolutismo nasceva uno stato fondato sul rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e della sovranità popolare. Anche se inizialmente in America il diritto al voto e soprattutto il diritto di essere eletti fu riservato ai cittadini più abbienti, la Dichiarazione ispirò tutti i movimenti e le rivoluzioni democratiche dei decenni successivi.

LE CONSEGUENZE DELLA RIVOLUZIONE AMERICANA
In Inghilterra, lo scacco subito costrinse Giorgio III a rinunciare al tentativo di far prevalere le prerogative della corona a scapito del Parlamento. Dopo che anche il Canada era riuscito ad ottenere dalla Graa Bretagna il diritto all'autogoverno, il processo di emancipazione - sospinto dall'esito della Rivoluzione Francese - si estese a macchia d'olio. Nell'America Latina, l'esempio statunitense e la presenza concreta degli Stati Uniti posero le premesse per il movimento indipendentistico che si sviluppò nei primi decenni dell'Ottocento. Nel 1810, con il coinvolgimento della Spagna nelle Guerre napoleoniche, le colonie spagnole nelle Americhe cominciarono anch'esse a lottare per l'indipendenza: nello stesso anno il Messica insorse contro la Spagna, riuscendo però ad ottenere l'indipendenza solo nel 1821. In Francia, la monarchia dei Borbone aveva contribuito ad innescare un processo di enormi proporzioni che l'avrebbe presto travolta. Non solo, infatti, le spese sostenute nella guerra accentuarono le difficoltà del bilancio francese, ma la rivoluzione americana, ispirata a principi democratici illuministici, aveva dato la prova concreta che la sovranità popolare e il diritto-dovere di resistere a un governo vessatorio non erano semplici utopie dei filosofi, ma potevano tradursi in realtà come di lì a poco avrebbe confermato la rivoluzione francese. Le tredici colonie della costa atlantica, conquistando l'indipendenza, prepararono il terreno per quell'esplosione produttiva del capitalismo che in un secolo e mezzo portò gli Stati Uniti ad affermarsi come la più grande potenza industriale e imperialistica del mondo.

LA COSTITUZIONE AMERICANA
Dopo la vittoria restava ancora da risolvere un problema fondamentale:la mancanza di una costituzione federale e di un governo centrale che unisse i tredici stati in un'unica Confederazione ; solo in questo modo i tredici stati sarebbero potuti diventare una nazione forte politicamente ed economicamente. Su questo problema si fronteggiavano due posizioni contrapposte:quella degli antifederalisti o nazionalisti che volevano un governo centrale abbastanza forte e la posizione dei federalisti che volevano difendere i poteri dei singoli stati. Nel 1787 una Convenzione di delegati riunitasi a Filadelfia ,alla quale partecipavano i maggiori esponenti della rivoluzione riuscì a raggiungere un compromesso tra le due posizioni: fu così promulgata la Costituzione degli Stati Uniti d’America che costituiva una repubblica presidenziale e democratica
Fra i partecipanti alla Convenzione alcuni politici svolsero un ruolo fondamentale nella stesura della Costituzione. Scarsa influenza invece ebbe G. Washington, il presidente della Convenzione, ch'era stato comandante in capo delle forze armate degli Stati nord-americani durante la guerra d'indipendenza. Come ideologo, egli era nettamente inferiore a J. Madison, A. Hamilton, J. Wilson, E. Randolph, J. Dickinson e G. Morris. In particolare, le idee di fondo della Convenzione furono ispirate da Madison (detto “il filosofo della Costituzione”) e da Hamilton. I leaders dell'ala moderata della rivoluzione americana furono unanimemente ritenuti i capi della Convenzione. Non ci fu nessun democratico di spicco tra loro, a parte naturalmente B. Franklin, il quale però, avendo 82 anni e una salute cagionevole, non poté esercitare un ruolo veramente attivo.
Fu così che la Convenzione di Filadelfia soppresse gli articoli della Confederazione e approvò la Costituzione, in virtù della quale venivano concessi ampi poteri al governo centrale e, ciò che più importa, si decideva di considerare la legge federale superiore alle leggi degli Stati.
Al comando vi è un Presidente, eletto a suffragio universale indiretto, che detiene il potere esecutivo ed è eletto ogni 4 anni (dal 1951 con il 22 emendamento è permessa una sola rielezione) che è a capo del governo e sceglie i segretari (ministri). Al governo centrale (Autorità Federale) furono riconosciuti poteri decisionali solo in politica estera, in tema di difesa e finanze e nel camp delle principali questioni di comuni interesse,quali l’esplorazione e colonizzazione di nuovi territori. Il potere legislativo è affidato al Congresso, composto dalla Camera dei Rappresentanti e dal Senato, la Camera è in carica per due anni ed è formata da cittadini eletti in proporzione al numero d’abitanti dello stato, il Senato, in carica per 6 anni con rotazione di un terzo di senatori ogni due anni,è formato da 2 senatori per ogni stato. In questo modo gli artefici della costituzione avevano raggiunto un compromesso tra i rappresentanti degli stati più popolosi, che volevano un’elezione in base alla proporzione con i loro abitanti e gli stati più piccoli che proponevano lo stesso numero di rappresentanti per tutti gli stati. Il potere giudiziario è affidato alla Corte Suprema (Supreme Court) composta da nove membri nominati a vita dal Presidente. Essa è il vertice delle corti federali di tutti gli stati, ha la facoltà di annullare quelle decisioni che sono contrarie alla Costituzione e l’incarico di appianare eventuali contrasti tra gli stati. Per garantire un certo equilibrio tra i poteri costituzionali e per impedire che uno prevalesse sull’altro la Costituzione prevede una serie di controlli reciproci:il Presidente può porre il veto di sospensione sulle leggi del Congresso e questo a sua volta esercita un controllo politico sull’attività del Presidente. La costituzione è formata da un preambolo e da sette articoli ai quali dal 1791 al 1951 sono stati aggiunti 22 emendamenti (articoli addizionali) i primi dieci si riferiscono alla carta dei diritti che rispetta la libertà individuale (di culto,parola,stampa,petizione,associazione,riunione) ,quello del 1863 abolisce la schiavitù. Quindi si passò a decidere chi avesse il diritto di voto :alcuni sostenevano il suffragio universale basandosi sul principio dell’uguaglianza naturale di tutti gli uomini, altri sostenevano il suffragio basato sul censo, cioè sulla ricchezza, sostenendo che i poveri non sarebbero stati in grado di esprimersi su problemi di cui non avevano competenza. Prevalse questa seconda linea: gli elettori furono i maschi maggiorenni bianchi che avevano delle proprietà o pagavano le tasse da un certo livello in su. I negri non avevano diritto al voto, ma gli Stati del sud sfruttarono il fatto che essi costituivano in ogni modo una colazione molto numerosa per aumentar il numero dei loro rappresentanti al Congresso e fecero calcolare cinque negri come tre cittadini liberi. Solo cento anni dopo nel 1870 ai neri fu concesso il diritto di voto, ma molti stati emanarono leggi locali che cercavano in ogni modo di impedire loro di votare (come il superamento di un esame di lettura e scrittura). Nonostante l’accordo rimasero le divergenze venutasi a manifestare già durante la guerra, quando 11 delle 13 colonie si erano costituite come Stati indipendenti: ciascuna aveva redatto una Dichiarazione dei Diritti, una carta in cui,in base agli ideali illuministici di libertà ed uguaglianza erano stati fissati i diritti dei singoli cittadini ed i principi secondo i quali doveva essere organizzato lo stato, contenuti in Costituzioni, documenti che stabilivano gli uffici,le funzioni pubbliche ed i loro poteri. Durante il conflitto, il Congresso,composto dai rappresentanti delle colonie, aveva coordinato tutte le azioni militari e diplomatiche contro il comune nemico. Conclusa la pace sarebbe stato opportuno conferire al Congresso maggiori poteri per difendere l’indipendenza ottenuta e soprattutto rimuovere tutti quegli impedimenti come la differenza delle monete e de dazi che ostacolavano le attività commerciali fra gli Stati. Non tutti però erano del parere di limitare la propria autonomia a favore di un governo centrale poiché diverse erano le caratteristiche e le esigenze che li distinguevano. Ecco perché si formarono, prima della stesura della costituzione, due correnti:quella dei federalisti (dal latino foedus cioè patto) favorevoli ad un unione tra gli stati e quella dei repubblicani sostenitori delle autonomie dei singoli stati. Come abbiamo visto però si riuscì a conciliare la sovranità dei singolistati con l’inderogabile esigenza di un superiore potere federale. Per il momento la Costituzione conservava alcuni limiti:il diritto di voto era precluso agli schiavi che rappresentavano un sesto della popolazione ed erano esclusi da qualsiasi esercizio politico ed ai pellirossa.
Comunque la Costituzione americana rivestiva un modello di riferimento per gli stati europei che videro nell’America la libertà come scrisse il marchese di LaFayette in una lettera alla moglie:”Difensore di quella libertà che adoro,libero me stesso più che altri,venendo come amico ad offrire i miei servizi a questa Repubblica così interessante, io non porto che la mia franchezza e la mia buon volontà;nessuna ambizione,nessun interesse particolare,lavorando per la mia gloria io lavoro per la loro felicità…la felicità dell’america è intimamente legata alla felicità di tutta l’umanità. Essa diventerà il rispettabile e sicuro asilo della virtù, dell’onesta, della tolleranza, dell’uguaglianza, e di una tranquilla libertà.”

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